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sabato 23 novembre 2013

Africa da vip

Negli ultimi mesi quasi centomila persone hanno firmato la petizione contro Mission, un reality-show prodotto dalla Rai con la stupefacente collaborazione di organizzazioni quali Unhcr e Intersos . Il format, ambientato nei campi profughi congolesi (e altri nei territori confinanti) e con la partecipazione di vip di seconda mano (Emanuele Filiberto, Al Bano, Paola Barale ed altri/e) si preannuncia infatti come un'indegna spettacolarizzazione della sofferenza umana dei/delle rifugiati/e. Ma nonostante tutte queste firme, depositate qualche giorno fa alla Commissione di Vigilanza Rai, dal 26 novembre al 2 dicembre dovrebbero essere registrate, negli studi Rai di via Verdi a Torino, le due puntate di Mission che andranno poi in onda su Rai 1 nelle serate del 27 novembre e del 4 dicembre. Ricevo da Liliana Ellena, che ringrazio, segnalazione che oggi, per iniziativa del Centro Frantz Fanon, diverse realtà cittadine torinesi si sono incontrate per discutere ed elaborare insieme efficaci modalità di protesta da mettere in campo per fermare la registrazione delle puntate di questo reality-show. Qui il documento elaborato dalla varie realtà presenti a questo primo incontro, che si ritroveranno martedì prossimo sotto la sede Rai di via Verdi per dire no all'ennesima pornografia della sofferenza. Pubblico sperando in un effetto moltiplicatore anche altrove

mercoledì 20 novembre 2013

Il ramadan di Daniela Santanchè

Nuova puntata per La vendetta del burqa, la saga all'insegna dell'islamofobia che vede come protagonista Daniela Santanchè, ex Alleanza Nazionale, poi candidata fallita per La Destra - Fiamma Tricolore e ora fedelissima di Berlusconi nell'agonizzante Popolo della Libertà. Già rinviata a giudizio per diffamazione lo scorso anno dal gup di Milano per aver offeso "la reputazione e l'onore" (così nel decreto che ne disponeva il giudizio) di una donna italiana convertita all'Islam nel corso della trasmissione televisiva Iceberg, il 21 settembre del 2009, adesso Santanchè è a processo per un'altra vicenda che l'ha vista in primissima fila sempre nel settembre 2009.  L'episodio è la cosiddetta  "protesta anti-burqa" organizzata a Milano dall'allora leader del Movimento per l'Italia (da lei fondato un anno prima) durante la quale la parlamentare  aveva tentato di strappare il velo ad alcune donne musulmane che si recavano ad una festa per i festeggiamenti di fine Ramadan. In seguito aveva dichiarato di essere stata vittima di un'aggressione da parte dei "fondamentalisti islamici", notizia che aveva generato titoli memorabili su molti quotidiani, come l'indimenticabile Per festeggiare il Ramadan picchiano la Santanchè (Il Giornale). Ora arriva il processo e la richiesta da parte del pm di un mese di arresto e cento euro di multa per Santanché e 2000 euro di multa per Ahmed El Badry, accusato di lesioni per aver assestato un pugno nello sterno alla parlamentare del Pdl. Per il vice procuratore onorario, a differenza di Santanché, El Badry non merita le attenuanti generiche e nemmeno quelle "della provocazione, in quanto ha colpito una persona, oltre tutto di sesso femminile, che esprimeva opinioni e non c'era motivo di colpirla". L'appuntamento (e terza puntata della saga) è ora per il 1 di dicembre, giorno in cui parleranno le difese e il giudice si dovrebbe ritirare in camera di consiglio per la sentenza.

lunedì 11 novembre 2013

Berlusconi e le famiglie ebree

Da Incidenze l'ultimo capitolo della campagna revisionista di Silvio Berlusconi: «I miei figli dicono di sentirsi come dovevano sentirsi le famiglie ebree in Germania durante il regime di Hitler . Abbiamo davvero tutti addosso»

martedì 9 luglio 2013

Senza (philo) Sophia

Non sempre è possibile prenderla con (philo) Sophia //  Nell'immagine Gloria Swanson in Sunset Boulevard di Billy Wilder (1950) via Cinegif

lunedì 3 giugno 2013

Istanbul d'autore

Mentre la protesta contro Erdogan dilaga e da Istanbul ci arrivano immagini e notizie sempre più drammatiche, a Bologna - dopo la manifestazione di sabato scorso con la comunità turca - di Istanbul se ne parla anche così ... Segni dei tempi?  (Foto via Photographium, Istanbul 1860-1890)

lunedì 27 maggio 2013

Cesare Lombroso e la specificità calabrese

Una ragazzina di quindici anni, Fabiana Luzzi, viene uccisa in maniera atroce dal suo "fidanzato", poco più grande di lei, in un paesino in provincia di Cosenza. La lettera di una "trentenne calabra, direttore delle relazioni esterne di una multinazionale" inviata e poi pubblicata da Il Corriere della Sera con il titolo Sono nata nella terra dove è stata uccisa Fabiana, io sono fuggita lei non c'è riuscita, ha scatenato una serie di reazioni tra chi, come si legge su Scirocco News, non riesce a scorgere l'attinenza tra l'omicidio di una ragazzina e il fatto che fosse nata in una certe regione e si oppone all'immagine di una Calabria terra barbara e retrograda, dove gli uomini sono tutti dei padre padrone con la clava e le donne tutte vittime e sottomesse. Un omicidio riconducibile insomma ad una sorta di "specificità calabrese", così come per l'omicidio di Sarah Scazzi si era parlato di cultura meridionale. Doriana Righini nel suo La rivincita di Lombroso, scrive che, come affermava Rosa Luxemburg, il primo gesto rivoluzionario è chiamare le cose con il loro vero nome e che quindi, riprendendo le parole di Renate Siebert, non si può che definire razzista quanto espresso nella lettera pubblicata dal Corriere della Sera, poiché " una storia come questa potrebbe essere accaduta in qualsiasi altro posto d’Italia. Trovo assolutamente razzista e aberrante che si possa parlare, in questa vicenda, di specificità calabrese [...] Per come conosco la Calabria devo dedurre che chi sostiene queste tesi è sostanzialmente razzista ”. // Alcuni articoli correlati in Marginalia: Il ritorno del meridionale mafioso e omertoso, Il colore delle donne meridionali, I meridionali sono meno intelligenti. E le meridionali ancora meno

lunedì 13 maggio 2013

Boccassini orientalista

Nella requisitoria al processo che vede imputato Silvio Berlusconi la pm Ilda Boccassini - che ha chiesto di condannare il leader del Pdl a cinque anni per concussione e ad un anno per sfruttamento prostituzione minorile - ha evocato la "furbizia orientale, propria delle sue origini" di Karima El Marough detta Ruby. Mentre anche Suad Sbai si indigna poiché "non tutte le donne orientali o arabe tengono atteggiamenti come quelli di cui si sta dibattendo nel processo", noi dobbiamo ancora una volta constatare la pervasività di una cultura neo-coloniale-orientalista-razzista-sessista che sembra non risparmiare nessuno/a. Grazie a Alessandra Gribaldo per la segnalazione // L'immagine  è un'opera di Ellen Gallagher, Odalisque (2005)

venerdì 25 gennaio 2013

Noi, con Bartleby, preferiamo di no

Noi, con Bartleby, preferiamo di no, il comunicato di solidarietà di Storie in Movimento / Zapruder alle compagne e ai compagni di Bartleby: "Esprimiamo la nostra solidarietà alle compagne e ai compagni di Bartleby che ieri, 23 gennaio 2013, sono stati violentemente sgombrati dai locali che animavano da tempo in via San Petronio Vecchio a Bologna. In questi ultimi anni Storie in Movimento / Zapruder ha collaborato con Bartleby in tante iniziative - B.I.R.R.A. Bagarre Internazionale Riviste Alternative, presentazioni di numeri di Zapruder e, più recentemente, il seminario per la costruzione di un futuro numero della rivista sul tema della violenza politica. Esprimiamo inoltre preoccupazione per i materiali della Common Library rimasti murati all'interno della struttura. Tra questi materiali anche il Fondo Roversi, alla cui catalogazione abbiamo partecipato in questi ultimi mesi, un lavoro importante che questo sgombero pregiudica. Uno sgombero che ci appare un ulteriore segnale della politica adottata in questa città da istituzioni locali, amministrazione comunale e Università contro gli spazi autonomi di espressione, di produzione e condivisione di saperi. Noi, con Bartleby, preferiamo di no e siamo sicuri che non saranno pochi mattoni a fermarlo"

lunedì 27 febbraio 2012

Dopo i / le rom gli / le homeless : una nuova condanna dell'Italia da parte del Consiglio d'Europa

Riceviamo da Dimitris Argiropoulos, che ringraziamo, notizia dell'ultima condanna dell'Italia da parte del Consiglio d'Europa, notizia snobbata dalla maggioranza degli organi di informazione embedded / mainstream. La condanna arriva, attraverso il rapporto 2011 redatto dallo European Committee of Social Rights, per aver violato l’articolo 31 comma 2 della Carta sociale europea (che recita: "Per garantire l’effettivo esercizio del diritto all’abitazione, le Parti s’impegnano a prendere misure destinate a prevenire e ridurre lo status di 'senza tetto' in vista di eliminarlo gradualmente"). Il diritto alla casa, il diritto a vivere in un luogo dignitoso, che risponda ai requisiti di sicurezza, igiene, salubrità e che sia in tutto per tutto rispondente agli standard di accessibilità, equivale, secondo il Consiglio d'Europa, al diritto alla vita. Il nostro Paese – si ricorda in una nota della Fio.Psd - arranca sul terreno delle politiche abitative e sulle iniziative tese ad arginare e prevenire le situazioni di disagio, emarginazione sociale e homelessness. La Federazione sostiene da tempo la necessità di riportare nell'agenda politica delle Istituzioni, a tutti i livelli, le politiche per la casa; ora una condanna internazionale importante e grave arriva a ricordare, molto più autorevolmente, la medesima necessità. Oltre a ripetere le condanne all'Italia sul tema del trattamento dei Rom e della loro esclusione sociale, già avvenute nel recente passato, il rapporto 2011 sottolinea il tema della prevenzione della homelessness attraverso politiche di housing efficaci, che nel nostro Paese risultano completamente assenti. Il rapporto ricorda che il diritto ad una casa adeguata deve essere garantito a tutti e che rifugi e dormitori dovrebbero essere dei luoghi di stanziamento temporaneo, che devono corrispondere agli standard di sicurezza e igiene ed essere provvisti di tutti i beni di prima necessità; inoltre non deve essere richiesta la residenza per poter usufruire dei rifugi di emergenza, come invece spesso è accaduto in varie città italiane negli ultimi anni. E infine, dunque, arrivano le condanne. L'Italia è accusata di aver violato l'articolo 31 comma 2 sia "passivamente", per non aver predisposto servizi adeguati per gli homeless, giudicando il comitato insufficienti quelli esistenti, sia "attivamente", per aver condotto senza programmazione e con violenza lesiva della dignità umana le azioni di sgombero dei Rom verificatesi negli anni scorsi in virtù del famigerato "patto per la sicurezza".

domenica 11 dicembre 2011

Carla Lonzi e i suoi miracoli / Taci. Anzi parla

Ci voleva (santa) Carla Lonzi (sopra) e il Secondo manifesto di Rivolta Femminile (sotto), via Sud-Degenere, per far uscire momentaneamente Marginalia dal suo mutismo. Il titolo del post riprende il titolo di un'altra opera lonziana, quel Taci. Anzi parla. Diario di una femminista che già si era riaffacciato qui in altri momenti di "crisi".

"Chi ha detto che l’ideologia è anche la mia avventura?
Avventura e ideologia sono incompatibili
La mia avventura sono io
Un giorno di depressione un anno di depressione cento anni di depressione
Lascio l’ideologia e non so più niente
Lo smarrimento è la mia prova
Non avrò più un momento prestigioso a disposizione
Perdo attrattiva
Non avrai in me un punto fermo
Chi ha detto che l’emancipazione è stata smascherata?
Adesso mi corteggi perché temi che quell’interlocutrice con il mondo che non hai saputo essere lo sarò io
Aspetti da me l’identità e non ti decidi
Hai avuto dall’uomo l’identità e non la lasci
Riversi su di me il tuo conflitto e mi sei ostile
Attenti alla mia integrità
Vorresti mettermi sul piedistallo
Vorresti tenermi sotto tutela
Mi allontano e non me lo perdoni
Non sai chi sono e ti fai mia mediatrice
Quello che ho da dire lo dico da sola
Chi ha detto che hai giovato alla mia causa?
Io ho giovato alla tua carriera
Ma il mio apparire ti ha guastato la festa
La provocazione è un gesto di attaccamento
Mi fai assistere a penose rivalse in chiave di sfida
Celebri un mito che con me è caduto
Chi ha detto che la cultura è una meta sublime?
E’ la meta sublime dell’autodistruzione
Acculturandoti hai aderito senza riserve a una richiesta che ti esclude
Hai voluto partecipare senza esistere in proprio
Alla fine sei irriconoscibile
Durante soffri di inadeguatezza
Pretendi solidarietà per essere andata allo sbaraglio
Secondo me ti sei cacciata nei pasticci
Hai dato la vita per dimostrare che siamo mediocri
Sei rimasta in panne nella scalata al fallo
Sembrava questione di tempo e ce l’avresti fatta
Ti continuano a dire che la mediocrità è temporanea
Con te la vedo perenne
Arriverai a invidiare il mio niente
Chi ha detto che il potere non lo conosci?
"Occuparsi di" è arroganza intellettuale
Più ti occupi della donna e più mi sei estranea
Sai cos’è esporsi in prima persona?
Tu cerchi l’errore senza essere pronta a rischiare
Chi ha detto che l’autocoscienza è quella?
Quella è una pantomima per i fessi
Sarebbe finita prima di cominciare
E’ dilagata nei fraintendimenti
E’ diventata aria fritta
Non parlare con me se hai fatto "autocoscienza"
L’autocoscienza è altra
L’hai sentita quella della "doppia militanza"?
E quella del "privato è politico"?
E quella del "non state facendo abbastanza"?
Ho trovato la mia fonte di umorismo".

giovedì 1 dicembre 2011

Marginalia Closed

Mi prendo, anzi ci prendiamo (io e il blog), una pausa di "vacanza" e soprattutto riflessione. Magari "torniamo" già domani, o dopodomani. O forse mai. In questo momento non ci poniamo il problema, abbiamo troppo bisogno di tirare giù la saracinesca.

lunedì 10 gennaio 2011

Costruzione del/la martire e strategie del consenso : una riflessione critica sull'istituzione della Giornata Nazionale degli Stati Vegetativi

Riceviamo una puntuale riflessione del Laboratorio Sguardi Sui Generis a proposito dell'istituzione da parte del governo di una Giornata Nazionale degli Stati Vegetativi per il 9 di febbraio, anniversario della morte di Eluana Englaro, dal titolo Costruzione del/la martire e strategie del consenso. Titolo che enuncia chiaramente le poste in gioco di questa ennesima e sfacciata mistificazione degli integralisti pro-vita. Infatti, come scrivono le aurici del testo, "Nel comunicato di partecipazione redatto dalla sottosegretaria alla Salute Eugenia Roccella, Eluana, da simbolo della lotta per la propria autodeterminazione, diventa martire di una magistratura assassina, incarnazione di un diritto allo Stato Vegetativo negato. Alla sua vicenda viene conferita una esemplarità che, in assoluta malafede, la piega a prova del 9 di un teorema politico". Prima di lasciarvi alla lettura de la Costruzione del/la martire e strategie del consenso, vogliamo però spendere due parole (per memoria) sulla citata Eugenia Roccella: negli anni 70 legata al partito radicale e attiva nelle lotte per l'aborto insieme ad Adele Faccio, in seguito sostenitrice del "materno" e dell"autorevolezza femminile", deputata del Pdl, portavoce del Family Day, collaboratrice di quotidiani e riviste, da Il Foglio ad Avvenire (dove, tra l'altro, a proposito del caso Welby, si spinse a parlare di "pulizia sociale"), decisamente avversa ai Dico, alla Ru486, ai matrimoni gay, coccolatissima da vari esponenti del Movimento per la vita e dintorni, autrice con Lucetta Scaraffia di un Dizionario biografico delle italiane in cui, tra i 247 ritratti di italiane che hanno fatto la storia d'italia, spiccano quelli di Rachele Mussolini e Claretta Petacci ... potremmo continuare ma abbiamo già scritto più delle due parole che ci eravamo ripromesse (e crediamo in ogni caso bastino a tratteggiare una parabola politica piuttosto preoccupante) e vi lasciamo finalmente alla lettura del testo Costruzione della martire e strategie del consenso nel sito di Sguardi Sui Generis .

venerdì 5 novembre 2010

Sull'autonomia del femminismo arabo

Sull'autonomia del femminismo arabo è il titolo di un intervento di Fatima Mernissi, originariamente apparso sul sito mundoarabe.org, ora tradotto e pubblicato da Contropiano. Vi copio-incollo l'incipit: "La rivoluzione consiste nel capire il linguaggio alieno e minaccioso degli altri. 'Il femminismo non è nato nei paesi arabi, è un prodotto importato dalle grandi città dell’Occidente'. Questa affermazione si sente spesso in bocca a due gruppi di persone che altrimenti non si somigliano per nulla. Da un lato il gruppo dei leader religiosi conservatori arabi e dall’altro dalle femministe provinciali occidentali, e questa opinione sottintende che la donna araba è un essere subumano, sottomesso e un po’ tonto che è felice nel degrado organizzato dal patriarcato e nella miseria istituzionalizzata". Trovate il resto dell'articolo online, sul sito della rivista. Buona lettura

mercoledì 9 dicembre 2009

Taci, anzi parla

Post forzatamente criptico. Ma dopo si sta decisamente meglio. L'unico elemento lampante è che il titolo l'ho rubato a un libro di Carla Lonzi Taci, anzi parla. Diario di una femminista pubblicato da Rivolta Femminile nel 1978, lettura per certi aspetti un po' noiosa ma oltremodo illuminante su taluni meccanismi. E adesso scervellatevi, congetturate, ipotizzate. Io vado a dormire
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mercoledì 25 novembre 2009

Stupri non denunciabili e cariche poliziesche durante la "giornata internazionale contro la violenza sulle donne"

Sappiamo che ci sono stupri non denunciabili, quelli cioè commessi da coloro che dovrebbero (secondo una certa retorica sessista e razzista) garantire la nostra "sicurezza". Lo sappiamo da tempo e da tempo abbiamo affermato che noi non siamo complici di quest'altra forma di omertà. Vogliamo denunciare la violenza esercitata sulle donne, migranti e non, tra le cosiddette pareti domestiche, i luoghi di lavoro e le parrocchie, come anche le questure, i carceri e soprattutto i Centri di identificazione ed espulsione. Per questo oggi, giornata internazionale contro la violenza sulle donne, siamo state in tante, in diverse città, a scendere in strada con presidi itineranti, volantinaggi, scorribande contro-informative e striscioni che denunciavano quello che in tanti/e non vogliono vedere e cioè che (anche) nei Cie si stupra. E che a stuprare è la polizia, quella che mandano nelle strade per "difenderci". Non ci stupisce allora che sia stata proprio l'apertura di uno striscione che affermava questa scomoda verità a provocare una violenta reazione poliziesca a Milano. Poche ore fa, infatti, in Piazzale Cadorna, durante il presidio promosso dalle compagne milanesi che avevano aderito all'appello Noi non siamo complici!, presidio che aveva riunito diverse realtà femministe e antirazziste, alcune donne hanno aperto uno striscione: "Nei centri di detenzione per immigrati la polizia stupra". Immediata la reazione della polizia, la richiesta di chiudere lo striscione, il sacrosanto rifiuto. Partono le cariche, violente. Le/i contuse/i sono diverse/i. Intanto, a poche fermate di metro, in quelle stesse ore le femministe dette "storiche" della Libreria delle donne di Milano festeggiavano a loro modo la giornata internazionale contro la violenza sulle donne con un iniziativa dal titolo Diritti e castighi. Non avendo in questo momento energia e lucidità a sufficienza riprendo dal lancio di stampa dell'iniziativa: (e ad ognuna le proprie riflessioni): "Dal 2002 Lucia Castellano dirige la Seconda Casa di Reclusione di Milano-Bollate - un esempio di civiltà e innovazione unico in Italia -, affiancata da altre due donne: la Vice Direttora Cosima Buccoliero e la Comandante della Polizia Penitenziaria Alessandra Uscidda. Nel suo lavoro si orienta mettendo al centro l'attenzione e il rispetto per l'altro/a, considerando il potere come un'opportunità per poter fare, attraverso una capacità progettuale e trasformativa in grado di produrre cambiamenti significativi nel contesto in cui opera e in chi lo abita, rifiutando "la gelida cultura autoritaria e burocratica che domina il mondo del carcere», improntata «al machismo, alla prepotenza e alla vessazione". Doppia solidarietà alle compagne e alle/ai antirazziste/i di Milano.
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giovedì 16 aprile 2009

Quando antisessismo fa rima con razzismo ...


Questo manifesto prodotto nel 1944 dal Nucleo Propaganda (organismo creato dal Ministero della Cultura Popolare della Repubblica Sociale Italiana per curare l'organizzazione della propaganda sul fronte della "guerra psicologica"), è stato utilizzato per pubblicizzare, via mail, il seminario Femminicidi, ginocidi e violenza sulle donne, promosso dal Comune di Bologna e dal Centro di documentazione ricerca e iniziativa delle donne con l'adesione di diverse realtà femminili/femministe (Associazione Orlando, Armonie, Casa delle Donne per non subire violenza, UDI, SOS Donna ...). Lo "scopro" solo ora, ma la notizia ha già fatto il giro della rete (rinvio qui per dettagli e considerazioni) e sui quotidiani si leggono le prime reazioni critiche (e le conseguenti giustificazioni: "svista", "provocazione", "messaggio frainteso" ... ). Da parte mia non credo di poter essere tacciata (come spesso mi è successo) di eccessiva durezza se affermo che un episodio di questo genere è per me totalmente ingiustificabile, soprattutto alla luce di quanto prodotto all'interno di una parte del femminismo (dal Black Feminism ai femminismi cosiddetti postcoloniali) per denunciare, criticare e smantellare il mito dello stupratore nero e l'economia politica dello stupro, cioè l'uso in termini razzisti e securitari della violenza sulle donne. Scrivevo, solo qualche giorno fa che, a mio giudizio, alcuni nodi inerenti all'interrelazione tra razzismo e sessimo, non sono stati ancora sufficientemente meditati e fatti propri all'interno del movimento delle donne. Ma ero lontana dall'immaginare un episodio di una tale gravità, paradossalmente a ridosso di un fine settimana antirazzista e antisecuritario. Ma allora siamo proprio condannate alla ripetizione logorante senza fine e senza risultati?
Auspicherei (per il ri-avvio di un dibattito quanto mai necessario) ulteriori prese di distanza critica su quanto accaduto, anche (o forse soprattutto) da parte delle relatrici invitate al convegno (credo ignare dell'immagine usata per publicizzarlo). Di alcune ben conosco e apprezzo il lavoro teorico e militante contro la violenza subita dalle donne e credo abbiano l'intelligenza e la capacità di porre al centro la necessità di riflettere su queste questioni. Da parte mia, come contributo al dibattito, oltre quanto già scritto qui e altrove, mi limito a copiare la scheda che accompagna il manifesto Difendila! del Nucleo Propaganda nel catalogo della mostra La menzogna della razza a cura del Centro Furio Jesi:

Ciò che veniva ovunque suggerito, prospettato, sottinteso, è messo in scena qui, con tutta l'enfasi del caso: chi ha progettato il manifesto riteneva che la raffigurazione dello stupro avrebbe guadagnato in atrocità proprio sottolineando la diversità etnica di chi lo perpetra. Così il soldato nero ha sguardo lubrico, bocca e labbra ingigantite, mani ad artiglio, è tutto proteso nella brama di possesso simboleggiata dalla vampa di fuoco che sembra emanare dal suo corpo, materializzazione dello smodato desiderio erotico che il pregiudizio razzista ha spesso attribuito alle genti di colore. La donna bianca viene rappresentata come il suo opposto speculare: il volto atteggiato a severo sdegno ma composto nella sua dignità ferita, la veste candida della purezza, il corpo disperatamente teso nel virtuoso sforzo della repulsione.
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mercoledì 19 novembre 2008

Miserie femministe ...

Fortunatamente (per me) il mio è elettrico ...
Ecco questo potrebbe essere un saggio commento per una salvatrice della patria.
Del resto anche rileggendo, in orario rigorosamente notturno, qualche pagina de L'arte delle guerra di Sun Tzu, mi è facile arguire che non è (ancora) il momento di "aprire gli archivi". Sicuramente si può aspettare ancora qualche giorno, o qualche mese. Magari anche qualche anno. Intanto il famoso dossier è sempre lì, e si ingrossa. paurosamente. Ogni tanto gli do un'occhiatina, così, giusto per essere sicura di non dimenticare qualcosa d'importante. Ma non troppo spesso perché alcuni "reperti" sono veramente disgustosi, indigeribili ... E che nessun* me ne voglia se risulto un po' criptica, ma visto che questo è il mio blog penso ogni tanto di potermelo permettere. Non ritengo neanche di dover esplicitare che le miserie non sono tutte e solo femministe, o forse non sono affatto femministe, ma solo "femministe". Ma che noia le polemichette.

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Per chiudere questa pagina con una nota positiva segnalo, per bolognesse e nomadiche, la serata a cura del collettivo Amazora e delle donne dell'Iqbal Masih che si terrà domani sera (giovedi 20 ore 21, presso il circolo Iqbal Masih, v. della Barca 24/3 - Bologna ), con proiezione di Girls Town di Jim McKay, una delle iniziative verso la manifestazione nazionale contro la violenza sulle donne di sabato a Roma.
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martedì 17 giugno 2008

La Madonna del Manganello

Sembra che anche gli Itali (e le Itale) abbiano una madonna a cui votarsi (sarà questo uno dei motivi che ne hanno evitato la rottamazione ?), precisamente La Madonna del Manganello (vago ricordo in Fascisti su Marte) che da quel che leggo in La Nuova Towanda (che rinvia a sua volta a Wikipedia) sembra essere una Madonna senza riconoscimento ecclesiastico ufficiale, ma che rientrò ugualmente in un insieme di rappresentazioni diffuse negli anni trenta, in sintonia con un certo spirito clerico-fascista che già aveva visto il prodursi di alcune "aberrazioni" quali San Francesco proclamato "precursore del Duce" nel 1926 ( sembra che Mussolini definì San Francesco "il più italiano dei santi, il più santo degli italiani", anche se altri attribuiscono la frase a Pio XII che lo proclamò patrono d'Italia nel 1939), o l'icona di santa Chiara in trionfo sui fasci littori. Una quasi omologa alla Madonna del Manganello sembra essere la Madonna del buon ritorno, immagine sacra creata da tal Don Gabriele Virgilio nel 1942 per i soldati in guerra (proclamata in seguito patrona dei dispersi e dei reduci). Sempre in questa corrente si inseriscono le numerose "preghiere per il Duce" composte in quegli anni, e che venivano divulgate proprio tramite il retro di questi santini.
La statua della Madonna del Manganello fu realizzata dallo scultore leccese Giuseppe Malecore come arredo sacro per una chiesa non parrocchiale di Monteleone, attuale Vibo Valentia, sembra su richiesta di un gerarca fascista locale, tal Luigi Razza (ma le mie ricerche sono ancora in corso...). La statua è stata poi distrutta verso la fine della seconda guerra mondiale (la data non è certa, c'è chi dice intorno al 1943). Leggo che "con essa svanì la sua venerazione", ma ci credo poco ... La statua, realizzata in cartapesta colorata, rappresentava una Madonna con bambino, nella tipica iconografia della Madonna del Soccorso (patrona di varie cittadine da Sciacca a Nicastro e che spesso viene confusa con la Madonna del Manganello vera e propria) che nella mano sinistra sorreggeva il figlio Gesù mentre con la destra sollevava un manganello nodoso. Ai piedi della donna un secondo bambino in piedi (mentre nella Madonna del Soccorso c'è un demone). Da questa rappresentazione furono in seguito realizzati dei santini, come quello riprodotto qui di fianco. L'immagine fu ripresa dagli organi del partito, che la elessero dapprima a "patrona degli squadristi", poi a "protettrice dei fascisti". Asvero Gravelli, giornalista del regime, fascista intransigente e direttore della rivista Antieuropa, compose anche uno stornello come preghiera per il retro dell'immagine. Ecco il testo:

« O tu santo Manganello
tu patrono saggio e austero,
più che bomba e che coltello
coi nemici sei severo
O tu santo Manganello
Di nodosa quercia figlio
ver miracolo opri ognor,
se nell'ora del periglio
batti i vivi e gli impostor.
Manganello, Manganello,
che rischiari ogni cervello,
sempre tu sarai sol quello
che il fascista adorerà. »


La Madonna del manganello sarà sicuramente una delle figure al centro dell'intervento - titolo: Santa Madre Chiesa e le sue Ma(donne) - che sto preparando (tentando di) preparare per un incontro previsto domenica prossima (Eva colse la mela. Solo lei poteva farlo con Michela Zucca e Giusi Di Rienzo) all'interno delle Giornate anticlericali.
Qui, sommersa da santini e varie epistole apostoliche (Mulieris Dignitatem in primis), so di deludere profondamente quante (via mail e telefonicamente) mi hanno chiesto di scrivere qualcosa sul Flat bolognese di quest'ultimo fine settimana ... Purtroppo non potrei parlare delle tante belle connessioni e tacere delle dis-connessioni (e delle miserie), quindi avendo attualmente poco tempo (e soprattutto voglia) rinvio a non so quando. Intanto il dossier si ingrossa.
In ogni caso presto saremo inondate dai report delle varie addette stampa e strateghe della comunicazione ...
E non ho nessuna ma(donna) a cui votarmi ...
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