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lunedì 13 maggio 2013

Boccassini orientalista

Nella requisitoria al processo che vede imputato Silvio Berlusconi la pm Ilda Boccassini - che ha chiesto di condannare il leader del Pdl a cinque anni per concussione e ad un anno per sfruttamento prostituzione minorile - ha evocato la "furbizia orientale, propria delle sue origini" di Karima El Marough detta Ruby. Mentre anche Suad Sbai si indigna poiché "non tutte le donne orientali o arabe tengono atteggiamenti come quelli di cui si sta dibattendo nel processo", noi dobbiamo ancora una volta constatare la pervasività di una cultura neo-coloniale-orientalista-razzista-sessista che sembra non risparmiare nessuno/a. Grazie a Alessandra Gribaldo per la segnalazione // L'immagine  è un'opera di Ellen Gallagher, Odalisque (2005)

venerdì 15 marzo 2013

Orientalismi italiani / Una recensione

Nell'ultimo numero di Zapruder. Rivista di storia della conflittualità sociale, dal titolo Primavere rumorose, a cura di Marco Armiero, Stefania Barca e Andrea Tappi, è stata pubblicata la mia recensione al primo volume, curato da Gabriele Proglio, del progetto Orientalismi italiani, di cui nel frattempo è stato pubblicato il secondo volume ed è in preparazione il terzo. Buona lettura // "Orientalismi italiani / 1 è il primo risultato di un progetto più vasto – di cui è imminente la pubblicazione di un altro volume alla quale seguirà presto un terzo – avviato più di un anno fa, con l'intento di far emergere le specifiche "geografie immaginarie" sul cosiddetto Oriente così come si configurano nelle narrazioni di molteplici soggetti italiani/e: viaggiatori e viaggiatrici, missionari, avventurieri, esploratori, militari, mercanti o anarchiche come la milanese Leda Rafanelli, figura al centro del saggio di Barbara Spackman. Se infatti, come scrive Proglio nell'introduzione, le ricerche sulla costruzione dell'immaginario europeo e dell'oriente si sono moltiplicate dal 1978, anno di uscita di Orientalism di Edward Said, ancora poco indagate risultano le fonti italiane, un aspetto che è indubbiamente indicativo della tardiva ricezione di questo filone di studi nel nostro paese dove, del resto, lo stesso volume di Said è stato tradotto e pubblicato, con un significativo ritardo, solo nel 1991. Il progetto si pone dunque l'obiettivo ambizioso di cominciare a colmare questo vuoto ma anche di superare alcuni punti di criticità dell'impianto saidiano, evitando sia di assumere il discorso "orientalista" come «statico, uniforme e semplicemente ripetitivo» (p. 10) che le trappole costituite da una lettura che, insistendo sulla ricerca di omogeneità, rischia continuamente di non mettere a fuoco «il nesso tra spazi ipotizzati e realmente occupati, i 'nostri' tanto quanto i 'loro'» (p.11). A partire dalla scelta del plurale del titolo, così come in quella di non porre confini sia temporali che geografici – si va ad esempio dal Seicento, con il saggio di Margherita Trento sull'opera di evangelizzazione dei gesuiti in India nel primi anni del XVII secolo, al periodo del dopoguerra con gli stereotipi presenti negli scritti di reduci del 'fronte orientale' russo-sovietico indagati da Simone Attilio Bellezza –, questo primo volume offre una panoramica non scontata delle diverse forme che il discorso "orientalista" ha assunto nel contesto italiano anche attraverso l'utilizzo – di fianco a tematiche "classiche" come quella del viaggio (come nel saggio di Francesco Surdich sul viaggio compiuto da Monsignor Bonomia Bonomelli alla fine dell'Ottocento o in quello di Anna Calia sui viaggiatori veneziani tra fine del quindicesimo e inizi del sedicesimo secolo o il saggio di Paolo Orvieto sull'"altro orientale") – di tematiche o contesti meno usuali, ad esempio la musica (al centro del saggio di Stefano A.E. Leoni), i giochi da tavolo italiani tra fine Ottocento e metà del Novecento presi in esame da Marta Villa o le reazioni al cibo locale di viaggiatori e residenti italiani in India tra 1860 e 1930 indagate da Antonella Viola. Contemporaneamente il volume esplicita chiaramente la necessità di cogliere le continuità e le discontinuità tra passato e presente delle diverse e articolate rappresentazioni stereotipe dell''oriente' anche coloniale – come l'Etiopia tratteggiata da Marco Demichelis o la Libia nel saggio di Luigi Benevelli –, mettendo in luce le trasformazioni di cui sono oggetto e le forme che assumono nell'attualità, questione che emerge con chiarezza in alcune riflessioni presenti nell'intervista di Simone Brione alla scrittrice Shirin Ramzanali Fazel, autrice di Lontano da Mogadiscio (1994), uno dei primi romanzi italiani della letteratura detta "di migrazione" (Vincenza Perilli, in Zapruder, n. 31, 2013)

domenica 10 marzo 2013

Femministe a parole / Una recensione di Graziella Gaballo

Sull'ultimo numero, il cinquantaduesimo, di Quaderno di storia contemporanea, è stata pubblicata una recensione di Graziella Gaballo, che ringraziamo , al nostro Femministe a parole. Grovigli da districare. Con il consenso dell'autrice la pubblichiamo, buona lettura! " Femministe a parole è un volume sulle questioni controverse (i “grovigli”) che hanno attraversato il dibattito femminista nel corso degli ultimi anni. Anticolonialismo,   biomedicina, femminismo islamico, globalizzazione, prostituzione, relativismo culturale, veline, welfare sono solo alcuni dei temi intorno ai quali quarantaquattro autrici - tutte femministe, ma con percorsi ed esperienze diverse - cercano di costruire un “dizionario ragionato”, facendo i conti, appunto, con le parole e invitando a continuare la discussione. L’obiettivo è sostanzialmente quello di fare luce su alcuni concetti chiave intorno ai quali si sono generati approcci teorico-femministi, di matrice prevalentemente anglosassone, quali l’intersezionalità, il pensiero post-coloniale, le teorie queer e l’etica del posizionamento, con la consapevolezza da una parte che il linguaggio non è affatto neutro, ma riflette e veicola rapporti di dominazione e che le parole sono sempre state imbevute di ideologie sessiste, razziste e classiste e dall’altra che non si è qui di fronte a questioni puramente lessicali, perché ogni parola “fa problema” - “groviglio”, appunto - all’interno di un recupero del pensiero della complessità. Nella lettura del libro ognuno può ritagliarsi – volendo - un proprio percorso, privilegiando alcune piste rispetto ad altre: ad esempio, il tema del post colonialismo può essere affrontato attraverso le voci Anticolonialismo. Tradite e traditrici (Anna Vinzan); Bianchezza. Il colore del privilegio (Gaia Giuliani); Colonizzatrici. Itinerari femminili nell’età dell’imperialismo (Catia Papa); Femminismo postcoloniale (Caterina Romeo); Neo-orientalismo. Il ritorno di Shahrazad (Jamila M.H. Mascat); Razza. Come liberarsene? (Valeria Ribeiro Corossacz); Relativismo culturale. Contro etnocentrismo e universalismo particolare (Annamaria Rivera); Subalterna. Ai margini del femminismo (Angela D’Ottavio); Velate e svelate. Gli imbrogli del colonialismo (Chiara Bonfiglioli). E tutto questo attraversando, per esemplificare in modo più concreto, le questioni relative al carattere plurisemico del velo islamico, che si pone all’intersezione tra identità di genere, religiosa e culturale, con le sue diverse interpretazioni a seconda dei contesti storici: simbolo di arretratezza e di barbarie, se visto con gli occhi dei colonizzatori europei; simbolo di resistenza al colonialismo e di opposizione all’imperialismo occidentale, se visto nel contesto dei movimenti di decolonizzazione; e ancora simbolo di agency - autonoma capacità di agire – se visto con gli occhi delle giovani donne di seconda generazione che si servono del velo anche per marcare la propria duplice appartenenza, ma anche con gli occhi di femministe e attiviste orientali che rispondono all’accusa per le donne islamiche di tradimento dei valori nazionali, religiosi e culturali autoctoni rigettando, attraverso una argomentata rilettura delle fonti sacre dell’islam, l’apparente contraddizione tra fede e femminismo. Oppure esplorando il rapporto troppo a lungo poco studiato tra donne europee e cultura coloniale, attraverso le numerose figure di donne che hanno popolato tra Ottocento e Novecento lo spazio coloniale, come mogli di coloni o amministratori, ma anche come viaggiatrici, geografe, missionarie, riformatrici sociali o percorrendo la riscrittura della grande narrazione del femminismo bianco, eterosessuale, di classe media e mettendo in discussione il concetto di sorellanza globale, esaminando le disuguaglianze tra donne che provengono da contesti geopolitici differenti. Perché, se dal relativismo culturale (inteso non come posizione dottrinale, ma come disposizione epistemica e postura metodologica) ha preso le mosse le critica femminista dell’ideologia universalista (nata da un frammento della filosofia europea e fondata su una sola cultura, per cui la vera umanità è bianca, maschile, europea), un orientamento in tal senso è però riemerso in ambienti femministi - ad esempio proprio a proposito dell’affaire del velo, ma non solo - ed è riconducibile al “fardello della donna bianca”, cioè alla presunta missione civilizzatrice che imporrebbe di emancipare anche contro la loro volontà le altre donne, ritenute vittime passive di oppressione. Credo possano bastare questi pochi rimandi a dare la misura dell’interesse e della complessità di questo lavoro a più mani intorno ai nodi tematici che maggiormente caratterizzano i saperi e le pratiche del femminismo" (Graziella Gaballo in Quaderno di storia contemporanea, n. 52, 2013)

giovedì 7 marzo 2013

Femministe a parole in tournée / Le prossime date del tour

 Mentre Femministe a parole si appresta a festeggiare il suo primo "compleanno" - la prima presentazione del volume, fresco di stampa, risale infatti al 27 aprile dello scorso anno alla Casa internazionale delle donne di Roma -, continua la nostra aggrovigliata tournée. Ecco le prossime date del tour (per le precedenti vedi qui, quo e qua): anzitutto domani pomeriggio Femministe a parole sarà ospite della trasmissione che il laboratorio Sguardi sui Generis curerà all'interno della maratona radio in occasione dell'8 marzo durante la quale diverse realtà (dal collettivo Me-deA a Zeroviolenzadonne) si daranno il cambio ai microfoni di Radio Onda Rossa e Radio Blackout, grazie alle redattrici di Mfla e Interferenze che su entrambe le emittenti curano spazi radio autogestiti. Sempre nella giornata di domani saremo in serata al Circolo Maurice di Torino per una presentazione organizzata dalle compagne dell'AltraMartedì. Infine (per ora!) il 19 marzo alle ore 17.30, saremo a Firenze (in via dell'Agnolo, 5), ospiti de Il giardino dei ciliegi, per un'altra presentazione, di cui vi daremo prestissimo maggiori info. Ringraziamo tutte/i per il supporto alla diffusione e discussione collettiva del volume!

domenica 7 ottobre 2012

Il velo nell'Islam alla Libreria delle Moline

Mercoledì 10 ottobre, alle ore 18.30, presso la Libreria delle Moline, (via Delle Moline, 3 - Bologna), presentazione del volume Il Velo nell'Islam. Storia, politica, estetica (Carocci, 2012) di Renata Pepicelli. Ne discuteranno con l'autrice Azzurra Meringolo, Sandro Mezzadra e Vincenza Perilli

mercoledì 27 giugno 2012

Orientalismi italiani / 2

Il progetto Orientalismi italiani si arricchisce di un nuovo volume, sempre a cura di Gabriele Proglio, che a meno di un anno dalla pubblicazione del primo (di cui nel numero 29 di Zapruder uscirà finalmente una mia, purtroppo breve, recensione), fornisce ulteriori preziosi tasselli alle ricerche sulla costruzione dell’immaginario europeo sull/dell’Oriente. Nel sito dell'editore, la presentazione e l'indice del volume in pdf

lunedì 23 aprile 2012

Femministe a parole. Grovigli da districare


Dal nove maggio sarà in libreria Femministe a parole. Grovigli da districare. Curato da Sabrina Marchetti, Jamila M.H Mascat e Vincenza Perilli e pubblicato nella collana sessismoerazzismo della casa editrice Ediesse, Femministe a parole è un volume sulle questioni controverse che hanno attraversato il dibattito femminista nel corso degli ultimi anni: il multiculturalismo e i diritti delle donne, l’Islam in Europa e l’affaire du voile, la condizione postcoloniale e l’impatto delle migrazioni, il rapporto tra universalismo e relativismo culturale, il ruolo dei corpi e la performance dei generi. Intorno a questi temi, e molti altri ancora, nasce un dizionario ragionato delle contraddizioni, degli ossimori e delle domande complicate: un dizionario di «grovigli» redatto da 44 autrici, tutte femministe con percorsi ed esperienze diverse, che si cimentano nell’impresa non facile di fare i conti con le parole. La scrittrice afroamericana bell hooks ci ricorda che il linguaggio è «anche un luogo di lotta». Molto prima di lei Virginia Woolf si rammaricava del fatto che alle donne mancasse il tempo di coniare parole nuove, sebbene il linguaggio ne avesse veramente bisogno. Una delle più importanti lezioni che il femminismo ci ha trasmesso, infatti, è che il linguaggio non è affatto neutro, ma riflette e veicola rapporti di dominazione. E visto che le parole sono sempre state imbevute di ideologie sessiste, razziste e classiste, le femministe hanno costantemente sentito il bisogno di condurre delle battaglie contro e dentro il linguaggio.Per le femministe di oggi, però, prendere la parola sul mondo è diventato sempre più complicato: che dire del velo, delle veline, delle modificazioni genitali e della chirurgia estetica? Della famiglia, del sex work, del postporno? Che dire di Dio, della poligamia, del welfare e della globalizzazione? Le identità sono un bene o un male? E le culture sono solo quelle «degli altri»? Le risposte non sono a portata di mano, ma grazie a questi interrogativi il pensiero delle donne è chiamato a riattivare la capacità di convivere con le contraddizioni, riscoprendo così la sua vocazione eterogenea e plurale. Indice delle voci e delle autrici: Anticolonialismo (Anna Vanzan) – Autodeterminazione (Tamar Pitch) - Backlash (Jamila M.H. Mascat) – Bianchezza (Gaia Giuliani) – Biomedicina (Olivia Fiorilli) – Cittadinanza ( Alessandra Sciurba ) – Classe (Andrea D’Atri) – Colonizzatrici (Catia Papa) – Colore (Valeria Ribeiro Corossacz) - Cristiane (Sara Cabibbo) - Differenza ( Lea Melandri ) – Donne di destra ( Isabella Peretti e Barbara Mapelli ) - Europa (Enrica Rigo) – Famiglie (Gaia Giuliani) – Femminismo islamico (Renata Pepicelli) - Femminismo postcoloniale (Caterina Romeo) – Femminismo transazionale (Elisabetta Pesole) – Generazioni migranti ( Giulia Cortellesi ) – Globalizzazione (Laura Ronchetti) – Integrazione (Silvia Cristofori) – Intersezionalità ( Vincenza Perilli e Liliana Ellena) – Lesbica (Elisa A.G. Arfini) – Madre-patrie (Isabelli Peretti) – Mamme col fucile (Inderpal Grewal; trad. Ambra Pirri ) – Maternità surrogata ( Daniela Danna ) – Matrimoni ( Daniela Danna ) – Migranti (Francesca Brezzi) – Modificazioni (Beatrice Busi) - Multiculturalismo (Laura Ronchetti) – Neo-Orientalismo (Jamila M.H. Mascat) – Noir (Stefania Vulterini) – Omonazionalismo (Barbara De Vivio e Suzanne Dufour) – Poligamia (Maria Rosaria Marella) - Postporno (Rachele Borghi) – Prostituzione ( Giulia Garofalo ) – Queer (Monica Pietrangeli) – Razza (Valeria Ribeiro Corossacz) – Relativismo culturale ( Annamaria Rivera ) – Riproduzione assistita (Alessandra Gribaldo) – Serva & padrona ( Sabrina Marchetti ) – Sesso/genere (Liliana Ellena e Vincenza Perilli ) – Spazio (Rachele Borghi) – Subalterna (Angela D’Ottavio) – Sviluppo sostenibile ( Daniela Danna ) – Tricolore (Sonia Sabelli) – Uomo (Laboratorio Smaschieramenti) – Velate e svelate (Chiara Bonfiglioli) – Veline (Giovanna Zapperi e Alessandra Gribaldo) – Welfare transnazionale ( Flavia Piperno).

martedì 13 marzo 2012

Per un femminismo senza orientalismo / Pour un féminisme sans orientalisme

"En 1978, l'écrivain palestinien Edward Said développait aux Etats-Unis une analyse critique de l'orientalisme qui demeure d'actualité : en renvoyant l'Orient dans une altérité radicale, cette représentation savante a fonctionné dans l'Europe colonisatrice comme une opération de pouvoir d'autant plus efficace qu'elle se niait comme telle. Hier comme aujourd'hui, l'orientalisme renvoie en miroir l'image d'un "occidentalisme" : c'est un même culturalisme qui dessine les figures inversées, mais pareillement imaginaires, de l'Orient et de l'Occident. Depuis la fin de la guerre froide, comme au temps des colonies, l'orientalisme connaît de beaux jours. La rhétorique du "conflit des civilisations", dont l'intellectuel américain Samuel Huntington s'est fait le héraut en 1993, inspire aujourd'hui notre ministre de l'intérieur : selon Claude Guéant, "toutes les civilisations ne se valent pas". Depuis le 11-Septembre, on parle même d'un "conflit sexuel des civilisations" : contre l'islam en particulier, on a découvert les vertus de l'égalité entre les sexes pour mieux stigmatiser l'immigration. Ainsi, avant de se convertir tout récemment, à l'occasion de la controverse sur l'abattage halal, à la défense des droits des animaux, nos gouvernants invoquaient déjà les droits des femmes : au contraire d'"eux", "nous" traiterions bien les femmes. Pendant la campagne présidentielle de 2007, c'est en ces termes que Nicolas Sarkozy justifiait la création d'un ministère de l'immigration et de l'identité nationale : il définissait celle-ci, par contraste avec celle-là, en termes "républicains" : chez nous, "les femmes sont libres". Autrement dit, "chez eux", elles ne sauraient l'être : polygamie, mariages forcés, viol ou virginité imposée, hijab voire niqab, tel serait l'ordinaire, forcément sexiste, des "autres". D'un côté, la démocratie choisie ; de l'autre, l'oppression subie. Or, cette rhétorique s'applique à l'intérieur ou à l'extérieur de nos frontières - au Maghreb ou dans les banlieues : la sollicitude affichée pour les femmes justifie le rejet du garçon arabe comme de l'islamiste barbu. C'est ainsi qu'en Europe le supposé "conflit sexuel des civilisations" a paré la xénophobie et le racisme des atours de la démocratie sexuelle.Les révolutions arabes sont venues bousculer cette vision du monde. D'un seul coup, on s'est interrogé : la démocratie n'était-elle pas du côté des peuples qui se soulevaient contre la dictature, plutôt que des gouvernements européens qui sous-traitaient au dictateur libyen la gestion des immigrés pour ne pas s'embarrasser des droits de l'homme, ou qui proposaient aux dirigeants algériens et tunisiens, pour résister à la pression d'une rue assoiffée de liberté, "le savoir-faire, reconnu dans le monde entier, de nos forces de sécurité" ? Deux réactions se dessinent depuis lors, qui visent à préserver, nonobstant l'actualité, le partage rhétorique entre "eux" et "nous". La première consiste à renoncer à s'encombrer de démocratie sexuelle : d'un seul coup, les droits des femmes paraissent moins urgents. C'est bien dans le contexte du "printemps arabe" qu'on peut comprendre l'humeur du chef de l'Etat français s'interrogeant, le 8 mars 2011, sur l'utilité de ce qu'il appelait "la Journée de la femme" : "C'est sympathique, il faut le faire, enfin parfois il faudrait qu'on se concentre sur l'essentiel." Et d'insister : "Il y aurait beaucoup à dire parce que ça voudrait dire que les autres, c'est des journées des hommes alors ? Très curieux quand même comme système. Franchement." Ce n'est donc pas un hasard si, à la rentrée 2011, la Droite populaire emboîte le pas à Christine Boutin, présidente du Parti chrétien-démocrate, pour dénoncer l'introduction du "genre" dans des manuels de sciences et vie de la Terre : contre Simone de Beauvoir, il s'agit, pour ces conservateurs, de réhabiliter l'idée qu'on naît femme, plutôt qu'on ne le devient. S'il n'est pas surprenant que l'aile la plus réactionnaire de la majorité gouvernementale s'engage dans une telle croisade, il est plus remarquable qu'elle obtienne le soutien de ses dirigeants. Tout se passe comme si l'on revenait alors aux années 1990 : contre le "féminisme à l'américaine", accusé de dénaturaliser la différence des sexes en parlant de gender, il faudrait refonder en nature l'ordre sexuel. Après les révolutions arabes, le "conflit sexuel des civilisations" appartiendrait-il au passé ? A côté de cette droite désorientée, une autre réaction se fait entendre, qui s'emploie à préserver le lien entre féminisme et orientalisme : loin de renouer avec les valeurs chrétiennes, il revendique un combat pour la laïcité fondant l'Occident sur l'héritage des Lumières. Et de s'inquiéter de l'islamisme, qui menacerait la liberté des femmes après les révolutions davantage encore que sous les dictatures. L'illusion démocratique serait dissipée dans le monde arabe par l'échec de la démocratie sexuelle : la libération des peuples s'avérerait une simple ruse de la domination masculine. Le féminisme est ainsi confronté à un dilemme. Sans doute ne risque-t-il pas d'être attiré par la Droite populaire, peu suspecte d'engagement dans la lutte contre le sexisme. Cependant, certaines féministes ne peuvent-elles être tentées, à l'instar d'Elisabeth Badinter, de juger qu'"en dehors de Marine Le Pen, plus personne ne défend la laïcité" ? Mais à l'inverse, refuser toute compromission avec la xénophobie et le racisme condamne-t-il à nier les menaces qui pèsent encore sur les droits des femmes dans le monde arabe ? Il convient de récuser une telle alternative. Pour écarter toute instrumentalisation au service de la politique d'identité nationale, il suffit de rappeler que les menaces contre les femmes ne définissent pas une civilisation plutôt qu'une autre ; elles traversent toutes les sociétés. Sans doute le conservatisme des islamistes n'est-il guère rassurant ; mais le conservatisme sexuel est bien présent en France aussi, à l'heure ou le Front national veut cesser de rembourser les "avortements de confort", tandis que Nora Berra, secrétaire d'Etat à la santé, s'oppose à la gratuité et à l'anonymat de la contraception pour les mineures. Autrement dit, au Maghreb comme en France, il s'agit de politique, et non de culture. Contre le culturalisme du "conflit des civilisations", il faut miser sur un féminisme sans orientalisme. Face à la droite désorientée, c'est le moment de désorientaliser le féminisme" (Eric Fassin, Le Monde, 10 marzo 2012).

lunedì 20 febbraio 2012

Orientalismi italiani / 1

Finalmente in libreria il primo volume del progetto Orientalismi italiani, di cui qualche mese fa avevamo pubblicato il cfp. A cura di Gabriele Proglio e pubblicato dalla casa editrice Antares, Orientalismi italiani 1 raccoglie diversi interventi di studiosi e studiose (Francesco Surdich, Margherita Trento, Simone Attilio Bellezza, Barbara Spackman, Marco Demichelis, Marta Villa, Luigi Benevelli, Stefano A. E. Leoni, Anna Calia, Paolo Orvieto, Simone Brioni, Antonella Viola) che, con i loro saggi, offrono uno sfaccettato  quadro d'insieme attraverso il quale riconsiderare, come scrive Gabriele Proglio nell'introduzione, le rappresentazioni, gli immaginari, i tempi e gli spazi delle forme italiane assunte dall'orientalismo, senza porre confini disciplinari o teorici, ma provando a scorgere le continuità-discontinuità di narrazioni tra passato e presente, adottando un approccio tanto sincronico quanto diacronico. Attraverso la disamina di come viaggiatori, missionari, avventurieri, esploratori, militari e mercanti - o anche donne, come l'anarchica Leda Rafanelli -, raccontarono l’Oriente (e per gli argomenti trattati rinviamo all' indice del volume), questo libro parla anche di 'italiani' ante-litteram, non solo nel senso della formazione dell'unità nazionale - questione quanto mai d'attualità viste le recenti celebrazioni dei centocinquant'anni dell'unità d'Italia -, ma anche di processi che, nati ben prima del 1861, furono ereditati e riutilizzati nella formazione dell'immaginario soggettivo e intersoggettivo sugli/sulle "altri/e".

martedì 10 gennaio 2012

Sotto il velo dei media. Semiotica dell’hijab tra Oriente e Occidente

Segnaliamo l'uscita del venticinquesimo Quaderno di Donne e Ricerca, Sotto il velo dei media. Semiotica dell’hijab tra Oriente e Occidente di Simona Stano. Con una prefazione di Massimo Leone, il Quaderno - dopo una contestualizzazione storico-politica dell'argomento trattato - offre un'interessante rilettura delle retoriche dell'alterità (A. Rivera, 2005) messe in campo dai media a proposito del cosiddetto "velo islamico", con una puntuale ricerca su alcune testate giornalistiche (quali l'inserto settimanale di Repubblica D La Repubblica delle donne e la rivista di moda Vogue Italia), dalla quale emerge come le  rappresentazioni della "dona velata" che queste riviste offrono sono per la maggior parte costruite intornoal velo come sofferenza e sottomissione. Sotto il velo dei media. Semiotica dell’hijab tra Oriente e Occidente è consultabile sul sito web del CIRSDe e sulla piattaforma AperTo.

(Alcuni) articoli correlati in Marginalia:

In nome del burqa: cronache di ordinario razzismo e sessismo
Ma sottomessa a chi?
Avvistato burqa, Ufo postcoloniale?
Daniela Santanché e le nuove cerimonie di svelamento
Burqa Laptop
Veli svelati. Soggettività del velo islamico

Il burqa e le pseudo-femministe

domenica 1 gennaio 2012

Donne e genere nel contesto coloniale / Femmes et genre en contexte colonial / Women and gender in a colonial context


Il convegno internazionale Femmes et genre en contexte colonial che si svolgerà a Parigi dal 19 al 21 gennaio (per il programma dettagliato rinviamo al sito del Centre d’histoire de Sciences Po), presenterà le relazioni di circa settanta ricercatrici/ricercatori provenienti da 17 differenti paesi che cercheranno di restituire la ricchezza delle interazioni tra storia delle donne, genere e colonialismo, per far emergere tratti comuni e specificità delle vicende coloniali europee, così come le ambivalenze, le contraddizioni, le tensioni, le fratture inerenti questo processo.

martedì 13 dicembre 2011

Femminismi nel mediterraneo

All'interno del seminario permanente sui femminismi globali - che intende "mettere al centro della riflessione i sistemi di pensiero, le pratiche e le reti di relazione dei femminismi nelle loro varie declinazioni storiche e geografiche" -, la Società Italiana delle Storiche in collaborazione con la Società Italiana per lo Studio della Storia Contemporanea e l'Università degli Studi di Bologna, Facoltà di Scienze Politiche, organizza la giornata seminariale Femminismi nel mediterraneo, con interventi - tra le altre - di Raffaella Baritono, Renata Pepicelli, Leila El-Houssi e Anna Vanzan. Per maggiori info rinviamo al programma dettagliato nel sito della Sis.

lunedì 31 ottobre 2011

Anarchiche, crocerossine, madri italiane e donne arabe. Figure femminili durante la prima guerra coloniale libica

In attesa che sia online la registrazione audio/video (a cura di XM24, che ringraziamo insieme a tutto il Comitato pro-Masetti), della giornata di studi di ieri su Augusto Masetti e l'invasione coloniale della Libia (di cui presto usciranno anche gli atti), pubblichiamo l'abstract del nostro intervento "Anarchiche, crocerossine, madri italiane e donne arabe. Figure femminili durante la prima guerra coloniale libica" : Negli ultimi anni numerose ricerche sul nazionalismo e l'imperialismo hanno messo in luce come metafore e rappresentazioni sessiste della cosiddetta "differenza dei sessi" siano non solo alla base della costituzione stessa dell'idea di "nazione" (all'interno della quale ri-definiscono gerarchie sociali e sessuali) ma anche strettamente connesse alle ideologie e alle pratiche razziste del dominio coloniale. Per il contesto italiano gli anni a cavallo della guerra italo-turca e della successiva invasione di Tripolitania e Cirenaica, rappresentano in questo senso un momento cruciale . Da una parte, infatti, è in questo periodo che si consolida la costruzione di una certo modello di femminilità (la "donna italiana" come "madre eroica" ), processo che già si era avviato nel periodo che va dalla proclamazione dell'Unità d'Italia alla sconfitta di Adua per arrivare alle soglie dell' "impresa tripolina". Dall'altra, lungo precisi assi di differenziazione e gerarchie di "razza", genere e classe, la costruzione di questa "donna nuova" si definisce anche in opposizione e in stretta relazione con le coeve rappresentazioni di altre figure femminili delineate come modelli negativi: dalle oppositrici alla guerra coloniale (anarchiche e antimilitariste in primis) che con il loro comportamento offendevano la "fierezza delle madri", alle "donne arabe", figure ambivalenti sospese continuamente tra fascinazione e ripulsa, ma delle quali sarà spesso sottolineato, in specie sulla grande stampa favorevole all'"impresa", la mancanza della più importante (o forse unica) delle muliebri virtù, l'abnegazione materna (Vincenza Perilli).

venerdì 15 luglio 2011

Citizenship after Orientalism / Call for Papers

The Oecumene project is pleased to announce its first Symposium Citizenship after Orientalism (6-11 February 2012, The Open University, Milton Keynes - UK).The Symposium will include: A Conference ‘Opening the Boundaries of Citizenship’, CFP now open (deadline 12 Sept 2011); An International PhD School ‘Tracing Colonialism and Orientalism in Social and Political Thought’, we are receiving applications until 12 Sept 2011;A series of workshops addressing specific topics on critical new ways of conceptualising citizenship (mainly by invitation, although there are some places available).Keynote speakers: Judith Butler (University of California, Berkeley), Paul Gilroy (LSE), Bryan Turner (CUNY), Engin Isin (The Open University). PhD School Conveners: Ian Almond (Georgia State University), Roberto Dainotto (Duke University).The first Symposium will explore what it means to open up the boundaries of citizenship. How can we give an account of other ways of being political? Which political practices have been rendered inarticulable as political by exclusionary ideas of citizenship? These questions seem most relevant today, in light of the contemporary re-articulation of orientalist and colonial projects, the increasing popular discontent towarhttp://www.blogger.com/img/blank.gifds renewed exclusionary logics, and the contested meanings of democratic politics across boundaries. The call for papers and applications are now open. For further details please visit our website: www.oecumene.eu

giovedì 19 maggio 2011

Orientalismi italiani

Vi segnaliamo il call for paper per una nuova pubblicazione, a cura di Gabriele Proglio,  Orientalismi italiani. Le ricerche sulla costruzione dell’immaginario europeo dell’Oriente si sono moltiplicate dal 1978, anno di uscita di Orientalism di Edward Said. La traduzione italiana fu data alle stampe dai tipi di Bollati Boringhieri solo nel 1991: un ritardo importante che, probabilmente, è indicativo della mancata recezione di questo tipo di studi. Molti studiosi dopo il lavoro di Said posero attenzione alle geografie immaginarie o, per riprendere una felice definizione di Vico, al “mondo delle narrazioni”. Ciononostante ci pare che le fonti in questo ambito di ricerca siano ancora poco indagate. Come fu raccontato l’Oriente? Quale la relazione tra narratore e narrazione orientalista? Quali i progetti sottesi a questi testi? L’intento di questo volume è di raccogliere contributi sugli orientalismi italiani, cioè su come viaggiatori, missionari, avventurieri, esploratori, militari e mercanti raccontarono l’Oriente. In quale epoca? In epoca moderna e contemporanea. La pubblicazione è però aperta a scritti che si riferiscano ad epoche precedenti: l’intento è di non porre dei confini temporali, ma di scorgere le continuità-discontinuità di narrazioni tra passato e presente. Ciò significa parlare di ‘italiani’ ante-litteram, non solo nel senso della formazione dell’Unità nazionale, ma anche di processi che, nati ben prima del 1861, furono ereditati e riutilizzati nella formazione dell’immaginario soggettivo e intersoggettivo. Inoltre, viene utilizzato il plurale – orientalismi italiani – proprio per indicare la multiforme presenza di soggetti che, con differenti progetti, narrarono in modi molteplici gli Orienti ad est, ma anche a sud, della penisola. Se nominare – cioè definire tramite il racconto, con la scrittura – significa descrivere, l’intento dei viaggiatori è di organizzare quanto scoperto secondo una gerarchia conosciuta, quella eurocentrica. In tal senso tutto, tanto gli usi e le abitudini legati alla ‘razza’ e al genere, quanto la ricostruzione del passato dei popoli orientali, serve ad imporre vincoli di soggezione, di dipendenza. Nulla viene lasciato al caso: non ci si dimentica di classificare l’invisibile sia nel senso del non-visibile in Europa (animali, piante, luoghi…), sia del non percepibile in Oriente. Le pagine, percorrendo questa seconda declinazione, si riempiono di mostri e di magia; si cercano spiegazioni sopranaturali di eventi climatici e ambientali non conosciuti in Europa. Dunque la conoscenza di nuovi territori e il relativo racconto non hanno solamente il compito di scoprire, ma anche di classificare, cioè di porre un ordine, di creare nuove categorie: passo imprescindibile per far attecchire progetti coloniali, economici, politici e religiosi. Sono benvenuti interventi che affrontano una o più delle seguenti tematiche: Relazioni fra biografia del viaggiatore, racconto e motivazioni politiche, religiose, economiche; ‘Razza’ e/o genere: la narrazione come forma di potere; Cibo e alimentazione; Memoria e passato: cercare le origini delle civiltà per proporre una gerarchia eurocentrica; La donna orientale; L’invisibile: mostri, spiritismo, incantesimi e magia, ma anche eventi sopranaturali. Gli abstract (massimo 300 battute + un breve cv)devono essere inviati entro e non oltre il 15 giugno 2011 all’indirizzo gabriele.proglio/at/unito.it. La comunicazione di accettazione dell'abstract è prevista per il 30 giugno, mentre la data ultima per l'invio dei saggi (di max 40 mila battute) è prevista per il 30 settembre. L'uscita del volume, presso la casa editrice Antares, è prevista per fine ottobre - metà novembre 2011.