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lunedì 11 novembre 2013

Berlusconi e le famiglie ebree

Da Incidenze l'ultimo capitolo della campagna revisionista di Silvio Berlusconi: «I miei figli dicono di sentirsi come dovevano sentirsi le famiglie ebree in Germania durante il regime di Hitler . Abbiamo davvero tutti addosso»

domenica 7 aprile 2013

venerdì 25 gennaio 2013

CasaPound / Gli stupratori del terzo millennio

Dal sito del Nodo sociale antifascista, Staffetta: Ecco gli amici dei Massimiliano Mazzanti, dei Michele Facci … A Napoli, alcuni indagati nell’ambito dell’inchiesta su CasaPound progettavano di picchiare e stuprare una studentessa universitaria, in quanto ebrea e attivista di sinistra. Oltre alle aggressioni, ai pestaggi, agli attentati che hanno compiuto, i neofascisti napoletani pensavano anche di dare fuoco a un’oreficeria di proprietà di un ebreo. Ecco il fascismo del terzo millennio, uguale uguale alla cultura omicida del Ventennio: sessismo, razzismo, antisemitismo, barbarie, menzogna, volgarità

martedì 11 settembre 2012

Judith Butler, ebraismo e violenza di stato

A fine agosto, a Francoforte, Judith Butler è stata insignita del prestigioso Premio Adorno, assegnazione preceduta e accompagnata da una violenta polemica da parte di alcune organizzazioni israeliane con articoli del tenore di "Il premio Adorno ad una fan di Hamas". Val la pena leggere la risposta di Judith Butler a questi attacchi, inviata originariamente a Mondoweiss, e poi ripresa e tradotta in italiano da varie testate (1, 2 e 3 ...). Eccola: "Il Jerusalem Post ha recentemente pubblicato un articolo in cui informa che alcune organizzazioni erano contrarie a che io ricevessi il Premio Adorno. Questo premio viene assegnato ogni tre anni a chi lavora nella tradizione intellettuale della teoria critica, intesa in senso ampio. Le accuse contro di me sono di appoggiare Hamas e Hezbollah (non vero), di appoggiare il BDS (parzialmente vero) e di essere un’anti-semita(platealmente falso). Forse non dovrei essere così sorpresa che chi si oppone al mio ricevimento del Premio Adorno ricorra ad accuse così ignobili e infondate per farsi notare. Sono una studiosa arrivata alla filosofia attraverso il pensiero ebraico e mi considero una persona che difende e prosegue una tradizione etica che include figure come Martin Buber e Hannah Arendt. Ho ricevuto un’educazione ebraica a Cleveland, sotto la guida del Rabbino Daniel Silver, in una sinagoga dell’Ohio dove ho sviluppato solide visioni etiche sulla base del pensiero filosofico ebraico. Nel mio percorso di formazione mi sono convinta che gli altri ci chiedono di – e noi stessi ci interroghiamo su come– rispondere alle loro sofferenze e cercare di alleviarle. Tuttavia, per fare questo, dobbiamo essere capaci di ascoltare e trovare i mezzi con cui rispondere, e talvolta pagare le conseguenze dei modi in cui decidiamo di opporci alle ingiustizie. In ogni singola tappa della mia educazione ebraica mi è stato insegnato che rimanere in silenzio di fronte all’ingiustizia non è accettabile. La difficoltà di un precetto di questo genere sta nel fatto che esso non ci dice chiaramente quando e come pronunciarci, o come opporci senza produrre una nuova ingiustizia, o come parlare in modo da essere ascoltati ed essere capiti in maniera corretta. La mia posizione non è ascoltata da questi detrattori, e forse non dovrei sorprendermi, visto che la loro tattica consiste nel distruggere le condizioni dell'ascolto. Ho studiato filosofia all’Università di Yale e ho continuato a concentrarmi sulle questioni di etica ebraica lungo l’intero arco della mia educazione. Sono contenta di aver ricevuto quel bagaglio etico e l’educazione che mi è stata data, e che tuttora mi anima. È falso, assurdo e doloroso per chiunque sentir dire che chi formula una critica dello Stato di Israele è un antisemita, o, se ebreo, un ebreo che odia sé stesso. Accuse di questo genere cercano di demonizzare la persona che articola un punto di vista critico e di squalificare a priori questo punto di vista. Si tratta di una tattica di messa a tacere: di questa persona non si può parlare, e qualunque cosa essa dica va respinta in anticipo o distorta in modo tale da negare la validità stessa della presa di parola. L’accusa rifiuta di prendere in considerazione il punto di vista, di discuterne la validità, di valutarne le sue prove, e di trarne una conclusione oculata sulla base dell’ascolto della propria ragione. L’accusa non è semplicemente un attacco contro le persone che hanno punti di vista discutibili, ma si traduce in un attacco contro qualsiasi scambio ragionevole di opinioni, contro la stessa possibilità di ascoltare e parlare in un contesto in cui si potrebbe prendere in considerazione cosa l’altro ha da dire. Quando degli ebrei etichettano altri ebrei come “antisemiti”, essi cercano di monopolizzare il diritto di parlare in nome degli ebrei. Dunque l’accusa di antisemitismo serve da copertura per un conflitto tra ebrei. Sono allarmata per il numero di ebrei che, costernati per le politiche israeliane, tra cui l’occupazione, l’uso delle detenzioni indefinite e il bombardamento della popolazione civile a Gaza, cerca di rinnegare la propria ebraicità. Il loro errore consiste nel considerare lo Stato di Israele come rappresentante contemporaneo dell’ebraismo, e nel pensare che se una persona si definisce ebrea, questo significhi appoggiare Israele e le sue azioni. Nonostante questo, ci sono sempre state tradizioni ebraiche che si oppongono alla violenza statale, che affermano la coabitazione multiculturale e difendono i principi dell’uguaglianza. Queste tradizioni etiche di fondamentale importanza vengono dimenticate e marginalizzate ogni qualvolta si accetta che Israele sia la base dell’identificazione e dei valori ebraici. Quindi, da un lato gli ebrei che criticano Israele forse pensano di non potere più essere ebrei perché Israele rappresenta l’ebraismo; dall’altro lato, chi cerca di mettere a tacere i critici di Israele fa ugualmente coincidere l’ebraismo con Israele, traendo la conclusione che ogni critica è antisemita o, se la critica proviene da un ebreo, mossa da odio di sé. I miei sforzi, sia nella ricerca sia nei miei discorsi pubblici, sono sempre stati volti a uscire da questo vicolo cieco. Dal mio punto di vista ci sono tradizioni ebraiche molto significative – anche le prime tradizioni sioniste – che valorizzano la coabitazione e che forniscono modalità di opposizione contro la violenza di qualunque genere, inclusa la violenza di Stato. Oggi è molto importante valorizzare e tenere in vita queste tradizioni, poiché esse rappresentano i valori diasporici, le battaglie per la giustizia sociale e un principio ebraico talmente rilevante come la “riparazione del mondo” (Tikkun). È chiaro che quelle passioni che raggiungono livelli così elevati su questioni come queste rendono molto difficile l’ascolto e la presa di parola. Si decontestualizzano alcune parole  e si distorce il loro significato per poi utilizzarle per stigmatizzare ed squalificare un individuo. Questo succede con molte persone che hanno una visione critica di Israele – e che vengono etichettate come antisemite o collaboratrici naziste; queste forme di accusa mirano a creare le forme più durevoli e tossiche di stigmatizzazione e demonizzazione. Si colpisce la persona decontestualizzandone le parole, invertendone i significati e sostituendole alla persona; di fatto, queste forme di accusa annientano i punti di vista della persona a prescindere da quegli stessi punti di vista. Per coloro che tra noi sono i discendenti degli ebrei europei eliminati dal genocidio nazista (la famiglia di mia nonna è stata distrutta in un piccolo villaggio a sud di Budapest), essere chiamati complici dell’odio contro gli ebrei o ebrei che odiano sé stessi è uno degli insulti e delle ferite più dolorosi che possano esistere. Risulta ancora più difficile resistere al dolore di un’accusa di questo genere quando la persona colpita cerca di affermare ciò che di più prezioso esiste nel giudaismo per pensare all’etica contemporanea, inclusa la relazione etica con chi è privato della propria terra e dei diritti di auto-determinazione, con chi cerca di mantenere viva la memoria della propria oppressione, con chi prova a vivere un vita che possa e debba essere riconosciuta come vita degna di essere vissuta. Sostengo che questi valori derivano tutti da fonti ebraiche importanti, il che non significa dire che essi derivano esclusivamente da quelle fonti. Ma, data la storia da cui provengo, è di fondamentale importanza, in quanto ebrea, oppormi all’ingiustizia e combattere contro tutte le forme di razzismo. Questo non fa di me una ebrea che odia sé stessa, bensì mi rende una persona che vuole affermare un giudaismo non identificabile con la violenza statale e che si identifica con una battaglia globale per la giustizia sociale.I miei commenti su Hamas e Hezbollah sono stati decontestualizzati e i miei noti e assodati punti di vista brutalmente distorti. Sono sempre stata a favore dell’azione politica non violenta, e questo principio ha sempre caratterizzato le mie posizioni. Alcuni anni fa, un membro di un pubblico accademico mi ha chiesto se penso che Hamas e Hezbollah appartengano alla “sinistra globale” e ho risposto con due commenti. Il primo era meramente descrittivo: queste due organizzazioni politiche si definiscono anti-imperialiste, e una delle caratteristiche della sinistra globale è l’anti-imperialismo; quindi, in questa logica, esse potrebbero essere descritte come parte della sinistra globale. Il mio secondo commento era critico: come per qualsiasi gruppo che si colloca a sinistra, occorre decidere se uno è contro o a favore di quel gruppo e valutare criticamente le posizioni di quel gruppo. Non accetto o approvo tutti i gruppi che fanno parte della sinistra globale. Infatti questi stessi commenti hanno fatto seguito a una mia presentazione in cui ho sottolineato l’importanza del lutto collettivo e delle pratiche politiche della non violenza, un principio che ho sviluppato e difeso in tre dei miei libri più recenti: Precarious Life, Frames of War e Parting Ways. Sono stata intervista sulle mie posizioni non violente sulla rivista Guernica e su altre riviste online, ed è facile ritrovare queste mie posizioni se uno volesse capire da che parte mi colloco su tali questioni. Talvolta sono addirittura presa in giro da membri della sinistra che appoggiano le forme di resistenza violenta che pensano che io non sia in grado di capire quelle pratiche. E’ vero: non appoggio le pratiche di resistenza violenta e non appoggio, non ho mai appoggiato e non posso appoggiare nemmeno la violenza statale. Forse questa posizione mi rende più naïve che pericolosa, ma è la mia posizione. Per questo mi è sempre sembrato assurdo che i miei commenti venissero interpretati come un appoggio a Hamas o Hezbollah! Non ho mai preso una posizione su nessuna organizzazione, così come non ho mai appoggiato tutte le organizzazioni che presumibilmente fanno parte della sinistra globale – non sono una sostenitrice incondizionata di tutti i gruppi che oggi fanno parte della sinistra globale. Dire che quelle organizzazioni fanno parte della sinistra non significa dire che esse dovrebbero esserne parte, o che in qualche modo le appoggio.Due altri punti. Appoggio il movimento per il Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni (BDS) con una modalità specifica di appoggio. Ne rifiuto alcune versioni e ne accetto altre. BDS per me significa che mi oppongo agli investimenti in compagnie che producono equipaggiamenti militari il cui solo scopo è di demolire case. Questo vuol dire che non parlo in delle istituzioni israeliane a meno che non prendano una posizione chiara contro l’occupazione. Non accetto nessuna versione del BDS che discrimina contro i singoli individui sulla base della loro cittadinanza nazionale e continuo ad avere strette relazioni di collaborazione con molti studiosi israeliani. Una delle ragioni per cui appoggio il BDS e non appoggio Hamas e Hezbollah è che il BDS è il movimento civile e politico non-violento più ampio che cerchi di stabilire l’uguaglianza e il diritto all’auto-determinazione per i palestinesi. Il mio punto di vista è che i popoli di quella terra, ebrei e palestinesi, devono trovare un modo per vivere insieme in condizioni di uguaglianza. Come molte altre persone, desidero una comunità politica democratica su quella terra e sostengo i principi di autodeterminazione e coabitazione per entrambi i popoli e per tutti i popoli. Desidero, come lo desidera un numero sempre crescente di ebrei e non-ebrei, che venga posta fine all’occupazione, che cessi la violenza, e che i diritti politici fondamentali di tutti i popoli che vivono in quella terra vengano preservati da una nuova struttura politica.Due ultime note. Il gruppo che sponsorizza l’attacco contro di me si chiama Scholars for Peace in the Middle East – un nome quantomeno improprio – e nel suo sito web si sostiene che l’"Islam" è una "religione intrinsecamente antisemita (sic!)". Contrariamente a quanto riportato dal Jerusalem Post, non si tratta di un folto gruppo di studiosi ebrei con base in Germania, ma di una organizzazione internazionale con base in Australia e in California. Essi fanno parte di una organizzazione di destra e dunque di una guerra intra-ebraica. Un ex-membro del loro consiglio di amministrazione, Gerald Steinberg, è noto per i suoi attacchi contro le organizzazioni per i diritti umani israeliane, contro Amnesty International e Human Rights Watch. A quanto pare lo sforzo che questi gruppi compiono per denunciare le violazioni israeliane dei diritti umani le rende etichettabili come “organizzazioni antisemite”. Per finire, non sono lo strumento di nessuna organizzazione non-governativa: faccio parte del comitato consultivo di Jewish Voice for Peace; sono membro della sinagoga Khelillah a Oakland, in California; sono membro esecutivo della Faculty for Israeli-Palestinian Peace negli Stati Uniti e del Freedom Theatre di Jenin. I miei punti di vista politici toccano vari argomenti e non sono ristretti al Medio Oriente o allo Stato di Israele. Infatti ho scritto di violenza e ingiustizia in altre parti del mondo, ponendo la mia attenzione sulle guerre scatenate dagli Stati Uniti. Ho scritto anche di violenza contro le persone transessuali in Turchia, di violenza psichiatrica, di tortura a Guantanamo e di violenza della polizia contro i manifestanti pacifici negli Stati Uniti, solo per menzionare alcuni dei miei interessi. Ho scritto anche di antisemitismo in Germania e contro la discriminazione razziale negli Stati Uniti.

mercoledì 25 maggio 2011

Le forme del dominio

Le forme del dominio. Razzismo e sessismo tra passato e presente, è il titolo della discussione che si terrà dopodomani (27 maggio 2011 - ore 18), presso la Libreria delle Moline (via delle Moline 3/a - Bologna) a partire dal volume di Alberto Burgio Nonostante Auschwitz. Il "ritorno" del razzismo in Europa (DeriveApprodi, 2010). Interventi di Vincenza Perilli (Razzismo e sessismo) e Mauro Raspanti (Razza, razzismo e neorazzismo). Seguirà dibattito con l'autore.


martedì 17 maggio 2011

Le forme del dominio. Razzismo e sessismo tra passato e presente

Le forme del dominio. Razzismo e sessismo tra passato e presente, è il titolo della discussione che si terrà venerdì prossimo (27 maggio 2011 - ore 18), presso la Libreria delle Moline (via delle Moline 3/a - Bologna) a partire dal volume di Alberto Burgio Nonostante Auschwitz. Il "ritorno" del razzismo in Europa (DeriveApprodi, 2010). Interventi di Vincenza Perilli (Razzismo e sessismo) e Mauro Raspanti (Razza, razzismo e neorazzismo). Seguirà dibattito con l'autore.

domenica 3 aprile 2011

Le foto "private" di Eva Braun


Proprio qualche giorno fa avevamo ricordato un vecchio articolo, L'innocenza di Eva, un testo che a partire dal caso limite del nazismo tentava di aprire qualche pista di riflessione sull'intersezione di sessismo e razzismo e sui rischi dell'amalgama , della confusione o della semplice giustapposizione dei due sistemi. In questa prima (e faticosa) ricognizione la critica della presunta "innocenza degli oppressi" ci era sembrata una questione cruciale. Raccontavamo del finto scoop della rivista femminista tedesca Emma che nel 1992 aveva annunciato la scoperta dei diari segreti di Eva Braun in cui la compagna di Hitler rivelava la sua "tacita opposizione al nazismo e la sua condanna del razzismo e sessismo quotidiani", e a partire dalle reazioni delle lettrici della rivista ci chiedevamo: "Quali culture, quali pregiudizi, quali schemi hanno fatto sì che si credesse che delle femministe, o presunte tali, proponessero un vistoso falso come rivelazione di una segreta e consolante verità?". Questa domanda ci è tornata in mente leggendo alcuni commenti nel web in seguito alla recente pubblicazione di alcune foto private e finora inedite di Eva Braun. C'è chi le trova "belle" o "divertenti", chi sottolinea come Eva Braun sia proprio come tutte le altre ragazze che tengono appeso al muro il ritratto del "fidanzato", chi la trova "simpatica" o "carina" e intuisce dalle foto "l'amore che provava per il suo uomo". Da parte nostra le troviamo tremende. E' terribile pensare che mentre i due "innamorati" si divertivano sul lago e in allegre riunioni con gerarchi nazisti e consorti, c'era chi moriva nei lager. Ci morivano anche i neri, come quello "imitato" nella foto qui sopra dalla compagna di Hitler, vestita da uomo e con la faccia ben annerita. La foto è datata 1937 ed è stata scattata durante una piacevole (presumiamo) serata in compagnia a casa della coppia, in cui Eva Braun "imita", per il divertimento di tutti/e, l'attore Al Jolson che nel film The Jazz Singer (molto noto all'epoca), aveva recitato a sua volta con la faccia annerita (cosa consueta all'epoca e in talune circostanze anche oggi)  nel ruolo di un afro-americano. L' ironia (amara e "doppia") è che Al Jolson era ebreo.

mercoledì 30 marzo 2011

R/esistenze a ... Salò

Del volume curato da Paola Guazzo, Ines Rieder e Vincenza Scuderi - R/esistenze lesbiche nell'Europa nazifascista - avevamo già parlato qui in Marginalia in occasione del suo arrivo in libreria lo scorso anno (oltre ad aver partecipato ad una delle sue belle presentazioni/discussioni, ovvero quella organizzata all'interno dell'edizione 2010 del Festival delle Culture antifasciste. Ritorniamo sul volume, brevemente, per segnalare che il primo aprile, alle ore 21, ci sarà una nuova presentazione del libro, organizzata dalla sezione Anpi locale, presso il Centro Sociale Due Pini di Salò (non è un pesce d'aprile) .

venerdì 25 marzo 2011

Almirante, l'altra faccia di un grande italiano

Dopo i tentativi di dedicargli nuove vie e di additarlo ad "esempio da seguire", la prossima settimana si terrà a Trieste, con il patrocinio del comune di quella città, un convegno sulla figura di Giorgio Almirante, dal titolo Almirante, un grande italiano. Riceviamo (e pubblichiamo) il testo con cui le/gli antifasciste/i triestine/i indicono una conferenza stampa per domani, sabato 26 marzo, alle ore 11, presso il Knulp (via Madonna del mare 7/a - Trieste). Ecco il testo : "Con il patrocinio del Comune di Trieste, si terrà lunedì un convegno sulla figura di Giorgio Almirante. Memori dell’opera di Almirante come redattore de “La Difesa della Razza”, del suo ruolo istituzionale nella RSI che lo portò a firmare un bando per la fucilazione di altri Italiani, del suo operato nel corso degli anni della strategia della tensione in Italia, tra cui il finanziamento al terrorista Cicuttini per un’operazione alle corde vocali che rendesse impossibile la perizia fonica dato che lui era stato il telefonista che aveva attirato i carabinieri nella trappola della strage di Peteano (3 morti), noi antifascisti terremo una conferenza stampa con distribuzione di un dossier esplicativo".

sabato 5 marzo 2011

Femminismo latino (frammenti per una memoria critica femminista)

"Olga Modigliani, al pari di molte donne borghesi istruite [...], era un ottimo esempio della nuova sintesi politica che nell'Italia degli anni trenta andava sotto il nome di femminismo 'latino', 'nazionale' o 'puro'. Erano questi i termini adottati da donne un tempo attive nei movimenti emancipazionisti, nel tentativo di riconciliare fascismo e femminismo . Il loro femminismo era 'puro' in quanto non contaminato dall'esasperato livellamento del riformismo socialista, né dallo stridente individualismo del movimento per la parità dei diritti anglo-americano. Era 'latino' perché sosteneva comportamenti considerati peculiari alla femminilità italiana: la devozione alla famiglia, l'attaccamento alla tradizione, il rispetto per la razza. Era 'nazionale' in quanto riconosceva la necessità di subordinare le aspirazioni delle donne ai più alti interessi dello Stato e del popolo italiano. Cosa vi fosse di femminista nel femminismo latino era decisamente più problematico.[...]. In fondo quello che abbiamo chiamata la nuova sintesi del femminismo latino era il tentativo di conciliare due tradizioni politiche decisamente antagonistiche: l'una, l'eredità emancipazionista del movimento delle donne dell'Italia di inizio secolo, l'altra, la politica di massa del fascismo [...]. Le femministe borghesi [...] con la speranza che il fascismo avrebbe permesso alle loro iniziative caritative di sopravvivere e magari di prosperare [...], ridefinirono la posizione dei propri gruppi nei riguardi dello Stato. Presero le distanze dal movimento internazionale delle donne [...], riscrissero la propria storia condannando il 'vecchio' femminismo per l'inconcludente strepitare e l'incapacità di comprendere la vera natura della donna italiana, della famiglia, della nazione, della razza [...]. Le donne si univano ai reticoli solidaristici del proprio genere per promuovere quelle che consideravano le migliori virtù della femminilità italiana [...].Per molte l''Italia nuova' era motivo di orgoglio patriottico [...], la dittatura sfruttava questa identificazione emotiva con la nazione-Stato trasformandola in uno sciovinismo militaristico che si pretendeva giustificato e virtuoso, e che poteva legittimare qualsiasi sacrificio [...]. In questo senso, il femminismo latino era il discorso e la pratica di un movimento politicamente subalterno [...]. La complessa storia dell'adeguamento del femminismo italiano al fascismo non è priva di collegamenti con quella che Nancy Cott, in una convincente generalizzazione fondata sull'analisi dell'esperienza delle femministe americane dopo la prima guerra mondiale, ha individuato come 'un più diffuso processo di cancellazione della memoria, attraverso il quale il femminismo fu assimilato selettivamente e represso' [...]. Alla vigilia della seconda guerra mondiale, il femminismo storico era stato cancellato persino dalla memoria, e la politica delle donne nel fascismo era di estrema subordinazione. Nel novembre 1938, le ultime organizzazioni sopravvissute che avevano cercato di conciliare femminismo e fascismo furono sciolte, e le aderenti di origine ebraica con le leggi razziali, bandite da qualsiasi attività pubblica. Tra queste ultime c'era Olga Modigliani, costretta all'esilio. Nel nome del duce, della nazione e di una spuria solidarietà di classe, i fasci femminili rinunciarono a sostenere la solidarietà tra donne. Nel dicembre 1938, Rachele Ferrari del Latte proponeva che le militanti si dedicassero, 'con la loro esperta competenza, con la loro limpida onestà, con la loro seria dirittura', a un pesante problema nazionale: trovar lavoro alle domestiche che erano state costrette ad abbandonare il servizio presso le case ebree, secondo quanto imposto dalle leggi razziali. Le donne fasciste avrebbero dovuto darsi alla missione con zelo, convinte che 'in un prossimo avvenire le nostre domestiche si renderanno personalmente conto della grande ventura loro toccata di aver potuto sottrarsi all'influenza, all'insidia, al predominio dell'avida razza ebraica per crescere da italiane e da cristiane in una casa dove si pensa, si crede, si lavora e si vive con animo italiano'."[da Victoria de Grazia, La donna nel regime fascista, Marsilio 1993 (ed. or. inglese 1992), frammenti dalle pp. 313, 314, 315, 316 e 356].

martedì 23 novembre 2010

"Spettri dell'altro" di Riccardo Bonavita

A cinque anni dalla morte, è stato pubblicato - come vi avevamo segnalato -, il volume Spettri dell'altro. Letteratura e razzismo nell'Italia contemporanea, che raccoglie alcuni saggi di Riccardo Bonavita. Mercoledì, 24 novembre, Spettri dell'altro sarà presentato a Bologna (da Bartleby alle ore 19.30), da Giuliana Benvenuti (che ha curato il volume insieme a Michele Nani), Giorgio Forni e Rudy M. Leonelli. Da una recensione pubblicata qualche mese fa su Umanità Nova (e che potete continuare a leggere qui), riprendiamo le prime righe: "Studente della 'Pantera', intellettuale comunista, partecipe delle mobilitazioni antirazziste prima e dopo Genova, Riccardo Bonavita (1968-2005) è stato anzitutto uno studioso di letteratura italiana, ma ha inteso coniugare la sua formazione con un’indagine acuta e originale della storia del razzismo politico italiano, partendo dalla tesi che la cultura razzista in Italia non sia una breve parentesi circoscritta alle leggi razziali fasciste del 1938, ma un accumulo di lunga durata che si struttura già nel primo Ottocento controrivoluzionario proprio attraverso la letteratura e la manipolazione dell’immaginario collettivo".Qui invece, un frammento tratto da uno dei primi saggi di Riccardo Bonavita, Lo sguardo dall'alto. Le forme della razzizzazione nei romanzi coloniali e nella narrativa esotica, pubblicato nel catalogo della mostra La menzogna della razza (a cura del Centro Furio Jesi), momento fondamentale dello studio sul razzismo italiano.

martedì 21 settembre 2010

Roghi dimenticati / Post scriptum a Roghi made in Usa

In Roghi made in Usa, accennavamo alla condanna della Cei dell'annunciato Burn of Koran Day da parte del reverendo Terry Jones: " Non dobbiamo dimenticare che la prima cosa che fecero i nazisti fu quella di bruciare i Talmud, i libri dell’ebraismo". Ma, come osserva Walter Peruzzi in Cattolicesimo reale (un sito che intendevamo segnalare già da tempo), la Cei , ancora una volta, ricorda i roghi degli altri ma non i propri. Tanto per dire: fu proprio papa Giovanni XXII a ordinare nel 1320 con la bollla Dudum Felicis "Riducete poi in cenere col fuoco il suddetto Talmud". E questo rogo non fu né il primo né l'ultimo. Per istruirsi sull'argomento rinvio all'articolo completo di Cattolicesimo reale, Roghi dimenticati.

giovedì 5 novembre 2009

Anticipazioni dai Quaderni Viola: La straniera. Informazioni, sitobibliografie e ragionamenti su razzismo e sessismo


Chiara Bonfiglioli, Lidia Cirillo, Laura Corradi, Barbara De Vivo, Sara Farris, Vincenza Perilli (a cura di), La straniera. Informazioni, sitobibliografie e ragionamenti su razzismo e sessimo, Edizioni Alegre, 2009. Per intanto c'è solo la copertina, ma presto potrete leggere tutto il resto ...
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lunedì 21 settembre 2009

Auschwitz. Prima e oltre. Nuovi conflitti e percorsi altri tra esclusione, identità e differenza

Di seguito il call for papers per il convegno promosso dal Dipartimento di Scienze della Comunicazione dell'Università degli Studi di Macerata, dall'Osservatorio di genere e dall'Istituto Storico della Resistenza e dell'età contemporanea Mario Morbiducci, che si terranno a Macerata il 27, 28, e 29 Gennaio 2010. Quanti/e intendano partecipare ad uno dei workshop tematici sono invitati ad inviare, entro e non oltre il 30 settembre 2009, un abstract del proprio intervento (max 300 parole) a: csgeneremc@gmail.com (o via fax allo 0039 0733 258 2551). Saranno accettati soltanto gli abstract in lingua italiana e/o inglese che indicheranno: nome e cognome, indirizzo di posta elettronica, titolo dell’intervento e un breve curriculum vitae et studiorum (max 2000 battute, spazi inclusi). Ulteriori info: Dip. Scienze della Comunicazione: g.calamanti@unimc.it e/o Osservatorio di Genere: csgeneremc@gmail.com

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Attorno ad Auschwitz come evento paradigmatico del costruirsi e dello sfaldarsi di categorie tanto storiche quanto politiche si sono condensati studi eriflessioni che ne hanno indagato ampiamente origini ed effetti ben aldi là dell’orizzonte novecentesco. L’intento di queste giornate di studio è quello di proporre una rilettura di quelle circostanze (storiche, sociali, politiche, culturali, filosofiche) che, anche attraverso progressive dissipazioni del senso dei limiti, hanno avviato a regimi in cui tutto è apparso possibile. A questa analisi, che si propone di mettere a confronto discipline e approcci differenti, si vuole affiancare un tentativo di guardare alla contemporaneità, segnatamente ai nuovi conflitti che non di rado accompagnano forme di chiusura identitaria, alla luce di quelle modalità diesclusione/discriminazione che investono spesso le differenze tout court. L’intento di andare oltre Auschwitz, rivitalizzando un’idea di memoria non meramente conservativa ma che tenti di stabilire raccordi con l’oggi, induce a guardare a quelle forme di opposizione ai conflitti, dai movimenti pacifisti alla non violenza, che si sono raffinati nel corso del Novecento. All’interno di questa cornice di carattere più generale potranno essere affrontate in maniera più specifica le seguenti tematiche: Esclusione e discriminazione delle minoranze, violenza di genere: donna come soggetto e oggetto dei totalitarismi, pacifismo e movimenti per la pace, identità e politica: classe, etnia e genere, nuove forme di opposizione ai conflitti dopo Auschwitz e Hiroshima, conflitti nel mondo contemporaneo, biopolitica del campo.
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martedì 5 maggio 2009

Ammiccamenti razzisti al muro


Probabilmente chi ha pensato e realizzato questo manifesto pubblicitario si trastulla evocando (consapevolmente o "spontaneamente") il fantasma dell'epurazione a mezzo sterminio. Come posso non pensare, guardando questo manifesto, al razzismo nazista per il quale gli/le ebre* erano "parassiti" (come del resto anche i cosiddetti "zingari") da eliminare a tutti i costi per evitare la contaminazione della "pura razza ariana", "pidocchi" da sterminare con lo Zyklon B? E come posso non rivedere in questi ammiccamenti razzisti al muro la cartolina di De Seta Armamenti, che ben esemplifica l'atteggiamento del fascismo italiano verso gli/le african*, considerati alla stregua di insetti per sterminare i quali l'insetticida è "l'arma più opportuna"? E, più recentemente, come posso non pensare ai deliri xenofobi e razzisti dei vari Calderoli (per non parlare dei rosari di Forza Nuova) contro la cosiddetta "invasione islamica"e le "orde di clandestini"?
Per me questo manifesto è intollerabile.

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La foto l'ho scattata ieri a Bologna. Ma presumo che lo stesso manifesto sia stato affisso anche in altre città

mercoledì 1 aprile 2009

Cacchine neofasciste

Talvolta capita che alcune notiziole, che pure avrebbero meritato un po' di spazio qui, vadano perse . Solo oggi, ad esempio, leggo dell'accoglienza riservata alla convention elettorale di CasaPound a Bologna a base di cacche varie. Ahimè, mi son detta, speriamo che nessun* sospetti che l'immagine qui di fianco, usata in Marginalia qualche tempo fa per illustrare un articoletto su CasaPound, fosse un'oscura allusione atta ad istigare il passaggio ai fatti. Qualcun* (forse) penserà che sono un tantino paranoica, invece vi assicuro che (purtroppo) non sono preoccupazioni peregrine. In un'epoca in cui la libertà d'espressione è invocata a gran voce per giustificare le peggiori nefandezze (dalle camere a gas "dettaglio della storia" alla riabilitazione della Repubblica di Salò), può capitare, ad esempio, solo per aver tirato fuori qualche scheletro dall'armadio de Il Resto del Carlino, di subire pesanti forme di mobbing inventivo ... Vista l'aria che tira e il poco tempo che (ancora forse) resta prima che ci mettano il bavaglio a tutt*, passo velocemente (di cacca in cacca) al convegno promosso da Forza Nuova a Milano per il prossimo 5 aprile. Dovrebbero colà intervenire tra i maggiori rappresentanti dei partiti neofascisti europei aderenti al progetto Fronte Nazionale europeo, da Bruno Gollnisch del Front National a Simon Darby del British National Party per arrivare a Stratos Karanikolau del greco-cipriota Proti Grammi (Linea di Fronte). Senza dimenticare Roberto Fiore, ovviamente.
In un articolo di Bruna Jacopino, vengono tratteggiati i ritratti di alcuni di questi personaggi, come il segretario generale dell’Npd tedesco, Ugo Voight sotto processo in questi giorni in Germania, insieme ad altri due suoi camerati, per “incitamento all’odio razziale” . O ancora Bruno Gollnisch del Front National, eurodeputato ed ex professore di diritto all’università di Lione, condannato, lo scorso anno, a cinque mesi di reclusione con la sospensione della pena e ad una multa di 5.000 euro per aver contestato nel 2004 l’esistenza delle camere a gas. Del resto Ugo Voight sogna di rifondare «una Grande Germania su principi nazionalisti e gerarchici» e recentemente ha stretto un’alleanza con i naziskin delle Skinheads Sachsiche Schweiz, che non sono precisamente delle mammolette. Di Gollnisch invece, ricorderei anche l'impegno con i fondamentalisti pro-life: lo scorso 20 gennaio era, ad esempio, in prima fila alla "marcia per la vita" che aveva radunato a Parigi circa quindicimila anti-abortisti provenienti da mezza Europa. E che dire del British National Party? Uno dei suoi "giovani" aderenti ha definito gli/le omosessuali "AIDS Monkeys", "bum bandits" e "faggots" ... (non credo ci sia bisogno di traduzione). E per chi non ha la memoria corta sono note le aggressioni razziste e sessiste di camerati di Forza Nuova a diversi soggetti "indesiderati", come le loro campagne islamofobe, anti-migranti/rom e contro l'autodeterminazione delle donne (quest'ultima presa di posizione è ben riassunta da "Aborto=omicidio", titolo di un documento del gruppo femminile di Forza Nuova Verona, Donne in azione, da non confondere con Donne e Azione di CasaPound ...)
Insomma, la crème de la crème della destra xenofoba, omolesbotransfobica, pro-life, fondamentalista, negazionista, suprematista e razzista, si riverserà a Milano il 5 aprile. Anch'io non credo che saranno tantissimi (qualche centinaio, forse?), ma non mi sembra comunque un segnale da sottovalutare. Non si tratta (solo) di nazistelli nostalgici con teste rasate e tatuaggi tipo Heil Hitler, ma di gente che ha rappresentanti nel Parlamento Europeo (come il Front National di Jean-Marie Le Pen) o nel Parlamento del proprio paese (come il British National Party) e che può impunemente presentare (come Forza Nuova) liste elettorali con personaggi del calibro di Don Giulio Tam, che si autodefinisce "crociato in lotta contro la decadenza, l'invasione islamica e le trame dei perfidi giudei" ... E non è neanche da trascurare che di fronte alle (legittime) proteste e alle (altrettanto legittime) richieste di impedire questa iniziativa (dall'Anpi a diverse realtà antifasciste), il sindaco Letizia Moratti abbia invocato la "libertà d'espressione". Ben conosciamo l'articolo 21 della Costituzione italiana, (quello che sancisce per l'appunto il diritto di tutt* di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione), ma invocarlo in difesa di chi viola i principi e le norme (anch'esse costituzionali) di libertà, democrazia e diritti umani per tutti e tutte, mi sembra (molto) pericoloso.
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giovedì 19 marzo 2009

Onorate famiglie a destra

Vabbé, scrivere che un legame quantomeno "ideale" tra certa destra e gli ambienti delle cosiddette "onorate famiglie" (come ho fatto girando per una Napoli tappezzata di manifesti di CasaPound pensando al boss Giuseppe Misso, noto per essere da sempre vicino ai Nar, tra gli indagati per le stragi dell’Italicus e della stazione di Bologna, appassionato di Julius Evola ed Ezra Pound) poteva sembrare poco più che una boutade. E in un certo senso lo era, anche se sembra che legami tra neofascisti e mafiosi (legami più concreti che ideali) ci siano eccome ... In realtà sospettavamo da tempo non confessati rapporti tra onorate famiglie e politici di palazzo (Andreotti e Berlusconi docet), ora sembra che anche le cosidette "teste rasate" non siano da meno.
Se, identificando erroneamento in Ciccio Crisafulli (erede del boss mafioso Biagio "Dentino" Crisafulli, in carcere per traffico internazionale di droga) la persona ritratta in una foto in compagnia di Ignazio La Russa, il giornalista Paolo Berizzi, autore del libro Bande Nere, ha preso un granchio, resta il fatto che ha pescato una quantità di cose indubbiamente interessanti, come la frequentazione del rampollo Crisafulli, camerata dichiarato, del circolo nazifascista Cuore nero (ricordate il brindisi all'Olocausto?). Tra i fondatori di Cuore Nero, gemellato con CasaPound, spicca Roberto Jonghi Lavarini che presiede il comitato Destra per Milano (confluito nel Partito della libertà). Se Jonghi Lavarini, è un sostenitore delle “destre germaniche” (il partito boero sudafricano pro-apartheid) e rivendica con orgoglio l’appartenenza alla fondazione Augusto Pinochet, non è da meno il sindaco leghista di Verona, Flavio Tosi, i cui rapporti con l’ultra-destra violenta e xenofoba del Veneto Fronte Skinhead, sono noti da tempo. Un po' meno i ruoli istituzionali, gli incarichi e le poltrone distribuiti ai leader delle teste rasate venete, già arrestati per aggressioni e istigazione all’odio razziale. Vedi per esempio Andrea Miglioranzi, della giunta Tosi ed ex appartenente dei Gesta Bellica (ricordate i testi contro ebrei, immigrati, "negri" e compagni "rossi"?) ...

Finisco quando ho tempo, ho da fare on the road ...

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Articoli correlati in Marginalia e in siti/blog limitrofi (oltre quelli citati nel post). Cliccate e diffondete:

Taxi rosa neofascisti? No, grazie! Noi staffette postmoderne giriamo in Vulva Taxi ...
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martedì 10 febbraio 2009

Discriminazioni, persecuzioni e deportazioni

Discriminazioni, persecuzioni e deportazioni è il titolo dell'iniziativa (a cura di Salvatore Panu in collaborazione con Aned, Anpi, XM24, Quartiere Navile, Istituto Storico Parri e Archivio Storico del Canzoniere delle Lame) che si terrà giovedì 12 febbraio 2009 presso XM24 (via Fioravanti, 24 - Bologna, h 18). Di seguito il programma:

INTERSEZIONALITA'

Oltre quel muro. La Resistenza nel lager di Bolzano 1944-45


INTERSEZIONALITA'

Proiezione dei pannelli della mostra documentaria Oltre quel muro. La Resistenza nel lager di Bolzano 1944-45. Donne e uomini che si opposero alle SS (fino al 28 febbraio all'Istituto Storico Parri). Intervengono: Leonardo Visco Girardi (curatore della mostra), Luca Alessandrini (Istituto Storico Parri), Osvaldo Corazza (Aned Bologna, deportato a Bolzano e Mauthausen), Divo Capelli (Aned Bologna), Armando Sarti (Anpi Bolognina), Riccardo Iezzi (autore di una tesi su i musei della deportazione in Italia), Salvatore Panu (Archivio Storico del Canzoniere delle Lame).


Rom e Sinti: dai giorni della tragedia ai giorni della Resistenza

INTERSEZIONALITA'
Mostra documentaria in 20 pannelli di Mario Abbiezzi. Intervengono: Mario Abbiezzi (Cipes e Centro di documentazione Carlo Cuomo Milano), Milena Mignoni (autrice del romanzo Il circo capovolto). Letture da Il Circo capovolto con Yari (voce), Tore (fisarminica) e Duccia (arpa).

Le SS ci guardavano: per loro eravamo come scarafaggi

Proiezione dei pannelli della mostra sulle donne deportate (curata da Graziella Bertozzo per conto di Azione Gay e Lesbica Firenze), "Le SS ci guardavano: per loro eravamo come scarafaggi". Interviene Vincenza Perilli (ricercatrice precaria).
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sabato 17 gennaio 2009

Gaza. Dei vivi che passano


Sono passate settimane dall'inizio dei bombardamenti su Gaza, settimane durante le quali l'attivismo contro la guerra e per il cessate il fuoco non ha avuto tregua, tra appelli, presidi, petizioni per il boicottaggio dei prodotti made in Israel e per la sospensione degli accordi commerciali con Israele , manifestazioni grandi e piccole in tutto il mondo, da Roma ad Atene, da Parigi a Tel Aviv.

In molt*, in questi giorni convulsi, condividevamo la consapevolezza dolorosa che tutto questo non avrebbe fermato in tempo il sangue che scorre a fiumi, la mattanza: questa finirà solo quando non resterà più nulla – case, moschee, ospedali, scuole, esseri umani –, da sventrare o quando (ma forse è lo stesso) l'esercito israeliano (e tutto quello che gli sta dietro: interessi economici e politici su scala mondiale) riterrà che – per questa volta – , basti.

Eppure non si può restare inerti dinanzi al sangue che scorre, ognun* deve fare quello che può e sa fare. Mobilitarsi, agire, scrivere. Di quest'ultima cosa non sono stata capace, ancora pochi giorni fa dicevo che non potevo scrivere di/su Gaza o potevo scriverne solo come Viktor Sklovskij parla d'amore senza parlare d'amore. Scrivere d'altro, di altre cose ... Non è stato per quel “confuso ritegno” di cui parla Primo Levi e che sigillò le bocche dei soldati dell'Armata Rossa al loro arrivo ad Auschwitz il 27 gennaio del 1945 a rattrappirmi le mani. Non è stato lo shock dei corpi di donne, uomini, e soprattutto bambini e bambine fatti a pezzi e mostrati nei servizi televisivi, sui giornali, nei siti e nei blog di tutto il mondo. Ho visto tante volte il sangue scorrere a fiumi – e anche voi l'avete visto, non potete non averlo visto – , i corpi sventrati per le strade, i cadaveri ammucchiati, rigidi, bambin* con la testa sfondata, la materia cerebrale che cola addosso a quelle che forse furono le madri e lì vicino donne rese pazze dagli stupri e dall'orrore.

Il sangue l'ho visto. Ho visto quello degli africani e delle africane bastonati a morte nelle piantagioni di cotone dell'America schiavista, il sangue dei linciaggi in nome della supremazia bianca del Ku Klux Klan, il sangue che colorò di rosso le vie di Addis Abeba durante la feroce rappresaglia fascista italiana del febbraio 1937.

E ho visto il sangue che bagnava le macerie di Guernica e i sentieri di Montesole nel settembre del 1944, ho visto le stragi nazifasciste. E so del sangue ad Auschwitz, il sangue di milioni di ebre* sacrificat* al mito della pura razza ariana insieme ad altri esseri umani giudicati non degni di vivere: "zingari," gay e lesbiche, Testimoni di Geova ... E l'ho visto a Parigi, era il 1966, i corpi di centinaia di algerini massacrati e buttati giù nella Senna. Più tardi l'ho visto a Srebrenica, solo tre mesi per massacrare più di 800 mila donne, uomini, bambin*. L'ho visto per le strade di Baghdad (ricordate le luci dei bombardamenti nella notte trasmesse dai Tg? Dicevano che sembravano fuochi d'artificio ...), e l'ho visto per le strade di Gerusalemme e Tel Aviv dove i corpi smembrati dei/delle shahid si confondevano con i corpi smembrati delle loro vittime israeliane. Ho visto il sangue scorrere a fiumi sotto i colpi di machete in Ruanda, e poi in Somalia, in Afghanistan, in Cecenia, ... E l'ho visto in Palestina – e anche voi l'avete visto – lì dove scorre da più di cinquant'anni ...

Sì, l'ho visto – lo abbiamo visto – in tanti posti, in tanti altri posti. Perché la cartina geografica dei massacri è grande, immensa, difficile da abbracciare tutta con lo sguardo come si dovrebbe. Talvolta alcuni nomi si ricordano e altri no. Dipende da chi guarda. E da come guarda. Ma il sangue comunque lo vedi, tantissimo sangue, ed è uguale dappertutto, uguale per tutti (questo lo so senza ombra di dubbio, perché il sangue l'ho visto, lo vedo, anche per le strade delle “nostre città”), ed è così tanto che ti stupisci che la terra possa assorbirlo e ti dici che prima o poi sommergerà tutto, ci sommergerà tutt*. Un bagno di sangue transnazionale, globale. A volte, al buio, quando sono più cosciente della necessità di riconoscere la nostra umana comune vulnerabilità (quella di cui parla Butler in Vite precarie) immagino tutto questo sangue sudare dalla terra, salire, riempirmi la bocca, il naso, gli occhi, fino a soffocarmi.

Ma non è questo che ammutolisce, che mi ammutolisce. Piuttosto è il rendersi conto, che tutto questo sangue – quel sangue di cui sono fatti i libri di storia, storia talvolta con la s maiuscola, talvolta minuscola, che merita talvolta la prima pagina dei quotidiani, talvolta soltanto i titoli che scorrono in basso negli schermi televisivi – ha insegnato ben poco.

E non mi riferisco ai governi muti davanti alle atrocità commesse dall'esercito israeliano, agli stati occidentali e arabi (come l'Egitto, stretto alleato degli Stati Uniti) che appoggiano il governo terrorista di Tel Aviv, non mi riferisco alla sinistra “istituzionale”, in specie italiana, e ai suoi colpevoli silenzi, né ovviamente ai fondamentalisti, ai neofascisti, ai razzisti , alle orianefallaci e ai guidocalderoli. Questi li combatto, li ho sempre combattuti e so che né la storia né il sangue li cambierà, perché della mattanza si nutrono divenendo sempre più forti. Mi riferisco invece a quello che, genericamente, viene definito “popolo dell'estrema sinistra”, fatto di tante realtà diverse (femministe, pacifist*, libertar*, attivist* lgbt, antirazzist* ...), quel popolo di cui faccio parte (seppure talvolta con qualche disagio), quel popolo che così macroscopicamente – e generosamente – si è attivato in questi giorni.

E' anche questo sangue che spinge ad attivarsi (ed è per questo che credo, come Susan Sontag, nella funzione e nella necessità“etica” e “pacifista” di mostrare le immagini di uomini, donne, bambin* massacrati), ma sempre terribilmente in ritardo, perché per essere efficaci le petizioni, gli appelli, le manifestazioni, i boicottaggi hanno tempi lunghi, lenti. Non è un caso che funzionino in quei casi dove non si aspetta che il sangue sgorghi a fiotti, quando oramai è troppo tardi per arrestarlo, ma si agisce in anticipo, ai primi “segnali”. E questi ultimi, in realtà, erano evidenti in Palestina da veramente tanto tempo: da più di cinquant'anni sono all'ordine del giorno i villaggi rasi al suolo dall'esercito israeliano, le migliaia di profughi, la confisca dei beni e il blocco della mobilità dei/delle palestines* con check point e muri, altre stragi e, all'interno di Israele, la criminalizzazione di quanti dissentivano dalla politica governativa con decine e decine di obiettori di coscienza, pacifisti e anarchici in carcere . Non voglio dire certo che non c'è stato chi questi segnali li ha visti (e li ha denunciati) da tempo, ma sono state voci più o meno isolate, o che solo raramente hanno trovato lo spazio per esprimersi o l'appoggio e la visibilità di cui avevano bisogno per far sì che la loro pratica politica fosse realmente efficace. Ma si reagisce in massa solo di fronte all'emergenza, a questo sangue che sgorga a fiotti e che troppo spesso coglie quasi impreparat*, costrett* a svolazzare come farfalline impazzite dinanzi a una fonte di luce improvvisa. Si tenta di di recuperare brandelli di iniziative passate: ad esempio la proposta di boicottaggio dei prodotti made in israel risale al 2005: come posso non chiedermi se averlo diffuso e attuato massicciamente da allora avrebbe cambiato le forze in campo, avrebbe, se non evitato, magari attenuato la mattanza di queste settimane? So bene che la storia non si fa con i se, ma come posso non chiedermi l'effetto che avrebbe avuto il dare più appoggio, negli ultimi anni, ai/alle pacifist* e obiettori/obiettrici di coscienza israeliani, ai dissidenti, artisti, intellettuali, organizzazioni femministe (qui un recente appello), così come alla resistenza palestinese che non è solo Hamas, realtà restate finora quasi sconosciute?

Sappiamo, oggi, quanto abbia pesato il silenzio di chi sapeva (Vaticano in testa, ma non solo) sulla sorte di migliaia di ebre* d'Europa sterminati nei campi della morte del Terzo Reich. Quant* potevano essere salvat* da un intervento alle prime “voci”? Ma, all'epoca (senza voler giustificare alcunché), non c'erano i mezzi odierni, mezzi che permettono lo scambio veloce di informazioni, foto, documenti. Non c'erano gli strumenti di pressione che abbiamo oggi, non c'era la possibilità per chi era nell'inferno dei campi e dei ghetti delle zone occupate, di inviare giorno dopo giorno notizie su quanto succedeva, come fa ad esempio oggi, a rischio della propria vita, Vittorio Arrigoni con il suo Guerrilla Radio da Gaza.

E' strano che il ricordo dello sterminio nazista (così massicciamente presente in appelli, documenti, articoli e volantini pro-Gaza di quel popolo dell'estrema sinistra di cui parlavo all'inizio), non serva per riflessioni di questo tipo ma solo per strumentali equazioni, che avevo sperato superate, come “israeliani-nazisti”, (o peggio “ebrei-nazisti”), "nazisionisti", "nazi-sionismo" fino all'immagine di una stella di Davide uguale svastica che ha campeggiato qua e là in diversi cartelli durante manifestazioni e presidi delle ultime settimane.

Possibile che ancora non si sia capaci di rendersi conto di come questo linguaggio sia non solo infondato storicamente (lo sterminio nazista ha una sua specificità, una sua singolarità) ma anche inefficace e fuorviante politicamente? Dovrebbe essere chiaro a tutt* che, se il sangue che scorre è lo stesso dappertutto, non sono gli stessi i fenomeni che lo fanno sgorgare, e di conseguenza i modi, le azioni, le pratiche che dobbiamo mettere in campo per contrastarli: gli stermini, i massacri, i razzismi, i sessismi non sono tutti uguali, fare amalgama ci impedisce l'effettiva comprensione di quanto succede, ci impedisce di agire efficacemente. Rischiamo, inoltre, di confondere i nostri discorsi con quanti ne fanno uso per scopi diversi e talvolta opposti, dai “movimenti per la vita” (per i quali l'aborto è “il nuovo olocausto”) culla di tutti i fondamentalismi, ai vari raggruppamenti neofascisti, violentemente antisemiti ma anche sessisti e razzisti, fino allo stesso governo israeliano che usa ( inversamente e in maniera vergognosa, ma lucida, non credo che ciò si possa spiegare in termini di “popolo traumatizzato”) la tragedia (vera) di milioni di ebrei per mettersi sempre nella posizione di “unica vittima” e giustificare così tutto, dalla sua politica neo-coloniale contro i/le palestinesi, alla soppressione delle voci dissidenti, alle alleanze con governi più o meno fascisti.

Anche la convinzione avanzata da alcun* che l'amalgama israeliani-nazisti, seppur falsa storicamente, potrebbe avere un senso perché lo shock dell'accostamento può “risvegliare le coscienze” e rendere maggiormente attivi contro la guerra, mi sembra una pericolosa (e pia) illusione, ma non solo. Certo l'accostamento può risultare efficace, ma possiamo davvero pensare che il nazismo, lo sterminio nazifascista, il Terzo Reich, banalizzato e distorto da anni di revisionismo di stato, di negazionisti “sdoganati” anche nella cosiddetta estrema sinistra, di croci celtiche messe in bella mostra per pubblicizzare un Gay Pride, abbiano ancora l'effetto taumaturgico di “scioccare”? E se anche fosse (ma non è), crediamo forse che le immagini di uomini, donne, bambini massacrati a Gaza, sventrati, fatti a pezzi, con i lobi oculari strappati fuori dalle orbite dai bombardamenti al fosforo bianco non siano “abbastanza” per le nostre fottute coscienze intorpidite?

Si è tanto parlato infine, anche su quotidiani nazionali italiani, del “disagio” provato da molti e molte (laici, rispettosi e attivisti dei diritti delle donne e del movimento lgbt, antirazzisti) di ritrovarsi in piazza insieme a bandiere bruciate, cartelli “Stella di Davide=svastica”, slogan feroci contro Israele nazista, ma più in particolare per i troppi Allah Akbar , per le “donne arabe” silenziose ( sottomesse?), per le preghiere durante le manifestazioni ...

Capisco il disagio per le metafore che rinviano al nazismo, ho spiegato perché neanch'io le condivido, ma mi fa un certo effetto quando a dichiarare disagio sono anche coloro che per anni hanno contribuito a creare le condizioni (politiche e anche culturali) per simili derive. Penso a quanti, nella sinistra istituzionale, hanno promosso collocando sullo stesso piano i/le partigian* e “i ragazzi di Salò” una politica di “pacificazione nazionale”, ma anche a quanti nell'estrema sinistra, hanno tollerato chi proponeva come “rivoluzionari” gli scritti negazionisti di un Robert Faurisson, quanti hanno lasciato che si incensasse il Celine grande scrittore senza ricordare che è stato un antisemita e un collaborazionista e quanti hanno partecipato o non contestato il grande dialogo destra/sinistra. Questo mi crea disagio, un terribile disagio. E me ne creano ancor di più quant* si strappano le vesti per le “preghiere islamiche” durante le manifestazioni appellandosi alla laicità. Sorvolo sul fatto banale che viviamo in un paese dove il santo crocefisso la fa da padrone nella stragrande maggioranza delle aule scolastiche, degli uffici pubblici, dei tribunali e financo ai capezzali dei/delle moribonde negli ospedali, dove nelle mense scolastiche servono il pesce solo il venerdì, dove la giornata di riposo è ancora la domenica della messa, dove ti possono capitare le cose più incredibili, ad esempio avere un/una figli* che seppure esentat* dall'ora di religione (cattolica) si ritrova in italiano e storia la stessa insegnante di religione (magari nominata direttamente dalla Curia), oppure di andare al parco di domenica mattina (da laic* non vai in chiesa) e ritrovarti nel bel mezzo di una messa all'aperto con canti e salmi diffusi dagli altoparlanti (scopri poi che è una “festa” organizzata da Cl) ...

Sorvolo anche sul fatto che sono anni che la sinistra, anche estrema, si confronta e rapporta con realtà cattoliche, che queste sono presenti alle “nostre” manifestazioni, che dopo i preti partigiani abbiamo avuto anche i preti no-global, che alcuni settori del femminismo è già qualche decennio che si confrontano con donne cattoliche. E tutto questo non mi sembra abbia creato nelle attuali anime belle a disagio per Allah Akbar (Dio è il più grande di tutti) dei grandi disagi. Mi si obietterà che c'è una differenza, qui abbiamo a che fare con i fondamentalisti, gente invasata che manifesta urlando versetti sacri (l'ho letto da qualche parte, non riesco più a ricordare dove, ma non era un' affermazione né di qualche militante della Lega né di Forza Nuova).

Alessandro dal Lago in un articolo pubblicato su Il Manifesto, Gaza e l'ipocrisia dell'Occidente, illustra, schematicamente ma mi sembra correttamente, il complesso processo che ha portato al rafforzamento del fondamentalismo islamico in Medio Oriente e alla nascita di “simpatie” per il radicalismo religioso anche in Occidente tra coloro che, come i/le migranti, sono il bersaglio di un violento razzismo e vittime di intollerabili diseguaglianze sociali, economiche e politiche : “Dov'è la sorpresa dei migranti che chiudono in preghiera le manifestazioni di protesta, in Europa e in Italia, contro l'attacco a Gaza? La religione, soprattutto agli occhi dei giovani, appare come l'ultima risorsa di una resistenza a cui qualsiasi motivazione politico-ideologica tradizionale è venuta a mancare. Resistenza contro Israele, certo, ma anche contro le élites autoritarie e opportuniste dei paesi arabi, l'indifferenza europea e l'ottusità muscolare del governo americano. E così la simpatia per il radicalismo islamico tra i palestinesi (che non hanno nulla da perdere), o da noi, dove i diseredati si identificano facilmente con loro, non può che aumentare. È probabile che da qualche parte, nelle montagne tra Afghanistan e Pakistan, qualcuno si stia fregando le mani”.

Ma vorrei andare oltre, focalizzare l'attenzione su questa pericolosa tendenza a guardare ai/alle migranti come ad un blocco monolitico, omogeneo. Nonostante non tutt* i/le migranti siano musulmani, nonostante ci sono state, in questi anni, innumerevoli manifestazioni di migranti senza preghiere e Allah Akbar (e chi vi ha partecipato, non sempre molt* in verità, lo sa), nonostante anche nelle recenti manifestazioni pro-Gaza c'è chi non ha pregato o se lo ha fatto ha dato a questo gesto un significato simbolico più che religioso, ebbene nonostante tutti questi nonostante per molt* tutt* i/le migrant* partecipant* alle manifestazion* pro-Gaza divengono “fondamentalisti islamici”, tutte le manifestazioni di religiosità pericolose manifestazioni di fondamentalismo che minaccerebbe la “nostra” (e sottolineo nostra) laicità, tutte le migranti divengono “donne arabe”, sottomesse all'imam, al marito, al padre, al fratello, implicitamente vittime e magari complici del “fondamentalismo”, soprattutto se in testa hanno un foulard. Dovremmo sapere quanto pericolose sono certe generalizzazioni (stranamente meno praticate proprio dalle donne che si vivono il fondamentalismo direttamente sulla propria pelle, rinvio al sito di Women living under muslim laws e al saggio di Ruba Salih su femminismo e islamismo pubblicato nel volume Altri femminismi, trovate i link nel blogroll), ma dovremmo saperlo anche (e soprattutto) noi femministe "occidentali", lo abbiamo visto, ad esempio, in Francia, nel corso del dibattito sul cosiddetto “foulard islamico” (che Chiara Bonfiglioli definisce efficacemente “battaglia del velo”). Nella lettura dei fautori della legge per il divieto dei segni religiosi nella scuola pubblica, il velo diviene unicamente segno di oppressione, nonostante le sue valenze multiple tra le quali vi è anche quella fatta propria dalle giovani migranti dette “di seconda o terza generazione”: il velo come rivendicazione di autonomia culturale, in risposta al razzismo (e al sessismo) della società francese.

Non ripetiamo gli stessi errori, cerchiamo, finalmente, di guardare “al di là” di quello che vogliono farci vedere. Diversamente rischiamo, nostro malgrado, di contribuire a rinforzare la sporca battaglia di quant* vogliono leggere i conflitti in atto come “scontro di civiltà” e “guerra di religione”.

Non abbiamo nulla da spartire con partiti come Forza Nuova che , mentre solidarizza con “il popolo di Gaza” (leggi Hamas) sognando la distruzione di Israele (come Hamas), fomenta il razzismo contro i/le migranti agitando la bandiera della lotta al fondamentalismo islamico, aprendo campagne contro la costruzione di moschee e negando l'esistenza di un Islam moderato (come nei manifesti di Forza Nuova Toscana). Non abbiamo niente da spartire neanche con i fondamentalismi (tutti i fondamentalismi: islamico, cattolico, ebraico), ma neanche con le alleanze strette tra fondamentalismo cattolico ed ebraico contro il “comune nemico” (l'Islam).

Non abbiamo soprattutto nulla da spartire con quant* vogliono rimanere ciechi.

Nel giugno 1944, a capo di una delegazione del Comitato internazionale della Croce Rossa, Maurice Rossel ispezionò, con l'autorizzazione delle autorità tedesche, il campo di Theresienstadt, luogo di transito per migliaia di ebre* verso le camere a gas di Auschwitz, Sobibor, Belzec, Treblinka. Era dall'estate del 1942 che il Cicr cercava di ottenere informazioni sulle condizioni di vita e sulla sorte degli internati nel campo di Theresienstadt, ma quando l'autorizzazione arriva e Rossel si reca in visita nel campo egli è soltanto “un vivo che è passato e non ha visto”come scrive Federica Sossi alla sua postfazione a Un vivo che passa di Claude Lanzman. Rossel è cieco perché non riesce a guardare oltre, al di là della messinscena preparata minuziosamente per lui dai nazisti che avevano lavorato alacremente per mesi per “abbellire” il campo. Il resoconto della visita scritto da Rossel sarà utilizzato dal Ministero degli esteri tedesco durante una conferenza stampa nel luglio del 1944 per smentire le voci sulla sorte degli ebrei ...

Vogliamo veramente continuare ad essere dei vivi che passano?


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L'immagine è un'opera di Mona Hatoum, artista palestinese nata a Beirut. Lo scoppio della guerra civile in Libano le impedirà di ritornare nel paese d'origine, costringendola all'esilio.

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domenica 25 maggio 2008

Allarmi siam fascisti ...



Postfascisti???

Questo è il manifesto affisso a Milano da Alleanza Nazionale in questi giorni: Giorgio Almirante un esempio da seguire? E intanto il neo-sindaco di destra Alemanno (che fu instancabile organizzatore dei funerali di Almirante alla fine dei quali Gianfranco Fini pronunciò un accorato elogio funebre) propone di dedicare a Giorgio Almirante una via della capitale. Un'analoga proposta del nostalgico di turno di qualche anno fa in quel di Grosseto ebbe esito negativo. Ma sembra che i tempi siano cambiati. E la memoria è (sempre più) corta.
Allora se anche già in tanti lo hanno fatto, vorrei ricordare anch'io chi è questo "grande italiano", questo "esempio da seguire": caporedattore del Tevere (periodico che, ben prima delle leggi razziali del '38, portò avanti una massiccia campagna antisemita), segretario di redazione della rivista Difesa della razza (i cui redattori furono tutti firmatari del famigerato Manifesto della razza, base "teorica" delle leggi razziali promulgate dal fascismo di lì a poco), funzionario di spicco della Repubblica Sociale di Salò, massacratore e fucilatore di partigiani, nel '45 fondatore dei Fasci di azione rivoluzionaria, poi segretario del Movimento sociale italiano.
Ricordo di aver visto da qualche parte una sua vecchia foto degli anni 70 (che ho cercato inutilmente nel web) con un giovanissimo (e già "promettente") Fini. Di quegli anni è anche il coinvolgimento di Almirante nella strage di Peteano, la sua colpevolezza fu provata ma se la cavò dapprima con l'immunità parlamentare poi con un'amnistia praticamente ad personam. Concordo pienamente con chi propone che l'unica via che gli si può dedicare è questa: via Giorgio Almirante terrorista.
Assunta Almirante sarà di tutt'altro avviso, ovviamente. Non ho notizia di sue recenti esternazioni, ma basta leggere il suo libro Giorgio. La mia fiamma e la presentazione che ne fece Stefania Craxi in occasione dell'incontro pubblico per l'uscita del volume nel giugno del 2005: "Già il titolo del libro lascia capire il contenuto [...] E' un bel titolo, con tanto di doppio senso [...] la fiamma è quella del Movimento sociale italiano, la creatura di Giorgio Almirante, che l'aveva costruita mattone su mattone, comizio dopo comizio, con infinita pazienza, fede, coraggio. Ma la fiamma di Assunta è lui Almirante, l'uomo Almirante [...], un gran signore. Ma anche la fiamma che sta nel simbolo del MSI è un amore di Assunta [...]. Perché la fiamma aveva, è vero, una reminiscenza fascista, ma era il simbolo della purezza che Giorgio aveva voluto far rivivere, quei sentimenti di onore e italianità che avevano portato tanti giovani a combattere, e anche morire, sotto le insegne della Repubblica di Salò. Attraverso mille parole d'amore Assunta ci restituisce un Almirante come veramente era [...]. La storia della sua vita che lei ci racconta è una storia di felicità, di una donna che si sente baciata dalla fortuna, perché ha trovato l'amore e questo amore l'ha accompagnata tutta la vita e ancora la sorregge con il calore del ricordo".
Non credo di dover aggiungere altro...