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martedì 13 gennaio 2009

Strage di Castelvolturno: quando è camorra non è razzismo ...


La notiziola di oggi della rocambolesca fuga di Giuseppe Setola, uno dei boss della cosca dei “casalesi” capeggiata da Francesco Schiavone detto Sandokan, rischia di passare inosservata e allora spendo un po' di tempo per un post che mi da anche l'occasione di ritornare, con il mio assoluto non-tempismo, su un episodio di qualche mese fa.

A Giuseppe Setola è bastata una botola, poi una corsa di circa un chilometro lungo la rete fognaria e infine il furto di un'auto, pistola in pugno, per sfuggire all'arresto. Del super latitante, di cui a giugno era stato scoperto uno degli ultimi bunker-rifugio, si sono nuovamente perse le tracce. Giuseppe Setola è stato, tra l'altro, mente e mandante della strage di Castelvolturno del 18 settembre scorso: quella sera, un commando di almeno quattro killer massacra con 130 colpi di mitra alcuni cittadini migranti, all'interno di una sartoria e sul marciapiede antistante. Le vittime sono Kwame Yulius Francis, Samuel Kwaku e Alaj Ababa, del Togo, Cristopher Adams e Alex Geemes della Liberia e Eric Yeboah del Ghana. Un settimo uomo, Joseph Ayimbora, ghanese, viene ricoverato in condizioni gravissime. Sono tutti giovanissimi, il più “anziano” ha poco più di trent'anni. Nessuno di loro aveva precedenti penali o era coinvolto in attività di tipo criminale. Forse una delle vittime aveva “problemi di droga” come si suol dire, ma nessuno di loro era legato alla camorra locale né alla cosiddetta "mafia nigeriana", che poco lontano da lì, all'ex hotel Zagarella, gestisce la piazza dello spaccio e il giro di prostituzione di ragazze africane. Già in precedenza i /le migranti di Castelvolturno erano state vittime di pesanti intimidazioni: ad agosto, proiettili erano stati esplosi da due individui in motorino contro un caseggiato abitato in prevalenza da migranti ghanesi (ma gli episodi di violenza contro migranti, qui e nelle località limitrofe, non si contano, episodi che spesso non possono neanche essere denunciati, poiché la maggioranza dei/delle migranti è “clandestina). Ma nonostante questo, nonostante chi li conosceva abbia ripetuto fino allo sfinimento (tra le lacrime e le urla dei giorni di rivolta che seguirono la strage), che si trattava di “very innocent people”, Kwame Yulius Francis, Samuel Kwaku, Alaj Ababa, Cristopher Adams, Alex Geemes e Eric Yeboah sono stati subito bollati dalla stampa come delinquenti, spacciatori, uomini legati alla camorra locale e/o alla mafia nigeriana. Non si presta troppa attenzione al fatto, da alcun* rilevato, che probabilmente la strage di Castelvolturno è stato un “avvertimento” dovuto a un progetto edilizio sulla zona da parte della camorra, come a dire o sgombrate o .... Su queste morti cade il sospetto. Un sospetto tenace. Perché qui basta poco per essere diffamati : è un destino, questo, condiviso da tanti altri morti ammazzati di mafia e camorra. Se ti hanno ammazzato in qualche modo c'entravi. E così tante storie e tanti nomi finiscono nel dimenticatoio. I nomi di Kwame Yulius Francis, Samuel Kwaku, Alaj Ababa, Cristopher Adams, Alex Geemes e Eric Yeboah rischiano di fare la stessa fine. Il sospetto pesa come un macigno. Non è casuale che questi nomi non siano stati nominati nei volantini e negli slogan delle tante manifestazioni antirazziste degli ultimi mesi, o comunque non ne sono diventate delle icone, come è successo, tra gli altri, a Abdul William Guibre, ucciso a Milano a sprangate solo qualche giorno prima della strage di Castelvolturno. Siamo tutt* Abba, certo. Ma perché non (anche) siamo tutt* Kwame Yulius Francis, Samuel Kwaku Alaj Ababa, Cristopher Adams , Alex Geemes, Eric Yeboah” ...? La matrice comune degli omicidi di Castelvolturno e di quello di Milano sembra emergere con forza e chiarezza solo nelle scritte razziste, a firma Militia, che compaiono sui muri di Roma qualche giorno dopo la strage: “Milano -1, Castelvolturno -6” ...

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Per la foto rinvio qui, mentre un articolo in qualche modo correlato è Lontano da Gaza, tra Gomorra e CasaPound. Ma la ricerca è solo all'inizio.

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mercoledì 7 gennaio 2009

Lontano da Gaza, tra Gomorra e CasaPound


Non posso parlare di Gaza, non ancora, o posso parlarne solo come Viktor Sklovskij ha parlato d'amore senza parlare d'amore in Zoo o lettere non d'amore ... Ma mentre scrivo gli uomini, le donne, i/le bambin* dilaniat* li ho davanti agli occhi ...
Per chi arriva in questi giorni a Napoli dalla stazione ferroviaria di Napoli Centrale non è possibile ignorare le centinaia di manifesti di CasaPound (per la casa, la giustizia sociale e la retorica strumentale di maggioranza e opposizione facce della stessa medaglia) . I manifesti sono affissi un po' ovunque, nell'adiacente piazza Garibaldi e giù per tutto corso Umberto, nonostante molti siano già stati strappati o ricoperti da altri manifesti, in specie funebri, perché da queste parti (dovrebbe essere notorio) si muore molto e i funerali solenni non si contano. Morti ammazzati a Capodanno come negli altri giorni, mort* di lavoro nei cantieri, al porto, nei laboratori ricavati nei sottoscala, donne ammazzate come nel resto d'Italia, mort* ammazzati* "apposta" o per sbaglio, per caso o fatalità, morti di camorra o di monnezza. Non la monnezza lasciata per le strade e che oramai fa tanto esotico (ho visto turist* fotografarla) ma quella tossica proveniente da tutta Italia, "intombata" per anni e anni nelle campagne qui intorno e che regala centinaia di tumori all'anno ... Un' altra manna per le agenzie funebri e non solo. Poi però girando per i vicoli, razzolando tra i libri nelle bancarelle di Porta Alba, tra una sfogliatella, una pizza da Michele, una frittatina in una friggitoria unta quanto basta di San Lorenzo (non necessariamente nell'ordine), di questi manifesti non se ne vedono affatto e mi sembra il minimo chiedersi perché. Saranno forse in poch* e il comitato accoglienza di CasaPound Napoli avrà ritenuto conveniente concentrare le forze in zona stazione ferroviaria? O piuttosto la concentrazione di manifesti in una sola zona è riconducibile alla non agibilità dei neofascisti in alcune zone e agibilità assoluta in altre? Ecco, qui mi manca tanto una bella mappatura della città, magari "incrociata" tra Gomorra (il riferimento è a Gomorra di Roberto Saviano, che aldilà del personaggio offre spunti interessanti) e CasaPound. Perché un legame tra queste "realtà", un legame quantomeno "ideale", c'è: durante i suoi numerosi arresti il boss della cosca del quartiere Sanità Giuseppe Misso - oggi pentito, autore qualche anno fa del volume I leoni di marmo e noto per essere da sempre vicino ai Nar e tra gli indagati per la strage dell’Italicus e quella della stazione di Bologna -, è sempre stato trovato in compagnia dei libri dei suoi autori preferiti, Julius Evola ed Ezra Pound ...

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CasaPound: il volto attraente dei nuovi fascisti
Ave Italo!
Chi è veramente CasaPound
Un Italo da rottamare