Un altro velocissimo reminder: Audre Lorde: strumenti per l'oggi, una giornata di dibattito sabato 21 febbraio al Giardino dei Ciliegi. Su Lorde leggi anche: l'articolo di Alessandra Pigliaru su il Manifesto, la bella poesia pubblicata da Nazione Indiana, i recenti volumi in edizione italiana Zami e Sorella Outsider e materiali vari comparsi negli anni qui su Marginalia ...
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giovedì 19 febbraio 2015
lunedì 19 gennaio 2015
Audre Lorde: strumenti per l'oggi
Nonostante manchi ancora un po' di tempo segnalo, anche per facilitare chi non abita in quel di Firenze e vuole organizzarsi per partecipare, che il 21 febbraio si terrà presso il Giardino dei Ciliegi una giornata di dibattito che, a partire da Audre Lorde, verterà su necessità e responsabilità del dire; intersezionalità: questioni di identità e appartenenze; razzismi; politiche della rabbia: la rabbia come potere; e l'erotismo? Con le Acrobate, Elena Biagini, Giovanna Covi, Mercedes Frias, Vincenza Perilli, Sonia Sabelli e altre ... Per informazioni Clotilde Barbarulli (barbarulli at tiscalinet.it) e Liana Borghi (liborg at cosmos.it)
martedì 7 ottobre 2014
BlaxploItalian / Blackness in the Italian Cinema
Fred Kuwornu, regista italo-ghanese già autore di Inside Buffalo (2010) e 18 Ius Soli ( 2012) ha lanciato una campagna di raccolta fondi per potere terminare entro il 31 ottobre il suo nuovo film documentario, Blaxploitalian. Cent’Anni di Afrostorie nel Cinema Italiano. Ispirato dal volume L’Africa in Italia. Per una controstoria postcoloniale del cinema italiano (a cura di Leonardo de Franceschi, Aracne Ediitrice, 2013), Blaxploitalian si mette sulle tracce delle diverse centinaia di attori e attrici afrodiscendenti che hanno recitato nel cinema italiano (dai film neorealisti ai film storico-mitologici, dalla commedia anni ’60 ai polizieschi anni ’70) o che hanno inciso la memoria collettiva degli italiani e delle italiane con i loro passaggi televisivi (da Lola Falana a Rocky Roberts e altri/e). Nello stesso tempo Blaxploitalian si propone come una sorta di "campagna sociale" per contribuire alla sempre maggiore presenza di attori e attrici non-bianchi/e nella cinematografia italiana e in ruoli che vadano oltre le parti stereotipate in cui il cinema italiano li ha finora confinati. Per sostenere Fred e il suo progetto segnalo quindi il sito dove è possibile partecipare alla campagna di crowdfunding per Blaxploitalian, ugurandomi che come nel caso del volume di Audre Lorde Sister Outsider o dell'Atse Tewodros Project, tutto vada a buon fine e che Fred riesca a completare il suo documentario e iscriverlo al Sundance Film Festival
mercoledì 17 settembre 2014
Audre Lorde al Some Prefer Cake
Torna anche quest'anno il Some Prefer Cake con una programmazione ricchissima non solo di film ma anche di incontri, dibattiti e presentazioni di libri. Tra questi i due volumi , recentemente pubblicati in traduzione italiana e che avevo già segnalato qui in Marginalia dedicati a Audre Lorde (alla quale Some Prefer Cake aveva dedicato già spazio in una scorsa edizione presentando il bellissimo documentario Audre Lorde: The Berlin Years 1984 to 1992 di Dagmar Schultz). Si tratta di Sorella Outsider e Zami, che saranno presentati rispettivamente stasera e sabato. Per maggiori, info, orari e programma completo rinvio al sito del SPC, e a più tardi ;-)
domenica 9 marzo 2014
Un otto marzo tra Rivolta e Audre Lorde
Sabato una messe di graditissimi doni su Il Manifesto: l'articolo di Giovanna Zapperi Un autoritratto tutto per sé - sul rapporto politico e amicale tra Carla Lonzi e Carla Accardi da Rivolta femminile fino alla rottura, che porterà quest'ultima a fondare con altre artiste la Cooperativa di via del Beato Angelico - e un articolo/recensione di Alessandra Pigliaru dedicato ad Audre Lorde in occasione dell'imminente uscita italiana di due volumi: la traduzione italiana di Zami. A New Spelling of My Name (di Grazia Dicanio, a cura di Liana Borghi per le edizioni ETS) e la raccolta Sorella Outsider. I saggi politici di Audre Lorde, per le edizioni Il Dito e la Luna, di cui vi avevo già segnalato il fund-raising in corso. Grazie a tutte-tutte per questo così importante, necessario e splendido lavoro di diffusione, traduzione, scrittura e condivisione ...
domenica 9 febbraio 2014
Audre Lorde / Scritti politici in traduzione italiana
Dal blog di Sonia Sabelli l'annuncio, tanto atteso, dell'imminente pubblicazione della traduzione in italiano degli scritti politici di Audre Lorde (dai volumi The Cancer Journal, Sister Outsider e A Burst of Light, a cura di Margherita Giacobino, Marta Gianello Guida e della casa editrice Il Dito e La Luna
che lanciano un fund-raising. Il volume infatti, la cui uscita è prevista per maggio 2014, avrà il prezzo di copertina di 20 euro ma è possibile acquistare subito una o più copie al prezzo unitario scontato di 11 euro (versamento al CCP 33757204 intestato alla casa editrice Il Dito e la Luna oppure mezzo Paypal, scrivendo a dluna@iol.it), contribuendo così alle spese di traduzione e stampa. Io ho già ordinato la mia copia ...
martedì 29 ottobre 2013
Audre Lorde e Adrienne Rich su Mfla
Per chi l'avesse persa è online una bella conversazione tra Adrienne Rich e Audre Lorde. Nella forma dell'intervista della prima alla seconda, datata 1979, è stata trasmessa (e tradotta in italiano) in più puntate da Mfla. La trovate a questo indirizzo, buon ascolto!
mercoledì 23 ottobre 2013
White Feminist Fatigue Syndrome
Negli ultimi giorni si è molto discusso in rete di un articolo di Nancy Fraser pubblicato lo scorso 14 ottobre da The Guardian, How feminism became capitalism's handmaiden - and how to reclaim it, tradotto da Cristina Morini con il titolo di Come il femminismo divenne ancella del capitalismo. In questo articolo Fraser constata come "la seconda ondata del femminismo è emersa come critica al capitalismo di prima maniera, ma infine è diventata ancella del capitalismo contemporaneo", questione che solleva, come è stato da più parte rilevato, tutta una serie di interrogativi indubbiamente urgenti da mettere a tema. Ma tra i contributi alla discussione che questo articolo ha suscitato mi sembra particolarmente utile e interessante il provocatorio intervento di Brenna Bhandar e Denise Ferreira da Silva, White Feminist Fatigue Syndrome, ora tradotto in italiano da Incroci De-generi (La sindrome del fardello della donna bianca). Bhandar e Ferreira da Silva, mettono in evidenza come l'articolo di Fraser "che ad una prima occhiata sembra una ragionevole auto-riflessione, una di quelle che si assume il carico e la responsabilità di passate alleanze e celebrazioni di mosse strategiche per il miglioramento della vita delle donne, ad una seconda occhiata rivela l’innata e ripetitiva miopia del femminismo bianco nell’accettare, conversare e riflettere con le femministe nere e del terzo mondo". Denunciano con forza l'utilizzo di un "noi" e del termine "femminismo" al singolare che finiscono ancora una volta per invisibilizzare la presenza di altri percorsi femministi (come il Black Feminism) che, fin dagli anni 70 "hanno sistematicamente costruito una critica femminista non solo al capitalismo di stato, ma anche al capitalismo globalizzato radicato nell’eredità del colonialismo". Mi sembra che questo testo possa contribuire ad aprire una discussione quanto mai necessaria, quindi copio-incollo di seguito la traduzione di Incroci De-generi (che ringrazio per il gran lavoro scusandomi se per mancanza di tempo e una conoscenza piuttosto rozza dell'inglese non ho potuto contribuire a una revisione del testo come auspicato, limitandomi a piccoli interventi). Buona lettura e riflessioni // Nel suo recente articolo pubblicato sulla rubrica Comment is Free, Come il femminismo è diventato un’ancella del capitalismo – e come riprendercelo, Nancy Fraser traccia delle linee a partire dal suo lavoro di teoria politica per argomentare come, nella migliore delle ipotesi, il femminismo sia stato cooptato dal neoliberalismo e nella peggiore sia stato un elemento di compartecipazione capitalista del progetto neo-liberale. Quella che ad una prima occhiata sembra una ragionevole auto-riflessione, una di quelle che si assume il carico e la responsabilità di passate alleanze e della celebrazione delle mosse strategiche finalizzate al miglioramento della vita delle donne, ad una seconda occhiata rivela l’innata e ripetitiva miopia del femminismo bianco nell’accettare, confrontarsi e riflettere con le femministe nere e del terzo mondo. Dai primi anni 70 in poi, queste studiose ed attiviste hanno sistematicamente portato avanti una critica femminista non solo al capitalismo di stato, ma anche al capitalismo globalizzato radicato nell’eredità del colonialismo. Queste femministe non hanno dato la priorità al “sessismo culturale” sulla questione della redistribuzione della ricchezza. La letteratura è vasta, gli esempi sono miriadi ed è dunque ancora più fastidioso che le femministe bianche parlino della seconda ondata del femminismo come se fosse l’unico “femminismo” e usano il pronome “noi” mentre lamentano le sconfitte delle loro battaglie. Lasciateci almeno dire che non esiste nulla che si possa definire “femminismo” in quanto soggetto di qualsiasi proposizione che designa la singola posizione della critica al patriarcato. Per questa posizione c’è stata una frattura sin da quando Sojourner Truth disse “Non sono forse una donna anch’io?”. Tuttavia esiste una posizione femminista soggettiva, quella che Fraser lamenta, che si è seduta molto comodamente al posto del soggetto auto-determinato ed emancipato. Quella ovviamente è la posizione che lei identifica come un contributo al neoliberalismo. Ma non c’è niente di cui meravigliarsi, dal momento che sia il suo femminismo che il suo neoliberalismo condividono la stessa anima liberale che le femministe nere e del terzo mondo hanno identificato e denunciato sin dai primi passi nella traiettoria dei femminismi. Il lavoro di Angela Y. Davis, Audre Lorde, Himani Bannerji, Avtar Brah, Selma James, Maria Mies, Chandra Talpade Mohanty, Silvia Federici, Dorothy Roberts e numerose altre hanno frantumato la natura limitata ed escludente delle strutture concettuali sviluppate dalle femministe bianche nel mondo anglofono. Queste studiose ed attiviste hanno creato strutture di analisi che simultaneamente eccedono una “sfida a” e forniscono un correttivo alla narrazione di entrambe le teorie del marxismo nero e dell’anticolonialismo che fondamentalmente non sono riuscite a teorizzare il genere e la sessualità, e del pensiero femminista marxista e socialista che continua a fallire, per molti aspetti, nel dar conto della razza, della colonizzazione e delle ineguaglianze strutturali fra gli stati nazione cosiddetti sviluppati ed in via di sviluppo. E certo, Mies, Federici e James sono bianche, ma i femminismi neri e del terzo mondo aspirano ad una solidarietà politica che attraversi la linea del colore. Le studiose di cui abbiamo parlato hanno coerentemente sviluppato delle critiche alle forme capitaliste della proprietà, dello scambio, del lavoro retribuito e non, insieme alle forme culturali strutturalmente incorporate nella violenza patriarcale. Prendiamo l’esempio dello stupro e della violenza contro le donne. In quel lavoro spartiacque che è Donne, Razza e Classe, Angela Y. Davis sostiene energicamente che molte delle più attuali e pressanti battaglie politiche affrontate dalle donne nere sono radicate nel particolare tipo di oppressione che hanno sofferto da schiave. Lo stupro e la violenza sessuale riguardano donne di tutte le classi, razze e sessualità, come Davis nota, ma c’è una valenza differente per uomini e donne nere. Il mito del violentatore nero e dell’uomo nero violentemente ipersessuale ha causato migliaia di linciaggi nell’anteguerra in America. Questo persistente mito razzista fornisce un valore esplicativo per la iper-rappresentazione di uomini neri in prigione condannati per stupro ed ha spinto una parte delle donne afro-americane ad essere riluttanti nel lasciarsi coinvolgere nel primo attivismo contro lo stupro che si focalizzava su un rafforzamento della legge e del sistema giudiziario. L’espropriazione del lavoro nero fondato sulla logica della schiavitù si ripete esso stesso nella espropriazione del lavoro del detenuto nell’era post-schiavista e oggi nel lavoro schiavistico endemico nel complesso industriale carcerario. La violenza sessuale è conseguentemente considerata come qualcosa che deriva dalla schiavitù e dalla colonizzazione, che colpisce sia gli uomini che le donne. La storia dei corpi di donne nere come oggetti di utilità da usare, violare per il piacere dell’uomo bianco rimane come traccia fisica, sociale, razziale nella società americana contemporanea. Per quanto riguarda le native americane, gli stereotipi dell’epoca coloniale della “squaw” continuano ad essere presenti nell’immaginario razzializzato della contemporaneità, rendendo le indigene vulnerabili alle forme di violenza sessuale che sono sempre già razziali, richiamando schemi di violenza emersi attraverso l’esproprio delle loro terre, linguaggi, risorse e, sì, anche pratiche culturali. Recenti proposte, secondo le quali le femministe dovrebbero rivolgere lo sguardo verso il lavoro non retribuito, di cura, sono state analizzate da Patricia Hill Collins in Il pensiero del femminismo nero: sapere, potere e coscienza. Collins enfatizza il fatto che il lavoro a casa delle donne afro-americane che contribuisce al benessere delle loro famiglie, può essere inteso da loro come una forma di resistenza alle imposizioni sociali ed economiche che colludono a danneggiare i bambini e le famiglie afro-americane. Le femministe nere hanno anche condotto la campagna per la retribuzione del lavoro domestico sfidando le norme borghesi dell’economia familiare. Seguendo A.Y. Davis notiamo che le femministe bianche hanno bisogno, quando intraprendono strategie politiche, di riconoscere che le femministe nere e del terzo mondo hanno già teorizzato e praticato a questo proposito da lungo tempo. Porre fine all’oppressione, alla violenza contro le donne, alla violenza contro gli uomini, particolarmente nella variante neoliberale, significa abbracciare il pensiero storico materialista e antirazzista delle femministe nere e del terzo mondo. Le femministe bianche che continuano ad agitare la parola “razza” e “razzismo” nel loro approccio diversamente sinistro-liberale sono ostinatamente cieche/sorde? Sono incapaci di cedere il passo al femminismo nero perché significherebbe la perdita di un certo privilegio razziale? Il persistente richiamo all’universalismo, che è il nucleo del femminismo bianco, continua ripetutamente a rendere invisibile le esperienze, il pensiero e il lavoro del femminismo nero e del terzo mondo. E’ ora!
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mercoledì 10 luglio 2013
Audre Lorde e Chandra Talpade Mohanty / Cartografie della lotta
Avevo già pubblicato, esattamente un anno fa, questo frammento di poema di Audre Lorde (poi posto in epigrafe da Chandra Talpade Mohanty al suo Cartographies of Struggle) ma credo valga la pena ri-postarlo , buona lettura // Gli Stati Uniti e l'Unione Sovietica sono i paesi
più potenti
nel mondo
ma sono solo 1/8 della popolazione mondiale.
Il popolo africano è anch'esso 1/8 della popolazione
mondiale.
Di questo 1/4 è nigeriano.
1/2 della popolazione mondiale è asiatico.
1/2 di esso è cinese.
Ci sono 22 nazioni in Medio Oriente.
La maggior parte delle persone nel mondo sono gialle,
nere, marroni, povere, donne, non-cristiane e non parlano inglese.
Entro il 2000 le 20 città più grandi del mondo avranno
una cosa in comune
nessuna di esse sarà in Europa nessuna negli Stati Uniti.
(Audre Lorde, 1 gennaio 1989)
lunedì 21 gennaio 2013
Femministe a parole / Una recensione di Anna Curcio
Pubblichiamo con immenso piacere la bella recensione di Anna Curcio al volume Femministe a parole, La misura del mondo nel dizionario, pubblicata sabato scorso dal quotidiano Il Manifesto e ripresa sul sito di UniNomade con il titolo di Demolire la casa del padrone. Ringraziando l'autrice vi lasciamo alla lettura // «Gli strumenti del padrone non demoliranno mai la casa del padrone». Così scriveva Audre Lorde in un potente intervento pubblico dell'inizio degli anni Ottanta. Era in gioco lo statuto stesso del femminismo, con la sfida aperta che le militanti nere (e più complessivamente le «donne povere, nere, del terzo mondo e lesbiche» come la stessa Lorde aveva scritto) avevano lanciato contemporaneamente al patriarcato razzista imperante e all'universalismo del femminismo bianco eterosessuale di classe media che aveva fino a quel momento tirato le fila del dibattito. Si trattava, detto altrimenti, di ridefinire gli strumenti di una lotta che assumeva il linguaggio come campo di battaglia, imponendo la parola - fino a quel momento taciuta - delle donne nere.Ricalibrata nel presente, un'operazione per certi versi analoga può essere attribuita a Femministe a parole. Grovigli da districare (Ediesse 2012, p.363, 18 euro) a cura di Sabrina Marchetti, Jamila Mascat e Vincenza Perilli. Un mosaico ricco di spunti e suggestioni, immagini e narrazioni che sfida la dimensione normativa di un certo femminismo dominante in Italia e prova a ridefinire le coordinate del dibattito. Un'operazione a tratti riuscita, si potrebbe dire ad alcuni mesi dalla pubblicazione, visto che il volume osteggiato dal mainstream del femminismo italiano ha invece avuto ampia circolazione soprattutto tra giovani e giovanissime donne e uomini. Una lettura dunque attraente per tante e tanti che si accostano per la prima volta al dibattito femminista ma anche per chi è alla ricerca di uno sguardo femminista critico o più semplicemente di chiarimenti, spunti e nuove argomentazioni. Il volume porta allo scoperto diversi e molteplici femminismi. «Misurarsi con quelle parole e quegli argomenti su cui, per le femministe, pronunciarsi è diventato sempre più complicato» scrivono le curatrici nell'introduzione. Da qui un dizionario ragionato. Quarantanove i lemmi presenti: dai «classici» del dibattito femminista (Sesso/genere, Razza, Classe, Autodeterminazione, Differenza, Lesbica, Prostituzione, e poi Backlash, Bianchezza, Cittadinanza, Femminismo transnazionale, Intersezionalità, Anticolonialismo) a questioni di più cogente attualità (Biomedicina, Globalizzazione, Migranti e Generazioni migranti, Maternità surrogata, Modificazioni, Omonazionalismo, Postporno, Veline, Queer).Ma ci sono anche voci che sembrano spiazzare i canoni più tradizionali di un discorso ancora troppo ingessato intorno al tema della differenza sessuale: tra questi senz'altro il lemma Uomo. «Significante assoluto» dei dispositivi discorsivi, soprattutto occidentali, da decostruire per «smascherare» l'eteronormatività come oppressione delle minoranze sessuali e di genere.Femministe dunque che fanno i conti con le parole, con i rapporti di potere che queste implicano e producono e con lo spazio di resistenza e sovversione a cui danno forma. E proprio per questo femministe «nei fatti», non «a parole». Anzi l'ironia sottile nel titolo del volume è la misura della consapevolezza dell'uso «affatto neutro» e tutto politico del linguaggio e insieme la forma della violazione dei suoi dogmi e canoni. Più complessivamente, il volume raccoglie i contributi di un paio almeno di generazioni di femministe. Teoriche e militanti, per la gran parte precarie, spesso costrette a barcamenarsi - dentro e fuori l'accademia - tra la propria sensibilità femminista e l'ansia disciplinare delle università italiane. E se alcune voci sono forse eccessivamente compilative, altre risultano efficaci, di gradevole lettura, con uno sguardo dall'interno che assume (ed è questo un altro dei punti di forza del volume) il dibattito femminista nella sua dimensione transnazionale. Nell'insieme si tratta di un impegno chiaro, aperto e non riduttivo, a sistematizzare un dibattito tanto ricco quanto complesso e controverso. È un punto di vista di parte, situato e instabile, aperto al suo rovescio. In una parola «eccentrico»: queer. Dove il queer rimanda al suo significato originale e abietto come deviazione rispetto alla norma, oltre dunque la declinazione di generica trasgressione «alla moda» con cui ha spesso dovuto fare conti. Ma non c'è in questo ritorno all'origine nessun «mito esistenzialista dell'autenticità». Al contrario tutto il volume è attraversato dalla tensione costante alla messa in discussione dell'autentico. Per ognuno dei grovigli - termine che ritorna in molte delle voci proposte - non c'è ricerca di verità, esemplificazioni o ricette salvifiche; vengono invece individuati e discussi limiti e punti deboli, proponendo discorsi differenti e punti di vista contrastanti. Un testo senz'altro utile nel suo complesso. Unica avvertenza: la trama di lettura proposta rischia di rimanere disincarnata, sganciata dalla materialità dei rapporti di produzione che pur costituiscono i processi di soggettivazione e la creazione discorsiva con cui il volume si confronta. Il potere e lo sfruttamento; e poi il tema del lavoro, di quello cosiddetto produttivo e di quello riproduttivo, la loro sovrapposizione e articolazione nel capitalismo contemporaneo, le forme anomale e spurie che assume nella vita di tante e tanti di noi; la crisi e le lotte. Rimangono temi taciuti.
Eppure avrebbero offerto un contributo importante nel fabbricare gli strumenti per demolire la sempre più «stretta» casa del femminismo mainstream (Anna Curcio, La misura del mondo nel dizionario, Il Manifesto, 19 gennaio 2013)//
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venerdì 19 ottobre 2012
Dal femminismo agli "altri femminismi" / Il concetto di intersezionalità
Velocissimo reminder: questo pomeriggio alle 17 (Aula 1 - via Zamboni, 38 - Bologna) primo incontro del seminario di autoformazione Dal femminismo agli "altri femminismi" dedicato al concetto di intersezionalità.
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giovedì 20 settembre 2012
Audre Lorde: The Berlin Years 1984 to 1992
Siamo appena rientrate - io e Marginalia - dal Some Prefer Cake, ancora emozionate dalla visione del film-documentario dedicato ad Audre Lorde nel ventesimo anniversario della morte, Audre Lorde: The Berlin Years 1984 to 1992 di Dagmar Schultz. Il film si concentra sugli "anni berlinesi" di Lorde e - attraverso un efficace montaggio di materiali d'archivio inediti e interviste recenti a donne afro-tedesche e non - documenta l'influenza da lei esercitata sul contesto culturale e politico tedesco in quel decennio. Mentre scriviamo, riflettiamo (ancora) su quanto sia "assurdo" (ma c'è ovviamente una logica) che Audre Lorde sia ancora così poco conosciuta/tradotta (e "pensata") in Italia e il danno enorme che questo ha rappresentato (e rappresenta), soprattutto per certo femminismo nostrano. Grazie allora per questo "regalo" al Some Prefer Cake, dove speriamo - nonostante i nostri ritmi e incastri di tempo deliranti - di riuscire a fare un salto anche domani per gli altri film in programma (Time Bomb, en particulier ...) e per l'attesa inaugurazione della mostra di Zanele Muholi
domenica 15 luglio 2012
Cartografie della lotta
Gli Stati Uniti e l'Unione Sovietica sono i paesi
più potenti
nel mondo
ma sono solo 1/8 della popolazione mondiale.
Il popolo africano è anch'esso 1/8 della popolazione
mondiale.
Di questo 1/4 è nigeriano.
1/2 della popolazione mondiale è asiatico.
1/2 di esso è cinese.
Ci sono 22 nazioni in Medio Oriente.
La maggior parte delle persone nel mondo sono gialle,
nere, marroni, povere, donne, non-cristiane e non parlano inglese.
Entro il 2000 le 20 città più grandi del mondo avranno
una cosa in comune
nessuna di esse sarà in Europa nessuna negli Stati Uniti.
(Audre Lorde, 1 gennaio 1989)
più potenti
nel mondo
ma sono solo 1/8 della popolazione mondiale.
Il popolo africano è anch'esso 1/8 della popolazione
mondiale.
Di questo 1/4 è nigeriano.
1/2 della popolazione mondiale è asiatico.
1/2 di esso è cinese.
Ci sono 22 nazioni in Medio Oriente.
La maggior parte delle persone nel mondo sono gialle,
nere, marroni, povere, donne, non-cristiane e non parlano inglese.
Entro il 2000 le 20 città più grandi del mondo avranno
una cosa in comune
nessuna di esse sarà in Europa nessuna negli Stati Uniti.
(Audre Lorde, 1 gennaio 1989)
[Frammento del poema letto da Lorde nel discorso pronunciato all'Oberlin College il 29 maggio 1989 e posto in epigrafe da Chandra Talpade Mohanty al suo Cartographies of Struggle, qui nella traduzione italiana di Gaia Giuliani nel volume Femminismo senza frontiere, a cura di Raffaella Baritono].
sabato 19 maggio 2012
Zanele Muholi / Verso la nuova edizione del Some Prefer Cake
Un'anticipazione sulla nuova edizione del Some Prefer Cake (che si svolgerà a Bologna dal 20 al 23 settembre) con un focus sulla visual activist Zanele Muholi, che sarà ospite e protagonista del festival, all'interno del quale - tra l'altro - sarà reso omaggio a figure fondamentali quali Adrienne Rich e Audre Lorde . Nell'attesa, per chi ancora non conosce questo importante (e immancabile) appuntamento - giunto quest'anno alla sua sesta edizione -, rinviamo alla query Some Prefer Cake qui in Marginalia. Buona esplorazione
martedì 1 maggio 2012
Nous, féministes ...
Pubblichiamo l'appello lanciato da un gruppo di militanti e intellettuali femministe - tra le quali Elsa Dorlin, Eleni Varikas, Laure Bereni, Rada Ivekovic e Joan W. Scott - nell'imminenza del secondo turno delle presidenziali francesi che si terrà domenica 6 maggio: " … Nous citoyennes et indigènes, immigrées et autochtones, bourgeoises et prolétaires, travailleuses et chômeuses, nationales et naturalisées, européennes et étrangères, militantes et universitaires : filles, mères, ménopausées, avortées ou hormonées, Noires, blanches, tsiganes,arabes, musulmanes, juives ou chrétiennes, croyantes, mécréantes, voilées, dévoilées, revoilées, sexy, grosses, anorexiques, valides ou non, straight, trans, gouines, queer, morales, immorales, amorales, victimes, putes, épargnées ou enragées, … Nous, féministes, filles d’Olympe de Gouges, la demi-mondaine guillotinée pour avoir déclaré nos droits, de Solitude, mulâtresse guillotinée à Pointe à Pitre pour s’être élevée contre le rétablissement de l’esclavage, de Mary Wollstonecraft et de sa philosophie authentiquement universaliste, de Flora Tristan qui défendait "la nécessité de faire bon accueil aux femmes étrangères", de Fatma N’Soumer combattante algérienne qui prit les armes contre l’armée coloniale, de Louise Michel qui se rangeât sans hésiter du côté des Kanaks contre les colonisateurs de son pays, d’Olga Bancik la combattante invisible de la bande à Manouchian décapitée par les nazis, des 230 militantes, résistantes, du convoi du 24 janvier 1943 qui entonnèrent la Marseillaise en franchissant le portail de Birkenau, … Nous, filles, petites filles du MLF et du FHAR ; filles d’Audre Lorde, poétesse, lesbienne, caribéenne, traquant le racisme, le sexisme et l’homophobie jusque dans les rangs des mouvements féministes et des mobilisations anti-racistes... Filles de Virginia Woolf, nous dénonçons avec elle la propagande nationaliste qui prend les femmes en otage et prétend les défendre alors qu’on bafoue leurs droits fondamentaux : « En tant que femme, je n’ai pas de pays, en tant que femme, je ne désire pas de pays, mon pays c’est le monde entier… ». Notre généalogie ne connaît pas de zones d’ombre : nous représentons cette tradition féministe internationaliste et anti fasciste qui s’est historiquement battue contre l’instrumentalisation colonialiste et nationaliste des droits des femmes et qui a toujours revendiqué l’égalité de toutEs et tous, quels que soient nos conditions, nos papiers d’identité, nos sexualités, nos religions, … Nous déclarons que nous ferons tout pour débarrasser le pays du Président sortant et appelons toutes et tous à en faire autant pour barrer la route au fascisme qui se répand en France et en Europe. Il est temps que nous nous rassemblions pour combattre ces politiques qui détruisent systématiquement notre communauté politique, nos droits, nos libertés démocratiques, le lien social et la solidarité et qui osent le faire en notre nom. Il est temps qu’un autre féminisme prenne la parole : nous, féministes, refusons avec la plus vive détermination que les « droits des femmes » et des « homosexuelLEs » ou « l’égalité des sexes » servent des idéologies et des pratiques néo coloniales et liberticides. Nous refusons de nous rendre complices de tels dispositifs qui créent les conditions de la toute puissance du capitalisme néolibéral, de la promotion d’une morale paternaliste de la « tolérance », de la réduction du politique au maintien de l’ordre policier et douanier, du fichage, de la surveillance et de la criminalisation des « étrangerEs », des populations paupérisées comme des syndicalistes et du mouvement social. Nous nous révoltons contre cette société qui laisse crever ses propres citoyenNEs de froid et de faim dans la rue tout en prétendant ne pas pouvoir accueillir « toute la misère du monde » ; nous condamnons la ruine des services publics, notamment en matière de santé, d’éducation, de recherche et de proximité qui sont la condition matérielle nécessaire de l’égalité réelle. Obscur objet du désir, l’adhésion de 6 millions d’électeurs et d’électrices françaisES à une culture fascisante fait l’objet d’un racolage actif. Le score du FN est comme un blanc seing pour nous maintenir dans la minorité, pour nous abreuver de représentations populistes, débiles, de raisonnements simplistes qui ne prônent que la haine ; la société civile n’est plus qu’une société de consommation clivée et apeurée. Cette surenchère doit cesser… Pour notre part, nous ne laisserons plus ce front nationaliste récupérer le féminisme pour en faire l’étendard des frontières de l’« Occident ». Nous ne laisserons pas un parti, quel que soit le sexe de son chef, nous diviser impunément.Nous luttons contre le grand renfermement dans une Europe forteresse qui transforme le combat historique pour nos droits et nos libertés sur nos corps et nos vies en une valeur de la « civilisation occidentale » et un critère d’intégration islamophobe… Qu’en est-il justement de « Nous » ? Qu’en est-il de « nos » droits ? Qu’en est-il de ces millions de femmes vivant ici sous le seuil de pauvreté ou assignées au travail domestique ? Qu’en est-il de l’égalité réelle des sexes et des sexualités ?... Quelle place occupe la lutte contre l’hétérosexisme dans notre société : une société qui maintient les discriminations salariales comme la licité des insultes ou l’impunité des violences ? Quels moyens sont alloués à une éducation sexuelle émancipatrice et à l’accès réel aux droits sexuels reproductifs et non reproductifs pour toutEs (maintien des centres d’IVG, valorisation et diffusion de la gynécologie médicale, contraception libre et gratuite, accès à la PMA sans discrimination) ? En tant que féministes, comment ne pas exiger l’abrogation des lois qui criminalisent les femmes en raison de leur religion, la multiplication des modes de garde collectif féministe, la réforme des manuels scolaires et le développement de la place de l’histoire des femmes, des études postcoloniales et de la notion de « genre » dans toutes les disciplines, l’éradication des publicités et des jouets prônant l’hétérosexualité obligatoire, la reconnaissance pleine et entière des droits sociaux des prostituéEs ? … Quelles leçons prétendons-nous vouloir donner au monde et de quelle histoire voulons-nous être les héritierEs ? Nous appelons aujourd’hui à voter pour le candidat qui demeure en position de barrer la route au projet néoconservateur d’une Europe amnésique, pour faire rempart aux politiques avilissantes des droites extrêmes comme des dérives droitières des partis de gouvernement d’ici ou d’ailleurs. Cet appel ne donne nullement carte blanche à M. Hollande ni ne signifie une adhésion à son programme économique et social : nos votes sont une promesse qui charrie le tumulte des combats passés, une promesse vis-à-vis de cette mémoire des luttes, un engagement pour l’avenir. Si nous gagnons cette fois, nous n’oublions pas que les fascistes sont de retour en Europe ; une Europe déchirée et désolée par des décennies d’un néolibéralisme agressif. Fidèle à Virginia Woolf, et à son brulot féministe Trois guinées (expurgé de ses œuvres « complètes » récemment parues dans La Pléiade), nous affirmons que, désormais, quiconque tente de nous instrumentaliser en prétendant défendre le droit des femmes sous couvert de progrès, d’identité nationale ou de défense des frontières européennes – rencontrera sur son chemin une internationale féministe que nous appelons de nos voeux" (Per adesioni: Elsa.Dorlin at univ-paris1.fr o evarikas at yahoo.fr).
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giovedì 29 marzo 2012
Adrienne Rich / Ad memoriam
Adrienne Rich è morta qualche giorno fa, il 27 marzo, a Santa Cruz. Per un ricordo rinviamo bio-bibliografico rinviamo a La Nuova Towanda. Marginalia la ricorda con questa bellissima foto della fine degli anni 70, dove Adrienne Rich è insieme ad altre due "grandi" che non ci sono più, Audre Lorde e Meridel Le Sueur.
venerdì 17 febbraio 2012
Per Audre Lorde
L'avevamo ricordata nel giorno della sua morte, perché non ricordarla in quello che sarebbe stato il suo settantasettesimo compleanno ...
giovedì 17 novembre 2011
Audre Lorde
In ricordo di Audre Lorde - New York, 18 febbraio 1934 – Saint Croix, 17 novembre 1992
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mercoledì 29 giugno 2011
Audre Lorde’s Transatlantic Sisterhoods / Call for Papers
Audre Lorde (1934-1992) was one of the most significant and influential Black feminist scholars, writers and activists of the twentieth century. Although her involvement in the African-American Civil Rights and Black Arts Movement and her enduring relevance in feminist and lesbian/gay movements in the US have been documented, no sustained effort has been made yet to bear witness to the truly international and transatlantic dimension of her legacy. This legacy is reflected in the coalitions she founded with black diasporic women during her travels to places such as Germany and Britain as well as in her contribution to the reception of the Black Revolution of the 1960s in European contexts, a revolution, whose effects, as she suggested, “are sometimes more obvious in other countries than in America”. This volume of essays seeks to introduce new perspectives on the depth and range of Lorde’s literary, intellectual and activist commitments by constructing a European perspective within which to situate her life and work.We invite proposals for essays which look at how Lorde’s work inspired, enriched and was differentiated by its numerous and varied recontextualisations in different European countries including Britain, Germany, Holland, Switzerland, France as well as other European places Lorde did not have a direct encounter with. We welcome essays addressing (though not limited to) the following questions focusing on one or more European contexts and drawing on a range of disciplinary perspectives: Which topics and motives in Lorde’s work were met with the greatest interest in her reception in Europe? Did her work function as a forum for discussing civil rights, the inclusion or exclusion of marginalised groups, issues pertaining to sexuality, health care and forms of ‘grassroots’ organisation? How was her work disseminated in European countries, which translations appeared and when, what readership did this literature find at different phases, and what was the role of publishing houses? How was Lorde’s conception of the Black Diaspora shaped by her Atlantic crossings? How was Lorde’s conception of the Black Diaspora shaped by her Atlantic crossings? What is the relevance of Lorde’s work today when it comes to defining contemporary tasks and questions: fluid and controversial concepts such as race/ethnicity, immigration, civil rights, and integration in various European societies? We welcome a range of submissions from critical essays, archival work, case studies, personal reflections, manifestoes, interviews and mission statements from networks/activist groups whose work owes a debt to Lorde. Please submit proposals in abstract form (200-300 words) by the 30th of September 2010 at audrelorde.collection@gmail.com. We look forward to receiving your proposals and submissions for this volume!
Professor Sabine Broeck, University of BremenDr Stella Bolaki, University of Glasgow
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giovedì 9 giugno 2011
Harriet Tubman sul fiume Combahee
Di Harriet Tubman - donna, nera, schiava fuggitiva, liberatrice di altri/e schiavi/e e femminista - abbiamo già scritto tante altre volte su queste pagine. Ma non temiamo le ripetizioni e ci piace continuare a seminare frammenti di storia che prima o poi, l'abbiamo già sperimentato, germogliano (anche se pochi/e si ricordano infine dell'ortolano/a). Così non possiamo non ricordare (amiamo tanto anche gli anniversari) quel giugno di quasi centocinquanta anni fa (era il 1863) in cui Tubman, con un'azione di vera e propria guerriglia, riuscì a liberare, attraversando il fiume Combahee, oltre 700 schiavi/e della Carolina del Sud. Ed è a questo avvenimento storico - la lotta di una donna nera contro il razzismo schiavista - che pensavano Barbara Smith e le altre donne del suo piccolo gruppo quando nei primi anni 70 fondarono il Combahee River Collective. Di queste lotta rivendicavano l'eredità. Consigliamo, prima di fare nanna, il loro manifesto, A Black Feminist Statement.
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