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mercoledì 15 maggio 2013

Zapruder a Parigi

Dopo la riunione barcellonese dello scorso anno, una tre giorni zapruderiana a Parigi! Venerdì 17 maggio, Zapruder sarà a La Libreria (89, rue Faubourg Poissonnière - Metro Poissonnière - ligne 7) per la presentazione del numero 29 , Il nome della cosa. Classificare, schedare, discriminare. Sabato e domenica invece si terrà la riunione di redazione della rivista presso il Laboratoires de recherche de l’Ecole Nationale Supérieure d’Architecture de Paris La Villette (118-130, Avenue Jean Jaurès - Metro Ourcq o Laumière - ligne 5). Ricordando che, mentre il diritto di voto è ovviamente riservato solo a coloro che fanno parte della redazione, la riunione è comunque aperta a tutti i soci e le socie di  Storie in movimento, rinviamo per orari e ordine del giorno dettagliato al sito di Sim. Vi aspettiamo!

giovedì 17 gennaio 2013

Appello del Centro Frantz Fanon

Il Centro Franz Fanon,  a nome del suo responsabile, Roberto Beneduce - tra l'altro curatore del volume Decolonizzare la follia -, lancia un appello per scongiurare il rischio di chiusura del centro - che da anni accoglie immigrati/e, rifugiati/e, vittime di violenza e tortura, nomadi e richiedenti asilo che, in ragione di motivi di disagio psicologico, esprimono una domanda di ascolto, di counselling o di psicoterapia -, in seguito alla cessazione della convenzione per l'uso dei locali dell'Asl To 1

martedì 11 dicembre 2012

Strage di piazza Dalmazia / Ricordando Mor Diop e Samb Modou

Il 13 dicembre di un anno fa, in piazza Dalmazia a Firenze, il militante di estrema destra vicino a CasaPound Gianluca Casseri, sparava contro alcuni lavoratori senegalesi, uccidendone due - Mior Diop e Samb Modou - e ferendone gravemente altri tre - Moustapha Dieng, Sougou Mor e Mbenghe Cheike -. Casseri - che si spara in un parcheggio poco dopo - viene subito descritto dalla stampa e dalla polizia come un "folle isolato" e le indagini vengono chiuse dopo appena un mese. Ma ad un anno di distanza troppe sono ancora le domande senza risposta. Rinviamo all'articolo pubblicato da Staffetta in occasione dell'anniversario della strage e della manifestazione che si terrà  giovedì 13 dicembre a Firenze

domenica 9 dicembre 2012

Il nome della cosa: classificare, schedare, discriminare

La (bellissima) copertina dell'ultimo (bellissimo) numero di Zapruder, curato da Fiammetta Balestracci e Ferruccio Ricciardi. Per l'indice, info su abbonamenti e appuntamenti alla/della rivista rinvio al sito di Storie in Movimento. Approfitto di questo post domenicale per fare i miei auguri di buon lavoro alla nuova redazione e comitato di coordinamento di Zapruder/Sim (ad multos annos).

lunedì 23 aprile 2012

Hegel et Nietzsche dans l’Histoire de la folie

Per le/i bolognesi un seminario (nel quadro del corso di Filosofia della Storia - Laurea Magistrale - Erasmus Mundus, del prof. Manlio Iofrida) particolarmente interessante per chi studia/si interessa di Foucault privilegiando sentieri poco battuti e lontani da una certa vulgata corrente: Hegel et Nietzsche dans l’Histoire de la folie. Maggiori info in Incidenze.

martedì 17 aprile 2012

Violenza maschile contro le donne: un'intervista a Christine Delphy e Patrizia Romito

Da Les Entrailles de Mademoiselle, un'intervista a Christine Delphy e Patrizia Romito sulla questione della violenza maschile contro le donne, Violences masculines envers les femmes : entretien avec Christine Delphy et Patrizia Romito. L'intervista ci sembra particolarmente interessante, poiché vengono toccate questioni cruciali: la difficoltà, anche da parte delle donne stesse, a "riconoscere" questa violenza, l'intersezione  di sessismo/razzismo e le diverse "strategie di occultazione" adottate dalla società patriarcale e sessista. Tra queste ultime la disumanizzazione delle donne e/o la loro colpevolizzazione così come tutte quelle forme di psicologizzanti e/o noturalizzanti (attribuire le cause della violenza a caratteristiche individuali, psicologiche o biologiche) applicate agli aggressori e/o alle vittime. Invitiamo a leggere l'intervista anche chi, tempo fa, sulla questione della violenza maschile sulle donne aveva "dedicato" un post a Marginalia, Tra le gambe di lei. Buona lettura.

martedì 27 marzo 2012

Frantz Fanon / Decolonizzare la follia. Scritti sulla psichiatria coloniale

Domani sera a Bologna, presso Xm24, a partire dalle ore 21, presentazione del volume Decolonizzare la follia. Scritti sulla psichiatria coloniale , da poco pubblicato da Ombre Corte. Interverranno Sandro Mezzadra e Roberto Beneduce, curatore del volume.

(Alcuni) articoli correlati sotto l'etichetta Frantz Fanon

sabato 23 luglio 2011

Strage di Oslo: ritratto di un fondamentalista. Bianco, cristiano e di destra

Dopo aver blaterato di presunti attentatori fondamentalisti islamici i media sono stati costretti oggi a confermare la notizia che il responsabile della duplice strage avvenuta ieri in Norvegia (attentato nel centro di Oslo e sparatoria sull'isola di Utoya, nel corso del meeting dei giovani laburisti, più di novanta morti in tutto), è Anders Behring Breivik, norvegese, bianco, cristiano, legato ad ambienti di estrema destra, ultra-nazionalista, ferocemente anti-islamico e autore di testi, pubblicati in rete, che non lasciano dubbi sulle sue motivazioni di tipo politico. Ma ora diranno probabilmente che era uno "squilibrato".

venerdì 15 aprile 2011

Vittorio Arrigoni / Guerrilla Radio

Guerrilla Radio, il blog di Vik da Gaza City. Un posto dove passare adesso e magari lasciargli un saluto, o solo rileggere qualcosa, imparare delle cose, essere d'accordo o no. E per chi prima di oggi non sapeva neanche chi fosse, sicuramente l'unico luogo dove scoprire chi era Vittorio Arrigoni e cosa faceva.

venerdì 25 marzo 2011

Guerra in Libia ed effetti collaterali : "Due donne arabe uccise per errore"

"Pochissimi incidenti spiacevoli si sono avuti fin qui, mentre pur essi non mancano mai in tempo di guerra. Per debito di cronista ve ne segnalo uno che può dirsi il più grave. E' una inevitabile conseguenza dello stato di guerra da una parte e della grave ignoranza di questa popolazione araba dall'altra. Iersera dunque, una nostra sentinella agli avamposti vide avanzare nell'ombra del crepuscolo un piccolo gruppo di persone vicinissimo al suo posto. Egli diede, come d'obbligo, il chi va là, ma nessuno rispose. Il piccolo gruppo esitò un momento, poi proseguì il suo cammino. Ripetuta l'intimazione non ebbe esito diverso. Il soldato allora sparò alcuni colpi di fucile nella direzione del gruppo. Si udirono alte grida di dolore. Accorsa una pattuglia dei nostri soldati fu dolorosamente constatato che giacevano al suolo i cadaveri di due donne arabe e altre due erano ferite. L'incidente è doloroso, ma a giustificazione della sentinella, oltre al resto, sta anche il fatto che difficilmente nelle ore della sera possono distinguersi le donne indigene dagli uomini i quali portano anche essi, come è noto, un ampio paludamento". [da Ernesto Vassallo, "Due donne arabe uccise per errore", L'Avvenire d'Italia, 19 ottobre 1911, p. 1]

giovedì 3 febbraio 2011

L'insurrezione mediterranea, gli equilibri postcoloniali spezzati e noi

L'insurrezione mediterranea e noi, è un articolo di qualche giorno fa (ma qui facciamo della necessità virtù, abbiamo sempre detto che non ci interessa, volendo usare il gergo giornalistico, "stare sulla notizia"), ma ve lo proponiamo oggi in lettura perché ha il pregio - oltre a quello di essere ancora di attualità, mettendo in luce la sfida che ci viene lanciata dalla rivolta che divampa sull'altra sponda del mediterraneo - anche di "rispondere" a un commento, lasciato da un anonimo (o anonima) alla nostra segnalazione dell'uscita del volume Schengenland. Immigrazione: politiche e culture in Europa. Da tempo oramai abbiamo attivato (et pour cause!) l'opzione "moderazione" e giornalmente sono decine i commenti (violentemente razzisti, sessisti, omofobi e spesso traboccanti di odio e minacce) che buttiamo abbastanza allegramente nel cestino prima che siano visibili. Ma con questo, che già nel linguaggio tradisce una certa matrice (gli Urali, i figli, la discendenza ...), abbiamo voluto fare eccezione, per memoria. Per memoria del lato più oscuro, ignorante e sguaiato del razzismo e sessismo che ammorbano questa sponda del mediterraneo. Al commento anonimo hanno già risposto altri/e - che ringraziamo per l'intelligenza, l'ironia e anche la tristezza -, e dunque qui semplicemente invitiamo il nostro anonimo a leggere L'insurrezione mediterranea e noi di Annamaria Rivera e rassegnarsi: " Qualunque ne sia l’esito, gli equilibri postcoloniali sono stati spezzati, quindi niente sarà più come prima, neanche per il Paese marginale che è diventata l’Italia" .

Alcuni articoli correlati in Marginalia:

Il diritto alla rivolta (in Maghreb e altrove)
Solidarietà con la riva sud del Mediterraneo
Sulla'autonomia del femminismo arabo

venerdì 10 settembre 2010

Roghi made in Usa

Infine il pastore cristiano Terry Jones - che aveva annunciato un Burn a Koran Day per l'11 settembre e lanciato un ultimatum per lo spostamento della moschea lontano da Ground Zero - ha fatto marcia indietro. Sembra sia stato decisivo il discorso di Barack Obama in cui l'annunciato rogo del Corano è definito un "regalo per Al Qaida ... che metterebbe a repentaglio le truppe americane in Iraq e Afghanistan". Il reverendo deve essere stato colpito al cuore dalla retorica patriottica del presidente, indubbiamente più efficace della condanna della Cei (che ha fatto ricorso all'abusato paragone con il nazifascismo: "come i nazisti con il Talmud"). Intanto in Afghanistan si scopre che nelle truppe americane era attivo un kill team - capeggiato da un certo Calvin Gibbs che si vantava di averla fatta franca in Iraq dove aveva fatto qualcosa di simile-, gruppo che si dilettava ad uccidere civili a casaccio, per puro divertimento collezionando come trofei foto con i cadaveri e/o dita delle vittime ...



venerdì 9 novembre 2007

Moi, Pierre Rivière, ayant égorgé ma mère, ma sœur et mon frère ...

Vincenza Perilli, "Dopo Foucault, con altri mezzi. Moi, Pierre Rivière...: un film di René Allio", in Katia Bernuzzi ( a cura di), I linguaggi della follia, Collana Arcipelago, Fara Editore, Rimini 2001, pp. 81-87*.

Premessa

Il 12 febbraio 1974 René Allio annota in uno dei suoi quaderni: " E' di una storia di questo tipo, con questo tipo di violenza, che rinvia a quel che rinvia, che bisognerebbe parlare" [1]. La "storia" è quella pazientemente ricostruita durante un seminario sui rapporti tra psichiatria e giustizia penale al Collège de France, da poco pubblicata da Gallimard con il titolo di Moi, Pierre Rivière, ayant égorgé ma mère, ma sœur et mon frère... [2].
A pochi mesi dalla prima annotazione, l'ipotesi ha preso la forma di un imperativo: "bisogna che Pierre Rivière divenga il film-manifesto di un cinema che sceglie di parlare del popolo nella sua vera storia" [3].
Occorreranno più di due anni, in gran parte spesi nella difficile ricerca di qualcuno disposto a finanziare l'impresa, perché il film sia finito. Nel novembre '76 viene proiettato a Caen e, la sera successiva, a Flers: "la sala è affollata di un pubblico che non si vede mai al cinema. La gente della campagna. Uomini, donne sulla cinquantina, pieno di giovani, il miglior pubblico possibile per questo film. Il loro piacere grave di riconoscere qualche cosa di loro nel film fatto con loro e che viene da loro"[4]
. Sono i luoghi dove il film è stato girato e dove, più di centotrenta anni prima, un povero contadino di ventun'anni aveva provato sulla propria pelle che "per prendere la parola e perché la si ascolti, l'indigeno deve cominciare ad uccidere, e morire"[5].

Uccidere/scrivere: il crimine, la Memoria.


Il 3 giugno 1835, in un villaggio della campagna normanna, Pierre Rivière uccide a colpi di roncola la madre, la sorella e il fratello. Subito dopo si dà alla fuga vagando per i boschi e le cittadine del circondario fino ai primi di luglio, quando viene riconosciuto e arrestato. Processato, condannato a morte, in seguito graziato da Luigi Filippo, viene rinchiuso, per scontarvi l'ergastolo, nel carcere di Beaulieu. Lì, il 20 ottobre 1840, si toglie la vita, impiccandosi.

Non è la violenza, spesso tragicamente rivolta contro altri dominati o contro sé stessi, a costituire la singolarità di questo "caso". Un fatto crudele ma, all'epoca, non eccezionale: altri Rivière, oscuri personaggi senza nome né storia, abitano le cronache del tempo, come se "il linguaggio spaventoso del crimine"[6] costituisse la sola, estrema possibilità di sollevarsi, almeno per un istante, dalla - e contro la - propria condizione:

L'eco delle battaglie risponde dal lato opposto della legge alla fama vergognosa degli assassini ... dopo tutto le battaglie imprimono il marchio della storia su massacri senza nome; mentre il racconto crea frammenti di storia a partire da semplici scontri di strada. Dagli uni agli altri, il limite è oltrepassato senza posa ... per un avvenimento privilegiato: l'omicidio[7].

Decimati dalle malattie e dalla fame, ridotti a bestie, mandati a morire in guerre di cui spesso non capivano le ragioni e di cui non erano mai gli eroi, i ceti popolari delle campagne si avvedono ben presto che l'avvento della Rivoluzione non ha segnato per loro un radicale cambiamento. L'uguaglianza giuridica, il nuovo statuto di cittadini, la forma del contratto, sono un nuovo e più raffinato metodo per il loro assoggettamento: "L'ordine della nuova società liberale ha disposto le sue istanze di controllo proprio nel contratto, nel gusto della proprietà e nella spinta al lavoro che ne consegue, per tenervi in mano e perpetuarvi gerarchie e disuguaglianze"[8].

Ed è allora che "la campagna, universo silenzioso dell'infelicità, cessa di subire soltanto il suo stato, l'esteriorizza, e produce al di fuori, come altrettanti sintomi significanti, dei crimini spaventosi"[9]. Questi "atti sono discorsi", ma nessuno ha voglia di intenderli, anzi un complesso di poteri e saperi si mette subito in moto per ridurli. L'eccezionalità del caso Rivière risiede nel fatto che egli riesce a sottrarsi a questa riduzione. Al punto che, paradossalmente, è la stessa macchina che voleva "contenerlo" a rendere possibile, dopo più di un secolo, il suo (ri)emergere: il crimine di Rivière era stato assunto come posta in gioco nel conflitto tra il potere giudiziario e quello, nascente, della psichiatria, uno scontro che proprio in quegli anni conosceva il suo culmine. È proprio seguendo il solco di questo conflitto che il seminario di Foucault ha incontrato "l'omicida dagli occhi rossi"[10], attraverso il dossier pubblicato nel 1836 nelle "Annales d'hygiène publique et de médecine légale", da Esquirol e altri psichiatri parigini intervenuti, dopo la condanna a morte, a favore della domanda di grazia.

Le ricerche condotte dal seminario "riaprono" questo dossier, estendendo la massa dei documenti, riproponendoli nel libro in base alla cronologia dei fatti: processo verbale dei medici che constatano i decessi, mandato di cattura, verbali degli interrogatori dell'omicida e dei testimoni, consultazioni medico-legali, sentenza di condanna, grazia, scheda di immatricolazione e di "uscita" del carcere, resoconti della stampa e, infine, un "foglio volante".

L'insieme di questi documenti disegna "una lotta singolare, uno scontro, un rapporto di potere, una battaglia di discorsi e attraverso dei discorsi"[11], al cui centro si trova "quel documento straordinario: la memoria"[12], quaranta pagine di straordinaria bellezza [13], scritte in carcere nell'arco di undici giorni dallo stesso Rivière, "molto grossolanamente, poiché non so che leggere e scrivere; ma purché si intenda quel che voglio dire, è questo che chiedo". Questa Memoria si articola in due parti: un "Riassunto delle pene e delle afflizioni che mio padre ha sofferte da parte di mia madre dal 1813 fino al 1835" e un "compendio della mia vita personale e dei pensieri che mi hanno occupato sino ad oggi". Qui l'omicida offre "la spiegazione in dettaglio" del suo crimine e i motivi che ve lo hanno condotto, per esercitare la giustizia di Dio e sfidare le leggi umane "ignobili e mostruose"[14]:

Mi sembrò che sarebbe per me una gloria, che mi sarei immortalato morendo per mio padre, mi raffiguravo i guerrieri che morivano per la loro patria e per il loro re ... dicevo tra me: quelli là morivano per sostenere il partito di un uomo che non conoscevano e che neppure li conosceva, che non aveva mai pensato a loro; ed io morirò per liberare un uomo che mi ama e mi predilige ... Presi dunque questa orrenda risoluzione, mi determinai ad ucciderli tutti e tre; le prime due perché si accordavano tra loro per far soffrire mio padre, quanto al piccolo avevo due ragioni, l'una perché amava mia madre e mia sorella e l'altra perché ... mio padre ... amava questo bambino che aveva dell'intelligenza, pensai tra me: avrà un tale orrore di me che si rallegrerà della mia morte [15].

Questa Memoria che, perfino nella versione amputata della prima parte pubblicata dalle "Annales", sembra suscitare (o tradire) un sintomatico imbarazzo, mobiliterà un varietà di tattiche tese a ridurla, circoscrivendola in esami che ne faranno per alcuni il lucido progetto di un criminale, per altri il delirio di un pazzo. Il libro curato da Foucault tendeva proprio a "far emergere in qualche modo il piano di queste lotte diverse, restituire questi scontri e queste battaglie, ritrovare il gioco di questi discorsi, come armi, come strumenti di attacco e di difesa in rapporti di potere e di sapere"[16].

E qui si inseriva la più importante posta in gioco: rovesciare la gerarchia dei discorsi. Mettere lo scritto di Rivière al centro, non solo nella successione dei testi, ma nell'ordine del discorso: evitare di interpretarlo, di "riprenderlo in uno di quei discorsi (medici, giuridici, psicologici, criminologici) di cui volevamo parlare a partire da esso"[17].

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* Colette Guillaumin, nel suo "Follie et norme sociale. A propos de l'attentat du 6 décembre 1989" (in Sexe, race et pratique du pouvoir. L'idée de nature), scrive: "Un jeune paysan normand, Pierre Rivière, qui a fait rêver, de façon étrangement aveugle - et peut être complaisante -, bien des anthropologues et cinéastes, tuait, en 1835, sa mère, sa sœur de dix huit ans et un enfant de sept ans, son petit frère, dans une explosion de haine qui ne retient l'explication des analystes que par la "haine de la mère", laissant dans l'inconnu ou le non-dit la haine des femmes.


NOTE:


[1] René Allio, Carnets, a cura di Arlette Farge, Paris, Lieu Commun, 1991, p. 39.
[2]
Michel Foucault (a cura di),
Io, Pierre Rivière, avendo sgozzato mia madre, mia sorella e mio fratello...., Torino, Einaudi, 1976 (ed. or. 1973). Per osservazioni critiche relative alla recente riedizione Einaudi, introdotta dallo psichiatra Paolo Crepet, si vedano gli articoli pubblicati in «Alias»,, n. 24, 17 giugno 2000, pp. 22-23.
[3] R. Allio,
Carnets, cit., p. 42.
[4] Ivi, cit., p. 63. In Italia il film di Allio, che non raggiungerà mai la grande distribuzione, è presentato alla Decima Settimana Cinematografica Internazionale di Verona (16-22 giugno 1978):
Momenti del cinema francese contemporaneo (1976-1978). Due anni prima, alla Biennale di Venezia, era stato presentato un altro film sul tema: Je suis Pierre Rivière, opera d'esordio della regista Christine Lipinska.
[5] Jean-Pierre Peter e Jeanne Favret, "L'animale, il pazzo, il morto", in
Io, Pierre Rivière..., cit., pp. 199-221, p. 206.
[6] Ivi.
[7] M. Foucault, “I delitti che si raccontano”, in
Io, Pierre Rivière ..., cit., pp. 228-229.
[8] J.-P. Peter e J. Favret, "L'animale, il pazzo, il morto", cit., p. 204.
[9] Ivi, p. 205.
[10] Così nella scheda di immatricolazione del carcere di Beaulieu. Cfr.
Io, Pierre Rivière..., cit., p. 181.
[11] M. Foucault, "Presentazione", in
Io, Pierre Rivière..., cit., pp. X.
[12] Guy Gauthier (a cura di), "Il ritorno di Pierre Rivière. Conversazione con René Allio", in Gianfranco Gori (a cura di),
Passato ridotto. Gli anni del dibattito su cinema e storia, Firenze, La casa Usher, 1982, pp. 77-84, p. 79.
[13] Circa sessanta pagine nella versione Einaudi, quaranta nel manoscritto originale. Cfr. M. Foucault, "I delitti che si raccontano"
, cit.
[14] P. Rivière, "La Memoria", in
Io, Pierre Rivière ... , cit., pp. 53-114, p. 99.
[15]
Ivi., pp. 99-100.
[16] M. Foucault, "Presentazione", op. cit., p. XI.
[17] Ivi, p. XII.

[continua qui]