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lunedì 27 maggio 2013

Cesare Lombroso e la specificità calabrese

Una ragazzina di quindici anni, Fabiana Luzzi, viene uccisa in maniera atroce dal suo "fidanzato", poco più grande di lei, in un paesino in provincia di Cosenza. La lettera di una "trentenne calabra, direttore delle relazioni esterne di una multinazionale" inviata e poi pubblicata da Il Corriere della Sera con il titolo Sono nata nella terra dove è stata uccisa Fabiana, io sono fuggita lei non c'è riuscita, ha scatenato una serie di reazioni tra chi, come si legge su Scirocco News, non riesce a scorgere l'attinenza tra l'omicidio di una ragazzina e il fatto che fosse nata in una certe regione e si oppone all'immagine di una Calabria terra barbara e retrograda, dove gli uomini sono tutti dei padre padrone con la clava e le donne tutte vittime e sottomesse. Un omicidio riconducibile insomma ad una sorta di "specificità calabrese", così come per l'omicidio di Sarah Scazzi si era parlato di cultura meridionale. Doriana Righini nel suo La rivincita di Lombroso, scrive che, come affermava Rosa Luxemburg, il primo gesto rivoluzionario è chiamare le cose con il loro vero nome e che quindi, riprendendo le parole di Renate Siebert, non si può che definire razzista quanto espresso nella lettera pubblicata dal Corriere della Sera, poiché " una storia come questa potrebbe essere accaduta in qualsiasi altro posto d’Italia. Trovo assolutamente razzista e aberrante che si possa parlare, in questa vicenda, di specificità calabrese [...] Per come conosco la Calabria devo dedurre che chi sostiene queste tesi è sostanzialmente razzista ”. // Alcuni articoli correlati in Marginalia: Il ritorno del meridionale mafioso e omertoso, Il colore delle donne meridionali, I meridionali sono meno intelligenti. E le meridionali ancora meno

sabato 23 febbraio 2013

Elezioni, donne, bambole e sante

Una noiosa influenza mi costringe in casa, il mal di testa mi impedisce di dedicarmi a letture più impegnative, quindi mi ritrovo a fare zapping davanti alla tv e al pc, aggiornandomi - in extremis - sul tema per me poco entusiasmate delle elezioni "al femminile". Passo in un crescendo di sgomento dalla lettura del manifesto Sono una donna non sono una bambola pubblicato a pagamento sul Corriere della Sera da un lungo elenco di "donne comuni" (parrucchiere e avvocate, pensionate e casalinghe, giovani e meno giovani ) che annunciano la loro volontà di votare Berlusconi "per la loro libertà" perché "le donne sono uguali e ciascuna è diversa ... ci rispettiamo e vogliamo rispetto", alla campagna sociale - che ha ottenuto il patrocinio di Pubblicità Progresso - Se crescono le donne, cresce il Paese di Snoq, affiancata dalla campagna di mobilitazione video Un paese per donne: le parole per dirlo, "una rappresentazione corale delle condizioni, delle idee e dei desideri delle donne, dal Sud al Nord". Anche qui infine le donne sono tutte diverse e tutte uguali: come sottolinea Simona De Simoni "C’è la studentessa, la professionista rientrata dall’estero, la vittima di tratta, la casalinga, la manager, l’operaia, la madre, la single", ma "tutte chiedono più lavoro, più riconoscimento, più merito (manco a dirlo), più conciliabilità con gli impegni famigliari. Tutte sognano la stessa vita e lo stesso tipo di realizzazione personale: dividersi equamente e serenamente tra il lavoro e il privato (generalmente nella forma della famiglia)". Sullo sfondo in entrambe le prese di posizione emerge la richiesta del riconoscimento di una "specificità femminile", che per le une "è di genere (le donne partoriscono, gli uomini fecondano) non sociale o culturale o politica" per le altre si materializza nei "temi delle donne" da inserire nell'agenda politica: "a cominciare dalla conciliazione dei tempi casa-lavoro, ai servizi, a una riforma del welfare che non faccia pagare solo alle donne il peso della crisi". Una lettura annichilente (Giorgia Meloni che condanna l'ultima trovata omofoba dei sui "fratelli" di partito meriterebbe discorso a parte, ma rinviamo a un post di qualche anno fa, ancora attuale), che ci da la misura del baratro in cui è sprofondato questo paese, ma anche di quanto sia importante continuare a lavorare, a valorizzare e dare visibilità a punti di vista femministi critici, che fortunatamente non mancano // Il video è la registrazione dell'esibizione di Rosanna Fratello a Canzonissima nel 1971, lo stesso anno della pubblicazione di La donna clitoridea e la donna vaginale nei Libretti Verdi di Carla Lonzi / Rivolta Femminile

domenica 13 maggio 2012

Il duce, le mamme e le marce per la vita

Per memoria: Forza Nuova, Opus Dei, Militia Christi, Movimento per la Vita, Legionari di Cristo e tante altre sigle e siglette di raggruppamenti pro-life dell'estrema destra cattolica e integralista (oltre vari esponenti del governo e tra questi la senatrice del Partito Democratico Maria Pia Garavaglia) oggi in corteo a Roma per la cosiddetta Marcia per la vita. Che cade proprio, e non è un caso, nel giorno della Festa della Mamma, istituita in Italia da Mussolini nel dicembre 1933 con il nome di Giornata della Madre e del Fanciullo. L'Omni (Opera nazionale maternità e infanzia) premiò allora con un viaggio a Roma le 93 madri più prolifiche d'Italia che furono festeggiate sulle note dell'Inno dei figli della lupa.

martedì 27 marzo 2012

Son tutte belle le mamme del mondo ...



Questo video (per la "storia": Giorgio Consolini primo classificato al Festival di Sanremo del 1954) è un affettuosamente ironico messaggio in codice per due neo-mamme (stra)fichissime che non vedo l'ora di poter stritolare di abbracci e baci cadendo in estasi davanti alle creature ;-)

lunedì 31 ottobre 2011

Anarchiche, crocerossine, madri italiane e donne arabe. Figure femminili durante la prima guerra coloniale libica

In attesa che sia online la registrazione audio/video (a cura di XM24, che ringraziamo insieme a tutto il Comitato pro-Masetti), della giornata di studi di ieri su Augusto Masetti e l'invasione coloniale della Libia (di cui presto usciranno anche gli atti), pubblichiamo l'abstract del nostro intervento "Anarchiche, crocerossine, madri italiane e donne arabe. Figure femminili durante la prima guerra coloniale libica" : Negli ultimi anni numerose ricerche sul nazionalismo e l'imperialismo hanno messo in luce come metafore e rappresentazioni sessiste della cosiddetta "differenza dei sessi" siano non solo alla base della costituzione stessa dell'idea di "nazione" (all'interno della quale ri-definiscono gerarchie sociali e sessuali) ma anche strettamente connesse alle ideologie e alle pratiche razziste del dominio coloniale. Per il contesto italiano gli anni a cavallo della guerra italo-turca e della successiva invasione di Tripolitania e Cirenaica, rappresentano in questo senso un momento cruciale . Da una parte, infatti, è in questo periodo che si consolida la costruzione di una certo modello di femminilità (la "donna italiana" come "madre eroica" ), processo che già si era avviato nel periodo che va dalla proclamazione dell'Unità d'Italia alla sconfitta di Adua per arrivare alle soglie dell' "impresa tripolina". Dall'altra, lungo precisi assi di differenziazione e gerarchie di "razza", genere e classe, la costruzione di questa "donna nuova" si definisce anche in opposizione e in stretta relazione con le coeve rappresentazioni di altre figure femminili delineate come modelli negativi: dalle oppositrici alla guerra coloniale (anarchiche e antimilitariste in primis) che con il loro comportamento offendevano la "fierezza delle madri", alle "donne arabe", figure ambivalenti sospese continuamente tra fascinazione e ripulsa, ma delle quali sarà spesso sottolineato, in specie sulla grande stampa favorevole all'"impresa", la mancanza della più importante (o forse unica) delle muliebri virtù, l'abnegazione materna (Vincenza Perilli).

giovedì 3 marzo 2011

Voci di donne dalle rivolte, uteri per la patria e guerre umanitarie

Seppure gli esiti delle rivoluzioni ancora in atto nei paesi a sud del mediterraneo siano incerti e in alcuni casi preoccupanti vista la volontà "occidentale" di metterci sopra le mani (come in Libia, dove già Usa-Europa-Nato ventilano un'operazione militare sotto la solita copertura della guerra umanitaria), resta una realtà incontestabile: queste rivolte hanno incrinato in maniera irrimediabile gli equilibri postcoloniali e messo in crisi (si spera definitivamente) certe percezioni e immagini "dell'altro/a". Abbiamo appena letto il manifesto di indizione dell'otto marzo delle organizzatrici della manifestazione nazionale del 13 marzo e ne siamo orripilate già dallo slogan: Rimettiamo al mondo l'Italia. Dopo l'appello alle "donne italiane" in nome di nazione, famiglia e religione, ecco l'appello agli uteri per la patria. Forse ci ritorneremo su, ma per intanto non abbiamo voglia né di commentare, né di perdere tempo a cercare il link del sito Se non ora quando (ci sembra abbiano già fin troppa copertura mediatica). Piuttosto vi lasciamo una piccola rassegna, tratta da diversi blog femministi, di voci di donne dalle rivolte nei paesi a sud del mediterraneo. Sono loro, come le donne migranti che incontriamo qui nella fortezza-europa, che ci trasmettono un po' di quell'entusiasmo e quella combattività di cui abbiamo bisogno per andare avanti. Nonostante.

Marginalia, Femministe e rivolte (in piazza Tahrir)
I consigli della zia Jo, Dalla Tunisia
Femminismo a Sud, Women of the Revolution in Egitto!
Lady Losca, Dall'Egitto e dalla Tunisia
Nasawiya, International Women's in Lebanon

martedì 1 dicembre 2009

Morire d'aborto perché "clandestina"

Leggo da un lancio Ansa che due donne migranti, di origine rumena, sono morte a pochi giorni di distanza a Taranto. La causa sembra essere l'uso di un farmaco abortivo. Farmaco "proveniente dalla Romania" viene specificato. Quello che non si specifica è che, grazie al cosiddetto "pacchetto sicurezza" e al clima di "caccia agli stranieri" attualmente vigente in Italia, moltissime donne migranti per paura di essere denunciate come "clandestine" ricorrono da mesi all'uso di farmaci abortivi. Tra questi il Cytotec, un farmaco contro l'ulcera che preso a dosi massicce provoca forti contrazioni fino all'aborto. Per procurarselo non è necessario farselo spedire dalla Romania: basta andare in una qualsiasi farmacia italiana. Una scatola costa meno di quindici euro, se non hai la ricetta con qualche euro in più puoi acquistarla da quelli che la stampa ha definito "spacciatori d'aborto". Ma i veri spacciatori d'aborto sono gli obiettori di coscienza (grazie ai quali i tempi di attesa si dilatano oltre misura), le umiliazioni e le lunghe trafile che spingono oramai anche donne italiane con i documenti "in ordine" a ricorrere all'aborto clandestino. E per le donne migranti, in più, la paura, se senza documenti, di essere denunciate grazie al reato di immigrazione clandestina e finire in un Cie. Alcune non vanno in ospedale neanche in seguito ad un aborto spontaneo, come Vira Orlova, morta dissanguata qualche mese fa. Anche questa è violenza sulle donne
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venerdì 25 settembre 2009

RU 486

RU 486, dalla serie Badtime Comics di Gioraro, una mixed media artist, come si definisce. Anche un po' femminista, direi. In ogni caso la sua RU 486 giunge a proposito ...
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sabato 5 settembre 2009

Ma (donne), madri, assassine ...


L'opera che riporto qui sopra si intitola Ferror, una delle sette Madonne riviste dalle artiste Lilia Chak e Galina Bleikn per la mostra Lady, Mother, Bloody Murder…, un progetto artistico sul "terrorismo al femminile". Se in questa tela (una rivisitazione della Madonna con bambino detta anche Madonna di Alzano di Giovanni Bellini), la Madonna ha il volto coperto da un velo nero, nelle altre (di Botticelli, Raffaello, Leonardo ...) le Madonne hanno il volto di altrettante donne terroriste palestinesi, autrici di alcuni attentati degli ultimi anni in Israele. La mostra, inaugurata il 3 settembre a Tel Aviv, è stata però già bloccata, dopo veementi proteste, poiché giudicata offensiva della sensibilità dei parenti delle vittime e del Cristianesimo. Ne parlano un articolo di oggi su L'Unità e Doriana Goracci nel suo Mattine e notti da Madonne, che riportano le scarne notizie diffuse da un comunicato dell'Ansa e tra queste una dichiarazione delle artiste che respingono ogni volontà di idealizzare la figura delle terroriste palestinesi, affermando "che al contrario intendevano mettere in guardia dalla terribile metamorfosi di coloro che, come donne dovrebbero essere figure materne, in terribili macchine di morte". Sarebbe forse bastato dare un'occhiata al video Ferror di Lilia Chak (costituito da sette frammenti, immagini dei luoghi dove ci sono stati i sette attentati fatti dalle terroriste rappresentate nei quadri, luoghi in cui l'artista ha raccolto zolle di terra poi poste ai piedi delle tele durante la mostra), per aprire su questo lavoro (non facile e sicuramente problematico) un dibattito certo difficile, ma forse illuminante, sulle ragioni e i costi di un conflitto. Conflitto nel quale (ma poteva essere diversamente?) sono coinvolte anche le donne, in maniere diverse, non sempre condivisibili nè rassicuranti.
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domenica 1 febbraio 2009

San Valentino a CasaPound, dove il nero si tinge di rosa ...

Il 14 febbraio prossimo CasaPound rilancia la campagna Tempo di essere madri, con una sorta di tournée lampo, dalle 15.30 alle 18, tra Bologna e Parma, di Maria Bambina Crognale e Francesca Giovannini. Poche ore per presentare il "progetto" che (come si può leggere nel sito della campagna e in diversi altri siti CasaPound-friendly) prevede la riduzione, per le donne con figli di età compresa tra 0 e 6 anni, dell'orario lavorativo da 8 ore a 6 ore al giorno, mantenendo invariata la retribuzione (l’85% sarà garantito dal datore di lavoro, il restante 15% sarà a carico dello Stato). A decorrere dal sesto anno di vita del bambino (in questi siti il neutro va da sé) la "mamma" potrà scegliere di continuare a lavorare 6 ore a giorno, rinunciando però al contributo statale del 15% o tornare al full-time qualora lo desiderasse. Insomma, un progetto che ha lo scopo di salvaguardare "il ruolo della donna nella sua interezza e completezza, nella sua essenza più bella, nella grande potenzialità umana e sociale che esprime ..."
Non posso escludere che qualcun* si faccia annebbiare dal fumo e dalla retorica populista di Tempo di essere madri, ma inviterei a riflettere (oltre che sul fatto che per molte donne la maternità non è una priorità) sui dati inerenti all'occupazione/disoccupazione femminile in Italia (tasso di disoccupazione tra i più alti d'Europa, tra le occupate part-time e precariato fanno la parte del leone e, per quante fanno un* figli* , essere licenziate in tempi brevi è il minimo ... rinvio a questo dossier). In questa realtà poco è il margine per la "scelta" e il "desiderio", margine che si restringe ancor di più nel caso delle donne migranti che subiscono anche il pesante ricatto rappresentato dal legame tra lavoro e permesso di soggiorno. Che questo "progetto" sia rivolto a poche "privilegiate" e soprattutto privilegiate "italiane doc" è la prima cosa che bisogna avere ben chiaro, magari informandosi un po' su promotori e promotrici di quest'ultima iniziativa di CasaPound.
L'iniziativa è stata presentata già in varie città dove da tempo è iniziata la raccolta firme, come a Verona (con il supporto di Marcello Ruffo, Elena Giacomini e Andrea Miglioranzi, consigliere della tristemente nota lista Tosi) e a Sassari (dove sembra addirittura che il comitato Tempo di essere madri abbia aperto una sede in via degli Astronauti, dando ulteriore conferma all'ipotesi che avevo formulato a prima vista leggendo il progetto, ovvero che fosse stato messo a punto da abitanti di altro pianeta). A Bologna e Parma sarà presentata, come dicevo, da Francesca Giovannini (coordinatrice regionale di CasaPound Emilia-Romagna) e da Maria Bambina Crognale già portavoce del gruppo DeA e ideatrice del progetto (come si afferma nel manifesto della giornata, oggi irreperibile in internet ma che mi ero premurata di scaricare qualche giorno fa). Maria Bambina, del resto, è nella redazione di Occidentale. Rivista di critica radicale ("radicale" e "non conforme" sono i due termini-prezzemolo di CasaPound e affini, con tutto il mio rispetto per il prezzemolo).
Fondata più di trenta anni fa dal Circolo dei Selvatici, animato soprattutto da reduci della RSI, Occidentale si poneva come obiettivo prioritario la difesa delle "tradizioni dell'Occidente" e la lotta contro "le menzogne dell'Occidente" e tra queste le "menzogne di Norinberga". Oggi è investita "da un'ondata giovanile" che intende continuarne e arricchirne i temi (come si legge nel sito della rivista), ondata giovanile costituita, tra gli altri, da Bambina Crognale e Gianluca Iannone, che ne è il direttore.
Così, giusto per dare qualche elemento utile ad inquadrare la cornice in cui si pone Tempo di essere madri. Il nome della campagna tra l'altro riprende parzialmente - e non so quanto consapevolmente - il titolo del capitolo Essere madri del volume di Victoria de Grazia, Le donne nel regime fascista che invito a (ri)leggere, poiché nonostante il quadro descritto dall'autrice non sia, ovviamente, sovrapponibile a quello odierno, credo possa offrire ancora notevoli spunti di riflessione.
Insomma, mi sembra che ci siano cose più piacevoli e utili da programmare per il giorno di San Valentino, ad esempio una gita romana per il No Vat ...

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