Visualizzazione post con etichetta Fortezza Europa. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Fortezza Europa. Mostra tutti i post
giovedì 23 luglio 2015
Separate and Dominate: Feminism and Racism after the War on Terror
Appena pubblicato da Verso
Etichette:
autoformazione,
bibliografie,
Christine Delphy,
femminismi transnazionali,
femonazionalismo,
Fortezza Europa,
Francia,
islamofobia,
materialismo,
Nouvelles questions féministes
sabato 11 ottobre 2014
Mos maiorum. Mega-retata europea contro i migranti
Dal blog di Annamaria Rivera una versione ampliata del suo articolo sull'operazione europea Mos Maiorum pubblicato originariamente da Il Manifesto. Prima di lasciarvi alla lettura dell'articolo vi segnalo che sul sito del Coordinamento migranti è possibile scaricare e stampare un utile foglio informativo multilingue. Buona lettura e diffusione // L’hanno chiamata Mos Maiorum, la grande retata europea contro i migranti che scatterà il 13 ottobre per concludersi il 26. Infelice già nel nome che allude, con gusto della romanità di tipo mussoliniano, ai “costumi degli antenati”, cioè al sistema etico-normativo tradizionale che nella Roma patriarcale e pre-civica aveva al centro, tra gli altri valori e principi, la valentia militare. La spruzzata di romanità da incolti pretenziosi – o piuttosto un lapsus che ne rivela il subconscio razzista e imperialista – non riesce a occultare il vero scopo dell’operazione: fermare, controllare, identificare, schedare migranti irregolari e potenziali richiedenti-asilo, intercettati sul territorio europeo sulla base della presunzione della loro colpevolezza. Promossa dal governo italiano nel contesto del semestre di presidenza europea, approvata, il 10 luglio scorso, dal Consiglio dei ministri dell’Interno e della Giustizia, la mega-retata sarà coordinata dalla Direzione centrale per l’immigrazione e dalla Polizia di frontiera del ministero dell’Interno italiano, in collaborazione con Frontex ed Eurosur. Il principale scopo dichiarato di questa operazione transnazionale, ma che avrà l’Italia come teatro operativo principale, è stroncare le reti che trafficano in “clandestini”. In realtà, come abbiamo ribadito più volte, a creare gli irregolari e quindi il traffico di tale merce umana sono il proibizionismo europeo, l’assenza di canali d’ingresso legali e il Regolamento Dublino III. Quest’ultimo, impedendo i movimenti interni all’UE dei richiedenti-asilo, conferendo agli Stati, invece che alle persone, la facoltà di decidere dove chiedere protezione, prevedendo perfino che essi possano essere trattenuti se c’è “pericolo di fuga”, li induce ad affidarsi a reti illegali pur di raggiungere le mete desiderate.Come è ammesso esplicitamente nel documento ufficiale del Consiglio dell’UE, datato 10 luglio 2014, servirà anche a schedare i migranti e a “raccogliere informazioni rilevanti per scopi investigativi e d’intelligence”. Insomma, le vere finalità sono terrorizzare e criminalizzare migranti e potenziali richiedenti-asilo, soprattutto ripulire il territorio europeo, quello italiano in specie, da un buon numero di indesiderabili. Questa mega-retata non è una novità assoluta. Infatti, tra il 15 e il 23 settembre scorsi si era svolta l’operazione Archimedes (ancora il gusto della classicità!), vasta operazione di polizia, coordinata da Europol, contro il crimine organizzato transnazionale. Nell’ambito di questa operazione, l’Italia, con la collaborazione di Frontex, si era occupata, tra l’altro, d’immigrazione irregolare, identificando e schedando ben diecimila migranti in tutta Europa. Perlopiù persone ree di null’altro se non di sfuggire a miseria e altre calamità, in buona parte provocate dai rapporti di sfruttamento neocoloniale che le potenze occidentali impongono ai paesi del Sud o comunque non egemoni.Ciò che rende ancor più infame Mos Maiorum– non evoca forse le retate di massa, di triste memoria, contro altri indesiderabili?– è che si accompagni con l’annunciata fine di Mare Nostrum. Ancora un’operazione dal nome classicheggiante, ma che almeno, pur con delle ambiguità, ha sottratto più di centoventimila vite umane all’immenso cimitero marino che è divenuto il Mediterraneo. Dopo le lacrime di coccodrillo di Schultz e Mogherini a Lampedusa, nel corso della commemorazione della strage del 3 ottobre 2013, di nuovo coloro che sono costretti a fuggire da realtà funeste, prodotte o incrementate dagli apprendisti stregoni occidentali, tornano a essere nemici o, appunto, indesiderabili. E’ da molti giorni che le associazioni e le reti che difendono i diritti dei migranti lanciano l’allarme sulla Grande Retata e mettono in guardia i migranti e i profughi a rischio. Recente è, invece, la presa di posizione del Gue-Ngl, il raggruppamento di sinistra del Parlamento europeo. Sollecitato da Barbara Spinelli, il gruppo, con l’appoggio dei Verdi, ha denunciato il carattere discriminatorio dell’operazione in una lettera aperta al Consiglio dei ministri della Giustizia e degli Affari Interni. Nella lettera si rivendica, fra l’altro: il sostegno a Mare Nostrum; la creazione di corridoi umanitari; la garanzia della pienezza del diritto di asilo e di altri diritti fondamentali; la possibilità che i rifugiati raggiungano paesi europei diversi dal primo paese d’arrivo; la fine di ogni forma di detenzione dei migranti in quanto tali. Nel contempo, il Gue-Ngl si appresta a presentare una “richiesta di dichiarazione” del Consiglio durante la prossima plenaria del Parlamento europeo. Tutto ciò potrebbe sembrare banale routine politica. Eppure oggi, quando stragi e retate di migranti si consumano spesso nel silenzio e nell’indifferenza dei più, non è cosa da poco che nel Parlamento europeo vi sia qualche sussulto di opposizione alla Fortezza Europa (Annamaria Rivera, 11 ottobre 2014) // L'immagine che illustra questo post è un fin troppo eloquente graffito di Bansky, rimosso qualche giorno fa perché giudicato "offensivo e razzista". Ma è chiaro che "Banksy has not been banned from Clacton-on-Sea because he is a racist. He has been suppressed because he exposed the truth (Jonathan Jones, The Guardian)
Etichette:
Annamaria Rivera,
antirazzismo,
arte e dintorni,
autodifesa,
calamità (in)naturali,
confini,
conflittualità sociale,
fascismo italiano,
Fortezza Europa,
migranti
giovedì 23 gennaio 2014
Amore migrante
«Facciamo sempre di tutto per frapporre distanze incolmabili tra un "noi" e un "loro". Fuggono dalla fame, dalla guerra, dalla disperazione. Sono profughi, rifugiati, clandestini. E così finisce che non pensiamo mai alle cose normali. Al desiderio, alla follia della gioventù, al gusto dell'avventura e perché no all'amore. Chi l'avrebbe detto, ad esempio, che dietro alla più violenta rivolta del centro di identificazione e espulsione di Chinisia, a Trapani, ci fosse una bellissima e commovente storia d'amore?». Cominciava così l'articolo con cui Fortress Europe presentava il film L'amore ai tempi della frontiera di Alexandra D'Onofrio (2012) sulla storia d'amore di Winny e Nizar, una storia che si snoda tra l'Olanda, la Tunisia e il Cie di Chinisia, in Italia. Di amori migranti parla anche il saggio di Isabella Peretti, Amore migrante, contenuto nel volume collettaneo Infiniti amori, edito recentemente da Ediesse nella collana sessismoerazzismo, un volume che, attraverso i saggi di Barbara Mapelli, Alessio Miceli, Lea Melandri, Maria Grazia Manfredonia, Laura Menin, Andrea Pini, Isabella Peretti, Porpora Marcasciano, si interroga sull'amore, questione "spesso trascurata o pericolosamente banalizzata" (p. 12), partendo dalla domanda "Quanti sono gli amori possibili?" (p. 11), domanda che trova già una risposta con gli "infiniti amori" del titolo. Infiniti non solo per le diverse soggettività coinvolte (amori tra donne e uomini, donne e donne, uomini e uomini, amori trans), ma anche per i diversi contesti e condizioni materiali in cui questi amori nascono, dalla precarietà all'omotransfobia fino alle leggi sull'immigrazione, che spesso rendono ardui - come nel caso di Winny e Nizard - se non addirittura tragiche - come nel caso di Amor knis, morto soffocato nel bagagliaio dell'auto delle fidanzata italiana - anche le storie d'amore.
venerdì 3 maggio 2013
Lo spazio Schengen e Aminata Traoré / Un'intervista
Qualche giorno fa vi avevamo segnalato come all'attivista e femminista maliana Aminata Traoré fosse stato negato, per intervento diretto della Francia, il visto per tutti i paesi Schengen. Su Il Paese delle donne potete ora leggere la traduzione dell'intervista rilasciata qualche giorno dalla stessa Traoré alla redazione di Cameroonvoice, una decisa condanna del sistema economico mondiale che ha posto cinicamente da tempo al centro della propria agenda politica la guerra e la militarizzazione per il controllo delle risorse dell'Africa // Articoli correlati pubblicati recentemente in Marginalia: Mali: non alle strumentalizzazione della violenza contro le donne, Donne del Mali: diciamo no alla guerra per procura!, Guerra in Mali / Un'intervista ad Angelo Del Boca
mercoledì 1 maggio 2013
Aminata Traoré persona non grata in Francia
Aminata Traoré - di cui tempo fa avevamo pubblicato l'appello firmato con altre femministe maliane per protestare contro la strumentalizzazione della violenza sulle donne da parte della comunità internazionale per giustificare l'intervento armato in Mali (appello poi tradotto da Giovanna Romualdi per Il Paese delle donne) -, non ha potuto partecipare ad una serie di incontri in Europa ( e tra questi quello organizzato a Parigi presso l'Ageca, Non à la guerre au Mali ! Retrait des troupes !// No alla guerra in Mali! Ritiro delle truppe!), poichè il governo francese ha impedito che le fosse accordato il visto necessario per poter circolare liberamente nei paesi Schengen. Come non stabilire un collegamento - si chiedono i/le firmatari/ie di un appello diffuso in questi giorni - tra le convinzioni politiche di Aminata Traoré e il fatto che sia persona non grata alla Francia ?
giovedì 7 marzo 2013
Femministe a parole in tournée / Le prossime date del tour
Mentre Femministe a parole si appresta a festeggiare il suo primo "compleanno" - la prima presentazione del volume, fresco di stampa, risale infatti al 27 aprile dello scorso anno alla Casa internazionale delle donne di Roma -, continua la nostra aggrovigliata tournée. Ecco le prossime date del tour (per le precedenti vedi qui, quo e qua): anzitutto domani pomeriggio Femministe a parole sarà ospite della trasmissione che il laboratorio Sguardi sui Generis curerà all'interno della maratona radio in occasione dell'8 marzo durante la quale diverse realtà (dal collettivo Me-deA a Zeroviolenzadonne) si daranno il cambio ai microfoni di Radio Onda Rossa e Radio Blackout, grazie alle redattrici di Mfla e Interferenze che su entrambe le emittenti curano spazi radio autogestiti. Sempre nella giornata di domani saremo in serata al Circolo Maurice di Torino per una presentazione organizzata dalle compagne dell'AltraMartedì. Infine (per ora!) il 19 marzo alle ore 17.30, saremo a Firenze (in via dell'Agnolo, 5), ospiti de Il giardino dei ciliegi, per un'altra presentazione, di cui vi daremo prestissimo maggiori info. Ringraziamo tutte/i per il supporto alla diffusione e discussione collettiva del volume!
Etichette:
bibliografie,
donne di destra,
donne migranti,
donne musulmane,
femminismi,
Fortezza Europa,
genere / gender,
intersessualità,
intersezionalità,
nazionalismo,
orientalismo,
teorie queer,
whiteness / bianchezza
venerdì 15 febbraio 2013
Assemblea generale delle migranti e dei migranti
Oggi ancora, anche se nessuno lo dice, la legge Bossi-Fini lega la nostra permanenza regolare al permesso di soggiorno, al contratto di lavoro e al reddito. Da ormai dieci anni questa legge ci ha costretto ad accettare qualsiasi tipo di salario e mansione pur di mantenere i documenti in regola. Il legame tra soggiorno e lavoro, con la richiesta di un livello minimo di reddito per rinnovare il permesso, ha di fatto espulso dal mercato del lavoro e trasformato in irregolari migliaia di migranti: alcuni hanno lasciato il paese perdendo gli anni di contributi versati regolarmente, altri hanno deciso di rimanere pur dovendosi separare dalle loro famiglie che sono tornate nei luoghi di provenienza. Molti lavorano per salari ancora più bassi. Anche se paghiamo le stesse imposte dei lavoratori italiani, sono state messe nuove tasse e richiesti versamenti alle poste per rinnovare un permesso che spesso scade dopo solo pochi mesi. Quello che noi migranti viviamo dentro e fuori i luoghi di lavoro non nasce dal niente. Noi migranti non siamo più disposti ad accettare questa situazione: abbiamo lottato e continuiamo a lottare! Abbiamo manifestato davanti alle Prefetture e Questure per la nostra libertà e i nostri diritti. Abbiamo organizzato lo sciopero del lavoro migrante del primo marzo 2010 e 2011, insieme a tanti lavoratori italiani, precari e operai. Oggi, in tutta l’Emilia-Romagna, con gli scioperi e i blocchi nella logistica e nella distribuzione, stiamo lottando per migliorare le condizioni salariali e di lavoro, per tutti. In un settore dove prima sembrava impossibile alzare la voce, abbiamo detto basta al sistema al ribasso delle cooperative e alla precarietà. Con queste lotte abbiamo accumulato forza e ora vogliamo conquistare la libertà dal quotidiano razzismo istituzionale. Questo è il momento: nessun nuovo governo risolverà i nostri problemi, soltanto con la nostra forza potremo liberarci dal ricatto imposto dalla legge Bossi-Fini e dal permesso di soggiorno! Conosciamo la nostra forza, dobbiamo organizzarci! Dopo incontri e discussioni con migranti e associazioni non solo del bolognese, vogliamo costruire insieme una mobilitazione regionale e invitiamo tutti a partecipare all'assemblea generale dei migranti domenica 17 febbraio alle 0re 15 (XM24 - via Fioravanti, 24 - Bologna). Per info, contatti e per scaricare i volantini in arabo, inglese, italiano e urdu Coordinamento migranti Bologna e Provincia
Etichette:
autodifesa,
Bossi-Fini,
capitalismo,
conflittualità sociale,
Cpt/Cie,
donne e lavoro,
donne migranti,
Fortezza Europa,
in-sicurezza,
migranti,
precarietà,
razzismo
sabato 29 dicembre 2012
Cie / Il Serraino Vulpitta esiste ancora
Non ci meravigliamo (è una delle lezioni di Benjamin) che il Serraino Vulpitta - qualcuno lo ha definito la madre di tutti i Cie - esista ancora, nonostante la terribile strage del dicembre 1999, quando i Cie si chiamavano ancora Cpt. Altri ne hanno costruito dopo e altri ne costruiranno. No, non ci meravigliamo, però c'è tanta rabbia e ci ostiniamo a ricordare
giovedì 13 dicembre 2012
Per la figlia senza nome di Samb Modou
Nell'anniversario della strage di piazza Dalmazia a Firenze pubblichiamo una poesia, Per la figlia senza nome di Samb Modou, che ci è stata inviata da Pina Piccolo, che ringraziamo:
Per la figlia senza nome di Samb Modou // DIEREDIEF SERIGNE TOUBA* // Puoi smettere di aspettarlo // tredicenne dagli occhi ridenti // e col vestitino buono color di lillà comprato // per la foto da mandare a papà // con i soldi della rimessa // DIEREDIEF SERIGNE TOUBA // Il padre che anelavi // di carne e ossa e respiro // per 13 anni trafelato // a correre con borsoni // nella palestra dello stato italiano // destra e sinistra ne hanno allenati // polpacci, bicipiti e polmoni // ma non torna più sulle sue gambe // Ora dopo tredici anni // ti rimandano “la salma” // non in barcone // ma con l’aereo pagato // da lacrime di coccodrillo // DIEREDIEF SERIGNE TOUBA // Te lo rispediscono dal pulpito dolente politici malfattori e conniventi // abituati a lanciare il sasso // nascondendo la mano inguantata // di odio e superiore ingordigia // mentre dalla bocca cascano // perle d’ipocrisia // DIEREDIEF SERIGNE TOUBA // E nel rimestare le sue carni nere // potremmo trovare il virus // della Sindrome Italiana che stavolta // si abbatte su padri scuri // recisi da mogli e figlie mai viste // in terre assolate // di deserti, foreste e bianche spiagge ridenti // DIEREDIEF SERIGNE TOUBA // Città questa della sua morte // di cupole superbe // di fasti, amori, pittori, letterati alteri // lanaioli e banchieri // Non sviene soavemente //come turista colto dalla sindrome // del romanziere francese // alla vista delle sue bellezze // Modou Samb, questo padre straniero e cortese // un attimo dietro il banco // stramazza sull’asfalto // accanto a Diop Mor, // anche lui abile mercante senegalese // Accanto agli altri tre // nell’altro mercato // non quello operaio, quello di spensierati turisti // Colpiti tutti dallo stesso proiettile // che cova in tanti italici animi // DIEREDIEF SERIGNE TOUBA // Partito dalla canna di un uomo // all’apparenza mite // (“aveva l’aria di un buono” dice uno dei sopravvissuti) // che scriveva adagiato //nel molle ventre del fascismo // sdoganato da un’artritica democrazia //rispettosa di case dedicate a cantori di distruzione // DIEREDIEF SERIGNE TOUBA // E’ la pallottola rivestita del piombo che cola // dalle penne, dagli schermi // dagli arrotini della parola // che a lettere di fuoco squadrano // “quel che siamo e quel che vogliamo” // Parole aguzze come proiettili // tredicenne studentessa // nutrita dai versi di giustizia e libertà // di Leopold Senghor // vostro primo presidente poeta // DIEREDIEF SERIGNE TOUBA // E forse pentita l’ombra di Oriana Fallaci // adesso ci accompagna // in questo mesto corteo //per le vie di Firenze // non per intervistare // i Grandi della Storia // ma per chiedere scusa a te // triste ragazzina dal vestito lillà // che non le rilascerai interviste // se non per dirle // che non potrai mai sederti // sulle ginocchia di tuo padre // bersaglio del suo scontro di civiltà // nutrito dal suo orgoglio e dalla sua rabbia // DIEREDIEF SERIGNE TOUBA // Se per le strade di Firenze oggi s’intona un canto // che sia un richiamo di amore e di giustizia // che costringa l’UMANO a tornare nel suo alveolo // e che come tortora riprenda a tubare // silenziando lo stridio di drone e di Magnum. // DIEREDIEF SERIGNE TOUBA // (Pina Piccolo, 18 dicembre 2011) // *Canto funebre intonato per l’intera durata della manifestazione dallo spezzone dei senegalesi romani della confraternita islamica di Mourides dell’Africa occidentale che chiudevano il corteo per onorare Modou e Mor il 18 decembre a Firenze. Le parole significano,"Grazie guida di Touba" che è la capitale religiosa del mouridismo
Per la figlia senza nome di Samb Modou // DIEREDIEF SERIGNE TOUBA* // Puoi smettere di aspettarlo // tredicenne dagli occhi ridenti // e col vestitino buono color di lillà comprato // per la foto da mandare a papà // con i soldi della rimessa // DIEREDIEF SERIGNE TOUBA // Il padre che anelavi // di carne e ossa e respiro // per 13 anni trafelato // a correre con borsoni // nella palestra dello stato italiano // destra e sinistra ne hanno allenati // polpacci, bicipiti e polmoni // ma non torna più sulle sue gambe // Ora dopo tredici anni // ti rimandano “la salma” // non in barcone // ma con l’aereo pagato // da lacrime di coccodrillo // DIEREDIEF SERIGNE TOUBA // Te lo rispediscono dal pulpito dolente politici malfattori e conniventi // abituati a lanciare il sasso // nascondendo la mano inguantata // di odio e superiore ingordigia // mentre dalla bocca cascano // perle d’ipocrisia // DIEREDIEF SERIGNE TOUBA // E nel rimestare le sue carni nere // potremmo trovare il virus // della Sindrome Italiana che stavolta // si abbatte su padri scuri // recisi da mogli e figlie mai viste // in terre assolate // di deserti, foreste e bianche spiagge ridenti // DIEREDIEF SERIGNE TOUBA // Città questa della sua morte // di cupole superbe // di fasti, amori, pittori, letterati alteri // lanaioli e banchieri // Non sviene soavemente //come turista colto dalla sindrome // del romanziere francese // alla vista delle sue bellezze // Modou Samb, questo padre straniero e cortese // un attimo dietro il banco // stramazza sull’asfalto // accanto a Diop Mor, // anche lui abile mercante senegalese // Accanto agli altri tre // nell’altro mercato // non quello operaio, quello di spensierati turisti // Colpiti tutti dallo stesso proiettile // che cova in tanti italici animi // DIEREDIEF SERIGNE TOUBA // Partito dalla canna di un uomo // all’apparenza mite // (“aveva l’aria di un buono” dice uno dei sopravvissuti) // che scriveva adagiato //nel molle ventre del fascismo // sdoganato da un’artritica democrazia //rispettosa di case dedicate a cantori di distruzione // DIEREDIEF SERIGNE TOUBA // E’ la pallottola rivestita del piombo che cola // dalle penne, dagli schermi // dagli arrotini della parola // che a lettere di fuoco squadrano // “quel che siamo e quel che vogliamo” // Parole aguzze come proiettili // tredicenne studentessa // nutrita dai versi di giustizia e libertà // di Leopold Senghor // vostro primo presidente poeta // DIEREDIEF SERIGNE TOUBA // E forse pentita l’ombra di Oriana Fallaci // adesso ci accompagna // in questo mesto corteo //per le vie di Firenze // non per intervistare // i Grandi della Storia // ma per chiedere scusa a te // triste ragazzina dal vestito lillà // che non le rilascerai interviste // se non per dirle // che non potrai mai sederti // sulle ginocchia di tuo padre // bersaglio del suo scontro di civiltà // nutrito dal suo orgoglio e dalla sua rabbia // DIEREDIEF SERIGNE TOUBA // Se per le strade di Firenze oggi s’intona un canto // che sia un richiamo di amore e di giustizia // che costringa l’UMANO a tornare nel suo alveolo // e che come tortora riprenda a tubare // silenziando lo stridio di drone e di Magnum. // DIEREDIEF SERIGNE TOUBA // (Pina Piccolo, 18 dicembre 2011) // *Canto funebre intonato per l’intera durata della manifestazione dallo spezzone dei senegalesi romani della confraternita islamica di Mourides dell’Africa occidentale che chiudevano il corteo per onorare Modou e Mor il 18 decembre a Firenze. Le parole significano,"Grazie guida di Touba" che è la capitale religiosa del mouridismo
mercoledì 5 dicembre 2012
La pace dell'Unione Europea non è la nostra / سلام الاتحاد الأوروبي ليس السلام الذي نؤمن به / The European Union Peace Is Not Ours
Il 10 dicembre alcuni rappresentati dell’Unione Europea saranno ad Oslo per ritirare il Nobel per la pace che, come si legge nel testo delle motivazioni, si è deciso quest'anno di assegnarle per la sua “vittoriosa lotta per la pace e la riconciliazione, per la democrazia e i diritti umani”. Una decisione assolutamente inaccettabile. Tra le tante voci che si sono alzate per rifiutare questa strana (e cieca) idea di pace rinviamo a La pace dell' Unione Europea non è la nostra, delle Venticinqueundici che con le madri dei dispersi continuano la campagna Da una sponda all'altra: vite che contano
mercoledì 21 novembre 2012
Il fuoco della rivolta
Il fuoco della rivolta. Torce umane dal Maghreb all’Europa, è l'ultimo libro di Annamaria Rivera che analizza il fenomeno delle auto-immolazioni pubbliche e di protesta, riconducendolo nell’ambito del conflitto sociale,senza fare "un elogio del suicidio tra le fiamme”, ma bensì augurandosi che questo serva infine a “rendere esplicito il conflitto” e “organizzarlo in forme tali che esso possa fare a meno di corpi che ardono nelle piazze” (pag. 180). Su questo auspicio si chiude anche la recensione del volume di Gianluca Paciucci alla quale rinviamo per una puntuale lettura del testo
lunedì 5 novembre 2012
I bianchi d'Europa
Invitato dal movimento di estrema destra francese Bloc Identitaire alla convention Direction Reconquête! che si è tenuta a Orange questo fine settimana, l'eurodeputato leghista Borghezio ha esaltato la platea, prima lodando gli occhi blu delle donne - bianche ed europee -, occhi "blu per un popolo che vuole restare bianco” e poi lanciando il suo messaggio: "Viva i bianchi d’Europa, viva la nostra identità, la nostra etnia, la nostra razza: quando la nostra patria viene invasa, bisogna bastonare". Fonte: Il fatto quotidiano
martedì 23 ottobre 2012
La "questione rom" oggi in Europa / La "question rom" en Europe aujourd'hui
L'ultimo numero della rivista Etudes Tsiganes
venerdì 5 ottobre 2012
Ahmed Shawki / Black and Red. Les mouvements noirs et la gauche americaine 1850-2010
Black Liberation and Socialism di Ahmed Shawki è un altro di quei libri che avrei voluto leggere e non ho mai trovato il tempo di farlo. Nell'attesa (che sarà lunga per svariati motivi) leggo (e vi segnalo) la prefazione alla recente edizione francese del volume, edita da Syllepse, Black and Red. Les mouvements noirs et la gauche americaine 1850-2010, pubblicata da Entre les lignes entre les mots, sempre ricco di notizie
domenica 9 settembre 2012
Essere rom in Italia e in Europa
Ricevo da Dimitris Argipoulos - che ringrazio - l'ultimo numero della rivista Educazione democratica, uscito in giugno. Con Essere rom in Italia e in Europa, la rivista continua il suo viaggio "nelle periferie della nostra democrazia", - inaugurato con un numero dedicato al carcere -, proponendo ora una sorta di dossier sulla situazione dei rom, gli esclusi per antonomasia: il rom è infatti, come si legge nell'introduzione al numero, "colui che la società, che si dice democratica, aperta, tollerante, non riesce da accettare". Potete leggere (e scaricare) Essere rom in Italia e in Europa - così come gli altri numeri -, direttamente dal sito della rivista. Buona lettura.
(Alcuni articoli correlati in Marginalia: Antiziganismo in Europa. Una barbarie che avanza, Stranieri ovunque , "Zingari", "nomadi", un malinteso europeo, Zingari d'Italia, L'estraneo tra noi)
(Alcuni articoli correlati in Marginalia: Antiziganismo in Europa. Una barbarie che avanza, Stranieri ovunque , "Zingari", "nomadi", un malinteso europeo, Zingari d'Italia, L'estraneo tra noi)
sabato 1 settembre 2012
Queer sexualities, nationalism and racism in the new Europe
Per chi attualmente è londinese - o lo sarà intorno al 19 ottobre - segnalo questa interessante giornata di studi alla London South Bank University,Queer sexualities, nationalism and racism in the new Europe. L'iniziativa E qui la fine del post.
Over the last few years, debates about nationalism and racism have received renewed critical attention within queer/sexuality studies. Just as the boundaries of ‘Europe’ are being redefined through economic and political integration, the protection of sexual citizenship rights is increasingly celebrated as a core ‘European’ value. However, this discourse has been deployed to produce new exclusions, in a context marked by the rise of defensive and inward-looking nationalisms, by the lingering ‘war on terror’, by increased mobilities within Europe and by initiatives aimed at limiting migration towards ‘Fortress Europe’. As the secular liberalism that inspired both feminism and gay liberation is increasingly becoming conflated with ‘Europeannes’ and ‘whiteness’, important questions are raised about the relationship between sexual citizenship and national belonging in different European contexts; about the ability of LGBTIQ and feminist movements to sustain meaningful solidarities across cultural and geographic boundaries; and about LGBTIQ and feminist communities’ ability to embrace difference along racial, ethnic and faith lines.
Etichette:
bianchezza,
black feminism,
femminismi transnazionali,
Fortezza Europa,
intersezionalità,
movimento lgbtq,
nazionalismo,
omonazionalismo,
pinkwashing,
whiteness / bianchezza
domenica 17 giugno 2012
UniNomade / Composizione di classe e frammentazione nella crisi: per una lettura materialista di razza e genere
Composizione di classe e frammentazione nella crisi: per una lettura materialista di classe e genere è il titolo del prossimo seminario di UniNomade, che si terrà a Napoli il prossimo 23 e 24 giugno. Un seminario, come si legge nella presentazione, "per discutere di razza e genere nel capitalismo contemporaneo", per ripensare da una parte "la cassetta degli attrezzi dell’operaismo nel capitalismo globale e postcoloniale e dall’altra (e soprattutto) provare a dipanare l’intricata matassa del rapporto tra classe, comando e strutture di mediazione". Il seminario è strutturato in tre sessioni: Valorizzazione capitalistica delle differenze e produzione di soggettività (introduzione di Anna Curcio, interventi di Enrica Capussotti, Alfonso De Dito, Laboratorio Sguardi Sui Generis, discute Sandro Mezzadra), Identity Politics e critica dell’identità (introduzione di Giso Amendola, interventi di Judith Revel, Nina Ferrante, Alessandra Gribaldo, Vincenza Perilli, Giovanna Zapperi, discute Miguel Mellino) e Teoria/pratica del comune. Strumenti di inchiesta e pratiche di riappropriazione al di fuori dei modelli di welfare, famiglia e cittadinanza (introduzione di Roberta Pompili, interventi di Cristina Morini, Laboratorio Smaschieramenti, Francesco Festa, Giso Amendola). Sul sito di Uninomade il programma dettagliato e alcuni materiali di approfondimento
Etichette:
capitalismo,
differenzialismo,
donne migranti,
Enrica Capussotti,
Fortezza Europa,
genere / gender,
intersezionalità,
marxismi,
nomadismi personali,
politiche razziali e sessuali,
postcolonialismo,
precarietà
martedì 5 giugno 2012
Le politiche migratorie sono politiche di morte e scomparsa
Aggiornamenti sulla campagna Da una sponda all'altra. Vite che contano: le riflessioni emerse dall'incontro con alcune madri dei migranti dispersi dopo il recente viaggio in Tunisia del collettivo Le Venticinqueundici, l'appello in francese pubblicato sul sito Naawat e l'intervento di una delle donne impegnate nella campagna all'interno della trasmissione odierna del Mfla.
giovedì 31 maggio 2012
Terremoti e profitto
Ri-pubblichiamo un articolo di Annamaria Rivera, Terremoti e profitto non discriminano tra italiani e migranti: " Il terremoto non discrimina tra italiani ed “extracomunitari”, come li chiamano i razzisti inconsapevoli o comunque travestiti. Non distingue tra cittadini e meteci, tra chi ha la nazionalità italiana e chi è reputato così inferiore che la sua nazionalità è detta “etnia” (anche da giornalisti di grandi quotidiani). Il terremoto è indifferente al fenotipo, al colore della pelle, alla provenienza, alla religione, alla lingua materna. Non controlla i permessi di soggiorno. Se ne infischia dei sacri confini padani inventati dalle menti malate di malfattori in camicia verde. Le catastrofi sono cieche sicché al massimo distinguono tra borghesi e proletari. Colpiscono più spesso i secondi, soprattutto se sono operai costretti dal padrone a lavorare mentre la terra trema e con essa i capannoni mal costruiti.La catastrofi sono come Tiresia: non vedono ma rivelano, additano verità. Smascherano le retoriche razziste dell’invasione degli alieni praticate da tribuni di ogni risma, compresi quelli a cinque stelle. Smentiscono la leggenda dell’estraneità irriducibile degli “islamici” propalata da un certo preteso campione del pensiero liberale, tal Giovanni Sartori. Mostrano che, quantunque esclusi dalla nazionalità italiana, loro e la loro progenie, i migranti appartengono al nostro stesso paese. Si spaccano la schiena nei capannoni industriali, fanno i turni di notte, lavorano in condizioni estreme nei cantieri edili e nelle campagne del Sud e del Nord, garantiscono la sopravvivenza di molte attività produttive. In definitiva contribuiscono all’economia italiana con un apporto ben superiore alla loro incidenza demografica. E non solo: i meteci cercano di riunire le loro famiglie, mandano i figli a scuola, dunque affidano all’Italia il futuro loro e della loro prole. Fra le vittime delle due ondate sismiche in Emilia, quelle accertate finora, in maggioranza operai (e non per caso), tre erano immigrati. Tarik Naouch, cittadino marocchino, morto la notte del 20 maggio nel crollo del capannone di una fabbrica di polistirolo, la Ursa di Ponte Rodoni di Bondeno, aveva 29 anni e da ben sei lavorava in quella fabbrica. Lavorava duro, anche di notte, per poter accogliere degnamente la giovane moglie ancora in Marocco. Era bambino quando approdò in Italia con i genitori da Beni Mellal, una delle regioni più povere del paese, fucina di emigrazione a ciclo continuo fin dagli anni settanta. Nel Belpaese aveva trascorso quasi tutta la sua vita, Tarik, ma non era cittadino italiano. Eppure si sentiva così responsabile che, fuggito dal capannone alle prime scosse, aveva subito avuto un ripensamento: era rientrato in fabbrica per azionare i sistemi di sicurezza, raccontano i suoi compagni, ed è stato allora che un pilone ha ceduto e gli è crollato addosso.Anche Mohamed Azzar, vittima della seconda ondata sismica, era un cittadino marocchino, anch’egli operaio, anch’egli morto durante il turno di notte per il crollo del capannone della fabbrica: la Meta, una ditta di meccanica di precisione, una trentina di dipendenti, nel polo industriale di San Felice sul Panaro, nel Modenese. Mohamed aveva 46 anni ed era molto conosciuto a San Felice perché era il responsabile del centro islamico. Qualcuno lo riferisca a Sartori. Coloro che incarnano “l’estraneità radicale non integrabile” sono gli stessi che lavorano duramente nei capannoni malandati dell’ex miracolo italiano. Gli dica che perfino uno così credente da dirigere un centro islamico può essere un buon lavoratore, un onestuomo rispettato e “integrato”. Gli riveli che gli “islamici” sono fatti della nostra stessa sostanza umana.La seconda vittima del crollo della Meta è Pavan Kumar, indiano del Punjab, di minoranza sikh. Aveva solo 27 anni e due figli piccoli: una bambina di due anni e un neonato di otto mesi. Era un “ragazzo” – volendo usare il termine ridicolo con cui i media definiscono gli italiani fino ai quarant’anni – eppure in quella fabbrica lavorava da cinque anni. Da quel che raccontano compagni di lavoro e familiari, Pavan, come Mohamed, temeva di tornare in quel vecchio capannone insicuro. Ma il padrone aveva preteso che riprendessero a lavorare, malgrado il rischio enorme che si era palesato con il primo terremoto. Probabilmente Mohamed e Pavan si erano infine piegati a quell’ingiunzione assurda per timore di perdere il lavoro. Se si è immigrati, il licenziamento significa perdere non solo occupazione e reddito, ma anche il permesso di soggiorno e quell’avanzamento minimo di status che esso comporta.Oggi i mezzi d’informazione per lo più esprimono compassione per la sorte di tutte le vittime del sisma. Alcuni arrivano perfino a chiamare con nome e cognome le vittime “straniere”, a corredare le notizie con qualche cenno alle loro biografie, sottraendole così al magma dell’alterità indistinta in cui di solito è annegata l’individualità dei migranti. Ma quanto durerà? Eppure speriamo che non siano pochi ad accogliere la lezione che la catastrofe ci consegna: della classe operaia, così negletta eppure così indispensabile e valorosa, sono parte integrante i lavoratori meteci, cioè inclusi economicamente, ma esclusi da diritti civili e politici, perfino da alcuni diritti sociali. Per ricompattare la classe, come si diceva un tempo, per renderla capace di resistere agli assalti della crisi, delle politiche di “austerità”, dei loro dissennati gestori, occorre battersi non solo contro il progetto di seppellire l’articolo 18 e altri diritti fondamentali, ma anche perché i meteci possano diventare cittadini a pieno titolo: almeno sulla carta, per cominciare.(Annamaria Rivera, 30 maggio 2012)".
Etichette:
ad memoriam,
bianchezza,
calamità (in)naturali,
capitalismo,
conflitti di classe,
conflittualità sociale,
Fortezza Europa,
migranti,
precarietà,
razzismo,
whiteness / bianchezza
lunedì 21 maggio 2012
Migranda : una festa / assemblea per tutte le donne, con le donne migranti
Migranda invita tutte le donne che vogliono essere protagoniste della lotta contro la legge Bossi-Fini e il razzismo istituzionale, che vogliono discutere del contratto di integrazione ma anche dell’importanza della lingua italiana, della cittadinanza per le figlie e i figli dei migranti e della precarietà nel lavoro, della costruzione di percorsi collettivi con le donne migranti e per tutte le donne, a una festa / assemblea domenica 27 maggio dalle ore 12 presso XM24 (via Fioravanti, 24 - Bologna). Pranzeremo insieme e discuteremo di come continuare insieme il nostro percorso.Partecipate numerose!
Scarica il nuovo numero del Giornale di Migranda
Etichette:
antirazzismo,
antisessismo,
conflittualità sociale,
Cpt/Cie,
donne e lavoro,
donne migranti,
donne musulmane,
femminismi,
Fortezza Europa,
migranti,
pratiche di resistenza,
precarietà
Iscriviti a:
Post (Atom)