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giovedì 17 dicembre 2015

Storie in movimento ricorda Mario Dondero / Obiettivi bellici. Raccontare la guerra con le immagini

La sera del 13 dicembre se n’è andato Mario Dondero. Lo vogliamo salutare rileggendo un suo intervento pubblicato su «Zapruder», n. 2 (settembre-dicembre 2003), Obiettivi bellici. Raccontare la guerra con le immagini.L'articolo è online sul sito di Sim: http://storieinmovimento.org/2015/12/15/ciao-mario/

martedì 27 ottobre 2015

Femministe / Presentazione al cinema Europa

Stasera, 27 ottobre 2015 alle ore 20, all'interno della rassegna curata da Kinodromo presso il cinema Europa (via Pietralata 55 - Bologna) presentazione della graphic novel di Antonella Selva Femministe. Una storia di oggi, pubblicata dalla casa editrice Nuova S1 nella collana Il Girovago. Per questo bel fumetto ho scritto la postfazione e stasera ci sarò, quindi spero di incontrarvi numeros@

sabato 17 ottobre 2015

Les statues meurent aussi

Fotogramma dal cortometraggio Les statues meurent aussi (1953) di Alain Resnais e Chris Marker. Probabile immagine del Simposio di InteRGRace (a breve programma, intanto vi risegnalo la call, deadline 1 novembre). Grazie a Federica Timeto per la suggestione

domenica 31 maggio 2015

Black Icons / Reminder

Sul sito di Postcolonialitalia il programma completo del seminario di ricerca su 'razza' e visualità Black Icons, che si terrà il 3-4 giugno a Padova . Fate circolare, pleeeeease ;-) Presto reminder anche per il convegno bolognese del 5 giugno, Le esclusioni della bellezza organizzato da InteRGRace, Modi e Csge ...

giovedì 30 aprile 2015

Je ne suis pas féministe, mais ...

Mi è arrivato da qualche giorno via posta il dvd con i due ultimi film di Florence e Sylvie Tissot, Je ne sui pas féministe, mais ... e L'Abécédarie de Christine Delphy, corredati da un delizioso piccolo libretto con foto bellisisme ,tra le quali una Delphy bambina che si accende la pipa ... Terribile, ma ancora non ho trovato il tempo per vedere i video ma in attesa condivido qui il sito di Je ne suis pas féministe, mais ... con alcuni estratti, rassegna stampa, testi ...

martedì 31 marzo 2015

Archivio Queer Italia

Online il nuovo sito di Archivio Queer Italia (AQI), la prima piattaforma di arte, teoria e attivismo queer in Italia, un archivio che "sovverte e ridefinisce il concetto tradizionale di archivio, conferendogli una forma aperta, fluida, performativa e in perenne espansione e aggiornamento". Un sito/archivio da esplorare partendo da questo link: AQI

mercoledì 25 febbraio 2015

Da/per Gabriella Ghermandi e Atse Tewodros Project

Avevo già segnalato qui, circa tre anni fa, Atse Tewodros, un bellissimo progetto nato dall'incontro ad Addis Abeba tra Gabriella Ghermandi - che molt@ di voi conoscono , se non personalmente sicuramente per il suo bellissimo Regina di fiori e di perle - e alcuni vecchi partigiani etiopici che avevano combattuto contro l'occupazione fascista. Sono stati loro a chiederle di far rivivere i canti della loro resistenza. Nasce così un disco (bellissimo) frutto del lavoro di musicist@ etiopic@ e italian@ e registrato grazie al sostegno dal basso di centinaia di persone che come me e tant@ altr@ hanno acquistato in anticipo una copia del disco stesso. Purtroppo, pur registrato, il disco non è mai stato distribuito. Ma ora c'è la possibilità per Atse Tewodros Project di essere distribuito in tutto il mondo grazie a una competizione musicale indetta da un grosso network, composto da più case discografiche, di world music. Si vince grazie ai voti espressi su questo sito, tramite il rating, cioè cliccando semplicemente su una (e solo una, a seconda del voto che si vuole esprimere) delle stelline presenti. Affrettatevi perché si può votare ancora solo fino a fine mese (e fate girare la notizia, please)

martedì 27 gennaio 2015

Zapruder / Pellicole di storia

Venerdì 6 febbraio 2015, ore 19.30, al Modo InfoShop ( via Mascarella, 24b - Bologna), presentazione del n. 31 di "Zapruder - Rivista di storia della conflittualit à sociale", Pellicole di storia. L'età moderna va al cinema. Intervengono: Chiara Pavone (co-curatrice del numero) e Michele Guerra (Università di Parma). Coordinano: Vincenza Perilli e il gruppo locale di Storie in Movimento. Durante la serata saranno proiettati frammenti da film di Andrzej Wajda e Ettore Scola. Indice del numero sul sito di Sim. Grazie a Lorenzo Cataldi per la bella locandina

sabato 11 ottobre 2014

Mos maiorum. Mega-retata europea contro i migranti

Dal blog di Annamaria Rivera una versione ampliata del suo articolo sull'operazione europea  Mos Maiorum pubblicato originariamente da Il Manifesto. Prima di lasciarvi alla lettura dell'articolo vi segnalo che sul sito del Coordinamento migranti è possibile scaricare e stampare un utile foglio informativo multilingue. Buona lettura e diffusione  // L’hanno chiamata Mos Maiorum, la grande retata europea contro i migranti che scatterà il 13 ottobre per concludersi il 26. Infelice già nel nome che allude, con gusto della romanità di tipo mussoliniano, ai “costumi degli antenati”, cioè al sistema etico-normativo tradizionale che nella Roma patriarcale e pre-civica aveva al centro, tra gli altri valori e principi, la valentia militare. La spruzzata di romanità da incolti pretenziosi – o piuttosto un lapsus che ne rivela il subconscio razzista e imperialista – non riesce a occultare il vero scopo dell’operazione: fermare, controllare, identificare, schedare migranti irregolari e potenziali richiedenti-asilo, intercettati sul territorio europeo sulla base della presunzione della loro colpevolezza. Promossa dal governo italiano nel contesto del semestre di presidenza europea, approvata, il 10 luglio scorso, dal Consiglio dei ministri dell’Interno e della Giustizia, la mega-retata sarà coordinata dalla Direzione centrale per l’immigrazione e dalla Polizia di frontiera del ministero dell’Interno italiano, in collaborazione con Frontex ed Eurosur. Il principale scopo dichiarato di questa operazione transnazionale, ma che avrà l’Italia come teatro operativo principale, è stroncare le reti che trafficano in “clandestini”. In realtà, come abbiamo ribadito più volte, a creare gli irregolari e quindi il traffico di tale merce umana sono il proibizionismo europeo, l’assenza di canali d’ingresso legali e il Regolamento Dublino III. Quest’ultimo, impedendo i movimenti interni all’UE dei richiedenti-asilo, conferendo agli Stati, invece che alle persone, la facoltà di decidere dove chiedere protezione, prevedendo perfino che essi possano essere trattenuti se c’è “pericolo di fuga”, li induce ad affidarsi a reti illegali pur di raggiungere le mete desiderate.Come è ammesso esplicitamente nel documento ufficiale del Consiglio dell’UE, datato 10 luglio 2014, servirà anche a schedare i migranti e a “raccogliere informazioni rilevanti per scopi investigativi e d’intelligence”. Insomma, le vere finalità sono terrorizzare e criminalizzare migranti e potenziali richiedenti-asilo, soprattutto ripulire il territorio europeo, quello italiano in specie, da un buon numero di indesiderabili. Questa mega-retata non è una novità assoluta. Infatti, tra il 15 e il 23 settembre scorsi si era svolta l’operazione Archimedes (ancora il gusto della classicità!), vasta operazione di polizia, coordinata da Europol, contro il crimine organizzato transnazionale. Nell’ambito di questa operazione, l’Italia, con la collaborazione di Frontex, si era occupata, tra l’altro, d’immigrazione irregolare, identificando e schedando ben diecimila migranti in tutta Europa. Perlopiù persone ree di null’altro se non di sfuggire a miseria e altre calamità, in buona parte provocate dai rapporti di sfruttamento neocoloniale che le potenze occidentali impongono ai paesi del Sud o comunque non egemoni.Ciò che rende ancor più infame Mos Maiorum– non evoca forse le retate di massa, di triste memoria, contro altri indesiderabili?– è che si accompagni con l’annunciata fine di Mare Nostrum. Ancora un’operazione dal nome classicheggiante, ma che almeno, pur con delle ambiguità, ha sottratto più di centoventimila vite umane all’immenso cimitero marino che è divenuto il Mediterraneo. Dopo le lacrime di coccodrillo di Schultz e Mogherini a Lampedusa, nel corso della commemorazione della strage del 3 ottobre 2013, di nuovo coloro che sono costretti a fuggire da realtà funeste, prodotte o incrementate dagli apprendisti stregoni occidentali, tornano a essere nemici o, appunto, indesiderabili. E’ da molti giorni che le associazioni e le reti che difendono i diritti dei migranti lanciano l’allarme sulla Grande Retata e mettono in guardia i migranti e i profughi a rischio. Recente è, invece, la presa di posizione del Gue-Ngl, il raggruppamento di sinistra del Parlamento europeo. Sollecitato da Barbara Spinelli, il gruppo, con l’appoggio dei Verdi, ha denunciato il carattere discriminatorio dell’operazione in una lettera aperta al Consiglio dei ministri della Giustizia e degli Affari Interni. Nella lettera si rivendica, fra l’altro: il sostegno a Mare Nostrum; la creazione di corridoi umanitari; la garanzia della pienezza del diritto di asilo e di altri diritti fondamentali; la possibilità che i rifugiati raggiungano paesi europei diversi dal primo paese d’arrivo; la fine di ogni forma di detenzione dei migranti in quanto tali. Nel contempo, il Gue-Ngl si appresta a presentare una “richiesta di dichiarazione” del Consiglio durante la prossima plenaria del Parlamento europeo. Tutto ciò potrebbe sembrare banale routine politica. Eppure oggi, quando stragi e retate di migranti si consumano spesso nel silenzio e nell’indifferenza dei più, non è cosa da poco che nel Parlamento europeo vi sia qualche sussulto di opposizione alla Fortezza Europa (Annamaria Rivera, 11 ottobre 2014) // L'immagine che illustra questo post è un fin troppo eloquente graffito di Bansky, rimosso qualche giorno fa perché giudicato "offensivo e razzista". Ma è chiaro che "Banksy has not been banned from Clacton-on-Sea because he is a racist. He has been suppressed because he exposed the truth (Jonathan Jones, The Guardian)

martedì 7 ottobre 2014

BlaxploItalian / Blackness in the Italian Cinema

Fred Kuwornu, regista italo-ghanese già autore di Inside Buffalo (2010) e 18 Ius Soli ( 2012) ha lanciato una campagna di raccolta fondi per potere terminare entro il 31 ottobre il suo nuovo film documentario, Blaxploitalian. Cent’Anni di Afrostorie nel Cinema Italiano. Ispirato dal volume L’Africa in Italia. Per una controstoria postcoloniale del cinema italiano (a cura di Leonardo de Franceschi, Aracne Ediitrice, 2013), Blaxploitalian si mette sulle tracce delle diverse centinaia di attori e attrici afrodiscendenti che hanno recitato nel cinema italiano (dai film neorealisti ai film storico-mitologici, dalla commedia anni ’60 ai polizieschi anni ’70) o che hanno inciso la memoria collettiva degli italiani e delle italiane con i loro passaggi televisivi (da Lola Falana a Rocky Roberts e altri/e). Nello stesso tempo Blaxploitalian si propone come una sorta di "campagna sociale" per contribuire alla sempre maggiore presenza di attori e attrici non-bianchi/e nella cinematografia italiana e in ruoli che vadano oltre le parti stereotipate in cui il cinema italiano li ha finora confinati. Per sostenere Fred e il suo progetto segnalo quindi il  sito  dove è possibile partecipare alla campagna di crowdfunding per Blaxploitalian, ugurandomi che come nel caso del volume di Audre Lorde Sister Outsider o dell'Atse Tewodros Project, tutto vada a buon fine e che Fred riesca a completare il suo documentario e iscriverlo al Sundance Film Festival

mercoledì 17 settembre 2014

Audre Lorde al Some Prefer Cake

Torna anche quest'anno il Some Prefer Cake con una programmazione ricchissima non solo di film ma anche di incontri, dibattiti e presentazioni di libri. Tra questi i due volumi , recentemente pubblicati in traduzione italiana e che avevo già segnalato qui in Marginalia dedicati a Audre Lorde (alla quale Some Prefer Cake aveva dedicato già spazio in una scorsa edizione presentando il bellissimo documentario Audre Lorde: The Berlin Years 1984 to 1992 di Dagmar Schultz). Si tratta di Sorella Outsider e Zami, che saranno presentati rispettivamente stasera e sabato. Per maggiori, info, orari e programma completo rinvio al sito del SPC, e a più tardi ;-)

giovedì 27 marzo 2014

Maledetto Sud

A partire dal recente volume di Vito Teti Maledetto Sud (Einaudi 2013) e mettendo a confronto diverse forme artistiche che s’interrogano sul rapporto arcaicità/modernità, Nord/Sud, stereotipi/realtà, come anche su molte altre sfaccettature rivelate da queste contrapposizioni, sabato 29 marzo dalle ore 18,30 presso la Libreria delle Moline (via delle Moline, 3 - Bologna) una serata di discussione e riflessione che, strutturata con il filo conduttore dell’intervista all’autore condotta da 100 Thousand Poets for Change – Bologna, sarà frammezzata da interventi musicali della band calabro-emiliana Il Parto delle Nuvole Pesanti, dalla proiezione del corto Le Corbusier in Calabria di Fabio Badolato e Jonny Costantino e di alcune immagini dalla serie Italy Below di Giulio Rimondi e le memorie e re-invenzioni del liutaio Vitantonio Malfarà. Per maggiori info Pina Piccolo 3386268250

domenica 9 marzo 2014

Un otto marzo tra Rivolta e Audre Lorde

Sabato una messe di graditissimi doni su Il Manifesto: l'articolo di Giovanna Zapperi Un autoritratto tutto per sé - sul rapporto politico e amicale tra Carla Lonzi e Carla Accardi da Rivolta femminile fino alla rottura,  che porterà quest'ultima a fondare con altre artiste la Coo­pe­ra­tiva di via del Beato Ange­lico - e un articolo/recensione di Alessandra Pigliaru dedicato ad Audre Lorde in occasione dell'imminente uscita italiana di due volumi: la traduzione italiana di Zami. A New Spel­ling of My Name (di Gra­zia Dica­nio, a cura di Liana Bor­ghi per le edi­zioni ETS) e la raccolta Sorella Outsi­der. I saggi poli­tici di Audre Lorde, per le edi­zioni Il Dito e la Luna, di cui vi avevo già segnalato il fund-raising in corso. Grazie a tutte-tutte per questo così importante, necessario e splendido lavoro di diffusione, traduzione, scrittura e condivisione ...

martedì 7 gennaio 2014

Le logiche degli sgomberi e dell'assistenzialismo

Mentre solo qualche settimana fa si è tenuta a Bologna la ventitreesima commemorazione dell'assalto da parte della banda della Uno bianca al campo nomadi di via Gobetti in cui persero la vita Rodolfo Bellinati e Patrizia Della Santina, pubblico un articolo di Dimitris Argiropoulos, che ringrazio per la condivisione, comparso qualche giorno fa su il Manifesto, Bologna, la storia di Emmanuelle e della prima accoglienza inesistente. Un articolo che punta il dito su una realtà (e un'amministrazione) specifica, quella di Bologna che "agisce verso gli accampati migranti, profughi e rom con le logiche degli sgomberi e dell’assistenzialismo", e lo fa sviluppando una serie di riflessioni quanto mai urgenti e che hanno una portata molto più ampia dei confini bolognesi. Prima di lasciarvi alla lettura dell'articolo segnalo che la foto che illustra questo post (un matrimonio di rom musulmani khorakane) è uno scatto di Mario Rebeschini e fa parte di una serie realizzata negli anni novanta nei "campi nomadi" di Bologna grazie all'incontro del fotografo gagè con l'artigiano sinti Floriano Debar. Buona lettura // Bologna, 2 gennaio 2014, Emmanuelle è morto. È morto in una cella frigorifero dismessa, dove la sua famiglia e soprattutto sua madre con lui in grembo, ha trovato riparo. 2013 anni fa, Emmanuelle a Betlemme, in direzione ostinata e contraria, ha potuto nascere. Sì, certo, in una stalla, ma è nato. Betlemme con poche risorse, con quello che si aveva, ha potuto essere un contesto ospitale e vivo. La Betlemme è diventata Bios, Vita, e ancora Biopolitica, superamento delle cristallizzazioni e dei destini immodificabili. Betlemme non ha permesso la delazione e soprattutto non ha permesso la beffa. Ha superato le difficoltà con l’indispensabile semplicità del bene. Bologna non ha una rete di strutture che risponde alle esigenze di una prima accoglienza in grado di dare risposte, umane e possibili a persone orbitano le sue periferie per emergenze e necessità e che chiedono protezione e rifugio per sopravvivere. Una città che si dichiara moderna e giusta, crocevia di strade e autostrade, che si fregia di una stazione ferroviaria di alta velocità e di un ingrandito aeroporto internazionale, che la collegano con il resto del paese e del mondo, ma che non sa protegge le donne e gli uomini che vi confluiscono, cittadini del mondo. L’attuale amministrazione non solo non ha nelle sue priorità, un obbiettivo di questa portata, ma agisce verso gli accampati migranti, profughi e rom con le logiche degli sgomberi e dell’assistenzialismo. Bologna non ha un progetto. Cerca di fare ordine incrementando il male. Gli sgomberi, violenti e repressivi, e la silente nonché intenzionale indifferenza incardinano il male, contaminando i rapporti politici e sociali, fra chi chiede e richiede rifugio e chi è in grado di rispondere. Da una parte si sforza di mostrare l’oggettiva impossibilità di intervenire e dall’altra cerca di ridurre quel poco ma possibile agire solidale, annientandolo nella beffa. L’intervento pubblico diventa così “passeggiate rom-antiche”, narcisismo etnocentrico e auto commiserazione “quanti ne dobbiamo accogliere”. Diventa assunzione di esperti strapagati per risolvere o quanto meno indirizzare la soluzione di certi problemi, a cui vengono però pagati anche i corsi di formazione per comprendere ciò che essi dovrebbero spiegare, salvo poi scoprire, che gli stessi hanno bisogno di formazione si procede pagandoli pure i costi dei master… Diventa scuola di città, dove il povero è povero per cause proprie e dove si impara a vincere per bande. Il modello di Bologna diventa – e in tutti gli effetti lo è – il modello Casal di Principe, dove vince la scaltrezza di trasformare la carità in spettacolo nascondendo abilmente le violenze agite e naturalizzate. Lo sforzo politico, di analisi e di intervento, verso la sua periferia imbaraccata non vanno oltre l’estetica perversa della pulizia etnica o della casalinga isterica che cerca i detersivi adatti per smacchiare i panni. Le difficoltà di inserimento e di integrazione delle migrazioni e della profunganza diventano ingiurie, lontananza, retorica securitarista e incapacità di usare le mediazioni, i patti, i dialoghi.Diventano voti puliti e soprattutto diventano apprendimenti per imparare l’offesa. Bologna non ha ancora cercato di uscire da un sistema di “aree sosta” per nomadi, sistema segregativo di apartheid, che riduce in povertà economica e relazionale le famiglie dei rom-sinti che vi vivono da più di quaranta anni. Famiglie stabilizzate che “giocano il nomadismo” dei gaggi. “Nomadi” poiché vivono nel campo “nomadi”. “Nomadi”, sfiniti, violenti, miserabili, ricoverati in strutture fatiscenti o modernamente inconsuete, deformi, banali e brutti. Dove con “coraggio” e senza vergogna l’amministrazione arriva ad attivare l’operatività sociale degli educatori (sic) per chiedere ai “nomadi” loro se vogliono essere integrati. Tutti e  tre i campi “nomadi” della città stanno implodendo in una vita impossibile di sventure miseramente disumane. Risulta più paradigmatico il campo “nomadi di via erbosa” provvisorio dall’anno 1990 istituito nel 1990 dopo gli attacchi mortali della Banda della “uno bianca”, ancora oggi provvisorio. Bologna beffa il diritto e i diritti. La Legge Regionale 47/1988 che disciplina la presenza e flussi nomadi in Emilia Romagna, non può ne spiegare ne indirizzare le amministrazioni nella gestione complessa di una presenza polimorfa come quella dei rom. Non si può far finta di continuare di usare una legge che non ha corrispondenze con la realtà. Ed è grottesco insistere a non volere verificare le conseguenze di questa legge dopo 25 anni di “corretta applicazione”. Soprattutto diventa beffa e razzismo voler spiegare il deterioramento delle struttura dei campi con la natura selvaggia dei “nomadi” che, forse, rompono quello che gli è estraneo e che perversamente altri hanno deciso e voluto per loro. La presenza dei rom nella città non è provvisoria, cioè nomadica ma è strutturale. Costantemente dai primi anni novanta si sono stabiliti più di 6.000 mila rom provenienti dai Balcani (Yugoslavia, Romania e Bulgaria) Si trovano qui per cercare lavoro e per cercare asilo. Cercano e trovano casa, servizi, scuola e cercano di poter vivere riscattando la propria povertà. Cercano nelle loro migrazione e/o profuganza stabilità e mobilità sociale. E ci riescono. Non sono naufraghi, hanno un progetto e riescono pure a realizzarlo. I rom non sono “nomadi” come non sono “famiglie senza fissa dimora” come non sono “famiglie senza territorio”. Continuare a esibirsi inventando termini politicamente (s) corretti fa parte della beffa che insiste nella noia, nella pesante noia dei presunti intellettuali affaticati a nascondere i razzismi delle “avanguardie” e la violenza dell’esclusione in quella loro corsa a fotografarsi e a sperare qualsiasi cosa per rimanere nella storia. Paradossalmente incontrano il consenso di quelli che cercano di andare in paradiso e le loro amicizie, fantasmagoriche, vorrebbero diventare La Corte di Bologna. La presenza rom a Bologna come in Europa non è necessariamente subordinata ai servizi sociali o ai nazionalismi: nel contesto locale e internazionale, essa è una presenza generatrice di inter e transculturalità, di interessanti e singolari forme sociali e politiche di convivenza. Sarebbe utile tornare a conversare sui e nei campi “nomadi”, sui percorsi di emergenza, di integrazione e di azione pubblica, istituzionale e sociale. Sarebbe sensato ritornare a conversare con i rom per mettere insieme sguardi ed espressività, influenzati da modi e mondi diversi. Ritornare a conversare è dare senso ai silenzi. Conversare è intrecciare umanità, è intesa. Conversare rende la solitudine più passionale e le restituisce unicità in quella moltitudine che resiste all’omologazione e che desidera essere letta, accolta. Conversare è fare comunità. Bologna negli anni, come ora, ha distrutto tutte le sue strutture di prima accoglienza. Ha messo appunto un sistema di sgomberi che non ha funzionato, ha solidificato un sistema di apartheid per “nomadi” rivolto ai rom sinti e non riesce a spiegare e a spiegarsi. Questo è il vero e proprio male: Bologna ha perso la parola, balbetta e si rifugia nel suo narcisismo, nelle sue beffe, pensa all' assoluzione piuttosto che alle responsabilità. Bologna ha perso la sua dignità (Dimitris Argiropoulos, il Manifesto, 4 gennaio 2014)