In un articolo pubblicato qualche settimana fa, Les premiers fruits amers de l’unité nationale, Saïd Bouamama rilevava, tracciando un bilancio dei "primi frutti amari dell'unità nazionale", come la grande manifestazione parigina successiva agli attentati del 7-9 gennaio scorsi fosse stata celebrata dall'insieme dei media francesi, dal governo e dalla quasi totalità della classe politica come simbolo di una necessaria "unità nazionale" contro la minaccia terrorista. In questo contesto tutte le voci discordanti sono state messe a tacere: "si tu n’es pas Charlie, tu soutiens les attentats". La vicenda di Ahmed, otto anni, è drammaticamente rappresentativa di questo clima, non solo francese. Qui la testimonianza di Ahmed, qui la petizione da firmare // Sull'argomento rinvio anche al lucidissimo Qu’est ce que ça fait d’être un problème? (di Chadia Arab, Ahmed Boubeker, Nadia Fadil, Nacira Guénif-Souilamas, Abdellali Hajjat, Marwan Mohammed, Nasima Moujoud, Nouria Ouali e Maboula Soumahoro) e, in italiano, agli interventi di Gabriele Proglio e Gaia Giuliani in Distopie
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lunedì 9 febbraio 2015
lunedì 11 novembre 2013
Berlusconi e le famiglie ebree
Da Incidenze l'ultimo capitolo della campagna revisionista di Silvio Berlusconi: «I miei figli dicono di sentirsi come dovevano sentirsi le famiglie ebree in Germania durante il regime di Hitler . Abbiamo davvero tutti addosso»
giovedì 5 settembre 2013
Neocolonialismo e postcolonialismo per capire le migrazioni
Capire le migrazioni dall'Africa a partire da Neocolonialismo e Postcolonialismo è il titolo del convegno organizzato da Le Mafalde in collaborazione con l'associazione A.C.S Camerun che si terrà il prossimo 14 settembre a Prato e al quale sono molto contenta di essere stata invitata a partecipare. Qui il programma dettagliato (con preghiera di diffusione!), mentre qui un video-documentario che mette in luce le pesanti responsabilità della Francia nella drammatica vicenda ivoriana, questione al centro del volume La Francia in Costa d'Avorio: guerra e neocolonialismo di Thierry A. Avi, che sarà tra i/le partecipanti all'incontro
mercoledì 7 agosto 2013
Egitto: una dichiarazione di Fatma Ramadan
Ricevo da più parti, in diverse lingue, una presa di posizione di Fatma Ramadan, del Comitato Esecutivo della Federazione Egiziana dei Sindacati Indipendenti contro il tentativo di strumentalizzazione delle lotte in atto in Egitto in nome della "lotta al terrorismo" da parte dell'esercito, del governo e dei sindacati. Di seguito la traduzione italiana (grazie a Dino Erba), mentre nel sito di Mena Solidarity Network e in quello di Entre les lignes entre les mots trovate il testo rispettivamente in inglese e in francese. Buona lettura e riflessioni // La “fiducia” ad Al-Sisi è un veleno mortale. I miei compagni, i lavoratori egiziani, stanno lottando per i loro diritti e per un Egitto migliore. I lavoratori egiziani sognano libertà e giustizia sociale, sognano il lavoro in un momento in cui ladri che vengono chiamati imprenditori chiudono le fabbriche per intascare miliardi. I lavoratori egiziani sognano salari equi mentre sono sottoposti al dominio di governi che pensano solo a fare investimenti a scapito dei lavoratori, dei loro diritti, e persino contro la loro vita. I lavoratori egiziani sognano una vita migliore per i loro figli. Sognano cure mediche quando sono malati, ma non le trovano. Sognano quattro mura in cui si potersi rifugiare. Già prima del 25 gennaio [2011] i lavoratori egiziani rivendicavano i loro diritti con scioperi e manifestazioni, sono le medesime richieste rimaste senza risposta anche dopo il rovesciamento di Mubarak. Sia i Fratelli Musulmani che l'esercito hanno negoziato con la sinistra, la destra e il centro, senza mai prendere in considerazione le esigenze dei lavoratori e i loro diritti. L’unico loro obiettivo è spegnere le scintille che i lavoratori hanno acceso con la loro lotta e far sì che, in questi tempi oscuri, restino scintille che ardono isolate l'una dall'altra. È stato proprio l’esercito a stroncare con la forza gli scioperi a Suez, al Cairo, a Fayyoum e in tutto l'Egitto! È stato proprio l’esercito ad arrestare tanti lavoratori sottoponendoli a processi militari, solo perché avevano messo in pratica il loro diritto di organizzarvi, scioperare e protestare pacificamente! I militari hanno sistematicamente operato per criminalizzare il diritto di sciopero con una legislazione che vieta a tutti gli egiziani di organizzare proteste pacifiche, scioperi e sit-in!
Poi sono arrivati Mursi e i Fratelli Musulmani, che hanno proseguito sulle orme di Mubarak con licenziamenti, arresti, blocco violento degli scioperi. È stato Mursi a scatenare i cani della polizia contro i lavoratori della Titan Cement di Alessandria, coprendosi le spalle con il Ministro degli Interni e i suoi scagnozzi. E quei poliziotti e ufficiali dell'esercito che oggi vengono osannati sono assassini! Sono gli assassini di onesti, giovani egiziani. Sono l’arma delle autorità contro tutti noi, e rimarranno sempre tali, a meno che quelle istituzioni non vengano ripulite. Mentre i capi dei Fratelli Musulmani progettano quotidianamente contro popolo egiziano quei crimini, che hanno causato la morte di persone innocenti, da parte loro esercito e polizia li fronteggiano con altrettanta brutale violenza e con l’assassinio. Tutti noi sappiamo bene quando intervengono l’esercito e la polizia! Intervengono molto tempo dopo l’inizio degli scontri, quando stanno per finire, dopo che il sangue è stato versato. Perché non intervengono per prevenire i crimini dei Fratelli Musulmani contro il popolo egiziano? Chi ha interesse che questa lotta e questo spargimento di sangue continui? È nell'interesse sia dei capi dei Fratelli Musulmani sia dei militari. Così come i poveri sono carne da cannone per le guerre tra stati, i poveri, gli operai e i contadini egiziani sono carburante per i conflitti interni. A Mokattam e a Giza, sono stati uccisi i figli innocenti idi facchini!Oggi, ci è stato chiesto di manifestare per autorizzare l'orgia assassina di Al-Sisi, e vediamo che tutte e tre le federazioni sindacali sono d’accordo: la Federazione sindacale del governo egiziano (FSE), il Democratic Labour Congress egiziano (EDLC), e la Federazione Egiziana dei Sindacati Indipendenti (EFITU) (di cui io sono un membro del Comitato Esecutivo). Ho discusso con i membri del comitato esecutivo del’EFITU allo scopo di convincerli a non invitare i membri del nostro sindacato e il popolo egiziano a scendere in piazza il Venerdì, confermando con questo invito che l’esercito, la polizia, e il popolo sono mano nella mano, com'è detto nell'appello [di Al-Sisi].Io sono stata messa in minoranza, con quattro voti contro nove voti, e quindi tutte le tre federazioni sindacali hanno chiesto ai lavoratori di unirsi alle manifestazioni con il pretesto della lotta al terrorismo. Siamo quindi sul punto di cadere dalla padella nella brace. I Fratelli Musulmani hanno commesso crimini e devono essere ritenuti responsabili e perseguibili per questi crimini, proprio come gli ufficiali e gli uomini del regime di Mubarak, della polizia e dell'esercito devono essere ritenuti responsabili e perseguibili per i loro crimini. Non cadere nell’inganno di sostituire una dittatura religiosa con una dittatura militare. I lavoratori egiziani sono consapevoli, perché le loro esigenze sono sacrosante! Vogliono un lavoro per loro e per i loro figli, vogliono un salario dignitoso, leggi che tutelano i loro diritti contro le leggi che gli affaristi di Mubarak hanno fatto per proteggere i loro interessi contro i diritti dei lavoratori. I lavoratori vogliono uno stato che abbia un vero piano di sviluppo, l’apertura di nuovi stabilimenti che possano assorbire la crescente forza lavoro. I lavoratori vogliono la libertà, tutte le libertà, la libertà di organizzarsi, la libertà di sciopero. Vogliono un paese dove si possa vivere come liberi cittadini senza tortura o assassinii. È necessario capire che cosa si mette di mezzo tra i lavoratori e le loro richieste.
Lavoratori, non lasciatevi ingannare da chi vi vuole far combattere battaglie che non sono le vostre. Non date ascolto a chi oggi chiede il vostro aiuto e domani vi chiede di smettere di manifestare per le vostre esigenze e i vostri diritti, con il pretesto della lotta al terrorismo (Fatma Ramadan, venerdì 26 luglio 2013)
lunedì 29 luglio 2013
Cécile Kyenge e le banane di Forza Nuova
Le manifestazioni di razzismo/sessismo contro la ministra Kyenge si susseguono con una tale frequenza (dall'orango di Calderoli all'istigazione allo stupro di Valandro), che diventa complicato anche solo tenerne il conto: l'ultimo episodio alla festa del Pd a Cervia qualche giorno fa. Dopo che Forza Nuova aveva disseminato la piazza di fantocci insanguinati e volantini contro lo ius soli con lo slogan "L'immigrazione uccide", c'è stato un lancio di banane verso il palco dove la ministra teneva il suo discorso. Come da copione questi episodi sono stati seguiti da una nuova ondata di messaggi di solidarietà bipartisan, anche da parte di personaggi come il leghista Luca Zaia, e dalla minaccia di querela da parte di Roberto Fiore per chi associa il lancio di banane a Forza Nuova. In questo modo, paradossalmente, sono proprio episodi come questi che vengono strumentalmente utilizzati per consolidare la riduzione del sistema sessismo/razzismo a qualche gesto imbecille di una minoranza indistinta, gesti nati dal nulla, senza significato e conseguenze, senza storia, senza nessun legame con leggi infami, centri di identificazione ed espulsione, accordi per il controllo alle frontiere e sfruttamento del lavoro, migrante e non. Nello stesso tempo tutto il paese, da destra a sinistra, si può così indignare, esprimere solidarietà alla ministra nera testimoniando così la propria fede "antirazzista" e "antisessista" ...
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venerdì 7 giugno 2013
Italiani brava gente / Adrian Cosmin
Chi si ricorda ancora di Adrian Cosmin, migrante rumeno, che il 7 giugno di qualche anno fa i suoi datori di lavoro (una coppia di "italiani brava gente") narcotizzarono, cosparsero di benzina e poi lasciarono morire carbonizzato, per incassarne la polizza sulla vita?
lunedì 3 giugno 2013
La Calabria e la provincia afghana
Ovviamente anche la storia della quindicenne pugnalata e poi bruciata viva dal "fidanzato" la scorsa settimana ha seguito i tempi classici del "fare informazione" e alla sovraesposizione mediatica dei primi giorni - in quel coacervo ributtante di vuoyerismo, sessismo e razzismo di cui ha parlato anche Sonia Sabelli - è seguito il silenzio della stampa mainstream e non. Semplicemente questa morte non fa più "notizia" e finirà presto nel dimenticatoio insieme a tutti quegli articoli che hanno contribuito alla costruzione e (ri) produzione di un discorso pubblico/mediatico inficiato da stereotipi e pregiudizi violentemente razzisti/sessisti quali la presunta "specificità calabrese" dell'omicidio. Tra questi articoli mi sembra che valga la pena ricordare, a futura memoria, quello pubblicato su Donne di fatto, la pagina "rosa" de Il Fatto Quotidiano, dal titolo Calabria, la donna non vale nulla. L'autore - che utilizza una formula retorica consolidata, ovvero quella di dichiarare il suo "essere calabrese" come prova dell'autenticità/verità di quanto afferma - si lancia in una sorta di indagine sociologica/antropologica sulla "condizione delle donne calabresi". Dopo un fiume di commenti che contestano quanto scrive, il giornalista pubblica qualche giorno dopo un altro articolo per spiegare e giustificare, punto per punto, quanto scritto in precedenza, ma le sue spiegazioni e giustificazioni non fanno che confermare la fitta ragnatela di immaginari razzisti e sessisti in cui l'autore si dibatte
lunedì 27 maggio 2013
Cesare Lombroso e la specificità calabrese
Una ragazzina di quindici anni, Fabiana Luzzi, viene uccisa in maniera atroce dal suo "fidanzato", poco più grande di lei, in un paesino in provincia di Cosenza. La lettera di una "trentenne calabra, direttore delle relazioni esterne di una multinazionale" inviata e poi pubblicata da Il Corriere della Sera con il titolo Sono nata nella terra dove è stata uccisa Fabiana, io sono fuggita lei non c'è riuscita, ha scatenato una serie di reazioni tra chi, come si legge su Scirocco News, non riesce a scorgere l'attinenza tra l'omicidio di una ragazzina e il fatto che fosse nata in una certe regione e si oppone all'immagine di una Calabria terra barbara e retrograda, dove gli uomini sono tutti dei padre padrone con la clava e le donne tutte vittime e sottomesse. Un omicidio riconducibile insomma ad una sorta di "specificità calabrese", così come per l'omicidio di Sarah Scazzi si era parlato di cultura meridionale. Doriana Righini nel suo La rivincita di Lombroso, scrive che, come affermava Rosa Luxemburg, il primo gesto rivoluzionario è chiamare le cose con il loro vero nome e che quindi, riprendendo le parole di Renate Siebert, non si può che definire razzista quanto espresso nella lettera pubblicata dal Corriere della Sera, poiché " una storia come questa potrebbe essere accaduta in qualsiasi altro posto d’Italia. Trovo assolutamente razzista e aberrante che si possa parlare, in questa vicenda, di specificità calabrese [...] Per come conosco la Calabria devo dedurre che chi sostiene queste tesi è sostanzialmente razzista ”. // Alcuni articoli correlati in Marginalia: Il ritorno del meridionale mafioso e omertoso, Il colore delle donne meridionali, I meridionali sono meno intelligenti. E le meridionali ancora meno
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domenica 17 febbraio 2013
19 febbraio 1937 / Sema’etat Qen
In Etiopia il 19 febbraio è ricordato come Sema’etat Qen (Giorno dei martiri o Giorno della memoria), ovvero l'anniversario di uno dei più efferati massacri perpetrati dagli italiani durante l'impresa coloniale fascista in Etiopia: il 19 febbraio 1937, come rappresaglia per il fallito attentato contro il vicerè Rodolfo Graziani (che già si era distinto per la brutalità nell'occupazione della Libia, tanto da meritare l'appellativo di "macellaio del Fezzan"), si scatenò per le strade di Addis Abeba una vera e propria "caccia all'indigeno" , che non risparmiò nessuno - uomini, donne,bambini/e - e fu condotta "coi sistemi del più autentico squadrismo fascista", come ricorda uno dei testimoni di quella vicenda, il giornalista Ciro Poggiali. Dopo la guerra, su richiesta dell'Etiopia Graziani venne inserito dall'Onu nella lista dei criminali di guerra (per l'uso di gas tossici e bombardamenti degli ospedali della Croce Rossa), ma non venne mai processato per questi crimini. Da anni la comunità etiopica si adopera affinché anche in Italia - dove ancora è forte la resistenza a fare i conti con il proprio passato coloniale - il 19 febbraio diventi una data-simbolo. Pubblichiamo dunque l'appello diffuso in questi giorni per il Sema’etat Qen, invitando tutte/i a diffonderlo: "La data del 19 febbraio, rappresenta per il popolo etiopico il “Giorno della Memoria” in cui sono state commesse atrocità terribili durante il periodo dell’aggressione e dell’occupazione da parte dell’Italia fascista (1935-1941). Questa giornata è stata assunta a simbolo di tutti quegli anni in cui gli etiopi hanno dovuto subire sofferenze, sacrifici e lutti indimenticabili. Gli accadimenti di quel giorno e di quelli immediatamente successivi riguardano in particolare la spietata e diabolica rappresaglia scatenata dai fascisti per vendetta, in seguito ad un attentato, compiuto dai patrioti etiopi, contro il viceré Rodolfo Graziani ed altri gerarchi del suo seguito ed avvenuto nella capitale Addis Abeba occupata e martoriata. Il 19–20 e 21 febbraio 1937 sono stati massacrati senza pietà alcuna più di 30.000 cittadini etiopi, quasi tutti civili, anziani, donne, bambini e mendicanti. Alcuni di loro furono addirittura bruciati vivi nelle proprie case, i tradizionali “tucul” di fango, legno e paglia, dove cercavano rifugio nascondendosi dai scatenati criminali militari e civili italiani che risiedevano nella capitale. Oltre ad essere ricordata nel nostro Paese, l’Etiopia, la ricorrenza è celebrata nelle maggiori città del mondo dove sono presenti e vivono numerosi cittadini della diaspora etiopica. Quest’anno la ricorrenza è particolarmente sentita, in particolare a dimostrazione della più assoluta condanna da parte delle comunità etiopiche, a causa dell’edificazione ad Affile, un paesino situato sull’altipiano di Arcinazzo, a 60 km circa da Roma, di un monumento in onore di colui che è definito il “macellaio d’Etiopia” e cioè proprio il generale Graziani, riconosciuto anche dalle Nazioni Unite come criminale di guerra e responsabile, al pari di Mussolini e ad altri gerarchi ed ufficiali fascisti. Fra gli altri atroci e numerosi crimini ordinati dal Graziani, ricordiamo l’assassinio di più di 1.200 monaci e chierici cristiani, alcuni di questi giovani orfanelli, della più importante città conventuale dell’Etiopia, Debre Libanos, distante circa 100km da Addis Abeba. Vi invitiamo a partecipare ed a promuovere questa iniziativa, per dimostrare come gli onesti e democratici cittadini italiani non tollereranno mai che vengano onorati i criminali ed offese più di un milione di vittime, come i martiri e resistenti patrioti Etiopi"
giovedì 7 febbraio 2013
In morte di Chokri Belaïd / Un appello dell'Associazione delle donne tunisine
Pubblichiamo la nostra traduzione dell'appello - diffuso in Italia tramite la mailing list Coordita -, scritto da Radhia Belhaj Zekri a nome dell'Association des Femmes Tunisiennes pour La Recherche et le Développement (Associazione delle donne tunisine per la ricerca e lo sviluppo) della quale è presidente, in seguito all'omicidio avvenuto ieri a Tunisi di Chokri Belaïd, segretario del partito dei Patriotes Democrates Unifiés (Patrioti Democratici Uniti), la coalizione di sinistra attualmente all'opposizione: // "È con costernazione che noi, aderenti all'Associazione delle donne tunisine per la ricerca e lo sviluppo (AFTURD), abbiamo appreso la notizia dell'assassinio del nostro amico Chokri Belaïd, militante politico, grande figura della resistenza alla dittatura di Ben Ali e infaticabile difensore dei diritti umani. Esprimiamo la nostra pena e la nostra indignazione davanti a questo crimine politico odioso che denunciamo con vigore e fermezza. Constatiamo con grande amarezza che questo atto fa parte di una serie di azioni premeditate per zittire tutte le voci libere che si oppongono all'instaurarsi di una nuova dittatura. La sanguinosa repressione dei movimenti popolari nelle regioni, i tentativi di imbavagliare i media, le violenze fisiche e verbali nei confronti degli attivisti e dei militanti politici , le armi accumulate illegalmente da due anni alla luce del sole da un lato, l'agire in tutta impunità "delle leghe di protezione della rivoluzione", i discorsi al vetriolo su emittenti e media sociali da mesi, le voci intorno a misteriosi "campi di addestramento" ed un partito politico al potere lassista e complice dall'altro, sono altrettante inquietanti premesse dei pericoli che minacciano una Tunisia in transizione ed un popolo che aspira alla libertà ed alla dignità. Invitiamo tutte le associazioni e tutte le voci libere nel mondo a solidarizzare con le lotte delle tunisine e dei tunisini per l'uguaglianza, la democrazia e la giustizia sociale. Gridiamo a voce alta e forte a coloro che attraverso questo omicidio volevano instaurare il terrore nei nostri cuori, che le vie delle nostre città inondate dalla marea di tunisine e tunisini che urlano la loro indignazione contro queste pratiche terroriste estranee al nostro paese, sono la prova che il fascismo non passerà e che Chocri non è morto invano. Ci uniamo all'iniziativa dei partiti democratici e della società civile di organizzare una giornata di lutto, di sciopero generale e di esequie nazionali venerdì 8 febbraio" (Traduzione dal francese di Vincenza Perilli) // Testo originale: "C’est avec consternation que nous, adhérentes de l’Association des Femmes Tunisiennes pour La Recherche et le Développement (AFTURD), avons accueilli la nouvelle de l’assassinat de notre ami Chokri Belaïd, militant politique, grande figure de la résistance à la dictature de Ben Ali et infatigable défenseur des droits humains. Nous exprimons notre grande peine et notre indignation devant ce crime politique odieux que dénonçons avec vigueur et fermeté.Nous constatons avec beaucoup d’amertume que cet acte fait partie d’une série d’actions préméditées pour faire taire toutes les voix libres qui se mettent en travers de l’installation d’une nouvelle dictature : La répression sanglante des mouvements populaire dans les régions, les tentatives de musèlement des médias, les violences physiques et verbales à l’égard des activistes et militants politiques d’une part, les armes amassées illégalement depuis deux ans au vu et au su de tout le monde, l’agissement en toute impunité des « ligues de protection de la Révolution », les discours au vitriol sur les chaines et médias sociaux depuis des mois , les rumeurs autours de mystérieux « Camps d’entrainement » et un parti politique au pouvoir laxiste voire complice d’autre part sont autant de prémices inquiétants des dangers qui menacent une Tunisie en transition et un peuple qui aspire à la liberté et à la dignité .Nous appelons toutes nos associations partenaires et toutes les voix libre de par le monde à se solidariser aves les luttes des Tunisiennes et des Tunisiens pour l’égalité, la démocratie et la justice sociale. Nous crions haut et fort à ceux qui par ce meurtre, voulaient implanter la terreur dans nos cœurs, que les rues de nos villes inondées par des raz-de-marée de Tunisiennes et Tunisiens sortis crier leur indignation contre ces pratiques terroristes étrangères à notre pays sont la preuve que le fascisme ne passera pas et que Chocri n’est pas mort pour rien.Nous nous joignons à l’initiative des partis politique démocratiques et de la société civile d’organiser une journée de deuil, jour de grève générale et des obsèques nationales le vendredi 8 février". Si veda anche il sito del Cospe//
venerdì 25 gennaio 2013
CasaPound / Gli stupratori del terzo millennio
Dal sito del Nodo sociale antifascista, Staffetta: Ecco gli amici dei Massimiliano Mazzanti, dei Michele Facci … A Napoli, alcuni indagati nell’ambito dell’inchiesta su CasaPound progettavano di picchiare e stuprare una studentessa universitaria, in quanto ebrea e attivista di sinistra. Oltre alle aggressioni, ai pestaggi, agli attentati che hanno compiuto, i neofascisti napoletani pensavano anche di dare fuoco a un’oreficeria di proprietà di un ebreo. Ecco il fascismo del terzo millennio, uguale uguale alla cultura omicida del Ventennio: sessismo, razzismo, antisemitismo, barbarie, menzogna, volgarità
mercoledì 9 gennaio 2013
Stupri in India (e retoriche neocolonialiste in Italia)
Dopo anni trascorsi a denunciare le retoriche razziste e sessiste diffuse dai media italiani - insieme sintomo (e parte attiva nella produzione) di un pervasivo immaginario neocoloniale -, capita di essere assalite da un vero e proprio senso di nausea alla lettura di talune ricostruzioni ed elucubrazioni giornalistiche su gravi fatti di cronaca, come lo stupro di gruppo avvenuto qualche settimana fa a Delhi. Una boccata di ossigeno leggerne la puntuale de-costruzione e critica su I consigli di zia Jo, che autorizzo ufficialmente ad inviare a Marginalia tutti i commenti (OT o non OT) che desidera ...
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mercoledì 19 dicembre 2012
Colonialismo / Guerra, deportazione e campi durante l’impero fascista in Etiopia
Stavo cercando le corna e la coda, ma non le avevano, è il titolo del documentario di Roman Herzog prodotto da Audiodoc all'interno di un più ampio progetto di ricerca, I campi fascisti dalle guerre in Africa alla Repubblica di Salò, avviato nel novembre 2011 e che intende realizzare un centro di documentazione con la mappatura completa delle centinaia di diversi campi e luoghi di internamento fascisti attraverso la raccolta delle testimonianze di superstiti ex internati, di documenti storici e di fotografie. In questo contesto Stavo cercando le corna e la coda, ma non le avevano è la prima ricostruzione storica dei crimini commessi da civili, militari e squadristi italiani in Etiopia durante il fascismo in formato di documentario. Registrato in Etiopia, Germania e Italia, il documentario ricostruisce con testimonianze orali e documenti la storia della guerra e dell'occupazione italiana dell' Etiopia ed è diviso in tre parti: la prima affronta il tema della guerra e dei crimini commessi, la seconda l'internamento degli etiopi in Africa Orientale e la terza la deportazione degli intellettuali etiopi in Italia e gli avvenimenti del dopoguerra. A parlare sono soprattutto gli ex-deportati etiopi Yeweinshet Beshah-Woured e Imru Zelleke, e storici da cinque diversi paesi, fra di loro Angelo Del Boca, Aram Mattioli, Richard Pankhurst e Wolfgang Schieder. Ne esce un discorso corale e drammatico, fedele ai fatti storici indagati, asciutto nella narrazione, di 210 minuti. Con l'attacco all'Etiopia, il 3 ottobre 1935, il regime fascista italiano diede inizio alla prima guerra fascista d'aggressione da parte di un paese europeo. Dopo sette mesi di ostilità e la proclamazione dell'Impero, ebbero inizio cinque anni di una sistematica politica di terrore e di pulizia etnica, nel tentativo di creare nel paese occupato uno spazio vitale per gli italiani. Il bilancio dell'occupazione è pesantissimo, con un numero complessivo di oltre 400.000 vittime. Nessuno dei 911 italiani accusati di crimini contro l'umanità ha mai risposto davanti a un tribunale
martedì 27 novembre 2012
Mali: no alla strumentalizzazione della violenza contro le donne per giustificare l'intervento militare
Grazie a Susi Monzali per averci segnalato questo appello di Aminata Traoré ed altre femministe maliane, contro la strumentalizzazione della violenza contro le donne da parte della comunità internazionale per giustificare l'intervento armato in Mali. Trovate l'appello - che vi chiediamo di far girare -, Disons "no" à la guerre par procuration, a questo link
venerdì 23 novembre 2012
Dalla parte dei migranti e delle migranti, per la chiusura di CasaPound
Da qualche mese, a Bologna, viene concessa una larga agibilità politica a una associazione neo-fascista denominata CasaPound. A distanza di quasi un anno non abbiamo certo dimenticato quanto accaduto a Firenze quando un militante di Casa Pound ha ferito tre migranti uccidendone altri due. Di qualche giorno fa sono poi le notizie delle “ronde anti-immigrati” in Abruzzo e la costituzione della prima cellula italiana di “Alba Dorata”, partito neonazista greco. Non abbiamo dimenticato, ed è per questo che non permetteremo che tutto ciò accada ancora e non abbasseremo la guardia contro i fascisti di ieri e di oggi. Ormai in diverse parti d’Italia gruppi neo-fascisti perseguitano i migranti con atti violenti. Noi, migranti e italiani, non possiamo permettere che il fascismo continui a ottenere spazi di visibilità. Noi sappiamo inoltre che una legge, la Bossi-Fini, quotidianamente ricatta milioni di migranti legando il permesso di soggiorno al contratto di lavoro. Le leggi dello Stato trattano i migranti come uomini e donne che possono essere espulsi anche dopo anni di lavoro in Italia. Uomini e donne che possono essere rinchiusi nei Cie e privati della loro libertà. Da anni diciamo che la Bossi-Fini va abolita e anche in questa occasione di rifiuto di tutti i fascismi lo ribadiamo ad alta voce. Sappiamo anche che con la crisi economica i migranti pagano il prezzo più alto a causa del razzismo istituzionale. Nella crisi, le leggi vedono nei migranti i lavoratori che possono essere sacrificati per primi, sempre messi alla prova,come corpi estranei. Ovunque i datori di lavoro si sentono in diritto di trattare i migranti come oggetti, tanto più se ci si ribella contro lo sfruttamento: è successo a Rosarno come a Mantova. Mentre molti migranti perdono il permesso di soggiorno e vedono le proprie famiglie dividersi a causa della crisi, gruppi apertamente razzisti si sentono tutelati, liberi di muoversi, e ottengono sedi per riunirsi e agibilità politica. Noi pensiamo che il razzismo istituzionale e il razzismo di Casa Pound non possono trovare spazio in questa città . Noi, migranti e italiani, rifiutiamo i gruppi fascisti e lottiamo contro il razzismo istituzionale e la legge Bossi-Fini. A Bologna, città che tanto ha dato alla lotta antifascista e che tutt’oggi è attraversata da molte pratiche, gruppi e associazioni politiche e culturali uniti nel nome dell’antifascismo e dell’antirazzismo, la presenza di uno spazio politico affidato a Casa Pound è inaccettabile. Per queste ragioni sosteniamo la manifestazione del 24 novembre per l’immediata chiusura di Casa Pound. Perché saremo noi, migranti e italiani, a togliere il permesso a tutte le forme di razzismo e fascismo. Per la libertà dei e delle migranti, contro ogni fascismo! // Coordinamento Migranti Bologna // S.I.M. XM24 // Connessioni Precarie // Sportello medico giuridico Al-Sirat // Migranda //
mercoledì 21 novembre 2012
Il fuoco della rivolta
Il fuoco della rivolta. Torce umane dal Maghreb all’Europa, è l'ultimo libro di Annamaria Rivera che analizza il fenomeno delle auto-immolazioni pubbliche e di protesta, riconducendolo nell’ambito del conflitto sociale,senza fare "un elogio del suicidio tra le fiamme”, ma bensì augurandosi che questo serva infine a “rendere esplicito il conflitto” e “organizzarlo in forme tali che esso possa fare a meno di corpi che ardono nelle piazze” (pag. 180). Su questo auspicio si chiude anche la recensione del volume di Gianluca Paciucci alla quale rinviamo per una puntuale lettura del testo
martedì 20 novembre 2012
Sandy Smith / Ad memoriam
Sandy Smith (25 dicembre 1950 - 3 novembre 1979), assassinata insieme a James Waller, Bill Sampson, Cesar Cauce e Michael Nathan - come lei militanti del Communist Workers Party - durante una manifestazione a Greensboro (North Carolina) il 3 novembre del 1979 da membri del Ku Klux Klan e dell' American Nazi Party
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lunedì 19 novembre 2012
Una testimonianza da Gaza
Da Le Mafalde l'email inviata ieri da Adriana, una compagna italiana attualmente a Gaza insieme ad altre/i cooperanti e internazionali, e che al suo messaggio allega anche un resoconto con immagini di una visita all'ospedale di Al Shifa, dove molti dei morti sono bambini/e. Con preghiera di diffusione: "Qui a Gaza si vive ancora una situazione molto tesa, i bombardamenti israeliani continuano incessantemente e stanotte non ci hanno fatto chiudere occhio. Stanno continuando a colpire su tutta la striscia e finora hanno compiuto più di seicento bombardamenti, un'operazione che sta terrorizzando l'intera popolazione di Gaza sotto assedio. Finora 29 persone sono state uccise, e più di 250 quelle ferite di cui 100 bambini e 30 casi gravi. Oggi le milizie palestinesi hanno colpito con un razzo un campo aperto fuori Gerusalemme, oltre ad aver già raggiunto Tel Aviv. Dalle otto di stasera gli israeliani hanno detto che avrebbero incrementato l'attacco ... lo stiamo sentendo. Ci attende un'altra notte di bombe e boati che risuonano intorno, droni ed F16 che ronzano con il loro carico di distruzione in cielo. I bombardamenti avvengono in prossimità e dentro aree densamente popolate mettendo a rischio la vita dei civili. Ogni bombardamento causa la vibrazione delle abitazioni, creando un effetto terremoto che scuote le case. Un'amica vive vicino a un campo di addestramento che stanotte hanno colpito ripetutamente. La sua casa è stata scossa così forte e il boato è stato cosi assordante che pensava stessero attaccando casa sua. Stamattina mi ha scritto: 'E' da stamattina che tremo e ho paura. Pensavo che ci sarebbe caduta la casa addosso verso le sei, non so cosa usino ma è terrificante'. Fa rabbia leggere le versione dei principali media e giornali, che enfatizzano i lanci di razzi senza raccontare del disastro umanitario di Gaza, dell'illegalità del blocco israeliano, e dei bombardamenti indiscriminati su una popolazione imprigionata. Stanno terrorizzando l'intera popolazione, per fare la loro campagna elettorale. Penso che la maggior parte della gente per 8-10 ore al giorno non ha elettricità nelle case (come da tre anni a questa parte) e molti la sera sentono gli aerei e gli attacchi stando nel buio delle loro case. Penso alla paura dei bambini (a Gaza il 50% della popolazione ha meno di 14 anni). Munir, un amico, mi ha raccontato che suo figlio di 3 anni grida spaventato per i botti e la bimba di 8 anni non vuole mangiare né bere niente. Vi giro anche un comunicato con le interviste raccolte ieri all'ospedale Al Shifa di Gaza City, con la preghiera di diffusione. Un abbraccio, Adriana
domenica 11 novembre 2012
Signore di destra
Anche Isabella Rauti indagata per concorso in abuso d'ufficio nell'ambito delle indagini sul cosiddetto Laziogate. Era forse questa la parità sostanziale a cui la signora Alemanno alludeva in una intervista con Marta Ajò in cui si blaterava di femminismo, futura classe dirigente femminile e "grandezza e civiltà nazionale"?
mercoledì 17 ottobre 2012
Guerra d'Algeria e crimini di Stato
In un articolo pubblicato qualche giorno fa su Mediapart, Guerre d’Algérie et crimes d’Etat: le temps du reniement?, in occasione del cinquantunesimo anniversario dei massacri del 17 e 18 ottobre 1961, viene delineato il desolante quadro di una Francia che, anche nell'"era Hollande" continua sulla strada della riabilitazione del passato coloniale. Traduciamo alcuni passaggi dell'articolo, rinviando al sito di Madiapart per la lettura integrale del testo: "L'anno scorso, in occasione del cinquantesimo anniversario dei massacri del 17 e 18 ottobre 1961, durante i quali dozzine di Algerini furono assassinati a Parigi e in periferia dalle forze dell'ordine dirette da Maurice Papon, allora prefetto di polizia, il candidato alle elezioni presidenziali, François Hollande, partecipava, a Clichy, a una cerimonia in memoria delle vittime. Per quelle e quelli che da tempo esigevano dalle più altre cariche della Repubblica il riconoscimento di questo crimine di Stato, questa presenza fu interpretata come un segnale incoraggiante. Dopo anni di riabilitazione del passato coloniale, durante i quali Nicolas Sarkozy, il suo governo e la maggioranza, hanno elogiato in termini menzogneri 'l'opera compiuta' dalla Francia in Algeria e in altri territori dell'impero, questo gesto sembrava annunciare lo sperato cambiamento [...]. Ma così non è stato, quando, divenuto presidente della Repubblica, François Hollande avrebbe potuto scegliere diverse date ed avvenimenti per impegnarsi su questa strada, rompendo in questo modo con la notevole vigliaccheria dei suoi predecessori di sinistra [...]. Peggio ancora, si scopre ora, sul sito ufficiale del ministero della Difesa, che il tanto socialista Jean-Yves Le Drian, inaugurerà a Fréjus, il 20 novembre prossimo, la stele destinata ad accogliere le ceneri del generale Bigerard. Il tutto è accompagnato da un ritratto apologetico di questo militare, che fu, leggiamo 'più che un capo, un condottiero d'uomini, colui verso il quale si volgono gli sguardi nei momenti difficili' [...]. Viene dimenticato che il generale fu, dapprima in Indocina poi in Algeria, uno dei maggiori responsabili della guerra contro-rivoluzionaria, condotta, tra l'altro, ricorrendo alla tortura, alle esecuzioni sommarie e alle sparizioni forzate ...' (Da: Olivier Le Cour Grandmaison, Guerre d’Algérie et crimes d’Etat: le temps du reniement?). Alcuni articoli correlati in Marginalia e altrove: Noi non vogliamo un femminismo dell'oblio e delle parentesi // Nous ne voulons pas d'un féminisme de l'oubli et des parenthèses // Soldati senza causa. Memorie della guerra d'Algeria // Una manifestazione a Parigi // Ici on noié les algeriens //
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