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mercoledì 25 novembre 2015

Le dita tagliate / Un incontro con Paola Tabet

Per chi è a Bologna giovedì 3 dicembre: presentazione del volume di Paola Tabet Le dita tagliate (Ediesse, collana sessismo&razzismo, 2014) presso il Centro di documentazione donne (via del Piombo, 5) a partire dalle 18. Sarà presente l'autrice

giovedì 9 ottobre 2014

Le dita tagliate / Una recensione di Alessandra Pigliaru

Di seguito la recensione di Alessandra Pigliaru al recente volume di Paola Tabet, Le dita tagliate (Ediesse, collana sessismoErazzismo, 2014), pubblicata qualche giorno fa da Il Manifesto con il titolo La beffa del dono patriarcale. Con un grazie all'autrice e a Il Manifesto, buona lettura // Si intitola Le dita tagliate (pp. 323, € 15) ed è il nuovo generoso libro di Paola Tabet pubblicato per Ediesse nella collana sessismoerazzismo, diretta da Lea Melandri, Isabella Peretti, Ambra Pirri e Stefania Vulterini. Etnologa, antropologa e femminista, Tabet riprende i temi di ricerca che la caratterizzano dagli anni ‘70 a oggi. Il titolo del volume attiene a una pratica presso i Dugum Dani, in Nuova Guinea, secondo cui alle bambine vengono amputate alcune dita delle mani in segno di offerta durante le cerimonie funebri. Questa mutilazione diventa per Tabet motivo di riflessione più ampia intorno alle forme coercitive che fondano le società patriarcali, da quelle più semplici di caccia e raccolta a quelle capitalistiche. Centrale nella sua ricerca è da sempre l’analisi del rapporto sociale tra i sessi («un rapporto di classe»), le condizioni della dominazione maschile e dei mezzi con cui tale dominio si edifica e conserva. Tutto ciò la colloca accanto al gruppo femminista materialista nato intorno alla rivista Questions Féministes (in particolare Christine Delphy, Nicole-Claude Mathieu, Colette Guillaumin e Monique Wittig) con cui entra in contatto a Parigi nel 1978. Negli stessi anni comincia a occuparsi della divisione sessuale del lavoro e dell’utilizzo dei vari strumenti, rivolgendosi in particolare alle società di caccia e raccolta e indagando la gestione o meno dei mezzi di produzione. Il fuoco del primo capitolo è sullo scambio sessuo-economico inteso come gestione sociale della sessualità. Confortata da una solida documentazione etno-antropologica e dalle numerose interviste sul campo (importanti sono state quelle effettuate in Africa, in particolare in Niger), Tabet arriva a segnalare «la grande beffa» (titolo di un suo volume del 2004) insita nello scambio sessuo-economico non prima di averne definito il segno: anzitutto l’idea dello scambio investe la prostituzione così come il matrimonio e i cosiddetti rapporti amorosi, cioè «l’insieme delle relazioni tra uomini e donne che implicano una transazione economica». Transazione quest’ultima che prevede la fornitura di servizi (variamente dal sessuale al domestico) da parte delle donne, e un compenso (che sia o meno quantificabile in denaro, status sociale, prestigio e regali) offerto dagli uomini. Il punto fondamentale su cui si è basato il dominio degli uomini sulle donne è infatti secondo la studiosa la preclusione e il mancato accesso di alcune risorse. Chiamando in causa Malinowski, Mauss e Levi-Strauss, gli esempi riportati si riferiscono alle popolazioni del Mali, della Nuova Guinea, delle isole Trobriand e di molte altre parti del mondo visitato. Il fatto che Tabet si riferisca a paesi non occidentali non significa che il fenomeno sessuo-economico sia assente dalle attuali e più note società capitalistiche. Il problema sono proprio le relazioni tra uomini e donne, e affermando ciò esclude consapevolmente una serie non trascurabile di cose. L’oggetto di riflessione è infatti la gestione sociale dello scambio e non la sessualità in sé, per esempio, il desiderio, le pratiche di conflitto o la relazione tra donne e quella tra uomini. Dal Ghana all’Etiopia, dall’Uganda al Kenya, le indagini sul campo rafforzano invece il suo osservatorio secondo cui molte sono state le occorrenze in cui si è verificato il passaggio dal dono alla tariffa. Pagine interessanti sono dedicate al tema controverso del continuum perimetrato appunto da prostituzione e matrimonio nello scambio sessuo-economico. Difficile dare un significato universale di prostituzione, ne andrebbero contestualizzati i dati secondo le diverse strutture sociali e le risorse materiali. Per questa ragione, quando Tabet parla di prostituzione si riferisce in generale a definizioni politiche relative a un’area di rapporti tra i sessi. È pur vero che in questi anni molte sono state per Tabet le occasioni di confronto con numerose esperienze di donne, comprese – per quanto riguarda l’Italia – quelle di Carla Corso e Pia Covre e il Comitato per i Diritti Civili delle Prostitute. Il continuum degli scambi prevede certo variazioni e diversità eppure, nota Tabet, vi sono ancora delle riluttanze – soprattutto nelle società occidentali – a soffermarsi sullo «scambio» nelle relazioni «legittime». In uno scenario simile sono da tenere presenti le forme violente alle quali sono state sottoposte le donne, non solo in Africa ma – per esempio - in tutti i luoghi di guerra. Dallo stupro all’infibulazione, queste forme rappresentano un altro tassello della dominazione maschile sulle donne. In tale direzione vanno intese le migrazioni di donne che dai villaggi si dirigono alle città; una forza intesa come ricerca di autonomia che consente loro di smarcarsi dall’appropriazione privata del proprio corpo e della propria sessualità. Storicamente la modalità repressiva per normare la trasgressione delle donne «fuorilegge» non si è fatta attendere; dai reclutamenti delle prostitute ai riformatori per la «riabilitazione» forzata delle disobbedienti. Nonostante ciò, la storia delle femmes libres e delle free women, delle prostitute d’Africa con le quali Tabet ha intrattenuto numerose conversazioni, è pur sempre «la storia, difficile e complessa, di una resistenza». «Scrivi presto, lavora, prima che anche a te taglino le dita». È quel che Valeria Bertolucci Pizzorusso raccomanda all’amica Paola Tabet nel 1980. L’invito si è trasformato in una promessa mantenuta con coraggio e gratitudine, per raccontare l’orizzonte difficile e crudele ancora presente in alcuni luoghi del mondo. E per dire che le dita tagliate appartengono al distinguo doveroso secondo lo spettro materiale - e aggiungerei simbolico - singolare e collettivo delle vite di ciascuna. Una questione che si intreccia altrettanto saldamente alla libertà, quando la si può scegliere, agire e desiderare fortemente come ha fatto Paola Tabet nel corso della sua vita, personale e politica.

martedì 9 settembre 2014

Non si nasce donna a Bologna

Presentazione del n. 5 dei Quaderni Viola Non si nasce donna. Testi, percorsi e contesti del femminismo materialista in Francia (Venerdì 12 settembre, alle ore 18.30, Palazzina in Via Del Piombo, 5 - Bologna) a cura dell'Associazione Orlando e del collettivo Mujeres Libres. Raffaella Lamberti e Paola Guazzo ne discutono con le curatrici Sara Garbagnoli e Vincenza Perilli // Sull'incontro rinvio al sito del Server donne, mentre sul volume si vedano le  recensioni di Paola Guazzo sul Guazzington Post, di Silvia Nugara su Iaph Italia, di Clotilde Barbarulli su Letterate Magazine e Alessandra Pigliaru sul Manifesto. 

sabato 3 maggio 2014

Vita materiale e parole che ti uccidono

Sull'ultimo numero di Letterate Magazine, la rivista online della Società Italiana delle Letterate, (n. 94, 2014) una recensione di Clotilde Barbarulli (che ringraziamo) a Non si nasce donna. Percorsi testi e contesti del femminismo materialista in Francia (a cura di Sara Garbagnoli e Vincenza Perilli, Alegre / Quaderni Viola, 2013). Prima di lasciarvi alla lettura vi ri-segnaliamo i link delle altre recensioni a Non si nasce pubblicate finora (rispettivamente di Silvia Nugara per Iaph Italia, di Alessandra Pigliaru per Il Manifesto e di Paola Guazzo per il Guazzington Post) che non sono poche  per un volume che non è per tutti i palati (anche femministi) ... Buona lettura! //Ai primi di marzo è morta Nicole-Claude Mathieu, femminista lesbica materialista che ha condotto fin dagli anni Settanta un’analisi radicale antinaturalista dell’eterosessualità intesa come regime politico fondato sulla gerarchia tra i sessi, tra le autrici raccolte nel volume Non si nasce donna.Il lavoro suo, come quello del gruppo, in Italia è poco conosciuto, soprattutto per la prevalenza del paradigma della differenza sessuale, perciò questa ricerca su teoriche che hanno segnato profondamente il femminismo francese e possono suscitare molti interrogativi, è importante. Il riferimento di partenza è la celebre frase di Simone de Beauvoir volta ad indicare che “la donnità è segnata da un ruolo a lungo subalterno e dal monopolio maschile della tradizione simbolica”. Le femministe del gruppo, impegnate in un radicale antiessenzialismo, si sono raccolte nel 1977 intorno alla rivista Questions Féministes che – contaminata da varie influenze, fra cui il  marxismo, la psicanalisi, le teorie anticoloniali e il movimento afroamericano – intende mantenere un forte legame fra teoria e “femminismo-movimento”, tra ”rivoluzione della conoscenza” ; “rivoluzione della realtà sociale” (Perilli). Colette  Guillaumin definisce le analisi delle pensatrici del gruppo (Christine Delphy, Nicole-Claude Mathieu, Paola Tabet e Monique Wittig ) come una “rimessa in questione delle ‘evidenze’, forma sacralizzata dell’ideologia” con riferimento al sesso e alla razza che dicotomizzano lo spazio sociale. Rivisitando il pensiero marxista, analizzano l’intreccio tra rapporti materiali e di senso nelle relazioni di dominio da cui nasce la naturalizzazione che s’iscrive efficacemente nei corpi, nel linguaggio, nelle categorie mentali e istituzionali. In realtà   il sesso e la razza non emergono come un dato, un’essenza, ma come un marchio (l’equivalente del feticcio marxiano) che nasconde e cristallizza i presistenti rapporti di dominio e sfruttamento. Le curatrici intendono con questo libro colmare il vuoto esistente in Italia su tali autrici,come evidenzia la bibliografia allegata,  e dar conto di un paradigma che da dieci anni dialoga con una nuova generazione di femministe, nell’intreccio con il Black Feminism, gli studi gay e lesbici, l’approccio queer e gli studi postcoloniali. Allo scopo offrono articoli inediti in italiano con brevi introduzioni: dal saggio di Di Cori sull’invenzione statunitense del French Feminism alla riflessione sul genere di Delphy, dall’antropologia materialista di Mathieu alla costruzione sociale della disuguaglianza tra i sessi di Tabet; fino al linguaggio fatto di “parole che ti uccidono”  in quanto veicola l’ordine straight (intreccio delle nozioni di normalità, rettitudine, ordine e eterosessualità) del pensiero per Wittig. Interessante in particolare appare Guillaumin per la sua critica al  concetto di differenza perché nasconde l’ideale secondo cui “tutti appartengono allo stesso universo, ma in termini di differenti forme dell’essere, per sempre fissate”, perciò mette in guardia di fronte alla sostanziale ambiguità del “diritto alla differenza culturale” (1980). Già nel 1972, come sottolinea Siebert,  anticipa sia alcune impostazioni postcoloniali considerando l’ideologia razzista “una organizzazione percettiva della individuazione del simile e del differente”, lo “stato cristallizzato di un immaginario”, sia altre tematiche cruciali, quali  i dibattiti tra posizioni femministe bianche/occidentali e posizioni postcoloniali, tra femminismo del privilegio e femminismo della “classe delle donne”: negli odierni processi le conquiste dell’emancipazioni femminile nei paesi ricchi sono state pagate con lo sfruttamento delle immigrate e Guillaumin può aiutare; a riflettere ulteriormente sull’uso politico del concetto di differenza nei movimenti delle donne, nella tensione fra liberazione individuale e liberazione collettiva per focalizzare la coscienza di classe. Mathieu, evidenzia Ribeiro Corossacz,; ha studiato le donne come una comunità di oppressione attraversata da altre forme di gerarchizzazione (la classe, l’etnia, la sessualità…) e socialmente percepita come “un gruppo naturale specifico”. Sottolinea, come Tabet, la vocazione comparativa dell’antropologa per allargare il senso delle possibilità umane illustrando modi diversi “per ciò che riguarda la categoria sociologica di sesso e i rapporti tra i sessi”. Fin dai primi anni Novanta ha criticato però le correnti queer del femminismo, in particolare Butler, per il rischio che nascondino le condizioni materiali oggettive dei rapporti di oppressione delle donne e  non  indaghino le possibilità di agire dei soggetti sessualmente minoritari. Verrebbe cioè lasciata in secondo piano l’organizzazione del sesso sociale che continua a poggiare sull’oppressione, privilegiando gli aspetti simbolici, discorsivi e periodici del genere a scapito della realtà materiale e storica. Se ogni rottura epistemologica richiede un vocabolario nuovo ,e, come invita Wittig, occorre passare al vaglio ciascuna parola, “scuotere il linguaggio nel caleidoscopio del mondo, e, nella misura in cui lo si scuote, operare rivoluzioni nella coscienza” (1992), questo libro stimola a riflettere anche oggi su teoria, parole, esperienze, contribuendo a creare “i germi” di una “rivoluzione cognitiva, ovvero politica”, per non dimenticare mai i rapporti materiali che sottendono qualsiasi problematica (Clotilde Barbarulli, LetterateMagazine, n. 94, 2014).

domenica 30 marzo 2014

Ricordando Nicole-Claude Mathieu

A qualche giorno dalla morte, avvenuta il 9 marzo scorso a Parigi, avevo pubblicato qui un breve ricordo di Nicole-Claude Mathieu scritto con Sara Garbagnoli e Valeria Riberio Corossacz, L'anatomia è politica. Ieri  il Manifesto, con il titolo redazionale di La natura inventata del genere sessuale, ha pubblicato un nostro più lungo contributo, di cui di seguito potete leggere la versione originale (mentre quella, leggermente più breve, pubblicata dal quotidiano è anche qui). Prima di lasciarvi alla lettura dell'articolo, mi preme però segnalare alcuni dei ricordi che sono stati dedicati a Mathieu, su siti italiani e non, nelle ultime settimane: anzitutto gli interventi di Rosanna Fiocchetto e Jacqueline Julien, pubblicati entrambi sul Guazzington Post di Paola Guazzo, il sito della Libera Università delle donne (che ha ripreso il saggio dedicato a Nicole-Claude Mathieu pubblicato in Non si nasce donna) come anche i post di Sonia Sabelli (che rinvia, tra l'altro, alla trasmissione andata in onda su Mfla) e di Azione gay e lesbica. In Francia infine, il sito del Ring ha aperto una pagina dedicata a Mathieu, che è in continuo aggiornamento. Vi lascio ora al testo, buona lettura // Per un'anatomia politica dei sessi: un ricordo di Nicole-Claude Mathieu (di Sara Garbagnoli, Vincenza Perilli e Valeria Ribeiro Corossacz). Nicole-Claude Mathieu si è spenta a Parigi il 9 marzo scorso, lasciando un vuoto non misurabile in quelli che, a partire dai primi anni '70 del secolo scorso, sono stati i suoi ambiti privilegiati di produzione teorica, di impegno politico e di insegnamento: l’antropologia e la teoria femminista. Grazie ad un rigore, a un’audacia e una lucidità intellettuali e politiche di rara levatura, Mathieu ha contribuito a rielaborare criticamente l’epistemologia e a ridefinire le frontiere di tali saperi. Femminista lesbica materialista, nel 1977 è stata tra le co-fondatrici della rivista Questions Féministes, che, diretta da Simone De Beauvoir e animata, tra le altre, da Monique Wittig, Colette Guillaumin e Christine Delphy, ha prodotto nello spazio intellettuale francese un'analisi radicalmente antinaturalista dell’eterosessualità intesa come regime politico naturalizzato fondato sulla gerarchia tra i sessi e le sessualità. Ha fatto parte del Laboratoire d’anthropologie sociale creato da Claude Lévi-Strauss e ha insegnato per due decenni Antropologia e Sociologia dei sessi all’École des Hautes Études en Sciences Sociales di Parigi. Le sue ricerche riguardano la «categorizzazione sociale dei sessi», una definizione che rende chiaro che i sessi sono socialmente effettivi nel momento in cui sono investiti da una classificazione sociale, oggetto di analisi dell’antropologia e del femminismo. Il titolo della sua principale raccolta di saggi L’anatomie politique. Catégorisations et idéologies du sexe (L’anatomia politica. Categorizzazioni e ideologie di sesso), pubblicata nel 1991 da Côté-femmes e rieditata pochi mesi fa dalle éditions iXe, concentra e esprime il suo programma di ricerca che mirava a combinare lo studio delle molteplici forme attraverso cui l’oppressione della classe delle donne si dispiega in diversi contesti sociali. Come ha scritto Monique Wittig all'inizio degli anni '80, un approccio femminista materialista dell’oppressione delle donne distrugge l’idea che esse siano un «gruppo naturale»: Mathieu ha definito e studiato le donne come «una comunità di oppressione» attraversata da altre forme di gerarchizzazione (la classe, l'etnia, la sessualità...) e socialmente percepita come fosse «un gruppo naturale specifico» dalle cui supposte «specificità naturali» deriverebbero specifiche qualità, virtù, cultura. Lungi dal voler mostrare che non esistono differenze biologiche, fenotipiche tra le persone, le ricerche di Mathieu hanno indagato le modalità attraverso le quali differenze biologiche in sé non significative lo diventano socialmente. Attraverso fini analisi etnologiche Mathieu ha fatto emergere come le differenze biologiche tra i sessi vengono ad avere significato e pertinenza sociale: uomini e donne sono costruzioni socio-economiche naturalizzate, classi antagoniste la cui funzione è quella di perpetuare l'oppressione materiale e simbolica delle donne. È difficile ricordare in poco spazio la ricchezza e la profondità delle sue analisi, delle interrogazioni sollevate, delle categorie critiche forgiate. Tra i contributi che hanno contraddistinto il suo lavoro, desideriamo almeno menzionare la costruzione di una definizione sociologica delle classi di sesso, la critica all’androcentrismo delle scienze sociali e dei processi di universalizzazione del punto di vista dominante che caratterizza l’epistemologia che le sottende, lo studio degli effetti della dominazione maschile sulla «coscienza dominata» delle donne, l’analisi diacronica e sincronica dei diversi significati e usi sociali di «sesso» e di «genere», l’impatto del relativismo culturale sulla discussione dell’oppressione delle donne in paesi non occidentali. In «Quand céder n’est pas consentir», uno dei suoi articoli più penetranti, Mathieu contesta le analisi etnologiche e le ideologie correnti secondo cui le donne acconsentirebbero alla loro dominazione ed esamina gli effetti della dominazione maschile sulla coscienza e sull’inconscio delle donne, mostrando come l’oppressione produca una coscienza ed una conoscenza della realtà frammentarie e contraddittorie. Un’esperienza insieme corporale e percettiva della dominazione che i dominanti ignorano come tale e che produce per le donne «un cedere che non è un acconsentire». L'oppressione delle donne si dispiega, per Mathieu, così come per le altre femministe materialiste, attraverso un sistema di processi materiali sostenuti da un sistema ideologico-discorsivo che produce come credibile la credenza dell'ordine sessuale come ordine trascendente, celando l'origine economico-sociale della «complementarietà» delle classi di sesso. Per la liberazione delle donne (e delle minoranze sessuali), occorre, per tali teoriche, distruggere politicamente, filosoficamente e simbolicamente le categorie di «uomo» e di «donna». Lo studio del modus operandi dell’oppressione e dei suoi effetti sul corpo e sulle categorie di percezione del mondo dei minoritari ha portato Mathieu a formulare già dai primi anni '90, una critica alle correnti queer del femminismo statunitense, in particolare la Judith Butler di Gender Trouble, allora ancora pressoché sconosciuta in Francia. A giudizio di Mathieu queste elaborazioni teoriche non produrrebbero un’analisi delle condizioni materiali oggettive dei rapporti di oppressione delle donne, né indagherebbero le condizioni sociali di possibilità della «capacità di agire» dei soggetti sessualmente minoritari. Come ha sottolineato Jules Falquet in un puntuale contributo pubblicato sulla rivista Cahiers du Genre, le/gli specialiste/i non ignorano certo le ricerche di Mathieu – apparse su prestigiose riviste francesi e internazionali e tradotte in almeno sette lingue – ma, nonostante questo e l'indubbia rilevanza scientifica del suo lavoro, esse non sono considerate quanto meriterebbero all'interno della disciplina antropologica. Questo stato di cose ha indubbiamente a che fare con quei meccanismi della derisione sessista, da lei brillantemente esaminati nei suoi articoli, uno dei dispositivi più ricorrenti per emarginare la produzione teorica con una marcata impronta femminista, tacciandola di non essere «oggettiva» e quindi «scientifica». D'altro canto il lavoro di Mathieu è poco noto edibattuto anche all'interno degli stessi studi femministi, sia in Francia che nell'area anglofona, e ciò ci costringe ad interrogare, come osserva acutamente ancora Falquet, le logiche scientifiche delle diverse discipline, ma anche i meccanismi di diffusione, trasmissione e discussione dei saperi nell'ambito degli studi femministi. In Italia la situazione è ancora più sconfortante: il lavoro di Mathieu, come del resto la produzione teorica del femminismo materialista francese nel suo insieme, è a tutt'oggi pochissimo dibattuto e tradotto. Ricordiamo la pubblicazione su DWF, nel lontano 1989, del suo saggio «Critiche epistemologiche sulla problematica dei sessi nel discorso etno-antropologico» e qualche rara citazione. Tra i fattori che hanno determinato questo stato di cose, e che restano in gran parte da indagare storicamente, vi è da una parte la ricezione del femminismo francese fortemente influenzata da quella stupefacente invenzione statunitense che è il French Feminism e dall'altra il poco spazio che l'approccio materialista poteva trovare nel contesto italiano, influenzato da altri paradigmi interpretativi del rapporto tra i sessi, in particolare, anche se non unicamente, da quello egemonico della differenza sessuale. In questo senso la recente pubblicazione di Non si nasce donna. Percorsi, testi e contesti del femminismo materialista in Francia (a cura di S. Garbagnoli e V. Perilli, Alegre/Quaderni Viola, 2013), recensita proprio su queste pagine da Alessandra Pigliaru, intende essere uno strumento di introduzione a un tipo di approccio quanto mai necessario. Dedicato alle rappresentanti maggiori del femminismo materialista francofono – Monique Wittig, Paola Tabet, Colette Guillaumin, Christine Delphy e Nicole-Claude Mathieu – il volume traduce di quest'ultima la stringata ma densa «voce» pubblicata sul Dictionnaire critique du féminisme (Puf, 2000) preceduta da un saggio di Valeria Ribeiro Corossacz, «Per un'anatomia politica dei sessi: l'antropologia materialista di Nicole-Claude Mathieu», con l'auspicio che il lavoro di Mathieu possa continuare a vivere nello spazio intellettuale e femminista, anche italiano

lunedì 11 novembre 2013

Non si nasce donna al Mfla

Nello spazio approfondimenti della trasmissione radiofonica del martedì di Mfla, presentazione dell'ultimo dei Quaderni Viola, Non si nasce donna. Percorsi, testi e contesti del femminismo materialista in Francia(Alegre, 2013), al quale il Mfla aveva già dedicato uno spazio a maggio nella rubrica Fatti e misfatti. Palinsesto dettagliato di questa nuova puntata qui. Buon ascolto a tutte/i! // (Alcuni) articoli correlati in Marginalia: Audre Lorde e Adrienne Rich su Mfla, Non si nasce donna / Una recensione di Paola Guazzo, Le potenzialità e l'abuso di un passepartout nato per scardinare le discipline del sapere, Non si nasce donna / Una recensione su Iaph Italia, Femministe di tutto il mondo unitevi (ai microfoni del Mfla).

venerdì 25 ottobre 2013

Non si nasce donna / Una recensione di Paola Guazzo

Dopo le recensioni a Non si nasce donna (Alegre, 2013) di Silvia Nugara per Iaph Italia e Alessandra Pigliaru per Il Manifesto, ripubblichiamo ora la recensione  di Paola Guazzo (che ringraziamo infinitamente) comparsa qualche giorno fa sul suo Guazzington Post. Buona lettura! // Finalmente esce un libro di sintesi su un fenomeno consistente e relativamente poco conosciuto in Italia: il femminismo materialista francese, che va alle radici del celebre assunto di De Beauvoir ( “non si nasce donna”) per dirci che “la donnità è una costruzione storica e sociale” (p.6), mettendo in questione “le evidenze, questa forma sacralizzata dell'ideologia” (p.8). Elaboratosi a partire dalla creazione della rivista “Qf” (“Questions Féministes”) nel 1977, il femminismo materialista francese è innanzitutto un potente strumento di indagine e messa in questione di un ordine sociale che “naturalizza” le proprie gerarchie di potere; sesso, razza e sessualità vengono considerate fatti naturali, non fatti sociali, e pertanto fissate in “evidenze” immutabili. Per contro: “Lo studiare i modi con cui i rapporti sociali diventano talmente solidi da sembrare naturali permette di iscriverli nella storia, aprendo, in tal modo, uno spazio di possibilità perché le cose possano essere altrimenti” (p.9). Il femminismo materialista francese è stato poco seguito, o comunque sottovalutato nella sua portata euristica, in Italia. Sono pochi i testi tradotti e conosciuti nel nostro paese, dove si è passate direttamente da un femminismo della “differenza”, ispirato da Luce Irigaray – ed anche, in una prima fase, da assidui scambi con il gruppo francese di “Psyc et Po”, con il quale le femministe di Qf furono in polemica implicita ed esplicita - ad una queer theory incarnata dal costruzionismo (lacaniano) di Judith Butler e dal costruzionismo (freudiano) di Teresa de Lauretis. Un trionfo psicoanalitico, sia nella versione essenzialista che in quella costruzionista. Gli scritti delle teoriche francesi presentate dal libro di Garbagnoli e Perilli, per contro, sono quasi tutti svolti nell'ambito di ricerche antropologiche, accademiche e non (penso all'eccezione-Wittig, che è scrittrice, lavora sul linguaggio, è una sorta di “battitrice libera”, come sarà poi Michèle Causse; due lesbiche dichiarate, sia detto non en passant). Un'analisi comparata dei concetti antropologici e psicoanalitici di “cultura” utilizzati nei feminist studies di varie tendenze sarebbe utile? Lascio la questione aperta. Non si nasce donna presenta in apertura il denso saggio di Paola Di Cori, French Feminism: tra Christine Delphy e Gayatri Spivak, Appunti, che chiarisce fra l'altro alcuni aspetti della diffusione del pensiero della Holy Trinity (Irigaray, Cixous, Kristeva) negli Stati Uniti fra anni 70 e 80, demistificandone la portata alternativa e anche femminista. Vengono poi presentate opere e teoria del femminismo materialista francese, seguendone le incarnazioni soggettive e presentando per ognuna un significativo essay. Christine Delphy, Colette Guillaumin, Nicole-Claude Mathieu, Paola Tabet e Monique Wittig sono sapientemente introdotte, da studiose-militanti ad esse vicine, nella loro portata epistemologica ed anche “umana” ( e qui il termine universalistico-maschile andrebbe ovviamente sostituito, in un linguaggio che non c'è ancora e che Wittig ha cercato di inventare). Non è stato insignificante, per me, questo stile di Non si nasce donna, che dice (anche) dell'ironia di Nicole-Claude Mathieu e del post-sessantotto, fra viaggi e tentativo di vita in una comune, di Paola Tabet, per citare solo le prime due tranches de vie che mi vengono in mente. Non si nasce donna è un'esperienza forte e liberatoria, come può esserlo solo l'analisi materialistica di un'oppressione che giace, profondamente radicata e difficile da estirpare, nella stessa definizione di “donna”, nonché in linguaggi, forme di vita, poteri e strutture economiche ad essa connessi. Mi ricollego, infine, alle parole delle curatrici: “ Il volume aspira ad essere uno strumento di introduzione ad un approccio che, iscrivendo nell'immanenza della politica ciò che l'ordine sociale produce come “natura”, ha contribuito a creare i germi di una vera e propria rivoluzione cognitiva, ovvero politica” (p.11)

domenica 1 settembre 2013

Non si nasce donna / Una recensione su Iaph Italia

Di seguito la recensione all'ultimo volume dei Quaderni Viola sul femminismo materialista francese, Non si nasce donna, scritta da Silvia Nugara, che ringraziamo, per Iaph Italia. Buona lettura! // La nuova serie della collana Quaderni Viola edita da Alegre si propone di mettere a disposizione “delle donne che desiderano fare politica per le donne” - così in quarta - materiali per conoscere la storia e l’attualità delle riflessioni femministe attraverso dossier monotematici. Dopo aver riflettuto su lavoro (Lavorare stanca, 2008), razzismo e sessismo (La Straniera, 2009), lesbismo (Orgoglio e pregiudizio, 2010) e lotta sindacale nella crisi (Sebben che siamo donne, 2011), questo quinto volume è dedicato non a un tema ma a un filone di pensiero: il femminismo materialista francese. Con questa denominazione si fa riferimento a un gruppo di teoriche il cui lavoro, al di là dei diversi problemi esplorati e degli apparati concettuali elaborati da ciascuna, si è impegnato a restituire la dimensione culturale, storica e ideologica delle divisioni dicotomiche e gerarchiche attraverso cui sono organizzati sesso (uomo/donna), sessualità (etero/omo) e razza (bianchi/neri; noi/loro). Come testimonia il titolo del libro, tale impresa anti-essenzialista si staglia sullo sfondo dell’“affermazione più sovversiva e liberatoria dei discorsi femministi” (Introduzione, p. 6) enunciata da Simone de Beauvoir ne Il secondo sesso: “non si nasce donna”. Dopo un’articolata ma sintetica sezione introduttiva, il volume è strutturato in cinque parti, ognuna dedicata a una figura di rilievo del gruppo raccoltosi attorno alla rivista Questions féministes a partire dal 1977: Christine Delphy, Colette Guillaumin, Nicole-Claude Mathieu, Paola Tabet e Monique Wittig. Le curatrici hanno scelto di dare voce alle stesse autrici pubblicando di ognuna un articolo rappresentativo (inedito in italiano) preceduto da un saggio di inquadramento teorico (di Perilli su Delphy; di Renate Siebert su Guillaumin; di Valeria Ribero Corossacz su Mathieu; di Gabriella Da Re su Tabet e di Garbagnoli su Wittig) e seguito da una breve scheda bio-bibliografica. Come spiegano Garbagnoli e Perilli nell’apertura intitolata Non si nasce (donna). La denaturalizzazione come “questione femminista (pp. 8-11), il materialismo di queste pensatrici va ben oltre l’accezione marxiana e prende a oggetto dell’analisi la compenetrazione tra rapporti materiali e di senso nelle relazioni di dominio che fa sì che la loro naturalizzazione, operante attraverso l’iscrizione nei corpi, nel linguaggio, nelle categorie mentali e istituzionali delle gerarchie sociali, sia tanto efficace. Il materialismo di queste femministe produce, in tal modo, la comprensione del rovesciamento da causa a effetto attraverso cui operano le diverse forme di oppressione. Ciò che è socialmente appreso come origine dell’oppressione (la forma di un sesso, il colore della pelle, e così via) ne è, in realtà, l’effetto: il “sesso” (la “razza”) non è un dato, un’essenza, una proprietà inerente ai soggetti che ne esprimerebbe la natura, ma un marchio – feticcio marxiano – socialmente pertinente ed efficace perché cristallizza, nascondendoli, presistenti [sic] rapporti di dominazione e sfruttamento (p. 9). Questo libro costituisce quindi un importante invito alla lettura di pensatrici francesi da noi ancora poco tradotte e studiate (per esempio, tra tutte solo Monique Wittig figura nell’antologia Le filosofie femministe di Cavarero e Restaino). In Italia, infatti, il ruolo di maggior rilievo è stato giocato dal femminismo della differenza e, per quanto riguarda il pensiero transalpino, tanto da Psychanalyse et Politique con cui le materialiste erano in polemica, quanto dalla triade Kristeva-Irigaray-Cixous tramite una triangolazione con gli Stati Uniti e quel French Feminism di cui Paola Di Cori ricostruisce in modo avvincente la parabola intellettuale nel saggio French Feminism: tra Christine Delphy e Gayatri Spivak. Appunti (pp. 13-20). La riflessione materialista si articola in modo dinamico ed evolutivo lungo tutti gli assi portanti del femminismo dagli anni Settanta a oggi: il rapporto tra lotta di classe e lotta contro il patriarcato (si pensi alle analisi di Christine Delphy ne L’ennemi principal); le relazioni tra biologia, cultura e soggettività e quindi la diade sesso-genere; le relazioni razzismo-sessismo-classismo prima che emergesse il concetto di “intersezionalità” (si vedano in particolare i lavori di Colette Guillaumin a partire da L’Idéologie raciste del 1972 e di Paola Tabet); la violenza contro le donne (Delphy e Nicole-Claude Mathieu); il lesbismo (particolarmente creativi e pugnaci sono gli scritti letterari e teorici di Monique Wittig) e l’analisi politica dell’eterosessualità (su cui la redazione di QF si divise dando luogo nel 1981 a Nouvelles Questions Féministes); la riproduzione come lavoro nell’economia capitalista globale (l’antropologia di Paola Tabet); gli aspetti problematici delle pratiche politiche identitarie e della nozione di differenza ma anche di approcci post-identitari come il queer (Nicole-Claude Mathieu). L’impresa denaturalizzatrice di queste teoriche costituisce una rottura epistemologica che ha richiesto l’elaborazione di nuove griglie concettuali attraverso cui leggere – ma soprattutto immaginare (“spensare” dice Guillaumin) – la realtà perché, come spiega Delphy nel suo saggio del 2001, qui riproposto, Pensare il genere: problemi e resistenze: per conoscere la realtà, e dunque per eventualmente cambiarla, bisogna abbandonare le proprie certezze e accettare l’angoscia, temporanea, di una accresciuta incertezza sul mondo; […] il coraggio d’affrontare l’ignoto è la condizione dell’immaginazione e la capacità di immaginare un mondo altro è un elemento essenziale dell’approccio scientifico: essa è indispensabile all’analisi del presente (p. 29). Da ciò deriva l’elaborazione di ottiche d’analisi nuove. Per esempio, Maria Gabriella Da Re ricostruisce come Paola Tabet in Les mains, les outils, les armes, del 1979, analizzi la divisione sessuale del lavoro non domandandosi “chi fa che cosa” ma “chi fa con che cosa” mettendo perciò in luce non tanto le classiche “limitazioni naturali delle donne” quanto piuttosto il loro “sottoequipaggiamento”. Le rotture epistemologiche richiedono anche un vocabolario nuovo, ragione per cui il materialismo francese è anche una fucina di innovazioni terminologiche mai accessorie: Christine Delphy abbandona il concetto statico ed essenzialista di “condizione della donna” in favore della più esplicita nozione di “oppressione”; Colette Guillaumin elabora la distinzione tra ”razzismo autoreferenziale” e “razzismo eteroreferenziale”; Nicole-Claude Mathieu parla di “sesso sociale” e Guillaumin di “sexage”; Paola Tabet concepisce l’idea di “scambio sessuo-economico” e Monique Wittig fa del linguaggio un terreno di elezione per immaginare e costruire quell’utopia androgina per cui lavorò tutta la vita. Se la riflessione su natura e cultura, su sesso e genere, su genere e non genere attraversa tutti i testi qui raccolti, particolarmente interessante risulta la scelta delle curatrici di proporre in appendice il saggio della storica francesista americana Joan Scott intitolato Genere: usi e abusi (pp. 159-166) che insiste sulla dimensione evolutiva della nozione di genere e riprende in gran parte la lectio tenuta a Padova nel febbraio 2013 al VI congresso della Società Italiana delle Storiche. Per concludere, di questo Quaderno Viola non inganni l’agile formato: si tratta di un volume denso e ricchissimo, un compendio di cui si sentiva la necessità e forse per questo è stato tradotto un po’ troppo di corsa, corredato da una bibliografia indispensabile per l’approfondimento. I saggi introduttivi e gli articoli antologizzati lasciano infatti a chi legge la voglia di consultare analisi di più ampio respiro in cui trovi spazio non solo il pensiero ma anche l’esperienza, dimensione fondamentale proprio di quel Secondo Sesso sotto il cui segno questo lavoro si iscrive //

sabato 17 agosto 2013

Le potenzialità e l'abuso di un passepartout nato per scardinare le discipline del sapere

Nell'edizione de Il Manifesto del 14 agosto Alessandra Pigliaru, che ringraziamo ancora, ha dedicato una puntuale recensione a due saggi "sull'uso e la critica del concetto di genere". Si tratta della raccolta di scritti di Joan W. Scott recentemente pubblicata da Viella - di cui avevamo ri-parlato solo qualche giorno fa - e del nuovo Quaderno Viola curato da Sara Garbagnoli e dalla sottoscritta sul femminismo materialista francese, Non si nasce donna. Di seguto la recensione, buona lettura // «Coloro che si propongono di codificare i significati delle parole combattono una battaglia perduta, poiché le parole, così come le idee e le cose che sono chiamate a esprimere, hanno una storia». Così Joan W. Scott, nel 1985 a New York, apriva il suo intervento al convegno dell'American Historical Association. La parola a cui si riferisce viene svelata dal titolo della comunicazione: Il «genere»: un'utile categoria di analisi storica. Docente a Princeton e impegnata in prima linea nel rinnovamento delle discipline storiche e degli studi delle donne, Scott è stata poco tradotta in Italia seppure la sua ricezione sia stata fondamentale per gli studi di genere. Dobbiamo ringraziare Ida Fazio che ne ricostruisce gli interventi sul tema per comporre un volume importante e rigoroso. Si intitola Genere, politica, storia (Viella, pp. 320, euro 28) e oltre i quattro importanti scritti di Joan W. Scott - discussi e redatti dal 1985 al 2013 - raccoglie i saggi di Maria Bucur, Dyan Elliott, Gail Hershatter, Joanne Meyerowitz, Heidi Tinsman e Wang Zheng, storiche di diverse aree geografiche, intervenute nel 2008 al Forum dell'«American Historical Review». Il volume, con una generosa postfazione di Paola Di Cori, è uno strumento prezioso per avere un'idea chiara di quanto il percorso di Joan Scott sia stato rilevante e quale sia il punto nell'assimilazione del genere in capo agli studi storici. Il genere, costruzione sociale che offre interessanti possibilità analitiche ed epistemologiche, ha avuto infatti un destino e una diffusione importanti proprio grazie alle riflessioni di Scott e di altre studiose, in prevalenza storiche, che dalla metà degli anni Ottanta in poi hanno contribuito sensibilmente alla ricerca dentro e fuori l'Accademia. Le diffidenze iniziali a considerare il genere come un'efficace categoria storica e politica - in quel pericolo ravvisato dalla confusione e dal depotenziamento della storia delle donne mutata in storia di genere - è stata l'occasione di mettere a tema numerose questioni, insieme alla interlocuzione potente delle posizioni Lgbqt e della critica queer. Il punto di vista generazionale e la possibilità di dialogo con i diversi approcci, sono gli elementi che hanno portato in Italia più di una riflessione dialogante sul genere. In questo scenario, il lavoro della Società Italiana delle Storiche ha molto influito sullo stato del dibattito. Certo che le analisi risentono del contesto socio-culturale in cui attecchiscono; così negli Stati Uniti si è radicalizzata la difficoltà tra storia delle donne e storia di genere, mentre in Europa la relazione tra i due orientamenti tende ad essere meno marcata. Ciò che Scott mostra riguardo l'utilità del genere come categoria storica è la consapevolezza della sua valenza critica, ma non è tutto. Mostra infatti magistralmente la genesi del concetto e tutte le relative declinazioni; riconosce inoltre la pericolosità del suo abuso. L'attenzione al lavoro sul genere, come costruzione storico-sociale che dunque non può essere né naturalizzata né ricacciata in un antagonismo acritico e dicotomico tra donne e uomini, proviene anche dal recente volume curato da Sara Garbagnoli e Vincenza Perilli dal titolo eloquente Non si nasce donna (Edizioni Alegre, pp. 187, euro 5). Il solco scandagliato non è quello di matrice statunitense bensì, come recita il sottotitolo, attiene ai percorsi, testi e contesti del femminismo materialista in Francia. Eppure non a caso, in questo intenso progetto editoriale, uno dei saggi tradotti è proprio il più recente di Scott relativo all'uso e all'abuso della categoria di genere. Inserirne la riflessione accanto a quelle di femministe materialiste quali Christine Delphy, Colette Guillaumin, Nicole-Claude Mathieu, Paola Tabet e Monique Wittig, ha una sua ragionevolezza politica. Le prime quattro, ancora viventi, sono entrate in relazione con Garbagnoli e Perilli acconsentendo non solo alla pubblicazione di alcuni loro saggi all'interno del volume ma sostenendole - seppure in lontananza - nell'intero progetto.Si parte dai punti di comunanza riguardo ai concetti di denaturalizzazione e storicizzazione: nonostante le evidenti influenze marxiste (di cui si avverte la consonanza linguistica per esempio nel concetto di classe), psicoanalitiche e quelle relative alle teorie delle rivolte anticoloniali, il materialismo che riecheggia in questo tipo di femminismo prevede un netto allontanamento dal determinismo biologico e dalla trappola della scissione tra attivismo e teoria. Così dalla fine degli anni Settanta in Francia, la riflessione femminista si intreccia con la desacralizzazione delle apparenti evidenze di genere, sesso e razza. Fino a quel momento pensate «come fossero invarianti sociali, dati di natura», vengono ripensate e ridiscusse nel contesto socio-politico della radicalità femminista francese. La fucina delle idee prende avvio nell'alveo di due riviste, prima Questions Féministes (diretta da Simone de Beauvoir) e dopo qualche anno Nouvelle Questions Féministes che radunarono attorno alle rispettive redazioni alcune tra le personalità di spicco dell'attivismo politico e teorico del femminismo materialista. I testi presenti nel volume, quasi tutti inediti in Italia e introdotti finemente dalle stesse curatrici e da Renate Siebert, Valeria Ribeiro Corossacz, Maria Gabriella Da Re e Sara R. Farris, ci consegnano le principali questioni dibattute sul contrasto circa le varie forme di oppressione e dominazione insieme allo statuto delle soggettività minoritarie e allo studio dei processi di alterizzazione. In questo senso, si introducono numerosi elementi di novità del dibattito femminista per andare a comporre la plurale cartografia in divenire degli approcci antinaturalisti - seppure con alcuni distinguo per esempio rispetto a Butler. Dare voce ad altre esperienze di lotta e teoria politica diventa così una possibilità importante di conoscenza e apertura nel presente.

lunedì 10 giugno 2013

Pinar Selek / Devenir un homme en rampant

E' di imminente pubblicazione per L'Harmattan il volume di Pinar Selek Devenir un homme en rampant, sul servizio militare in Turchia. Ne scrive l'introduzione - dal titolo Au-delà des larmes des hommes - Jules Falquet, tra l'altro docente all'università di Paris Diderot- Paris 7 di Parigi, redattrice delle riviste Nouvelles Questions Féministes e Cahiers du Genre e autrice di numerosi saggi e articoli sull'imbricazione di genere/classe/razza (alcuni dei quali trovate nel suo blog: http://julesfalquet.wordpress.com/), questione sulla quale ha anche co-curato alcuni anni fa un numero monografico dei Cahiers du Cedref - (Ré)articulation des rapports sociaux de sexe, classe et "race" - alla quale ho avuto il piacere enorme di essere stata invitata a collaborare con un articolo sulle categorie di "sesso" e "razza" nel femminismo italiano, in un periodo in cui mi sembrava che in Italia non ci fosse alcun spazio per la mia ricerca. Oggi ringrazio Jules per avermi fatto leggere in anteprima questa sua introduzione al volume di Pinar Selek e averne autorizzato la pubblicazione online per lettrici/lettori di Marginalia. Potete quindi leggere/scaricare il pdf dell'articolo direttamente dalla mia biblioteca in Scribd cliccando qui: Au-delà des larmes des hommes

venerdì 20 aprile 2012

Questioni femministe / Questions Fèministes

Finalmente in libreria il volume Questions Fèministes (1977-1980), che raccoglie i numeri pubblicati tra il 1977 e il 1980 di Questions Fèministes, storica rivista femminista diretta da Simone De Beauvoir e Christine Delphy, dalle cui ceneri nascerà in seguito Nouvelles Questions Féministes. Una pubblicazione importantissima, non solo perché raccoglie contributi (della stessa Christine Delphy, di Colette Guillaumin, di Monique Wittig, di Nicole-Claude Mathieu ...) che hanno giocato un ruolo precursore in quelli che oggi definiamo "studi femministi" o "di genere", ma anche (e soprattutto) perché mette finalmente a disposizione di tutte e tutti materiali altrimenti introvabili e/o difficilmente consultabili (in Francia sono reperibili solo nella Biblioteca Marguerite Durand e alla Bnf - entrambe a Parigi - mentre in Italia a quanto ci risulta solo a Roma, ma in forma lacunosa). Per le/i attualmente parigine/i segnalo la presentazione del volume al Le lieu dit, mentre le/i disgraziatamente italiane/i presto potranno leggere una mia recensione al volume in uno dei prossimi numeri di Zapruder. Intanto per procurarsi il volume (la cui lettura raccomandiamo caldamente, ça va sans dire...), basta rivolgersi alle insostituibili edizioni Syllepse. Buona lettura!

lunedì 9 gennaio 2012

Questions Féministes : sosteniamo la memoria storica dei femminismi

Mentre NQF - indubbiamente le più prestigiosa rivista femminista in lingua francese -, festeggia i suoi trent'anni con l'uscita di un numero speciale (Amies), per il mese di marzo è prevista la pubblicazione di un volume che non può mancare nelle nostre biblioteche. Ci riferiamo a Questions Féministes (1977-1980), un testo che raccoglie i primi otto numeri, pubblicati tra il 1977 e il 1980, di Questions Fèministes, la rivista diretta da Simone De Beauvoir dalle cui ceneri nascerà poi Nouvelles Questions Féministes. Questi numeri, che raccolgono (tra gli altri) articoli di Christine Delphy, Colette Guillaumin, Monique Wittig, hanno giocato un ruolo precursore in quelli che oggi definiamo "studi femministi" o "di genere" ma, disgraziatamente, sono attualmente di difficilissima consultazione: in Francia sono reperibili solo nella Biblioteca Marguerite Durand e alla Bnf (entrambe a Parigi), in Italia (a quanto ci risulta) solo a Roma, ma in forma lacunosa. Ben venga dunque questa pubblicazione che mette finalmente a disposizione di tutte e tutti questo materiale prezioso, non solo dal punto di vista storico. Vi invitiamo pertanto a sostenere questa pubblicazione, acquistando in anticipo il volume presso l'editore, le insostituibili Editions Syllepse.

lunedì 21 novembre 2011

Questions féministes (1977-1980)

Vi anticipiamo l'uscita in primavera, per le edizioni Syllepse, del volume Questions féministes (1977-1980), raccolta dei primi otto numeri della rivista Questions féministes, poi Nouvelles Questions féministes, la più prestigiosa rivista francofona di studi di genere, fondata - tra le altre - da Simone De Beauvoir e Christine Delphy. Con una prefazione di Michelle Perrot. Irrinunciabile.

Articoli correlati alle query NQF / Christine Delphy / Simone De Beauvoir

martedì 1 novembre 2011

Amies : Nouvelles Questions Féministes festeggia trent'anni


Appena pubblicato, Amies, l'ultimo numero di NQF, festeggia i trent'anni della rivista (oggetto di uno degli articoli, firmato da Christine Delphy) con una nuova veste grafica e un tema indubbiamente complesso, quello dell'amicizia tra donne. Perché se le amicizie tra donne sono "un modo per opporsi alla dominazione maschile", perché permettono alle donne " di prendere coscienza dell'oppressione che subiscono e di passare dallo statuto di oggetto a quello di soggetto", è anche vero che "l'idea di sorellanza non è esenta da ambiguità, cosa che spiega il suo essere oggetto di polemiche tra femministe: perché le donne non subiscono in effetti tutte delle oppressioni identiche". Per maggiori info e l'indice completo rinviamo al sito delle Editions Antipodes

mercoledì 10 ottobre 2007

Sessismo e razzismo. Un convegno

Programma del convegno organizzato da Nouvelles Questions féministes e dall'Università di Columbia a Parigi (10 novembre 2007, Reid Hall, 4 rue de Chevreuse, 75006 Paris)

L'imbrication du sexisme e du racisme en France et aux Usa aujourd'hui
9.15 Ouverture par Danielle Haase-Dubosc. Nouvelles Questions féministes et Reid Hall, une longue histoire qui ne nous rajeunit pas.
9.30 L'imbrication du sexisme et du racisme dans l'histoire de la revue Nouvelles Questions féministes par Christine Delphy et Patricia Roux.
10.00 Danielle Haase-Dubosc. Féminismes, postcolonialisme et transnationalismes.
10.30 Patricia Roux. L'instrumentalisation du genre: une nouvelle forme de sexisme et de racisme.
11.00 Christelle Hamel. La sexualité entre racisme et sexisme.
11.30 Pause café
11.45 Discussion
12.45 Déjeuner

14.00 Café à Reid Hall
14.15 Leti Volpp. Quand on rend la culture responsable de la mauvaise conduite.
15.15 Houria Bouteldja et Saida Rahal Sidhoum. Qu'est-ce qu'un féminisme « indigène » aujourd'h ui en France?
15.45 Christine Delphy . Peut-on lutter efficacement contre le patriarcat sans prendre en compte l e racisme?
16.15 Pause café
16.30 Discussion
17.30 Clôture.

Entrée libre dans la limite des places disponibles.
___________________________________
* Una piccola precisazione per quanti/e negli ultimi mesi mi hanno inviato delle mail per "sgridarmi" (ma non solo! grazie e scusate se rispondo "collettivamente") : i post di questo blog non sono frequenti, è vero (ma non è per pigrizia, piuttosto per estrema precarietà e assoluto nomadismo). Nonostante tutto cerco di aggiornare quasi quotidianamente le rubriche nella colonna di destra. Quindi se non trovate un nuovo post, date un'occhiata nella Bacheca per appuntamenti da non mancare (avevo già indicato giorni or sono questo convegno, ieri l'appello per la prossima manifestazione per la libertà e i diritti dei/delle migranti ..., oggi la presentazione di Mamadou va a morire), o in Urgenze per appelli, campagne e iniziative da sostenere. Anche le altre rubriche meritano una visita dalle Letture di Marginalia a Eppur si muove (l'ultima new entry è il sito di maistat@zitt@, attualmente sottosopra ma tornano presto...), dalla Segnaletica a Bambine&Bambini ...
Infine: un po' perché mi facilitate le cose un po' perché se ho aperto un blog è per "socializzare" pratiche e saperi, piuttosto che una mail inviate un commento :-)

giovedì 1 marzo 2007

Christine Delphy, una scheda bio-bibliografica


Vincenza Perilli (a cura di), Christine Delphy, una scheda bio-bibliografica*


Christine Delphy, sociologa, ricercatrice al CNRS, co-direttrice della Fondation Copernic e tra le fondatrici della rivista Nouvelles questions féministes, è una delle esponenti più note del femminismo francese, ed in particolare della corrente detta materialista che si oppone decisamente al cosiddetto “femminismo della differenza” rappresentato in particolare, nel contesto francese, da Luce Irigaray e dal gruppo Psychanalyse et Politique[1].
Nel 1968 Delphy entra a far parte del FMA (Féminin, masculin, avenir) uno dei gruppi che daranno origine al nuovo movimento femminista francese negli anni 70. Il FMA, originariamente misto, era nato nel 1967-68 con lo scopo di rimettere in questione il matrimonio, la famiglia, le strutture autoritarie che si oppongono ad una reale emancipazione della donna. L’apporto di Christine Delphy al gruppo sarà decisivo anzitutto per quanto concerne la scelta del separatismo: le donne per analizzare la loro oppressione specifica e determinare i loro propri modi di lotta devono separarsi dai loro oppressori, gli uomini. Nel 1970, alcune donne e tra queste Monique Witting pubblicano un articolo "Pour un mouvement de libération des femmes". Dall'incontro tra questi due gruppi, con l'apporto di altre donne, ha origine il MLF, in cui le le tesi difese da Delphy sono largamente condivise, in primo luogo il fatto che le donne formano, indipendentemente dalle loro differenze di classe, uno specifico gruppo sociale. Questo si definisce non in base ad una presunta natura biologica delle donne ma per il comune stato d’oppressione e sfruttamento di queste ultime da parte degli uomini. Più in particolare il patriarcato – il nemico principale – è, nelle società contemporanee, un sistema di subordinazione delle donne agli uomini. Non riducibile al capitalismo, questo sistema ha una precisa base economica individuata da Delphy nel modo di produzione domestico.
Il nome di Christine Delphy è legato indissolubilmente ad alcune delle tappe decisive del femminismo francese degli ultimi trent’anni: dalla deposizione il 26 agosto del 1970 a Parigi, sotto il monumento al milite ignoto di una corona di fiori con la celeberrima scritta “Il y a plus inconnu ancore que le soldat: sa femme”, alla fondazione, insieme a Simone de Beauvoir, di Questions féministes [2]. Questa rivista - che si proponeva , tra l’altro, di dimostrare “il carattere storico, sociale e dunque arbitrario e reversibile, della gerarchia dei sessi” [3]-, può a giusto titolo essere considerata una delle più importanti e longeve riviste femministe francesi (e non solo).
La bibliografia che segue, pur nella sua incompletezza, intende offrire – oltre che un utile strumento per chi voglia approfondire alcune delle problematiche chiave del femminismo contemporaneo-, un panorama del complesso e molteplice percorso teorico-critico di Christine Delphy. Le sue tesi, pur se spesso criticate e al centro di accese polemiche, rappresentano in ogni caso un aspetto non trascurabile e importante del femminismo radicale degli ultimi decenni, inspiegabilmente ancora poco note e dibattute nel contesto italiano.



ARTICOLI E SAGGI[4]


1969

Le patrimonie ou la double circulation des biens dans l’espace économique et le temps social, in Revue française de sociologie, numero speciale, 1969.

1970

L’ennemi principal, in Partisans, numero speciale “Libération des femmes année 0”, luglio-ottobre 1970, n. 54-55, pp. 157-172, (ripubblicato in C. Delphy, L’ennemi principal. 1/Économie politique du patriarcat, Paris, Syllepse, 1998, pp. 31-56[5]).

1972

Il nemico numero uno, in Anabasi, Donne è bello, numero unico, febbraio 1972 (traduzione italiana de L’ennemi principal).

El enemigo principal, in La liberacion de la Mujer, Buenos Aires, Granica, 1972 (traduzione in spagnolo de L’ennemi principal)

1974

Mariage et divorce, l’impasse à double face, in Les Temps Modernes, maggio 1974, ripubblicato in Les femmes s’entêtent, Paris, Gallimard, 1975 e in seguito,con il titolo di Mariage et divorce, in C. Delphy, L’ennemi principal. 1/Économie politique du patriarcat, pp.133-149.

1975

La fonction de consommation et la famille, in Cahiers Internationaux de sociologie, 1975, ripubblicato in C. Delphy, L’ennemi principal. 1/Économie politique du patriarcat,pp.75-98, con il titolo di Famille et consommation

Protoféminisme et antiféminisme, in Les Temps Modernes, maggio 1975, ripubblicato in C. Delphy, L’ennemi principal. 1/Économie politique du patriarcat, pp. 217-254[6]

Pour un féminisme matérialiste, in L’Arc, aprile 1975, , ripubblicato in C. Delphy, L’ennemi principal. 1/Économie politique du patriarcat, pp. 271-282.

1976

Capitalisme, patriarcat et lutte des femmes, in Premier Mai, n. 2, giugno 1976, ripubblicato in C. Delphy, L’ennemi principal. 1/Économie politique du patriarcat, pp. –255-269.

Continuities and Discontinuities in Marriage and Divorce, in Diana Leonard Barker and Sheila Allen (eds.), Sexual Division and Society, London, Tavistock, 1976 (traduzione inglese di Mariage et divorce, 1974)

1977

Nos amis et nous, des fondements réels de quelques discours pseudo-féministes, in Questions féministes, novembre 1977, ripubblicato in C. Delphy, L’ennemi principal. 1/Économie politique du patriarcat,pp. 167-215

Les femmes dans les études de stratification sociale, in Andrée Michel (coord.), Femmes, sexisme et sociétés, Paris, PUF, 1977, ripubblicato in C. Delphy, L’ennemi principal. 1/Économie politique du patriarcat, pp.151-166.

La transmission héréditaire, 1977, articolo inedito pubblicato in C. Delphy, L’ennemi principal. 1/Économie politique du patriarcat, pp. 99-132.

1978

Travail ménager ou travail domestique ?, in Andrée Michel (coord.), Les femmes dans la société marchande, Paris, PUF, 1978, ripubblicato in C. Delphy, L’ennemi principal. 1/Économie politique du patriarcat, pp. 57-73

1979

Sharing the same table : Consumption and the Family, in Chris Harris e al. (eds.), The Sociology of the Family, Keele, Sociological Rewiew Monographs, 1979 (traduzione inglese di La fonction de consommation et la famille).

1980

Libération des femmes an dix, in Questions féministes, n.7, 1980, pp. 3-13.

For a Materialism Feminism, in Feminist Issue, n. 2, 1980 (traduzione inglese di Pour un féminisme matérialiste, 1975)

1981

Le patriarcat, le féminisme et leurs intellectuelles, in Nouvelles Questions féministes, n. 2, 1981, ripubblicato in C. Delphy, L’ennemi principal, 2/Penser le genre, pp.223-241.

Women in stratification studies, in Helen Roberts (ed.), Doing Feminist Research, London, 1981, pp. 114-128 (traduzione inglese di Les femmes dans les études de stratification sociale)

1982

Un féminisme matérialiste est possible ?, in Nouvelles Questions féministes, n. 4, agosto 1982, ripubblicato in C. Delphy, L’ennemi principal, 2/Penser le genre, pp.121-164

1984

Les femmes et l’État, in Nouvelles Questions féministes, n.6-7, primavera 1984, ripubblicato in C. Delphy, L’ennemi principal, 2/Penser le genre, pp. 359-375.

Études et recherches féministes sur les femmes en sociologie (con Danièle Kergoat), in Femmes, féminismes et recherches, Toulouse, AFFER, 1984 (Atti del convegno nazionale di Tolosa, dicembre 1982)

1985

Agriculture et travail domestique : la réponse de la bergère à Engels, in Nouvelles Questions féministes, n. 5, primavera 1985, ripubblicato in C. Delphy, L’ennemi principal, 2/Penser le genre, pp. 165-182.

La passion selon Wittig, Nouvelles Questions féministes, n. 11-12, 1985, pp. 151-156.

1987

Proto-feminism and antifeminism, in Toril Moi (ed.), French Feminist Thought, London, Basil Blackwell (riedizione inglese di Protoféminisme et antiféminisme)

1988

Le patriarcat : une oppression spécifique, in Louis Astre (ed.), Le féminisme et ses enjeux, FEN, Edilig, 1988, ripubblicato in C. Delphy, L’ennemi principal, 2/Penser le genre, pp.55-90.

1990

La revendication maternelle, in Actes de la section d’études féministes de congrés de l’ACFAS 1989, Montréal, Université du Québec di Montréal, 1990, pp. 23-40.

Contribution au débat sur l’avortement, in Déviance et société, Vol. 14, n.4.

1991

Penser le genre : quels problèmes ?, in M.arie-Claude Hurtig e al. (eds.), Sexe et genre. De la hiérarchie des sexes, Paris, CNRS, 1991, ripubblicato con il titolo di « Penser le genre : problèmes et résistances, in C. Delphy, L’ennemi principal, 2/Penser le genre, pp. 243-260.

Les origines du Mouvement de libération des femmes en France, in Nouvelles Questions féministes, n.16-18, 1991.

Libération des femmes ou droits corporatistes des mères ?, in Nouvelles Questions féministes, n.16-18, 1991, ripubblicato in C. Delphy, L’ennemi principal, 2/Penser le genre, pp. 91-119.

Is there Marriage After Divorce ?, in Diana Leonard and Sheila Allen (eds), Sexual Divisions Revisited, London, McMillan, 1991 (riedizione della prima edizione inglese del 1976, di Mariage et divorce del 1974)

1992

Avertissement aux malfaisants, (editoriale), in Nouvelles Questions féministes, vol. 13, n. 4, 1992.

Féminisme et recomposition à gauche, in Politis, la revue, n. 1, inverno 1992.

1993

L’affaire Hill-Thomas et l’identité nationale française, in Nouvelles Questions féministes, vol. 14, n.4, pp. 3-13.

Rethinking Sex and Gender, in Women’s Studies International Forum, Vol. 16, n.1, 1993 (traduzione inglese di Penser le genre : quels problèmes ?)

1994

Changing Women in A Changing Europe: Is “Difference” the Future for Feminism?, in Women’s Studies International Forum, Vol. 17, n. 2/3, marzo-giugno 1994 (traduzione inglese di Libération des femmes ou droits corporatistes des mères ?).

Familiar exploitation: a new analysis of marriage in contemporary western societies, (con Diana Leonard e Denise Bielby), in American-journal-of-sociology, maggio1994 ; pp.1633-1635

1995

Égalité, equivalence et équité, la position de l’État français au regard du Droit international, in Nouvelles Questions féministes, vol. 16, n.1, febbraio 1995, ripubblicato in forma abbreviata in C. Delphy, L’ennemi principal, 2/Penser le genre, pp. 261-291.

L’état d’exception: la dérogation au droit commun comme fondement de la sphère privée, in Nouvelles Questions féministes, n. 4, 1995, ripubblicato in C. Delphy, L’ennemi principal, 2/Penser le genre, pp. 183-221.

The invention of French Feminism: an essential move, in Another Look, Another Woman: Retranslations of French Feminism, Yale French Studies, n. 87, pp. 190-196.

Sharing the same table : Consumption and the Family, in Stevi Jackson e Shaun Moores (eds.), The Politics of Domestic Consumption: Critical Readings, Pretice-Hall/Harvester Wheatsheaf, 1995 (riedizione inglese di La fonction de consommation et la famille).

1996

L’invention du « French Feminism » :une dèmarche essentielle, in Nouvelles Questions féministes, n. 1, 1996 (traduzione francese di The invention of French Feminism: an essential move), ripubblicato in C. Delphy, L’ennemi principal, 2/Penser le genre, pp. 319-358.

Marxisme, féminisme et enjeux actuels des luttes en France, in Jacques Bidet et Jacques Texier (Eds.), Colloque Marx International, Paris, PUF, 1996,(ripubblicato in forma abbreviata e con il titolo di « Genre et classe en Europe » in C. Delphy, L’ennemi principal, 2/Penser le genre, pp. 293-317)

Avortement, emploi, autonomie des femmes, in Politique La revue, 1996.

1997

Le bastilles toujours dréssees de l’inégalité, in Le Monde Diplomatique, marzo 1997, pp.6-7.

L’universalisme républicain contre les mouvements homo, in Politique la revue, n.5, luglio-agosto-settembre 1997, pp. 19-22

For a Materialism Feminism, in Rosemary Hennessy and Chrys Ingraham (eds.), Materialism Feminism, New York and London, Routlege, 1997 (riedizione inglese de Pour un féminisme matérialiste).

1998

De l’exploitation familière au concept de genre, Montréal, Università del Québec a Montréal, 1998.

1999

Comment en finir avec l’exclusion des femmes, in Manières de voir/Le Monde diplomatique, n. 44, marzo-aprile 1999, pp. 82-84.

2000

Comment nous en venons à avorter (nos vies sexuelles), in Le Monde, 22 ottobre 2000.

2002

Garde parentale, prostitution, in Nouvelles Questions féministes, Vol. 21, n. 2, 2002.

Une guerre pour les femmes afghanes ?, in Nouvelles Question féministes, Vol. 21, n.1, 2002, pp. 98-109, articolo disponibile in italiano all’indirizzo http://www.ilmanifesto.it/MondeDiplo/LeMonde-archivio/Marzo-2002/0203lm02.01.html

Economic violence and male violence, in Nouvelles Question féministes, 2002; 21 (2) : 4-

2003

Par où attaquer le « partage inègal » du « Travail ménager ? », in Nouvelles Question féministes, Vol. 22, n. 3, 2003, pp. 47-71

Pour une théorie générale de l’exploitation. En finir avec la théorie de la plus-value, in Revue Mouvement, Classe-exploitation : totem ou tabou ?, n. 26, 2003, pp. 69-78.

Généalogie de ‘unilatéralisme, con Catherine Lévy e Nils Andersson, in L’Humanité, 14 aprile 2003, http://www.humanite.presse.fr/journal/2003-04-14/2003-04-14-370313

2004

Pour une théorie générale de l’exploitation.Deuxième partie. Repartir du bon pied, in Revue Mouvement, Les hommes en crise. Le masculin en question, n. 31, gennaio 2004.

Un diritto al posto di un altro? Il dibattito sul velo in Francia, in Solidarietà, Anno 5, n° 4, 19 febbraio 2004, articolo consultabile all’indirizzo http://www.solidarieta.ch/portale/modules/news/article.php?storyid=115

Retrouver l’élan du féminisme, Le Monde Diplomatique, maggio 2004, pp. 24-25, articolo disponibile all’indirizzo http://www.monde-diplomatique.fr/2004/DELPHY/11173

Ritrovare lo slancio del femminismo, in Le Monde Diplomatique/Il Manifesto, maggio 2004

Fonder en théorie qu’il n’y pas de hiérarchie des dominations et des luttes, in Revue Mouvements, n. 35, settembre 2004.

La Manipulation du genre par le racisme anti-maghrébin, in Cahiers Marxistes, n°229, nov-dic 2004

2005

In memoriam. Andrea Dworkin, in Nouvelles Question féministes . 2005; 24 (2),: 14-15

Ritrovare lo slancio del femminismo, in Solidarietà, Anno 6, n° 1, 13 gennaio 2005, articolo consultabile qui http://www.solidarieta.ch/portale/modules/news/article.php?storyid=523

Le prisme principal, in Travail, genre et sociétés, n. 13, aprile 2005, pp. 161-164.

2006

De l’affaire du voile à l’imbrication du sexisme et du racisme, con Natalie Benelli, Ellen Hertz, Christelle Hamel, Patricia Roux, Jules Falquet, in Nouvelles Questions Féministes, vo. 25, n°1, febbraio 2006.

Antisexisme et antiracisme ? Un faux dilemme, in Nouvelles Questions Féministes, vo. 25, n°1, febbraio 2006.



LIBRI


1970

Les faits économique en question, (con Jean Cuisenier), Paris, Ed. du CNRS, 1970.

1977

The Main Enemy: a Materialist Analysis of Women’s Oppression, London, Women’s Research and Resources Centre, 1977 (raccolta di vari saggi già pubblicati in francese tra i quali L’ennemi principal e Capitalisme, patriarcat et lutte des femmes)

1982

El enemigo principal, Barcellona, La Sal, 1982 (raccolta di vari saggi già pubblicati in francese tra i quali L’ennemi principal).

1984

Close to Home : A Materialist Analysis of Women’s Oppression, London, Hutchinson, 1984 (raccolta di vari saggi già pubblicati in francese tra i quali Travail ménager ou travail domestique)[7]

1985

Por un femminismo materialista: el enemigo principal y otros textos, Barcellona, La Sal, 1985.

1992

Familiar exploitation: a New Analysis of Marriage in Contemporary Western Societies (con Diana Leonard), Cambridge, Polity Press, 1992.

1998

L’ennemi principal. 1/Économie politique du patriarcat, Paris, Syllepse, 1998

2001

L’ennemi principal, 2/Penser le genre, Paris, Syllepse, 2001.

2002

Cinquantenaire du deuxième sexe, (con Sylvie Chaperon), Colloque international Simone de Beauvoir, Paris, Syllepse, 2002.

Pour sortir du libéralisme, (con Yves Salesse), Paris, Syllepse, 2002.




INTERVISTE, INTERVENTI IN CONVEGNI, ARTICOLI DISPONIBILI ESCLUSIVAMENTE IN RETE


Intervista di Catherine Rodgers, in C. Rodgers, Le deuxième sexe de Simone de Beauvoir, un heritage admire et contesté, Paris, L’Harmattan, 1998.


Les héritages De Beauvoir, marzo 2001, articolo disponibile al’indirizzo http://www.autourdebeauvoir.net/beauvoir/articles/heritagebvr.html


Le genre, sexe social, in La gauche, 2 giugno 2002, intervista disponibile all’indirizzo http :www.lagauche.com/lagauche/article.php3 ?id_artiche=2


Le féminisme doit être mondial
, intervista disponibile all’indirizzo http://mapages.noos.fr/revuesociaalsme/s11delphy.html

L’affaire du foulard : non à l’exclusion
, in Sisyphe, 1 novembre 2003, articolo disponibile all’indirizzo http://sisyphe.org/article.php3?id_article=728

Une école pour tous et toutes
, intervento al meeting « Une école pour toutes et pour tous », Le Trianon, Paris, febbraio 2004, articolo disponibile all’indirizzo http://1libertaire.free.fr/Delphy16.html

Un point de vue féministe contre l’exclusion des élèves voilées
, versione definitiva, rivista per l’autrice, di un testo inviato al Collectif Droits des femmes, testo già circolato in Internet in diverse versioni. Disponibile all’indirizzo http://www.islamlaicité.org/article113.html


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* Una prima versione di questa mia scheda bio-bibliografica è stata diffusa in occasione della partecipazione di Christine Delphy alla presentazione del volume di Patrizia Romito, Un silenzio assordante, il 26 novembre 2005 a Bologna (ed è ancora disponibile nel Server donne). La serata era stata organizzata, nell'ambito delle iniziative per la Giornata Mondiale contro la violenza sulle donne, dalla Casa delle Donne per non subire violenza e dal Centro documentazione delle donne di Bologna, con la collaborazione, tra le altre, di Jacqueline Julien, traduttrice del volume di Romito in Francia. La presente versione ha subito degli ovvi aggiornamenti bibliografici, anche se è ancora lontana dall'essere completa.


[1] Per una particolareggiata ricostruzione delle vicende del femminismo francese degli anni 70 si veda Françoise Picq, Les années-Mouvement, Parigi, Seuil, 1993.

[2] Questions féministes nasce nell’autunno del 1977 e continua tuttora le sue pubblicazioni con il nome di Nouvelles questions féministes. L’originario collettivo di redazione era formato, oltre che da Christine Delphy , da Claude Hennequin, Emmanuelle De Lesseps, Nicole-Claude Matthieu, Monique Plaza, Monique Wittig. Co-fondatrice e direttrice di pubblicazione Simone De Beauvoir.

[3] « Variations sur des thèmes communs », in Questions féministes, n. 1, autunno 1977.

[4] Abbiamo ritenuto utile indicare anche –dove possibile-, le varie riedizioni e traduzioni, soprattutto in quei casi dove il titolo o il contenuto del saggio differiva dall’originale.

[5] La data di pubblicazione del saggio (firmato in Partisans con il nome di Christine Dupont) indicata nella riedizione contenuta in L’ennemi principal. 1/Économie politique du patriarcat (novembre 1970) è erronea.

[6] In L’ennemi principal. 1/Économie politique du patriarcat, la data di pubblicazione indicata ( mai 1976) è erronea

[7] Il volume è stato tradotto anche in giapponese (1996) e in turco (1999).