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sabato 1 giugno 2013
domenica 19 dicembre 2010
L'emancipazione malata. Sguardi femministi sul lavoro che cambia
L'emancipazione malata. Sguardi femministi sul lavoro che cambia è un volume collettivo da poco edito dalla Libera Università delle donne, chiuso dalla traduzione di alcuni stralci della bella intervista di Mathieu Trachaman a Paola Tabet (intervista che vi avevamo già segnalato in Marginalia esattamente un anno fa), La banalité de l'échange. L'emancipazione malata, raccoglie alcuni dei contributi (di Ornella Bolzani, Nicoletta Buonapace, Rosa Calderazzi, Maria Grazia Campari, Manuela Cartosio, Lidia Cirillo, Lea Melandri, Paola Melchiori, Cristina Morini, Liliana Moro, Daniela Pastor) nati dalle discussioni su donne e lavoro all'interno del collettivo Donne e Politica e nei seminari organizzati dalla Lud negli ultimi anni, contributi che si prefiggono, come si legge nella prefazione, di delineare "un femminismo di qualità diversa rispetto ad altri che pure si sono occupati dello stesso tema ... La diversa qualità consiste soprattutto nella consapevolezza che non è possibile comprendere il lavoro e le sue mutazioni, né quello degli uomini né quello delle donne, se non si posiziona il proprio angolo di visuale nell'intersezione genere/classe/cittadinanza. Non esiste una 'condizione femminile' uguale per tutte, esiste una molteplicità di posizioni femminili nella gerarchia sociale". Per una puntuale lettura del volume rinviamo alla recensione di Mariagrazia Rossilli, Femminilizzazione del lavoro: tra conflitto di classe e di genere.
(Alcuni) articoli correlati in Marginalia:
Razzismo e sessismo nel mercato del lavoro in Italia
Prima le donne e i bambini (con riserva)
Per Fathia Fickri: morire di lavoro migrante
San Valentino a CasaPound
Lavorare stanca
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mercoledì 15 ottobre 2008
Non è il Nobel (e neanche l'Oscar), comunque a Marginalia è stato conferito un premio ...

So che molt* giudicano (magari a ragione) questi premi come un inutile divertissement (anche nel senso di détournement) tra blogger, ultima frontiera delle catene di sant'Antonio e che mal si addice a un blog "serio". Sarà. Eppure, passato il primo attimo di imbarazzo, eccomi qui ad accetttare (poco tempo per spiegarvi i perché e i percome) e rilanciare , seguendo scrupolosamente le istruzioni (indicare in un post chi ti ha conferito il premio, conferirlo a tua volta ad almeno 7 blogger e avvertirli della lieta novella. Tutto va ovviamente fatto con i consueti link d'ordinanza). Dunque eseguo:
Grazie a Ventodamare per avermi assegnato il Brillante Weblog live (il premio si chiama così), una maniera molto carina di festeggiare il nostro incontro: ci eravamo persi di vista da circa una ventina d'anni (Enzo è quel che si dice un amico d'infanzia ;-) ciò che spiega, spero solo in parte, la generosità) ...
Il mio primo premio va a Paola Guazzo e al suo La nuova Towanda, inutile dire che la/lo adoro. Il suo post Time out sulle lesbiche confinate, già da solo merita un premio ...
E poi ad Incidenze, perchè sa realmente incidere, pur se l'incidenza che maggiormente di lui apprezzo e auspico è quella nel discorso filosofico piuttosto che in quello bloggesco ...
E un premio anche al blog No, no e poi no (Vat) perchè ce n' è davvero tanto bisogno e spero che il premio faccia venir voglia di tornare ad aggiornarlo ...
Per associazione di idee, un premio lo conferisco anche a No Vat - Facciamo Breccia e ad una delle sue attiviste, Graziella Bertozzo, che è stata quella che ha maggiormente subito le conseguenze della stupidità degli/delle Itali. E a questo proposito un gesto concreto di solidarietà non guasterebbe ...
E sulla scia della solidarietà (politica) un premio al blog dell'Assemblea Antifascista Permanente, perché offre strumenti indispensabili per opporsi al (e proteggersi dal) neo-fascismo spesso violento e squadristra. E che per questi strumenti di difesa è finito sotto indagine per istigazione a delinquere ...
E un'altro a L'Ombroso, blog che mi è stato segnalato non poco tempo fa da una cara amica, Martina Guerrini, in un momento in cui ero veramente molto ombrosa. Dopo mi sono sentita un pochino meglio ...
E un premio anche al blog di Gennaro Carotenuto, perchè insegna giornalismo e non risparmia critiche ai/alle giornalist* soprattutto quando fomentano razzismo e ignoranza, dà spazio a chi ha voglia di dire qualcosa, e soprattutto dice molte delle cose che vanno dette e sa come dirle/scriverle ...
Infine un premio a tutti i blog/siti segnalati nelle rubriche del mio blogroll, Eppur si muove ..., Segnaletica, Le amicheee e Altr* blog e soprattutto a quant* hanno speso un po' del loro tempo per confrontarsi/scontrarsi qui in Marginalia. Mi spiace non citarli tutti, ma loro sanno di esserci ...
Mi permetto di sollevare i blog da me premiati dall'obbligo di continuare "la catena" se non lo ritengono necessario/utile, so che il tempo è poco e prezioso. E abbiamo tanto da fare fuori dal web...
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domenica 17 febbraio 2008
Riflessioni dal margine su razzismo e sessismo
Da: bell hooks, "Riflessioni su razza e sesso", in Id., Elogio del margine. Razza, sesso e mercato culturale, Milano, Feltrinelli 1998, pp. 62-73, traduzione e cura di Maria Nadotti.
[...] Il saggio di Robin Morgan, The Demon Lover: On the Sexuality of Terrorism, parte dallo stupro. L'autrice analizza il modo in cui gli uomini, al di là di classe, razza e nazionalità, sono uniti tra loro da un'idea condivisa di maschilità che fa della mascolinità un sinonimo della capacità di affermare il proprio 'potere-su' attraverso atti di violenza e terrorismo. Poiché gli atti di terrorismo vengono commessi per lo più da uomini, Morgan vede nel terrorista "l'incarnazione logica delle politiche patriarcali in un mondo tecnologico". Non le interessa invece il sovrapporsi del discorso di razza e sesso, l'interrelazione di razzismo e sessimo. Come molte femministe radicali, Morgan crede che l'impegno con cui gli uomini mantengono il patriarcato e il dominio mascile diminuisca o cancelli la differenza.
Gran parte del mio lavoro nell'ambito della teoria femminista ha messo in rilievo quanto sia importante capire la differenza, quanto siano rilevanti i modi in cui status razziale e di classe determinano sino a che punto si possono affermare il dominio e il privilegio maschili e, ancor di più, in che forma razzismo e sessismo sono sistemi interconessi di dominio che si rafforzano e si sostengono a vicenda. Molte femministe continuano a considerarle questioni del tutto distinte e a credere che il sessismo possa essere abolito anche se il razzismo rimane intatto o che le donne impegnate nella lotta contro il razzismo non stiano sostenendo il movimento femminista. Poiché la lotta di liberazione nera viene così spesso inquadrata in termini che confermano e sostengono il sessismo, non sorpende che le bianche si chiedano se la lotta per i diritti delle donne risulterebe sminuita qualora ci si concentrasse eccessivamente sulla lotta contro il razzismo, o che molte nere, schierandosi a fianco del movimento femminista, temano ancor oggi di commettere un atto di tradimento nei confronti dei loro uomini. Entrambe queste paure sono una risposta all'equazione liberazione nera/virilità [...] Dobbiamo respingere la sessualizzazione della liberazione nere in forme che sostengano e perpetuino sessismo, fallocentrismo e dominio maschile. Anche se in Black Macho and the Myth of the Superwoman Michele Wallace ha tentato di dimostrare quanto sia sbagliata l'identificazione tra liberazione nera e affermazione di una virilità oppressiva, i neri a cui il messaggio è arrivato sono molto pochi. Sviluppando tale critica in Ain't I A Woman? Black Woman and Feminism, ho scoperto che sempre più numerose sono le donne nere che vanno rifiutando questo paradigma. A non averlo ancora rifiutato sono invece la maggioranza dei maschi neri e in particolare i nostri leader politici. Finché i neri continuano a credere che il trauma della dominazione razzista coincide con la perdita della virilità nera, è per noi inevitabile investire nel copione razzista che perpetua l'idea che tutti i maschi neri sono degli stupratori, bramosi di usare il terrorismo sessuale per esprimere la loro rabbia contro la dominazione razziale.
Oggi si assiste a una riproposizione di tali narrative. Tornano alla superficie in un momento storico in cui i neri sono sottoposti ad attacchi razzisti sempre più aperti e vistosi [...]. I media commerciali fondati sulla supremazia dei bianchi fanno di tutto perché si creda che sulla sicurezza sociale nel suo insieme pesa la minaccia dei neri, che controllo, repressione e dominio violento sono i soli mezzi efficaci per affrontare la questione.
[...] Nella nostra cultura l'immagine del maschio nero stupratore, minaccia e pericolo per la società, ha da qualche tempo un corso spettacolare. La fissazione ossessiva dei media su tali rappresentazioni è politica. Il ruolo che essa gioca nel mantenere il dominio razzista è di convincere il pubblico che i maschi neri sono una grave minaccia, che va controllata con ogni mezzo necessario, inclusa l'eliminazione fisica. E' questo il retroterra culturale che ha plasmato la reazione dei media di fronte al caso di stupro in Central Park. E i media hanno avuto un ruolo di rilievo nel modellare la reazione del pubblico. Sono in molti a servirsi di questo caso per perpetuare stereotipi sessuali e razzismo. Ironicamente, gli stessi che dichiarano di essere traumatizzati dalla brutalità di questa vicenda non esitano ad affermare che i presunti colpevoli dovrebbero essere castrati o uccisi. Essi non vedono alcun legame tra il sostenere la violenza come strumento di controllo sociale e l'uso della violenza come esercizio di controllo da parte dei presunti colpevoli. La reazione pubblica a questo caso sottolinea la diffusa incapacità di comprendere il nesso razzismo/sessismo.
Molti neri, soprattutto molti maschi neri, servendosi del paradigma sessista secondo il quale lo stupro di una bianca da parte di un nero non è che una reazione al dominio razzista, considerano la vicenda di Central Park come una denuncia del sistema razzista.[...]. Molte bianche hanno reagito al caso concentrandosi esclusivamente sulla brutalità dell'aggressione e interpretandola come atto di dominio di genere, come espressione della violenza maschile contro le donne [...]. Le nere [...] si sono concentrate unanimamente sulla natura sessista del crimine, fornendo spesso esempi di sessismo maschile nero. Dato il lavoro svolto in ambito femminista dalle donne di colore per richiamare l'attenzione sule realtà del sessismo dei loro uomini, lavoro che generalmente suscita un interesse minimo o nullo oppure viene accusato di aggressività nei confronti dei maschi neri, è ironico che, per arrivare ad ammettere che nelle comunità nere il sessismo è un problema serio, si debba passare attraverso lo stupro brutale di una donna bianca da parte di un gruppo di ragazzi neri [...].
La reazione pubblica alla vicenda di Central Park rivela sino a che punto la cultura investe in quel genere di pensiero dualistico che aiuta a rinforzare e mantenere ogni forma di dominio. Perché dovremmo decidere se questo crimine è più sessista che razzista, come se si trattasse di forme di oppressione in concorrenza tra loro? Perché i bianchi, e in particolare le femministe bianche, si sentono meglio quando i neri e soprattutto le nere, per enfatizzare l'opposizione al sessismo maschile nero all'interno del patriarcato capitalistico fondato sulla supremazia bianca, prendono le distanze dalla condizione dei maschi neri? Le nere non possono continuare a preoccuparsi seriamente dell'effetto brutale del dominio razzista sui maschi neri e allo stesso tempo denunciare il sessismo dei loro uomini? E perché mai il sessismo dei maschi di colore viene evocato come se si trattasse di un disordine sociale di marca speciale, più pericoloso, più abominevole e minaccioso del sessismo che pervade la cultura nel suo insieme, o del sessismo che informa il dominio dei bianchi sulle donne? Queste domande riportano l'attenzione sulla logica e il modo di pensare binari, che sono il fondamento filosofico dei sistemi di dominio. Chi ha a cuore il nuovo deve dunque insistere [...] sulla complessità della nostra esperienza all'interno di una società razzista e sessista [...].
Gran parte del mio lavoro nell'ambito della teoria femminista ha messo in rilievo quanto sia importante capire la differenza, quanto siano rilevanti i modi in cui status razziale e di classe determinano sino a che punto si possono affermare il dominio e il privilegio maschili e, ancor di più, in che forma razzismo e sessismo sono sistemi interconessi di dominio che si rafforzano e si sostengono a vicenda. Molte femministe continuano a considerarle questioni del tutto distinte e a credere che il sessismo possa essere abolito anche se il razzismo rimane intatto o che le donne impegnate nella lotta contro il razzismo non stiano sostenendo il movimento femminista. Poiché la lotta di liberazione nera viene così spesso inquadrata in termini che confermano e sostengono il sessismo, non sorpende che le bianche si chiedano se la lotta per i diritti delle donne risulterebe sminuita qualora ci si concentrasse eccessivamente sulla lotta contro il razzismo, o che molte nere, schierandosi a fianco del movimento femminista, temano ancor oggi di commettere un atto di tradimento nei confronti dei loro uomini. Entrambe queste paure sono una risposta all'equazione liberazione nera/virilità [...] Dobbiamo respingere la sessualizzazione della liberazione nere in forme che sostengano e perpetuino sessismo, fallocentrismo e dominio maschile. Anche se in Black Macho and the Myth of the Superwoman Michele Wallace ha tentato di dimostrare quanto sia sbagliata l'identificazione tra liberazione nera e affermazione di una virilità oppressiva, i neri a cui il messaggio è arrivato sono molto pochi. Sviluppando tale critica in Ain't I A Woman? Black Woman and Feminism, ho scoperto che sempre più numerose sono le donne nere che vanno rifiutando questo paradigma. A non averlo ancora rifiutato sono invece la maggioranza dei maschi neri e in particolare i nostri leader politici. Finché i neri continuano a credere che il trauma della dominazione razzista coincide con la perdita della virilità nera, è per noi inevitabile investire nel copione razzista che perpetua l'idea che tutti i maschi neri sono degli stupratori, bramosi di usare il terrorismo sessuale per esprimere la loro rabbia contro la dominazione razziale.
Oggi si assiste a una riproposizione di tali narrative. Tornano alla superficie in un momento storico in cui i neri sono sottoposti ad attacchi razzisti sempre più aperti e vistosi [...]. I media commerciali fondati sulla supremazia dei bianchi fanno di tutto perché si creda che sulla sicurezza sociale nel suo insieme pesa la minaccia dei neri, che controllo, repressione e dominio violento sono i soli mezzi efficaci per affrontare la questione.
[...] Nella nostra cultura l'immagine del maschio nero stupratore, minaccia e pericolo per la società, ha da qualche tempo un corso spettacolare. La fissazione ossessiva dei media su tali rappresentazioni è politica. Il ruolo che essa gioca nel mantenere il dominio razzista è di convincere il pubblico che i maschi neri sono una grave minaccia, che va controllata con ogni mezzo necessario, inclusa l'eliminazione fisica. E' questo il retroterra culturale che ha plasmato la reazione dei media di fronte al caso di stupro in Central Park. E i media hanno avuto un ruolo di rilievo nel modellare la reazione del pubblico. Sono in molti a servirsi di questo caso per perpetuare stereotipi sessuali e razzismo. Ironicamente, gli stessi che dichiarano di essere traumatizzati dalla brutalità di questa vicenda non esitano ad affermare che i presunti colpevoli dovrebbero essere castrati o uccisi. Essi non vedono alcun legame tra il sostenere la violenza come strumento di controllo sociale e l'uso della violenza come esercizio di controllo da parte dei presunti colpevoli. La reazione pubblica a questo caso sottolinea la diffusa incapacità di comprendere il nesso razzismo/sessismo.
Molti neri, soprattutto molti maschi neri, servendosi del paradigma sessista secondo il quale lo stupro di una bianca da parte di un nero non è che una reazione al dominio razzista, considerano la vicenda di Central Park come una denuncia del sistema razzista.[...]. Molte bianche hanno reagito al caso concentrandosi esclusivamente sulla brutalità dell'aggressione e interpretandola come atto di dominio di genere, come espressione della violenza maschile contro le donne [...]. Le nere [...] si sono concentrate unanimamente sulla natura sessista del crimine, fornendo spesso esempi di sessismo maschile nero. Dato il lavoro svolto in ambito femminista dalle donne di colore per richiamare l'attenzione sule realtà del sessismo dei loro uomini, lavoro che generalmente suscita un interesse minimo o nullo oppure viene accusato di aggressività nei confronti dei maschi neri, è ironico che, per arrivare ad ammettere che nelle comunità nere il sessismo è un problema serio, si debba passare attraverso lo stupro brutale di una donna bianca da parte di un gruppo di ragazzi neri [...].
La reazione pubblica alla vicenda di Central Park rivela sino a che punto la cultura investe in quel genere di pensiero dualistico che aiuta a rinforzare e mantenere ogni forma di dominio. Perché dovremmo decidere se questo crimine è più sessista che razzista, come se si trattasse di forme di oppressione in concorrenza tra loro? Perché i bianchi, e in particolare le femministe bianche, si sentono meglio quando i neri e soprattutto le nere, per enfatizzare l'opposizione al sessismo maschile nero all'interno del patriarcato capitalistico fondato sulla supremazia bianca, prendono le distanze dalla condizione dei maschi neri? Le nere non possono continuare a preoccuparsi seriamente dell'effetto brutale del dominio razzista sui maschi neri e allo stesso tempo denunciare il sessismo dei loro uomini? E perché mai il sessismo dei maschi di colore viene evocato come se si trattasse di un disordine sociale di marca speciale, più pericoloso, più abominevole e minaccioso del sessismo che pervade la cultura nel suo insieme, o del sessismo che informa il dominio dei bianchi sulle donne? Queste domande riportano l'attenzione sulla logica e il modo di pensare binari, che sono il fondamento filosofico dei sistemi di dominio. Chi ha a cuore il nuovo deve dunque insistere [...] sulla complessità della nostra esperienza all'interno di una società razzista e sessista [...].
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