lunedì 11 novembre 2013
Berlusconi e le famiglie ebree
domenica 7 aprile 2013
Auschwitz e l'ordine
Via Incidenze. Nell'immagine la fotografia segnaletica, al momento dell'arresto, di Vittoria Nenni, morta a Auschwitz il 15 luglio 1943
venerdì 25 gennaio 2013
CasaPound / Gli stupratori del terzo millennio
martedì 11 settembre 2012
Judith Butler, ebraismo e violenza di stato
mercoledì 25 maggio 2011
Le forme del dominio
martedì 17 maggio 2011
Le forme del dominio. Razzismo e sessismo tra passato e presente
domenica 3 aprile 2011
Le foto "private" di Eva Braun
mercoledì 30 marzo 2011
R/esistenze a ... Salò
venerdì 25 marzo 2011
Almirante, l'altra faccia di un grande italiano
sabato 5 marzo 2011
Femminismo latino (frammenti per una memoria critica femminista)
martedì 23 novembre 2010
"Spettri dell'altro" di Riccardo Bonavita
martedì 21 settembre 2010
Roghi dimenticati / Post scriptum a Roghi made in Usa
giovedì 5 novembre 2009
Anticipazioni dai Quaderni Viola: La straniera. Informazioni, sitobibliografie e ragionamenti su razzismo e sessismo

lunedì 21 settembre 2009
Auschwitz. Prima e oltre. Nuovi conflitti e percorsi altri tra esclusione, identità e differenza
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Attorno ad Auschwitz come evento paradigmatico del costruirsi e dello sfaldarsi di categorie tanto storiche quanto politiche si sono condensati studi eriflessioni che ne hanno indagato ampiamente origini ed effetti ben aldi là dell’orizzonte novecentesco. L’intento di queste giornate di studio è quello di proporre una rilettura di quelle circostanze (storiche, sociali, politiche, culturali, filosofiche) che, anche attraverso progressive dissipazioni del senso dei limiti, hanno avviato a regimi in cui tutto è apparso possibile. A questa analisi, che si propone di mettere a confronto discipline e approcci differenti, si vuole affiancare un tentativo di guardare alla contemporaneità, segnatamente ai nuovi conflitti che non di rado accompagnano forme di chiusura identitaria, alla luce di quelle modalità diesclusione/discriminazione che investono spesso le differenze tout court. L’intento di andare oltre Auschwitz, rivitalizzando un’idea di memoria non meramente conservativa ma che tenti di stabilire raccordi con l’oggi, induce a guardare a quelle forme di opposizione ai conflitti, dai movimenti pacifisti alla non violenza, che si sono raffinati nel corso del Novecento. All’interno di questa cornice di carattere più generale potranno essere affrontate in maniera più specifica le seguenti tematiche: Esclusione e discriminazione delle minoranze, violenza di genere: donna come soggetto e oggetto dei totalitarismi, pacifismo e movimenti per la pace, identità e politica: classe, etnia e genere, nuove forme di opposizione ai conflitti dopo Auschwitz e Hiroshima, conflitti nel mondo contemporaneo, biopolitica del campo.
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martedì 5 maggio 2009
Ammiccamenti razzisti al muro
Per me questo manifesto è intollerabile.
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La foto l'ho scattata ieri a Bologna. Ma presumo che lo stesso manifesto sia stato affisso anche in altre città
mercoledì 1 aprile 2009
Cacchine neofasciste

In un articolo di Bruna Jacopino, vengono tratteggiati i ritratti di alcuni di questi personaggi, come il segretario generale dell’Npd tedesco, Ugo Voight sotto processo in questi giorni in Germania, insieme ad altri due suoi camerati, per “incitamento all’odio razziale” . O ancora Bruno Gollnisch del Front National, eurodeputato ed ex professore di diritto all’università di Lione, condannato, lo scorso anno, a cinque mesi di reclusione con la sospensione della pena e ad una multa di 5.000 euro per aver contestato nel 2004 l’esistenza delle camere a gas. Del resto Ugo Voight sogna di rifondare «una Grande Germania su principi nazionalisti e gerarchici» e recentemente ha stretto un’alleanza con i naziskin delle Skinheads Sachsiche Schweiz, che non sono precisamente delle mammolette. Di Gollnisch invece, ricorderei anche l'impegno con i fondamentalisti pro-life: lo scorso 20 gennaio era, ad esempio, in prima fila alla "marcia per la vita" che aveva radunato a Parigi circa quindicimila anti-abortisti provenienti da mezza Europa. E che dire del British National Party? Uno dei suoi "giovani" aderenti ha definito gli/le omosessuali "AIDS Monkeys", "bum bandits" e "faggots" ... (non credo ci sia bisogno di traduzione). E per chi non ha la memoria corta sono note le aggressioni razziste e sessiste di camerati di Forza Nuova a diversi soggetti "indesiderati", come le loro campagne islamofobe, anti-migranti/rom e contro l'autodeterminazione delle donne (quest'ultima presa di posizione è ben riassunta da "Aborto=omicidio", titolo di un documento del gruppo femminile di Forza Nuova Verona, Donne in azione, da non confondere con Donne e Azione di CasaPound ...)
Insomma, la crème de la crème della destra xenofoba, omolesbotransfobica, pro-life, fondamentalista, negazionista, suprematista e razzista, si riverserà a Milano il 5 aprile. Anch'io non credo che saranno tantissimi (qualche centinaio, forse?), ma non mi sembra comunque un segnale da sottovalutare. Non si tratta (solo) di nazistelli nostalgici con teste rasate e tatuaggi tipo Heil Hitler, ma di gente che ha rappresentanti nel Parlamento Europeo (come il Front National di Jean-Marie Le Pen) o nel Parlamento del proprio paese (come il British National Party) e che può impunemente presentare (come Forza Nuova) liste elettorali con personaggi del calibro di Don Giulio Tam, che si autodefinisce "crociato in lotta contro la decadenza, l'invasione islamica e le trame dei perfidi giudei" ... E non è neanche da trascurare che di fronte alle (legittime) proteste e alle (altrettanto legittime) richieste di impedire questa iniziativa (dall'Anpi a diverse realtà antifasciste), il sindaco Letizia Moratti abbia invocato la "libertà d'espressione". Ben conosciamo l'articolo 21 della Costituzione italiana, (quello che sancisce per l'appunto il diritto di tutt* di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione), ma invocarlo in difesa di chi viola i principi e le norme (anch'esse costituzionali) di libertà, democrazia e diritti umani per tutti e tutte, mi sembra (molto) pericoloso.
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giovedì 19 marzo 2009
Onorate famiglie a destra
Se, identificando erroneamento in Ciccio Crisafulli (erede del boss mafioso Biagio "Dentino" Crisafulli, in carcere per traffico internazionale di droga) la persona ritratta in una foto in compagnia di Ignazio La Russa, il giornalista Paolo Berizzi, autore del libro Bande Nere, ha preso un granchio, resta il fatto che ha pescato una quantità di cose indubbiamente interessanti, come la frequentazione del rampollo Crisafulli, camerata dichiarato, del circolo nazifascista Cuore nero (ricordate il brindisi all'Olocausto?). Tra i fondatori di Cuore Nero, gemellato con CasaPound, spicca Roberto Jonghi Lavarini che presiede il comitato Destra per Milano (confluito nel Partito della libertà). Se Jonghi Lavarini, è un sostenitore delle “destre germaniche” (il partito boero sudafricano pro-apartheid) e rivendica con orgoglio l’appartenenza alla fondazione Augusto Pinochet, non è da meno il sindaco leghista di Verona, Flavio Tosi, i cui rapporti con l’ultra-destra violenta e xenofoba del Veneto Fronte Skinhead, sono noti da tempo. Un po' meno i ruoli istituzionali, gli incarichi e le poltrone distribuiti ai leader delle teste rasate venete, già arrestati per aggressioni e istigazione all’odio razziale. Vedi per esempio Andrea Miglioranzi, della giunta Tosi ed ex appartenente dei Gesta Bellica (ricordate i testi contro ebrei, immigrati, "negri" e compagni "rossi"?) ...
Finisco quando ho tempo, ho da fare on the road ...
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Articoli correlati in Marginalia e in siti/blog limitrofi (oltre quelli citati nel post). Cliccate e diffondete:
Taxi rosa neofascisti? No, grazie! Noi staffette postmoderne giriamo in Vulva Taxi ...
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martedì 10 febbraio 2009
Discriminazioni, persecuzioni e deportazioni

● Oltre quel muro. La Resistenza nel lager di Bolzano 1944-45
Proiezione dei pannelli della mostra documentaria Oltre quel muro. La Resistenza nel lager di Bolzano 1944-45. Donne e uomini che si opposero alle SS (fino al 28 febbraio all'Istituto Storico Parri). Intervengono: Leonardo Visco Girardi (curatore della mostra), Luca Alessandrini (Istituto Storico Parri), Osvaldo Corazza (Aned Bologna, deportato a Bolzano e Mauthausen), Divo Capelli (Aned Bologna), Armando Sarti (Anpi Bolognina), Riccardo Iezzi (autore di una tesi su i musei della deportazione in Italia), Salvatore Panu (Archivio Storico del Canzoniere delle Lame).
● Rom e Sinti: dai giorni della tragedia ai giorni della Resistenza
● Le SS ci guardavano: per loro eravamo come scarafaggi
sabato 17 gennaio 2009
Gaza. Dei vivi che passano

Eppure non si può restare inerti dinanzi al sangue che scorre, ognun* deve fare quello che può e sa fare. Mobilitarsi, agire, scrivere. Di quest'ultima cosa non sono stata capace, ancora pochi giorni fa dicevo che non potevo scrivere di/su Gaza o potevo scriverne solo come Viktor Sklovskij parla d'amore senza parlare d'amore. Scrivere d'altro, di altre cose ... Non è stato per quel “confuso ritegno” di cui parla Primo Levi e che sigillò le bocche dei soldati dell'Armata Rossa al loro arrivo ad Auschwitz il 27 gennaio del 1945 a rattrappirmi le mani. Non è stato lo shock dei corpi di donne, uomini, e soprattutto bambini e bambine fatti a pezzi e mostrati nei servizi televisivi, sui giornali, nei siti e nei blog di tutto il mondo. Ho visto tante volte il sangue scorrere a fiumi – e anche voi l'avete visto, non potete non averlo visto – , i corpi sventrati per le strade, i cadaveri ammucchiati, rigidi, bambin* con la testa sfondata, la materia cerebrale che cola addosso a quelle che forse furono le madri e lì vicino donne rese pazze dagli stupri e dall'orrore.
Il sangue l'ho visto. Ho visto quello degli africani e delle africane bastonati a morte nelle piantagioni di cotone dell'America schiavista, il sangue dei linciaggi in nome della supremazia bianca del Ku Klux Klan, il sangue che colorò di rosso le vie di Addis Abeba durante la feroce rappresaglia fascista italiana del febbraio 1937.
E ho visto il sangue che bagnava le macerie di Guernica e i sentieri di Montesole nel settembre del 1944, ho visto le stragi nazifasciste. E so del sangue ad Auschwitz, il sangue di milioni di ebre* sacrificat* al mito della pura razza ariana insieme ad altri esseri umani giudicati non degni di vivere: "zingari," gay e lesbiche, Testimoni di Geova ... E l'ho visto a Parigi, era il 1966, i corpi di centinaia di algerini massacrati e buttati giù nella Senna. Più tardi l'ho visto a Srebrenica, solo tre mesi per massacrare più di 800 mila donne, uomini, bambin*. L'ho visto per le strade di Baghdad (ricordate le luci dei bombardamenti nella notte trasmesse dai Tg? Dicevano che sembravano fuochi d'artificio ...), e
Sì, l'ho visto – lo abbiamo visto – in tanti posti, in tanti altri posti. Perché la cartina geografica dei massacri è grande, immensa, difficile da abbracciare tutta con lo sguardo come si dovrebbe. Talvolta alcuni nomi si ricordano e altri no. Dipende da chi guarda. E da come guarda. Ma il sangue comunque lo vedi, tantissimo sangue, ed è uguale dappertutto, uguale per tutti (questo lo so senza ombra di dubbio, perché il sangue l'ho visto, lo vedo, anche per le strade delle “nostre città”), ed è così tanto che ti stupisci che la terra possa assorbirlo e ti dici che prima o poi sommergerà tutto, ci sommergerà tutt*. Un bagno di sangue transnazionale, globale. A volte, al buio, quando sono più cosciente della necessità di riconoscere la nostra umana comune vulnerabilità (quella di cui parla Butler in Vite precarie) immagino tutto questo sangue sudare dalla terra, salire, riempirmi la bocca, il naso, gli occhi, fino a soffocarmi.
Ma non è questo che ammutolisce, che mi ammutolisce. Piuttosto è il rendersi conto, che tutto questo sangue – quel sangue di cui sono fatti i libri di storia, storia talvolta con la s maiuscola, talvolta minuscola, che merita talvolta la prima pagina dei quotidiani, talvolta soltanto i titoli che scorrono in basso negli schermi televisivi – ha insegnato ben poco.
E non mi riferisco ai governi muti davanti alle atrocità commesse dall'esercito israeliano, agli stati occidentali e arabi (come l'Egitto, stretto alleato degli Stati Uniti) che appoggiano il governo terrorista di Tel Aviv, non mi riferisco alla sinistra “istituzionale”, in specie italiana, e ai suoi colpevoli silenzi, né ovviamente ai fondamentalisti, ai neofascisti, ai razzisti , alle orianefallaci e ai guidocalderoli. Questi li combatto, li ho sempre combattuti e so che né la storia né il sangue li cambierà, perché della mattanza si nutrono divenendo sempre più forti. Mi riferisco invece a quello che, genericamente, viene definito “popolo dell'estrema sinistra”, fatto di tante realtà diverse (femministe, pacifist*, libertar*, attivist* lgbt, antirazzist* ...), quel popolo di cui faccio parte (seppure talvolta con qualche disagio), quel popolo che così macroscopicamente – e generosamente – si è attivato in questi giorni.
E' anche questo sangue che spinge ad attivarsi (ed è per questo che credo, come Susan Sontag, nella funzione e nella necessità“etica” e “pacifista” di mostrare le immagini di uomini, donne, bambin* massacrati), ma sempre terribilmente in ritardo, perché per essere efficaci le petizioni, gli appelli, le manifestazioni, i boicottaggi hanno tempi lunghi, lenti. Non è un caso che funzionino in quei casi dove non si aspetta che il sangue sgorghi a fiotti, quando oramai è troppo tardi per arrestarlo, ma si agisce in anticipo, ai primi “segnali”. E questi ultimi, in realtà, erano evidenti in Palestina da veramente tanto tempo: da più di cinquant'anni sono all'ordine del giorno i villaggi rasi al suolo dall'esercito israeliano, le migliaia di profughi, la confisca dei beni e il blocco della mobilità dei/delle palestines* con check point e muri, altre stragi e, all'interno di Israele, la criminalizzazione di quanti dissentivano dalla politica governativa con decine e decine di obiettori di coscienza, pacifisti e anarchici in carcere . Non voglio dire certo che non c'è stato chi questi segnali li ha visti (e li ha denunciati) da tempo, ma sono state voci più o meno isolate, o che solo raramente hanno trovato lo spazio per esprimersi o l'appoggio e la visibilità di cui avevano bisogno per far sì che la loro pratica politica fosse realmente efficace. Ma si reagisce in massa solo di fronte all'emergenza, a questo sangue che sgorga a fiotti e che troppo spesso coglie quasi impreparat*, costrett* a svolazzare come farfalline impazzite dinanzi a una fonte di luce improvvisa. Si tenta di di recuperare brandelli di iniziative passate: ad esempio la proposta di boicottaggio dei prodotti made in israel risale al 2005: come posso non chiedermi se averlo diffuso e attuato massicciamente da allora avrebbe cambiato le forze in campo, avrebbe, se non evitato, magari attenuato la mattanza di queste settimane? So bene che la storia non si fa con i se, ma come posso non chiedermi l'effetto che avrebbe avuto il dare più appoggio, negli ultimi anni, ai/alle pacifist* e obiettori/obiettrici di coscienza israeliani, ai dissidenti, artisti, intellettuali, organizzazioni femministe (qui un recente appello), così come alla resistenza palestinese che non è solo Hamas, realtà restate finora quasi sconosciute?
Sappiamo, oggi, quanto abbia pesato il silenzio di chi sapeva (Vaticano in testa, ma non solo) sulla sorte di migliaia di ebre* d'Europa sterminati nei campi della morte del Terzo Reich. Quant* potevano essere salvat* da un intervento alle prime “voci”? Ma, all'epoca (senza voler giustificare alcunché), non c'erano i mezzi odierni, mezzi che permettono lo scambio veloce di informazioni, foto, documenti. Non c'erano gli strumenti di pressione che abbiamo oggi, non c'era la possibilità per chi era nell'inferno dei campi e dei ghetti delle zone occupate, di inviare giorno dopo giorno notizie su quanto succedeva, come fa ad esempio oggi, a rischio della propria vita, Vittorio Arrigoni con il suo Guerrilla Radio da Gaza.
E' strano che il ricordo dello sterminio nazista (così massicciamente presente in appelli, documenti, articoli e volantini pro-Gaza di quel popolo dell'estrema sinistra di cui parlavo all'inizio), non serva per riflessioni di questo tipo ma solo per strumentali equazioni, che avevo sperato superate, come “israeliani-nazisti”, (o peggio “ebrei-nazisti”), "nazisionisti", "nazi-sionismo" fino all'immagine di una stella di Davide uguale svastica che ha campeggiato qua e là in diversi cartelli durante manifestazioni e presidi delle ultime settimane.
Possibile che ancora non si sia capaci di rendersi conto di come questo linguaggio sia non solo infondato storicamente (lo sterminio nazista ha una sua specificità, una sua singolarità) ma anche inefficace e fuorviante politicamente? Dovrebbe essere chiaro a tutt* che, se il sangue che scorre è lo stesso dappertutto, non sono gli stessi i fenomeni che lo fanno sgorgare, e di conseguenza i modi, le azioni, le pratiche che dobbiamo mettere in campo per contrastarli: gli stermini, i massacri, i razzismi, i sessismi non sono tutti uguali, fare amalgama ci impedisce l'effettiva comprensione di quanto succede, ci impedisce di agire efficacemente. Rischiamo, inoltre, di confondere i nostri discorsi con quanti ne fanno uso per scopi diversi e talvolta opposti, dai “movimenti per la vita” (per i quali l'aborto è “il nuovo olocausto”) culla di tutti i fondamentalismi, ai vari raggruppamenti neofascisti, violentemente antisemiti ma anche sessisti e razzisti, fino allo stesso governo israeliano che usa ( inversamente e in maniera vergognosa, ma lucida, non credo che ciò si possa spiegare in termini di “popolo traumatizzato”) la tragedia (vera) di milioni di ebrei per mettersi sempre nella posizione di “unica vittima” e giustificare così tutto, dalla sua politica neo-coloniale contro i/le palestinesi, alla soppressione delle voci dissidenti, alle alleanze con governi più o meno fascisti.
Anche la convinzione avanzata da alcun* che l'amalgama israeliani-nazisti, seppur falsa storicamente, potrebbe avere un senso perché lo shock dell'accostamento può “risvegliare le coscienze” e rendere maggiormente attivi contro la guerra, mi sembra una pericolosa (e pia) illusione, ma non solo. Certo l'accostamento può risultare efficace, ma possiamo davvero pensare che il nazismo, lo sterminio nazifascista, il Terzo Reich, banalizzato e distorto da anni di revisionismo di stato, di negazionisti “sdoganati” anche nella cosiddetta estrema sinistra, di croci celtiche messe in bella mostra per pubblicizzare un Gay Pride, abbiano ancora l'effetto taumaturgico di “scioccare”? E se anche fosse (ma non è), crediamo forse che le immagini di uomini, donne, bambini massacrati a Gaza, sventrati, fatti a pezzi, con i lobi oculari strappati fuori dalle orbite dai bombardamenti al fosforo bianco non siano “abbastanza” per le nostre fottute coscienze intorpidite?
Si è tanto parlato infine, anche su quotidiani nazionali italiani, del “disagio” provato da molti e molte (laici, rispettosi e attivisti dei diritti delle donne e del movimento lgbt, antirazzisti) di ritrovarsi in piazza insieme a bandiere bruciate, cartelli “Stella di Davide=svastica”, slogan feroci contro Israele nazista, ma più in particolare per i troppi Allah Akbar , per le “donne arabe” silenziose ( sottomesse?), per le preghiere durante le manifestazioni ...
Sorvolo anche sul fatto che sono anni che la sinistra, anche estrema, si confronta e rapporta con realtà cattoliche, che queste sono presenti alle “nostre” manifestazioni, che dopo i preti partigiani abbiamo avuto anche i preti no-global, che alcuni settori del femminismo è già qualche decennio che si confrontano con donne cattoliche. E tutto questo non mi sembra abbia creato nelle attuali anime belle a disagio per Allah Akbar (Dio è il più grande di tutti) dei grandi disagi. Mi si obietterà che c'è una differenza, qui abbiamo a che fare con i fondamentalisti, gente invasata che manifesta urlando versetti sacri (l'ho letto da qualche parte, non riesco più a ricordare dove, ma non era un' affermazione né di qualche militante della Lega né di Forza Nuova).
Alessandro dal Lago in un articolo pubblicato su Il Manifesto, Gaza e l'ipocrisia dell'Occidente, illustra, schematicamente ma mi sembra correttamente, il complesso processo che ha portato al rafforzamento del fondamentalismo islamico in Medio Oriente e alla nascita di “simpatie” per il radicalismo religioso anche in Occidente tra coloro che, come i/le migranti, sono il bersaglio di un violento razzismo e vittime di intollerabili diseguaglianze sociali, economiche e politiche : “Dov'è la sorpresa dei migranti che chiudono in preghiera le manifestazioni di protesta, in Europa e in Italia, contro l'attacco a Gaza? La religione, soprattutto agli occhi dei giovani, appare come l'ultima risorsa di una resistenza a cui qualsiasi motivazione politico-ideologica tradizionale è venuta a mancare. Resistenza contro Israele, certo, ma anche contro le élites autoritarie e opportuniste dei paesi arabi, l'indifferenza europea e l'ottusità muscolare del governo americano. E così la simpatia per il radicalismo islamico tra i palestinesi (che non hanno nulla da perdere), o da noi, dove i diseredati si identificano facilmente con loro, non può che aumentare. È probabile che da qualche parte, nelle montagne tra Afghanistan e Pakistan, qualcuno si stia fregando le mani”.
Ma vorrei andare oltre, focalizzare l'attenzione su questa pericolosa tendenza a guardare ai/alle migranti come ad un blocco monolitico, omogeneo. Nonostante non tutt* i/le migranti siano musulmani, nonostante ci sono state, in questi anni, innumerevoli manifestazioni di migranti senza preghiere e Allah Akbar (e chi vi ha partecipato, non sempre molt* in verità, lo sa), nonostante anche nelle recenti manifestazioni pro-Gaza c'è chi non ha pregato o se lo ha fatto ha dato a questo gesto un significato simbolico più che religioso, ebbene nonostante tutti questi nonostante per molt* tutt* i/le migrant* partecipant* alle manifestazion* pro-Gaza divengono “fondamentalisti islamici”, tutte le manifestazioni di religiosità pericolose manifestazioni di fondamentalismo che minaccerebbe la “nostra” (e sottolineo nostra) laicità, tutte le migranti divengono “donne arabe”, sottomesse all'imam, al marito, al padre, al fratello, implicitamente vittime e magari complici del “fondamentalismo”, soprattutto se in testa hanno un foulard. Dovremmo sapere quanto pericolose sono certe generalizzazioni (stranamente meno praticate proprio dalle donne che si vivono il fondamentalismo direttamente sulla propria pelle, rinvio al sito di Women living under muslim laws e al saggio di Ruba Salih su femminismo e islamismo pubblicato nel volume Altri femminismi, trovate i link nel blogroll), ma dovremmo saperlo anche (e soprattutto) noi femministe "occidentali", lo abbiamo visto, ad esempio, in Francia, nel corso del dibattito sul cosiddetto “foulard islamico” (che Chiara Bonfiglioli definisce efficacemente “battaglia del velo”). Nella lettura dei fautori della legge per il divieto dei segni religiosi nella scuola pubblica, il velo diviene unicamente segno di oppressione, nonostante le sue valenze multiple tra le quali vi è anche quella fatta propria dalle giovani migranti dette “di seconda o terza generazione”: il velo come rivendicazione di autonomia culturale, in risposta al razzismo (e al sessismo) della società francese.
Non ripetiamo gli stessi errori, cerchiamo, finalmente, di guardare “al di là” di quello che vogliono farci vedere. Diversamente rischiamo, nostro malgrado, di contribuire a rinforzare la sporca battaglia di quant* vogliono leggere i conflitti in atto come “scontro di civiltà” e “guerra di religione”.
Non abbiamo nulla da spartire con partiti come Forza Nuova che , mentre solidarizza con “il popolo di Gaza” (leggi Hamas) sognando la distruzione di Israele (come Hamas), fomenta il razzismo contro i/le migranti agitando la bandiera della lotta al fondamentalismo islamico, aprendo campagne contro la costruzione di moschee e negando l'esistenza di un Islam moderato (come nei manifesti di Forza Nuova Toscana). Non abbiamo niente da spartire neanche con i fondamentalismi (tutti i fondamentalismi: islamico, cattolico, ebraico), ma neanche con le alleanze strette tra fondamentalismo cattolico ed ebraico contro il “comune nemico” (l'Islam).
Non abbiamo soprattutto nulla da spartire con quant* vogliono rimanere ciechi.
Nel giugno 1944, a capo di una delegazione del Comitato internazionale della Croce Rossa, Maurice Rossel ispezionò, con l'autorizzazione delle autorità tedesche, il campo di Theresienstadt, luogo di transito per migliaia di ebre* verso le camere a gas di Auschwitz, Sobibor, Belzec, Treblinka. Era dall'estate del 1942 che il Cicr cercava di ottenere informazioni sulle condizioni di vita e sulla sorte degli internati nel campo di Theresienstadt, ma quando l'autorizzazione arriva e Rossel si reca in visita nel campo egli è soltanto “un vivo che è passato e non ha visto”come scrive Federica Sossi alla sua postfazione a Un vivo che passa di Claude Lanzman. Rossel è cieco perché non riesce a guardare oltre, al di là della messinscena preparata minuziosamente per lui dai nazisti che avevano lavorato alacremente per mesi per “abbellire” il campo. Il resoconto della visita scritto da Rossel sarà utilizzato dal Ministero degli esteri tedesco durante una conferenza stampa nel luglio del 1944 per smentire le voci sulla sorte degli ebrei ...
Vogliamo veramente continuare ad essere dei vivi che passano?
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L'immagine è un'opera di Mona Hatoum, artista palestinese nata a Beirut. Lo scoppio della guerra civile in Libano le impedirà di ritornare nel paese d'origine, costringendola all'esilio.
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domenica 25 maggio 2008
Allarmi siam fascisti ...

Postfascisti???
Assunta Almirante sarà di tutt'altro avviso, ovviamente. Non ho notizia di sue recenti esternazioni, ma basta leggere il suo libro Giorgio. La mia fiamma e la presentazione che ne fece Stefania Craxi in occasione dell'incontro pubblico per l'uscita del volume nel giugno del 2005: "Già il titolo del libro lascia capire il contenuto [...] E' un bel titolo, con tanto di doppio senso [...] la fiamma è quella del Movimento sociale italiano, la creatura di Giorgio Almirante, che l'aveva costruita mattone su mattone, comizio dopo comizio, con infinita pazienza, fede, coraggio. Ma la fiamma di Assunta è lui Almirante, l'uomo Almirante [...], un gran signore. Ma anche la fiamma che sta nel simbolo del MSI è un amore di Assunta [...]. Perché la fiamma aveva, è vero, una reminiscenza fascista, ma era il simbolo della purezza che Giorgio aveva voluto far rivivere, quei sentimenti di onore e italianità che avevano portato tanti giovani a combattere, e anche morire, sotto le insegne della Repubblica di Salò. Attraverso mille parole d'amore Assunta ci restituisce un Almirante come veramente era [...]. La storia della sua vita che lei ci racconta è una storia di felicità, di una donna che si sente baciata dalla fortuna, perché ha trovato l'amore e questo amore l'ha accompagnata tutta la vita e ancora la sorregge con il calore del ricordo".
Non credo di dover aggiungere altro...