Vi segnaliamo la conferenza internazionale dedicata a Edward, che si terrà lunedì 15 aprile a Utrecht con un ricchissimo programma, fitto di interventi di ospiti prestigiose/i per quanto riguarda l'ambito degli studi di genere e postcoloniali, da Lila Abu-Lughod a Judith Butler, da Gayatri Spivak a Jamila M.H Mascat! Assolutamente da non perdere per chi può ...
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sabato 13 aprile 2013
giovedì 21 marzo 2013
Free Angela and all political prisoners a Parigi
Vi avevamo già segnalato il film di Shola Lynch, Free Angela & All Political Prisoners,in occasione della sua presentazione al Toronto Film Festival a settembre. Ora, grazie alla nostra impagabile corrispondente Jamila Mascatsegnaliamo, per tutte/i coloro che attualmente sono parigine/i, la tavola rotonda intorno al film che si terrà a Parigi domani - venerdì 22 marzo 2013 - con la stessa Angela Davis. Da non mancare ...
mercoledì 13 febbraio 2013
Coming out
Riceviamo e pubblichiamo un intervento di Jamila M.H Mascat che, tra le (tante) altre cose, è la corrispondente da Parigi di Marginalia - cosa di cui siamo indicibilmente felici e onorate. A partire da una quasi-cronaca della manifestazione organizzata a Parigi dall' Inter-lgbt il 27 gennaio scorso, Coming out affronta luci e ombre del dibattito sul cosiddetto mariage pour tous, invitando "ad immaginare altro e meglio". Prima di lasciarvi alla lettura del testo - che personalmente ho letto con l'emozione che si prova quando si condivide ogni parola e ogni virgola - una breve nota redazionale sulla foto che correda questo post: l'abbiamo trovata in Tumbrl, purtroppo senza credits e/o riferimenti che ci permettessero di collocarla in qualche modo. Speriamo che qualche appassionata/o di Marilyn di passaggio possa dirci qualcosa. E ora (finalmente) vi lasciamo alla lettura di Coming out, ringraziando ancora l'autrice per averci fatto dono di questo contributo favoloso. Buona lettura! // Coming out di Jamila M.H Mascat : Ai matrimoni ho la presunzione di essere un'invitata doc. Laici e religiosi, e di qualsiasi confessione. Mi diverto, mi commuovo, faccio onore alla tavola e alle danze, e faccio ovviamente il regalo agli sposi. Al bouquet non ci tengo, ma le promesse mi fanno impazzire, sarà quell’ostinata invocazione d’eternità che prova a fottere l’intermezzo del tutti-i-giorni, o forse solo il pensiero della cattiva sorte che mi rattrista. Sono etero. Amo un uomo da 12 anni, e visto che ne ho 33 secondo me è roba da matti; ma non credo che nessuno ci darà mai la palma d’oro della coppia dell’anno – nessun anticonformismo, solo troppi litigi, troppe distanze, troppe “infedeltà”. Gli ho chiesto di sposarmi soltanto una volta, nel 2005, quando per motivi urgenti e spiacevoli sembrava che fossi costretta a partire per l’Arabia Saudita, e non avrei potuto farlo senza accompagnatore. Avrei avuto bisogno di un marito. Poi non se ne è fatto più niente di quel viaggio né di quel matrimonio. Sono tradizionalista, dicono le mie amiche più libertine e le mie compagne più liberate. In effetti, per esempio, finora non ho mai fatto una cosa a tre. Non è molto rilevante tutto questo, mi rendo conto, ma mi è sembrato che l’unico modo per prendere la parola nel dibattito sul mariage pour tous fosse la testimonianza. Si usa così, e allora perché no. E poi comunque ogni volta che capita di parlare di *affari di famiglie* - e ultimamente capita spesso- è difficile non mettere in mezzo i fatti propri. Ora, per smettere di parlare dei fatti miei copio e incollo una cosa che ha detto la ministra della famiglia, Dominique Bertinotti, a proposito della (quasi) legge sul matrimonio omosessuale, che qui in Francia ha scatenato le coscienze retrograde della destra cattolica e non: “C'est une revendication très normative, pouvoir faire famille, entrer dans un cadre juridique, ça n'a rien d'une destruction mais au contraire, c'est une sécurisation juridique, une protection". E’ una constatazione meno banale di quello che sembra. E mi trova d’accordo. // Pride and Privilege // Parlo dal punto di vista di chi dispone di un privilegio etero, come mi è stato fatto notare spesso negli ultimi tempi. Lo so, e sono così privilegiata da poter decidere perfino di potermene non servire, sapendo che in caso di emergenza, lui, il privilegio, in fondo sta là, da usare se mai ce ne fosse bisogno. Di buoni motivi per sposarsi non ne vedo, se non certo proprio tutte quelle ottime ragioni messe in campo dal movimento lgbtq durante la campagna pro mariage, cioè tutti quei diritti sociali e di cittadinanza che dipendono da questo tanto conteso diritto civile. Di fronte al quale, improvvisamente, sembra che il mondo si divida in due: c’è chi lo vorrebbe per tutti e chi lo vorrebbe solo per pochi. Tertium non datur. Se fosse un sondaggio di opinioni a freddo, se non ci fossero state le obbrobriose manifestazioni degli anti-mariage in Francia, le migliaia di ridicoli emendamenti dell’opposizione (4.999) alla proposta di legge (24 sedute parlamentari, 10 giorni di discussione, il settimo projet de loi piu dibattuto in aula nella storia della Quinta Repubblica) e un clima di omofobia che nel mio mondo sempre meno etero per fortuna avverto solo da lontano, direi a gran voce: mariage pour personne! Non perché non mi rendo conto che sposarsi sia un privilegio, al contrario. Proprio perché è un privilegio, dico: non estendiamolo, piuttosto smontiamolo, liberiamocene. Immaginiamo una riconfigurazione giuridica che permetta di attribuire diversamente quegli stessi diritti vincolati ora al matrimonio. Ripartiamo dai diritti individuali e dalle unioni civili. Ok, lasciamo in piedi il matrimonio per chi proprio non può farne a meno, ma invece di chiedere semplicemente la concessione di un privilegio, proviamo a rendere quel privilegio superfluo. Facciamo uno sforzo immenso di immaginazione e pensiamo a unioni che possano assumere la forma che meglio credono ed essere legittime per questo. Pensiamo che io, mio padre, la mia prozia e la sua fidanzata possiamo fare famiglia. Immaginiamo che tre donne che si amano possano fare famiglia perché si amano, e nel modo in cui scelgono. Pensiamo a due uomini e due donne che possono crescere una bambina e insieme fare famiglia. Pensiamo anche che un collettivo di individui legati da pratiche e rapporti affettivi, o un gruppo di conviventi o semplicemente singoli che condividono relazioni di cura e solidarietà possano disporre dei diritti di famiglia. Pensiamo alla pma e all’adozione per tutt* senza passare per il matrimonio. Sembra fantascienza? Forse. L’obiezione n.1 di solito è “Ma che razza di discorso è questo”. Troppa poca fantasia. L’obiezione n. 2 è disfattista e dice “E’ impossibile”. E invece proposte che vanno in questa direzione esistono. Se sono estendibili, i diritti, sono anche modificabili. L’obiezione n. 3 ostenta buon senso: “Ammesso anche che sia possibile e auspicabile, per queste cose ci vorranno anni. Intanto mariage pour tous” (che a voler essere precise sarebbe pour tou.te.s). // Parole // Quindi il 27 gennaio ho partecipato alla manifestazione organizzata in nome dell’égalité dall’Inter-lgbt una settimana dopo la pessima esibizione di piazza degli esponenti anti mariage. Égalité non è una parola leggera in questo paese, si sa. C’è égalité (ma oltretutto è belga) e égalité. E neanche la bandiera francese, sventolata con entusiasmo qua e là, è un simbolo light. Tantomeno mentre la Francia porta avanti la sua guerra in Mali sostenuta all’unanimità (o quasi) da tutte le forze politiche. Che c’entra il Mali? mi ha detto qualcuno. Questa è una manifestazione per i matrimoni gay in Francia. Non fa un piega. Ed è stata una manifestazione particolarmente riuscita, partecipata, cantata, pacifica, bella. Però io, etero, con il mio privilegio etero in tasca, sono comunque a disagio, tra l’égalité e il tricolore.
Su un cartello c’è scritto: El tipo de familia non altera el producto. Temo che purtroppo forse è vero. Poi con O. (omo, senza privilegio) abbiamo passato la metà del tempo a tentare di decifrare quello che c’era scritto su manifesti e striscioni. Slogan per tutti i gusti: spudorati (Je mets mes doigts partout pourquoi pas dans une bague?), scemi (Plus de mariages, plus de gateaux pour tous), rivendicativi (Indovinate chi ha disegnato i vostri abiti da sposa?), blasfemi (Jésus avait deux papas et une mère porteuse), ottimisti (Il vaut mieux un mariage gay qu’un mariage!), incontestabili (On demande vos droits, pas votre avis). Alla fine del corteo, a Bastille, B. è salita sul palco e ha parlato della sua esperienza di figlia cresciuta con due mamme, un padre e molto altro. Suo fratello l’ha costretta a fare coming out: Ma soeur est lesbienne. Per dire che se l’omosessualità davvero non è un problema, allora la possibilità che le coppie omosessuali si trovino ad avere figl* omosessuali non deve essere agitata come uno spauracchio contro le famiglie omoparentali. Era un po’ commovente vedere B. su quel palco a parlare dei fatti suoi. E’ come se in questo momento tutti avessero bisogno di prove, rassicurazioni e dimostrazioni del fatto che la Terra continuerebbe a girare nello stesso senso anche se tutt* fossimo gay e lesbiche. E quindi bisogna ripeterlo in continuazione. // Favole // C’è perfino chi, tra i giornalisti, ha chiesto a B. che cosa faceva da piccola per la festa del papà. Ho pensato che se lo avesse chiesto a me o a T., sarebbe rimasto estremamente deluso. Alcuni giorni fa la ministra della giustizia Christiane Taubira ha lanciato un’invettiva stra-appaludita contro un deputato dell’Ump, spiegava accalorata che sono soprattutto la stigmatizzazione e la condanna sociale a destabilizzare i figli delle coppie omosessuali, non certo i genitori. Di quella stigmatizzazione ne sanno qualcosa anche tutt* quell* che sono cresciut* all’interno di famiglie non canoniche e non tradizionali. Allora perciò, mentre giochiamo il primo tempo e facciamo le battaglie per l’inclusione, prepariamoci come si deve per il secondo tempo e diciamo fin da subito che l’inclusione non risolve il problema. Proviamo a smontare le barriere dell’accesso, lanciare altri slogan, immaginare altro e meglio. Qualche giorno fa su Le Monde si parlava, forse per la prima volta, di omonazionalismo e imperialismo gay. Due espressioni anche un po’ cacofoniche, davvero. Suona molto meglio “favolosità”, che è sempre stata una delle parole d’ordine del movimento transqueer (delle cui rivendicazioni, per inciso, mi sembra che non ci sia granché traccia nelle piattaforme dei gruppi pro-mariage, ma potrei sbagliare). Di favoloso il mariage pour tous pare che abbia ben poco, e le bandiere francesi ancora meno. Una favola vera, più bella dei Promessi sposi e del ritornello di Beyoncé, una favola pour tou.te.s potrebbe aspirare a molto di più. E soprattutto dovrebbe tenersi alla larga da ogni forma di discriminazione diretta o indiretta (perché il fatto di subirne una non dà diritto a perpetrarne o ignorarle altre), e a debita distanza dall’égalité di cui altri gruppi e minoranze continuano a fare le spese. L’articolo di Le Monde si conclude prefigurando uno scenario apocalittico: la Francia, campo di battaglia del fronte omonazionalista, tragicamente divisa in due blocchi, omofobi da una parte e xenofobi dall’altra. Il che equivale a dire che non ci sia alternativa all’omonormatività (questa è la definizione migliore che ho trovato in circolazione: "homonormativity = a politics that does not contest dominant heteronormative assumptions and institutions, but upholds and sustains them, while promising the possibility of a demobilized gay constituency and a privatized, depoliticized gay culture anchored in domesticity and consumption", L. Duggan). Per fortuna, invece, c’è chi come qui, qui e qui, ci aiuta ancora a credere alle favole (Jamila M.H Mascat, 11 febbraio 2013)
domenica 11 novembre 2012
Femminismo postcoloniale
Giovedì 15 novembre dalle ore 15 alle 17 si terrà il terzo incontro del seminario di autoformazione Dal femminismo agli "altri" femminismi. Tema dell'incontro Il femminismo postcoloniale, con Angela D'Ottavio e Jamila Mascat. Da segnare in agenda
venerdì 9 novembre 2012
Femministe a parole in tournée
Dopo le presentazioni che ne hanno accompagnato l'uscita (1, 2, 3 ...), per i prossimi mesi sono in programma nuove occasioni di incontro e discussione a partire dal volume Femministe a parole, pubblicato nella collana sessismoerazzismo dalla casa editrice Ediesse (a cura di Jamila M.H. Mascat, Sabrina Marchetti e Vincenza Perilli). Segnaliamo qui le prime date del tour, che a partire da questo (caldo) autunno si protrarrà fino ai primi mesi del 2013 (e speriamo anche oltre). Martedì 13 novembre Femminsite a parole sarà presentato a Trento, all'interno del ciclo di incontri De-costruzioni di genere: parole che contano, silenzi che parlano, a cura del Centro Studi interdisciplinari di Genere dell'Università di Trento. Ne discuteranno con una delle curatrici del volume Maria Coppola e Giulia Selmi. Il 15 novembre invece, alle ore 18, Femministe a parole sarà alla Biblioteca italiana delle donne di Bologna, per una presentazione corale. Oltre alle tre curatrici del volume saranno infatti presenti alcune delle autrici delle singole voci: Elisa Arfini (Lesbica), Gaia Giuliani (Bianchezza), Isabella Peretti (Madre-patrie), Beatrice Busi (Modificazioni), Giulia Garofalo (Prostituzione), Alessandra Gribaldo (Riproduzione assistita), Laboratorio Smaschieramenti (Uomo). Vi aspettiamo ;-)
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martedì 19 giugno 2012
Femministe a parole / Una recensione di Anna Simone
Ieri su Zeroviolenzadonne è stata pubblicata la recensione di Anna Simone (che ringraziamo) al volume che ho recentemente curato con Sabrina Marchetti e Jamila Mascat, Femministe a parole. Una nota di lettura che offre indubbiamente spunti di riflessione interessanti, e che speriamo presto poter riprendere. Intanto buona lettura!
martedì 1 maggio 2012
Femministe a parole al Mfla
Vi avevamo già detto della presentazione di Femministe a parole durante la trasmissione Attica Blues, ma per le amanti della radio segnaliamo anche l'intervista a Jamila Mascat al Mfla:potete ascoltarla a questo link, buon primo maggio!
venerdì 27 aprile 2012
Genere, linguaggio, culture / Conversazioni intorno al dizionario "Femministe a parole. Grovigli da districare"
Dopo un' anteprima via radio (ieri pomeriggio ad Attica Blues) finalmente oggi, venerdì 27 aprile, alle ore 18.30 presso il Caffè letterario (Casa Internazionale delle Donne, via della Lungara 19 - Roma), si svolgerà il tanto atteso incontro-dibattito con curatrici e autrici del dizionario Femministe a parole. Grovigli da districare, edito dalla casa editrice Ediesse nella collana sessismoerazzismo. Femministe a parole è un volume sulle questioni controverse che hanno attraversato il dibattito femminista nel corso degli ultimi anni: il multiculturalismo e i diritti delle donne, l’Islam in Europa e l’affaire du voile, la condizione postcoloniale e l’impatto delle migrazioni, il rapporto tra universalismo e relativismo culturale, il ruolo dei corpi e la performance dei generi. Intorno a questi temi, e molti altri ancora, nasce un dizionario ragionato delle contraddizioni, degli ossimori e delle domande complicate: un dizionario di «grovigli» redatto da 44 autrici, tutte femministe con percorsi ed esperienze diverse, che si cimentano nell’impresa non facile di fare i conti con le parole. La scrittrice afroamericana bell hooks ci ricorda che il linguaggio è «anche un luogo di lotta». Molto prima di lei Virginia Woolf si rammaricava del fatto che alle donne mancasse il tempo di coniare parole nuove, sebbene il linguaggio ne avesse veramente bisogno. Una delle più importanti lezioni che il femminismo ci ha trasmesso, infatti, è che il linguaggio non è affatto neutro, ma riflette e veicola rapporti di dominazione. E visto che le parole sono sempre state imbevute di ideologie sessiste, razziste e classiste, le femministe hanno costantemente sentito il bisogno di condurre delle battaglie contro e dentro il linguaggio.Per le femministe di oggi, però, prendere la parola sul mondo è diventato sempre più complicato: che dire del velo, delle veline, delle modificazioni genitali e della chirurgia estetica? Della famiglia, del sex work, del postporno? Che dire di Dio, della poligamia, del welfare e della globalizzazione? Le identità sono un bene o un male? E le culture sono solo quelle «degli altri»? Le risposte non sono a portata di mano, ma grazie a questi interrogativi il pensiero delle donne è chiamato a riattivare la capacità di convivere con le contraddizioni, riscoprendo così la sua vocazione eterogenea e plurale. Indice delle voci e delle autrici: Anticolonialismo (Anna Vanzan) – Autodeterminazione (Tamar Pitch) - Backlash (Jamila M.H. Mascat) – Bianchezza (Gaia Giuliani) – Biomedicina (Olivia Fiorilli) – Cittadinanza ( Alessandra Sciurba ) – Classe (Andrea D’Atri) – Colonizzatrici (Catia Papa) – Colore (Valeria Ribeiro Corossacz) - Cristiane (Sara Cabibbo) - Differenza ( Lea Melandri ) – Donne di destra ( Isabella Peretti e Barbara Mapelli ) - Europa (Enrica Rigo) – Famiglie (Gaia Giuliani) – Femminismo islamico (Renata Pepicelli) - Femminismo postcoloniale (Caterina Romeo) – Femminismo transazionale (Elisabetta Pesole) – Generazioni migranti ( Giulia Cortellesi ) – Globalizzazione (Laura Ronchetti) – Integrazione (Silvia Cristofori) – Intersezionalità ( Vincenza Perilli e Liliana Ellena) – Lesbica (Elisa A.G. Arfini) – Madre-patrie (Isabelli Peretti) – Mamme col fucile (Inderpal Grewal; trad. Ambra Pirri ) – Maternità surrogata ( Daniela Danna ) – Matrimoni ( Daniela Danna ) – Migranti (Francesca Brezzi) – Modificazioni (Beatrice Busi) - Multiculturalismo (Laura Ronchetti) – Neo-Orientalismo (Jamila M.H. Mascat) – Noir (Stefania Vulterini) – Omonazionalismo (Barbara De Vivio e Suzanne Dufour) – Poligamia (Maria Rosaria Marella) - Postporno (Rachele Borghi) – Prostituzione ( Giulia Garofalo ) – Queer (Monica Pietrangeli) – Razza (Valeria Ribeiro Corossacz) – Relativismo culturale ( Annamaria Rivera ) – Riproduzione assistita (Alessandra Gribaldo) – Serva & padrona ( Sabrina Marchetti ) – Sesso/genere (Liliana Ellena e Vincenza Perilli ) – Spazio (Rachele Borghi) – Subalterna (Angela D’Ottavio) – Sviluppo sostenibile ( Daniela Danna ) – Tricolore (Sonia Sabelli) – Uomo (Laboratorio Smaschieramenti) – Velate e svelate (Chiara Bonfiglioli) – Veline (Giovanna Zapperi e Alessandra Gribaldo) – Welfare transnazionale ( Flavia Piperno).
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domenica 25 marzo 2012
Riposizionare la subalternità / Relocating Subalternity
Relocating Subalternity è il titolo del simposio che si terrà alla Jan van Eyck Academie di Maastricht il 6/7 aprile prossimi e che si propone di esplorare limiti e potenzialità della nozione di "subalternità" nella sua dimensione genderizzata. Di seguito copiamo-incolliamo una sintetica presentazione della due giorni (in inglese e, via Sonia Sabelli, in italiano) rinviando, per il programma dettagliato, al sito della Jan van Eyck Academie.
The symposium Relocating Subalternity aims to explore both limits and potentialities of the (gendered) notion of subalternity. How does subalternity relate to agency and subjectivity? What are the possible intersections between subalternity and other forms and experiences of subjectivation? Can the subaltern become an agent of struggles? What are the political implications of the increasing interest on marginality and subalternity in academia and art? The conference will be a space for political and theoretical confrontation among different conceptual and normative positions that emerged in feminist, postcolonial and queer theory. Speakers will be Nikita Dhawan(Goethe-University Frankfurt), Elsa Dorlin (Panthéon-Sorbonne University), Dhruv Jain (Jan van Eyck Academie), Jasbir Puar (Rutgers University), Srila Roy (University of Nottingham), Asha Varadharajan (Queen's University),Jamila Mascat and Sara de Jong (both JvE Academie) / Il simposio Relocating Subalternity si propone di esplorare sia i limiti che le potenzialità della nozione (genderizzata) di subalternità. Qual è la relazione tra subalternità, agency e soggettività? Quali sono le possibili intersezioni tra la subalternità e le altre forme ed esperienze di assoggettamento? La subalterna (o il subalterno) può diventare un agente delle lotte? Quali sono le implicazioni politiche del crescente interesse nei confronti della marginalità e della subalternità nell’accademia e nell’arte? La conferenza sarà uno spazio di confronto politico e teorico tra le diverse posizioni concettuali e normative che sono emerse nella teoria queer, femminista e postcoloniale. Interverranno Nikita Dhawan (Goethe-University di Francoforte), Elsa Dorlin (Panthéon-Sorbonne University), Dhruv Jain (Jan van Eyck Academie), Jasbir Puar (Rutgers University), Srila Roy (University of Nottingham), Asha Varadharajan (Queen ‘s University), Jamila Mascat e Sara de Jong (entrambe JVE Academie).
(Alcuni) articoli correlati in Marginalia alla tag Jan van Eyck Academie
The symposium Relocating Subalternity aims to explore both limits and potentialities of the (gendered) notion of subalternity. How does subalternity relate to agency and subjectivity? What are the possible intersections between subalternity and other forms and experiences of subjectivation? Can the subaltern become an agent of struggles? What are the political implications of the increasing interest on marginality and subalternity in academia and art? The conference will be a space for political and theoretical confrontation among different conceptual and normative positions that emerged in feminist, postcolonial and queer theory. Speakers will be Nikita Dhawan(Goethe-University Frankfurt), Elsa Dorlin (Panthéon-Sorbonne University), Dhruv Jain (Jan van Eyck Academie), Jasbir Puar (Rutgers University), Srila Roy (University of Nottingham), Asha Varadharajan (Queen's University),Jamila Mascat and Sara de Jong (both JvE Academie) / Il simposio Relocating Subalternity si propone di esplorare sia i limiti che le potenzialità della nozione (genderizzata) di subalternità. Qual è la relazione tra subalternità, agency e soggettività? Quali sono le possibili intersezioni tra la subalternità e le altre forme ed esperienze di assoggettamento? La subalterna (o il subalterno) può diventare un agente delle lotte? Quali sono le implicazioni politiche del crescente interesse nei confronti della marginalità e della subalternità nell’accademia e nell’arte? La conferenza sarà uno spazio di confronto politico e teorico tra le diverse posizioni concettuali e normative che sono emerse nella teoria queer, femminista e postcoloniale. Interverranno Nikita Dhawan (Goethe-University di Francoforte), Elsa Dorlin (Panthéon-Sorbonne University), Dhruv Jain (Jan van Eyck Academie), Jasbir Puar (Rutgers University), Srila Roy (University of Nottingham), Asha Varadharajan (Queen ‘s University), Jamila Mascat e Sara de Jong (entrambe JVE Academie).
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