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mercoledì 19 febbraio 2014

Zapruder World / Reminder

Call for Articles: Transformations without Revolutions? How Feminist and Lgbtqi Movements Changed the World, a special issue of Zapruder World: Transnational Journal for the History of Social Conflicts edited by Sabrina Marchetti, Vincenza Perilli and Elena Petricola.Zapruder World is a new online open­access journal run by the network of activists and scholars, both academic and independent, that has gathered since 2002 in an organization called SIM­ Storie in Movimento, and publishes the Italian journal Zapruder. This new editorial project stems from our desire to broaden, at a global level, the scope of the organization and of its publications. It is guided by the same principles that have inspired SIM so far, namely direct participation, self­ funding, and horizontal decision­making.The aim of Zapruder World is to create a wide arena in which to exchange critical knowledge based on both individual research and collective elaboration. The journal focuses on social conflict paying particular attention to conflicts as movements rather than focusing on their resolutions, so as to better connect the history of social conflicts with current transnational cycles of protest. It therefore uses ‘social conflict’ as an interpretative category rather than simply an object of analysis, exploring it through concepts and methodologies that address the complex interaction between the “local” and the “global”. Zapruder World is animated by an aspiration towards “global history” but intentionally leaves its actual definition, contents, and methods open for discussion. Along these lines, this second issue entitled “Transformations without Revolutions” wants to discuss the kind of politics that feminist and lgbtqi movements have created from the 1960s to the present, in their critical approaches to the private/public dichotomy, embodiment and sexuality, as well as to power relations... More

venerdì 3 maggio 2013

Simposio di storia della conflittualità sociale 2013

Il nono simposio estivo di storia della conflittualità sociale, organizzato da Storie in movimento e Zapruder, si terrà dal 25 al 28 luglio 20 a Monte del Lago (Hotel La nuvola, Magione - Perugia). Il SIMposio nasce all’interno dell’associazione Storie in movimento come occasione di confronto e discussione che si affianca alla rivista «Zapruder». Esperienza originale in un panorama sempre più asfittico, il SIMposio è pensato come un laboratorio che mira a rimettere in comunicazione luoghi e soggetti diversi attraverso cui si articola la produzione del sapere storico. Liberare e far circolare i saperi in uno spazio di discussione critica comune e orizzontale: questa è la nostra scommessa politica. Il SIMposio è immaginato in modo pluridimensionale. Durante quattro giornate affronteremo diversi snodi storiografici in una rara occasione di confronto interdisciplinare dove però l’elaborazione collettiva del sapere non è mai disgiunta dalla sua dimensione politica ma anche ludica: ci riuniremo infatti in un ambiente ideale, circondati dalla natura e con a disposizione una struttura ricettiva solitamente destinata allo svago. In questo senso, il SIMposio è un’opportunità per incontrarsi, discutere e divertirsi. Il SIMposio di quest’anno si apre con un dialogo di respiro internazionale giocato sulla tensione fra “trasformazione” e “rivoluzione” che attraversa la pratica teorica dei movimenti femministi e lgbtqi. La sera sarà invece il momento del “sogno e combattimento” con la musica di Marco Rovelli. Nella giornata di venerdì ci concentreremo sul Novecento in due diversi dialoghi: la mattina sul tema dell’immaginario e delle immagini che ne costituiscono il tessuto, mentre il pomeriggio tematizzeremo un confronto fra nazionalismi europei. La mattina del sabato sarà dedicata alla prima edizione di un laboratorio annuale sulle fonti che inizia quest’anno con una riflessione sull’uso delle interviste nella ricerca etnografica. Il sabato si chiude con un dialogo che esplora il concetto della “classe” a partire da un recente libro di Andrea Cavalletti. La domenica, come ogni anno, ci saluteremo con un’assemblea fra tutte le persone che hanno preso parte a questa edizione del SIMposio. Per programma, costi e modalità d'iscrizione, borse di soggiorno e informazioni si come raggiungere Monte dal Lago rinviamo al sito di Storie in Movimento. Vi aspettiamo numerose/i!

lunedì 11 febbraio 2013

Antigone a Tunisi

Una polemica durissima ha contrapposto in questi giorni il Ministero degli Affari religiosi tunisino e Hamma Hammami, leader del Fronte popolare di cui Chokri Belaïd - assassinato la scorsa settimana a Tunisi - era uno dei leader. La polemica è divampata in seguito alla partecipazione ai funerali di Belaïd di alcune donne (la consistenza di questa partecipazione non è chiara: la maggioranza delle fonti parlano solo della sorella, della moglie e delle figlie di Belaïd, altre di un numero di donne più corposo,  non esclusivamente appartenenti alla ristretta cerchia familiare dell'ucciso). In una nota - nella quale si stigmatizzavano gli incidenti avvenuti nel corso del funerale - il Ministero degli Affari religiosi ha infatti affermato che questa presenza femminile avrebbe di fatto violato i precetti islamici, visto che il Corano vieta espressamente la partecipazione di donne al rito dell’inumazione del cadavere. Dura la replica di Hamma Hammami: “Una figlia ha assistito ai funerali del padre, una sorella ha partecipato ai funerali del fratello. Signor ministro, è stato più sconvolgente vedere delle donne al cimitero che non il fatto che è stato assassinato un essere umano, gli scontri al cimitero o le minacce di profanare il cadavere? Noi non abbiamo sentito la voce del signor Ministro quando più di 40 mausolei, contenenti degli esemplari del Corano, sono stati incendiati. Non abbiamo sentito la sua voce quando le tombe dei Santi sono state profanate e i loro cadaveri esumati. E noi non l’abbiamo sentita quando gli imam minacciavano di uccidere Chokri Belaïd e Amed Néjib Chebbi”. Mentre leggo la notizia non posso fare a meno - anche se il collegamento può risultare insieme scontato e abusivo - di pensare ad Antigone, figura complessa il cui mistero continua ad essere "una sfida per il pensiero" come scrive Francesca Brezzi. Penso in particolare alla lettura della tragedia di Antigone fatta da Judith Butler nel suo Antigone’s Claim (La rivendicazione di Antigone). Una lettura che si allontana decisamente da quella di Irigaray (forse più nota, perlomeno in Italia) che è ancora per certi versi in continuità con l'interpretazione hegeliana laddove legge, come sottolinea Butler, il potere insurrezionale di Antigone come "il potere di colei che rimane fuori dalla politica". Le "Antigoni" tunisine mi sembrano invece, con il loro gesto, molto più vicine alla "rivendicazione" butleriana, poiché contestano e mettono in crisi, dal di dentro, le forme del potere, lanciano una sfida che lascia intravedere nuove possibili configurazioni politiche in questa difficile e drammatica fase di transizione

domenica 3 febbraio 2013

Contesting gender norms in (post) revolutionary Egypt

Un interessante call for papers dalla mailing list di NextGenderation: "This interdisciplinary panel aims to provide insights into the gendered dynamics of (post) revolutionary processes. Since the ousting of president Mubarak, February 2011, a new public sphereand political arena has opened up in which the meanings of politics, secularism, citizenship, religious authority and gender systems are continuously contested. Gender issues that have been subject of debate and controversy concern the spheres of public/political protest, violence and repression, bodily presence and visibility. New articulations of gender norms have come to the fore during the constitution drafting process and in debates over family law. For this panel we welcome contributions that focus on contestations and shifts of meaning concerning women within the wider framework of Egypt s political transition processes whilst taking into account the geopolitics of economic and cultural globalization. We are interested in questioning how understandings of gender relations have been transformed or affected. To what extent and how do new political powers and changing power balances affect women? Do these new political actors reconfigure or re-envision concepts of gender or gender justice? Vice versa, we are interested to explore how gender informs larger political struggles. How do women shape postrevolutionary processes? In what manner do controversies concerning women?s actions and bodies relate to discussions on secularism and citizenship? The general aim of this panel is to render visible the gendered dynamics of Egypt's postrevolutionary processes. We aim to identify and specify expressions of the transformation of gender concepts or the invention of new ones. Please send a minimum 300 words abstract to An Van Raemdonck an.vanraemdonck@ugent.be and Monika Lindbekk monika.lindbekk@jus.uio.no by Saturday, Feb. 9 2013"

sabato 20 ottobre 2012

Rasha Azab / Words of Women from the Egyptian Revolution

Dopo la tre giorni a Roma, Words of Women from the Egyptian Revolution , Rasha Azab - attivista e giornalista egiziana, dai primissimi giorni in prima fila nelle giornate di piazza Tahrir - sarà questa sera all'XM24 (via Fioravanti, 24 - Bologna). Un'altra occasione per parlare (e discutere), anche a partire da alcuni video, della rivoluzione egiziana nel contesto della cosiddetta "primavera araba", focalizzando in particolare l'attenzione sull'esperienza delle donne in queste lotte, lotte che non si sono concluse con la caduta di Mubarak

mercoledì 17 ottobre 2012

Voci di donne dalla rivoluzione egiziana / Words of Women from the Egyptian Revolution

Su Mfla è possibile ascoltare la presentazione della tre giorni con Rasha Azab, Words of Women from the Egyptian Revolution (17-18-19 ottobre 2012), organizzata a Roma da Free Palestine e Le Ribellule

mercoledì 25 gennaio 2012

Dalla rivoluzione tunisina alla Fortezza Europa: storie di migranti e di gendarmi

Domani a Milano, in Cox18, proiezione del film documentario di Matteo Calore e Stefano Collizzolli – Zalab, in cui alcuni migranti tunisini, giunti in Italia dopo la rivoluzione e la fine del regime di Ben Alì, raccontano in prima persona la loro storia, I nostri anni migliori. Durante la serata - alla quale parteciperanno Matteo Calore, Fethi Oueslati, Federica Sossi, Oujedane Mejri e Omeyya Seddik -, verrà anche (ri)presentato l’appello per i migranti tunisini dispersi ((نداء من أجل التونسيين المهاجرين المفقودين/Appel pour les migrants tunisiens disparus/Petition for missing Tunisian migrants),promosso da Storie Migranti e sostenuto attivamente in questi mesi dal collettivo Venticinqueundici e dall'associazione Pontes con la campagna Da una sponda all'altra: vite che contano. Sulle ragioni dell'appello - che anche Marginalia ha sottoscritto  e pubblicato lo scorso novembre -, rinviamo alla recente trasmissione di approfondimento del Mfla e all'articolo di Annamaria Rivera pubblicato qualche giorno fa su Il  Manifesto, I migranti scomparsi e il silenzio delle istituzioni.

giovedì 17 marzo 2011

Per carità di patria: uomini e donne, presenze e assenze, dell'epoca risorgimentale

Poiché il nostro Il colore della donne meridionali e l'unità d'Italia, poteva risultare - nell'impeto allergico provocato dall'insopportabile paccottiglia celebrativa dell'unità d'Italia -, semplificatorio (soprattutto a chi non ha il quadro di quanto in altre occasioni abbiamo meglio specificato), rinviamo via Incidenze al testo che annuncia il dibattito "Per carità di patria", che si terrà questo pomeriggio a partire dalle 15.30 all'Istituto storico Parri (via S. Isaia, 20 - Bologna) : "Il Risorgimento italiano fu una rivoluzione borghese e come tale si servì dei ceti popolari strumentalizzandoli al fine di rovesciare il dominio dell’aristocrazia. Ne fu una prova irrefutabile la diffidenza della maggioranza dei patrioti verso i contadini, giudicati arretrati e sanfedisti, nemici del progresso e della civiltà, minaccia alla proprietà privata.L’Italia del 1861 pertanto fu un’Italia senza consenso popolare e base di massa.Il Risorgimento italiano realizzò l’unità, ma non trasformò la società italiana. Accanto ai nuovi ceti dirigenti imbevuti di idealità romantico-rivoluzionarie, consolidarono il loro potere i ceti più retrivi del paese, come i grandi latifondisti che, in cambio del sostegno ai nuovi padroni, pretesero la conservazione dei propri privilegi e del proprio dominio sulle masse contadine. Ben presto le speranze di un rapido progresso economico e di una ritrovata solidarietà sociale dovettero cedere il passo ad amare disillusioni. Il Risorgimento italiano, nonostante i suoi limiti e le sue contraddizioni, tracciò gli orizzonti valoriali ad un popolo diviso e sottomesso da secoli, senza fiducia e coscienza di sé. Questa riserva di idealità può rappresentare ancor oggi una risorsa morale per le difficoltà e le ingiustizie del presente".

giovedì 10 marzo 2011

"Il sangue delle donne uccise nella rivolta è ancora fresco e già ci stanno tradendo"

Nella frase di Nawal El Sadaawi (tratta da un articolo pubblicato da The New Yorker) è tragicamente riassunto quanto sta avvenendo in questi ultimi giorni in Egitto e la delusione e la rabbia di chi, come Nawal El Sadaawi stessa, vedevano nella rivoluzione scoppiata in gennaio "un sogno". Le donne, dall'inizio in prima fila nelle rivolte, vedono ora disattese in maniera brutale quelle che erano state le loro rivendicazioni, ovvero uguaglianza dei sessi, ruolo non subordinato della donna nella vita politica e civile, una legislazione e una costituzione che garantiscano libertà e diritti per tutte/i le/i cittadini, senza differenza di sesso, origini, credo religioso. Durante la manifestazione in piazza Tahrir dell'altro ieri, otto marzo, organizzata (come vi avevamo segnalato), da attiviste e attivisti per denunciare il rischio che il nuovo assetto politico-militare si traducesse in un rafforzamento del dominio patriarcale, vi è stata una contro-manifestazione di un nutrito drappello di uomini. Questi hanno attaccato le/i manifestanti, strappato manifesti e striscioni, malmenato e molestato alcune donne e urlato slogan quali "La rivoluzione non sarà laica!", Non ci sarà mai in Egitto un presidente donna!" e "Rientrate a casa a far da mangiare!", oltre al classico "Qualunque cosa accada continueremo a scoparvi". Forse non si poteva immaginare una tale violenza, fisica e verbale, ma segnali preoccupanti erano stati colti da tempo, come è emerso anche nei collegamenti in diretta con attiviste egiziane dal Cairo e da alcuni interventi in sala durante la giornata No Hagra! No tirannia!. In particolare Francesca Biancani ha sottolineato come dagli emendamenti proposti dalla nuova coalizione costituitasi in Egitto dopo la rivoluzione (e per approfondimenti rinviamo al sito - in inglese/arabo - dell'Egyptian Center of Women's Rights), emerge un' esclusione di fatto sia delle donne come dei/delle "non-egiziani" (e dei/delle non eterosessuali). Il nuovo presidente infatti, dovrà essere " nato da due genitori egiziani e non potrà sposare che una donna egiziana".

lunedì 7 marzo 2011

Otto marzo: ancora donne in rivolta a piazza Tahrir

Scrivevamo giorni fa che, quale ne sia l'esito (che di ora in ora diventa più incerto), le rivolte nei paesi a sud del mediterraneo non solo hanno incrinato i cosiddetti equilibri postcoloniali, ma hanno anche infranto l'immagine della "donna araba" made in occidente: velata, silenziosa e irrimediabilmente oppressa. Di queste donne - dal Marocco alla Tunisia, dall'Egitto allo Yemen -, ci sono giunte invece parole, gesti, volti in rivolta. Tra queste le donne egiziane (e rinviamo ad una bellissima galleria fotografica, un omaggio dedicato a queste donne da Leil-Zahra Mortada, attivista femminista queer) dagli entusiasmanti giorni di piazza Tahrir in prima fila nelle rivolte. Domani, otto marzo, torneranno in quella piazza (che come vi dicevamo in arabo significa liberazione) con una grande manifestazione per denunciare il nuovo governo di aver dimenticato il ruolo svolto dalle donne nella rivolta e nella caduta di Mubarak e di mantenere un assetto politico-militare che rischia di rafforzare il dominio patriarcale. Le partigiane italiane nel dopo-Resistenza avevano denunciato un meccanismo molto simile. Queste righe di solidarietà femminista transnazionale sono una sorta di messaggio in bottiglia verso l'altra sponda del mediterraneo che sentiamo sempre più vicina.

(Alcuni) articoli correlati in Marginalia:

Dal Medio Oriente al Nordafica fino all'Italia: un otto marzo senza fiocchi rosa!
In ricordo di Umm Kulthum
Voci di donne dalle rivolte e uteri per la patria
Muammar Gheddafi, Silvio Berlusconi e l'italietta postcoloniale
Femministe e rivolte (in piazza Tahrir)
L'Italia finanzia le violenze contro le donne migranti
Noi non saremo tra le 700 donne che incontreranno Muammar Gheddafi

domenica 13 febbraio 2011

Femministe e rivolte in piazza (Tahrir)

Un mese fa, dopo giorni (e notti) di rivolta in tutto il Maghreb, il dittatore tunisino Ben Ali (che - ricordiamolo - aveva conquistato il potere con un golpe 23 anni fa grazie anche al sostegno decisivo del governo italiano) fuggiva da Tunisi. E stanotte, in Egitto, donne, uomini e bambini/e hanno continuato a ballare nella capitale, in piazza Tahrir, sotto i fuochi di artificio, per festeggiare l'abbandono del potere (dopo quasi trent'anni) di un altro dittatore, Hosni Mubarak, il "moderno faraone" con il trono "appiccicoso del sangue del popolo" come scrive Nawal El Saadawi, femminista egiziana, in una sua cronaca dal cuore della rivolta. Ed è questa cronaca che vi invitiamo a leggere (per intanto nella traduzione in inglese di Robin Morgan per il Women's Media Center, nei prossimi giorni speriamo anche nella nostra traduzione in italiano), una cronaca scritta una domenica dei primi di febbraio dalla quasi ottantenne Nawal El Saadawi ( di cui forse alcune/i di voi hanno letto Woman and Islam), che da piazza Tahrir (che in arabo significa liberazione), testimonia e partecipa della/alla rivoluzione egiziana, una rivoluzione che divampa "per le strade di tutte le province, di tutti i villaggi e di tutte le città, da Assuan ad Alessandria, da Suez a Port Said". Descrive donne, uomini, bambini/e, cristiani copti e mulsumani che resistono insieme alla barbarie, ai militari, ai cavalli, ai cammelli, alle molotov, al fuoco e alla morte. Descrive i canti ("molti guidati da donne, con gli uomini che seguono") che rivendicano "libertà, dignità, giustizia" e la fine della tirannide. E noi? Quando saremo capaci di prendere tra le mani la nostra rabbia e cacciare i nostri tiranni? Oggi siamo restate qui a leggere, scrivere, tradurre, con il cuore a piazza Tahrir e lontano dalle piazze italiane: non abbiamo potuto aderire né partecipare - seppur con contenuti "critici" - ad una manifestazione nata da un appello alle "donne italiane", in nome della loro "dignità", della "decenza", della "religione" e della "nazione". Nawal El Saadawi termina la sua cronaca scrivendo: "questo è come un sogno". Qual è il nostro?

(Alcuni) articoli correlati in Marginalia e altrove:

Senza stupore: eccezione e norma ai tempi di Arcore
Non è una questione di donne
Le contraddizioni e il no alla crociata

domenica 7 novembre 2010

Per la rivoluzione d'ottobre



Un frammento di Oktiabr' di Sergej Michajlovič Ėjzenštejn per l'anniversario della rivoluzione d'ottobre (7 novembre 1917, 25 ottobre secondo il calendario giuliano che vigeva all'epoca in Russia), grazie ad Incidenze per avercelo ricordato.