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martedì 13 ottobre 2015

Atlantide sgomberata, Atlantide ovunque!

Poco più di un anno fa, in una delle tante fasi di “emergenza sgombero” vissute da Atlandide , in un breve comunicato ricordavamo l’importanza di questo spazio come luogo di produzione, condivisione, circolazione di progettualità politica e sapere critico . Uno spazio che abbiamo attraversato non solo individualmente in occasione delle tante iniziative organizzate in più di un decennio di attività, ma che ci ha anche accolti come gruppo bolognese di Storie in Movimento per una delle nostre riunioni nomadiche attraverso i (pochi) luoghi “liberati” ancora presenti in questa città. All’alba di venerdì Atlantide è stata sgomberata. Nonostante l’importanza di questo luogo per una comunità larghissima di persone, che va ben oltre la «lobby gay», come l’ha definita il Merola di fine mandato. Nonostante la larghissima partecipazione alle iniziative in sue difesa dello scorso anno. Nonostante il tavolo aperto fra amministrazione comunale e i collettivi che la gestiscono. Il ritornello è sempre lo stesso: la legalità, le procedure, i servizi per i quartieri… Ma se “Atlantide deve vivere!” è stata l’affermazione che ha accompagnato, in questi anni, le tante iniziative e la petizione a sostegno e in solidarietà di questo spazio, oggi non possiamo che dire che, nonostante i mattoni che ne hanno murato l’ingresso, Atlantide vive e sempre vivrà nella determinazione delle libere individualità che l’hanno animata. 
Atlantide ovunque!
Il gruppo bolognese di Storie in Movimento – «Zapruder», http://storieinmovimento.org/2015/10/13/atlantide-ovunque/ 
(L’immagine di copertina è tratta dall’album Flickr di Zic.it, autore Michele Lapini)

mercoledì 13 maggio 2015

Manifestazione nazionale rom e sinti / U barò merapé charar u sinti

Via Staffetta il manifesto della manifestazione nazionale antirazzista promossa da rom e sinti per sabato prossimo a Bologna per contrastare la violenta campagna d’odio antizigano portata avanti in Italia dalla destra leghista e neofascista. Purtroppo da mesi era stata già fissata, per la stessa data, la riunione di redazione di Zapruder (alla quale non potrò mancare) ma chiedo a quant@ leggono Marginalia di far girare il volantino della manifestazione

sabato 11 ottobre 2014

Mos maiorum. Mega-retata europea contro i migranti

Dal blog di Annamaria Rivera una versione ampliata del suo articolo sull'operazione europea  Mos Maiorum pubblicato originariamente da Il Manifesto. Prima di lasciarvi alla lettura dell'articolo vi segnalo che sul sito del Coordinamento migranti è possibile scaricare e stampare un utile foglio informativo multilingue. Buona lettura e diffusione  // L’hanno chiamata Mos Maiorum, la grande retata europea contro i migranti che scatterà il 13 ottobre per concludersi il 26. Infelice già nel nome che allude, con gusto della romanità di tipo mussoliniano, ai “costumi degli antenati”, cioè al sistema etico-normativo tradizionale che nella Roma patriarcale e pre-civica aveva al centro, tra gli altri valori e principi, la valentia militare. La spruzzata di romanità da incolti pretenziosi – o piuttosto un lapsus che ne rivela il subconscio razzista e imperialista – non riesce a occultare il vero scopo dell’operazione: fermare, controllare, identificare, schedare migranti irregolari e potenziali richiedenti-asilo, intercettati sul territorio europeo sulla base della presunzione della loro colpevolezza. Promossa dal governo italiano nel contesto del semestre di presidenza europea, approvata, il 10 luglio scorso, dal Consiglio dei ministri dell’Interno e della Giustizia, la mega-retata sarà coordinata dalla Direzione centrale per l’immigrazione e dalla Polizia di frontiera del ministero dell’Interno italiano, in collaborazione con Frontex ed Eurosur. Il principale scopo dichiarato di questa operazione transnazionale, ma che avrà l’Italia come teatro operativo principale, è stroncare le reti che trafficano in “clandestini”. In realtà, come abbiamo ribadito più volte, a creare gli irregolari e quindi il traffico di tale merce umana sono il proibizionismo europeo, l’assenza di canali d’ingresso legali e il Regolamento Dublino III. Quest’ultimo, impedendo i movimenti interni all’UE dei richiedenti-asilo, conferendo agli Stati, invece che alle persone, la facoltà di decidere dove chiedere protezione, prevedendo perfino che essi possano essere trattenuti se c’è “pericolo di fuga”, li induce ad affidarsi a reti illegali pur di raggiungere le mete desiderate.Come è ammesso esplicitamente nel documento ufficiale del Consiglio dell’UE, datato 10 luglio 2014, servirà anche a schedare i migranti e a “raccogliere informazioni rilevanti per scopi investigativi e d’intelligence”. Insomma, le vere finalità sono terrorizzare e criminalizzare migranti e potenziali richiedenti-asilo, soprattutto ripulire il territorio europeo, quello italiano in specie, da un buon numero di indesiderabili. Questa mega-retata non è una novità assoluta. Infatti, tra il 15 e il 23 settembre scorsi si era svolta l’operazione Archimedes (ancora il gusto della classicità!), vasta operazione di polizia, coordinata da Europol, contro il crimine organizzato transnazionale. Nell’ambito di questa operazione, l’Italia, con la collaborazione di Frontex, si era occupata, tra l’altro, d’immigrazione irregolare, identificando e schedando ben diecimila migranti in tutta Europa. Perlopiù persone ree di null’altro se non di sfuggire a miseria e altre calamità, in buona parte provocate dai rapporti di sfruttamento neocoloniale che le potenze occidentali impongono ai paesi del Sud o comunque non egemoni.Ciò che rende ancor più infame Mos Maiorum– non evoca forse le retate di massa, di triste memoria, contro altri indesiderabili?– è che si accompagni con l’annunciata fine di Mare Nostrum. Ancora un’operazione dal nome classicheggiante, ma che almeno, pur con delle ambiguità, ha sottratto più di centoventimila vite umane all’immenso cimitero marino che è divenuto il Mediterraneo. Dopo le lacrime di coccodrillo di Schultz e Mogherini a Lampedusa, nel corso della commemorazione della strage del 3 ottobre 2013, di nuovo coloro che sono costretti a fuggire da realtà funeste, prodotte o incrementate dagli apprendisti stregoni occidentali, tornano a essere nemici o, appunto, indesiderabili. E’ da molti giorni che le associazioni e le reti che difendono i diritti dei migranti lanciano l’allarme sulla Grande Retata e mettono in guardia i migranti e i profughi a rischio. Recente è, invece, la presa di posizione del Gue-Ngl, il raggruppamento di sinistra del Parlamento europeo. Sollecitato da Barbara Spinelli, il gruppo, con l’appoggio dei Verdi, ha denunciato il carattere discriminatorio dell’operazione in una lettera aperta al Consiglio dei ministri della Giustizia e degli Affari Interni. Nella lettera si rivendica, fra l’altro: il sostegno a Mare Nostrum; la creazione di corridoi umanitari; la garanzia della pienezza del diritto di asilo e di altri diritti fondamentali; la possibilità che i rifugiati raggiungano paesi europei diversi dal primo paese d’arrivo; la fine di ogni forma di detenzione dei migranti in quanto tali. Nel contempo, il Gue-Ngl si appresta a presentare una “richiesta di dichiarazione” del Consiglio durante la prossima plenaria del Parlamento europeo. Tutto ciò potrebbe sembrare banale routine politica. Eppure oggi, quando stragi e retate di migranti si consumano spesso nel silenzio e nell’indifferenza dei più, non è cosa da poco che nel Parlamento europeo vi sia qualche sussulto di opposizione alla Fortezza Europa (Annamaria Rivera, 11 ottobre 2014) // L'immagine che illustra questo post è un fin troppo eloquente graffito di Bansky, rimosso qualche giorno fa perché giudicato "offensivo e razzista". Ma è chiaro che "Banksy has not been banned from Clacton-on-Sea because he is a racist. He has been suppressed because he exposed the truth (Jonathan Jones, The Guardian)

giovedì 1 maggio 2014

5x1000 a Storie in movimento e «Zapruder»

Per le amiche e gli amici di Storie in Movimento e della rivista «Zapruder» che hanno un lavoro ( e quindi un reddito) regolare: come probabilmente sapete ognun@ di noi (senza alcun onere) può devolvere il 5 x milledel suo reddito a favore di associazioni iscritte in un apposito elenco semplicemente indicando il codice fiscale nell'apposito spazio della dichiarazione dei redditi e firmando. E' possibile sostenere Storie in Movimento e «Zapruder» indicando sul modulo per la scelta del 5 x 1000, nella casella "associazioni del volontariato", il seguente codice fiscale: 91309100377. Tale codice fiscale appartiene all'Archivio "Marco Pezzi" di Bologna: poiché' SIM non è nell'elenco delle associazioni beneficiarie del 5 x 1000, gli amici dell'Archivio "Marco Pezzi" hanno deciso di devolvere l'intero ammontare del loro 5 x mille a Storie in Movimento . Vi chiediamo di fare questo semplice gesto con lo scopo di difendere e sostenere un progetto che per scelta, anche economicamente, non vuole dipendere da nessuno. I fondi raccolti saranno interamente utilizzati per i seguenti scopi: - organizzazione del SIMposio estivo - finanziamento della rivista «Zapruder», - organizzazione di incontri culturali coerenti con il nostro progetto L'Associazione si impegna a rendere conto pubblicamente di come saranno utilizzati i fondi raccolti attraverso il 5 x mille.

venerdì 11 aprile 2014

Perché Atlantide deve viveve

Poco più di un anno fa, ospiti di "Atlantide" per una delle nostre riunioni come gruppo bolognese di "Storie in Movimento", invitavamo a firmare la petizione Atlantide deve vivere, convint@ dell'importanza di questo spazio come luogodi produzione, condivisione, circolazione di progettualità politica e sapere critico. A distanza di un anno Atlantide è nuovamente sotto la minaccia di uno sgombero imminente. Rinnoviamo la nostra solidarietà e l'invito a sostenere le atlantidee, firmando la petizione online e partecipando ai prossimi appuntamenti pubblici: di produzione, condivisione, circolazione di progettualità politica e sapere critico. A distanza di un anno Atlantide è nuovamente sotto la minaccia di uno sgombero imminente. Rinnoviamo la nostra solidarietà e l'invito a sostenere le atlantidee, firmando la petizione online e partecipando ai prossimi appuntamenti pubblici (http://atlantideresiste.noblogs.org) // Il gruppo bolognese di Storie in Movimento / Zapruder (Articoli correlati in Marginalia: Atlantide non si affonda!)

martedì 9 luglio 2013

Senza (philo) Sophia

Non sempre è possibile prenderla con (philo) Sophia //  Nell'immagine Gloria Swanson in Sunset Boulevard di Billy Wilder (1950) via Cinegif

domenica 9 giugno 2013

Black Panthers ad Atene

Come già è accaduto in Ungheria con la resistenza dei Rom contro le milizie fasciste di Jobbik, ora anche in Grecia un gruppo di africani residenti ad Atene si organizza per rispondere alle ronde xenofobe dei neonazisti di Alba dorata. È un movimento di autodifesa che prende lo stesso nome adottato dal movimento afro-americano negli Stati Uniti d’America negli anni ’60 e ’70: «Black Panthers». Un po’ dappertutto non si vuole più subire senza dir nulla le continue istigazioni all’odio razzista della destra xenofoba. Fosse anche un partito in via d’estinzione come la Lega Nord che ogni sabato mattina fa il suo banchetto in via Orefici contro l’«invasione straniera» e raccoglie ogni volta lo sdegno dei passanti (da Staffetta)

mercoledì 17 aprile 2013

Studi di genere / Ancora su visibilità-invisibilità

Mentre la soppressione del corso di Studi di genere tenuto da Laura Corradi all'Università della Calabria porta ad una interrogazione parlamentare (di cui leggo in un articolo della giornalista Giovanna Pezzuoli pubblicato nel blog del Corriere della Sera che, sia detto en passant, cita anche un ampio stralcio del commento di Paola Di Cori sulla visibilità-invisibilità degli studi di genere in Italia, ma senza citare la fonte, ovvero questo blog, cosa che visto l'argomento dell'articolo fa riflettere), con tante in questi giorni ci stiamo chiedendo come costruire (a partire da questo episodio sintomatico sul quale auspichiamo si faccia chiarezza) un progetto politico collettivo e condiviso, che contribuisca non solo a rafforzare gli studi di genere in Italia e chi ci lavora ma anche a salvaguardarne la necessaria radicalità - che non possiamo mai dare per scontata neanche in questo campo -, contro processi di addomesticamento e neutralizzazione rafforzati da logiche baronali, riduzionismi burocratici e strumentalizzazioni politiche. Questione complessa e difficile che sarà possibile dipanare solo grazie alle riflessioni di tutte/i coloro che si occupano di studi di genere, dentro e fuori l'università, anche a partire da posizionamenti e percorsi diversi. Trovo preziosi in questo senso alcuni contributi che toccano aspetti cruciali, come il commento di Sara Garbagnoli al già citato intervento di Paola Di Cori e il testo del Centro di Women’s Studies dell'Università della Calabria “Milly Villa” pubblicato su Sud-DeGenere, il blog di Doriana Righini

mercoledì 3 aprile 2013

Angela Davis / Un simbolo da distruggere

In occasione dell'uscita del film di Shola Lynch, Free Angela & All Political Prisoners, è stata pubblicata da L' Express un'interessante intervista ad Angela Davis, J'étais devenue un symbole à détruire. Ho cominciato a tradurla, ma poiché la cosa rischia di andare un po' per le lunghe (il tempo a disposizione per Marginalia si restringe sempre più), intanto la segnalo per le/i francofone/i: potete leggerla qui

giovedì 21 marzo 2013

Free Angela and all political prisoners a Parigi

Vi avevamo già segnalato il film di Shola Lynch, Free Angela & All Political Prisoners,in occasione della sua presentazione al Toronto Film Festival a settembre. Ora, grazie alla nostra impagabile corrispondente Jamila Mascatsegnaliamo, per tutte/i coloro che attualmente sono parigine/i, la tavola rotonda intorno al film che si terrà a Parigi domani - venerdì 22 marzo 2013 - con la stessa Angela Davis. Da non mancare ...

lunedì 25 febbraio 2013

Pink Gang

Proiezione di Pink Gang - il documentario di Enrico Bisi che racconta la storia della Gulabi Gang, gruppo di donne indiane che combatte contro la violenza sule donne - oggi pomeriggio alle ore 17 (Palazzo Nuovo - Torino). Interverranno il regista e la storica Liliana Ellena. Per ulteriori info Sguardi sui Generis

venerdì 15 febbraio 2013

Assemblea generale delle migranti e dei migranti

Oggi ancora, anche se nessuno lo dice, la legge Bossi-Fini lega la nostra permanenza regolare al permesso di soggiorno, al contratto di lavoro e al reddito. Da ormai dieci anni questa legge ci ha costretto ad accettare qualsiasi tipo di salario e mansione pur di mantenere i documenti in regola. Il legame tra soggiorno e lavoro, con la richiesta di un livello minimo di reddito per rinnovare il permesso, ha di fatto espulso dal mercato del lavoro e trasformato in irregolari migliaia di migranti: alcuni hanno lasciato il paese perdendo gli anni di contributi versati regolarmente, altri hanno deciso di rimanere pur dovendosi separare dalle loro famiglie che sono tornate nei luoghi di provenienza. Molti lavorano per salari ancora più bassi. Anche se paghiamo le stesse imposte dei lavoratori italiani, sono state messe nuove tasse e richiesti versamenti alle poste per rinnovare un permesso che spesso scade dopo solo pochi mesi. Quello che noi migranti viviamo dentro e fuori i luoghi di lavoro non nasce dal niente. Noi migranti non siamo più disposti ad accettare questa situazione: abbiamo lottato e continuiamo a lottare! Abbiamo manifestato davanti alle Prefetture e Questure per la nostra libertà e i nostri diritti. Abbiamo organizzato lo sciopero del lavoro migrante del primo marzo 2010 e 2011, insieme a tanti lavoratori italiani, precari e operai. Oggi, in tutta l’Emilia-Romagna, con gli scioperi e i blocchi nella logistica e nella distribuzione, stiamo lottando per migliorare le condizioni salariali e di lavoro, per tutti. In un settore dove prima sembrava impossibile alzare la voce, abbiamo detto basta al sistema al ribasso delle cooperative e alla precarietà. Con queste lotte abbiamo accumulato forza e ora vogliamo conquistare la libertà dal quotidiano razzismo istituzionale. Questo è il momento: nessun nuovo governo risolverà i nostri problemi, soltanto con la nostra forza potremo liberarci dal ricatto imposto dalla legge Bossi-Fini e dal permesso di soggiorno! Conosciamo la nostra forza, dobbiamo organizzarci! Dopo incontri e discussioni con migranti e associazioni non solo del bolognese, vogliamo costruire insieme una mobilitazione regionale e invitiamo tutti a partecipare all'assemblea generale dei migranti domenica 17 febbraio alle 0re 15 (XM24 - via Fioravanti, 24 - Bologna). Per info, contatti e per scaricare i volantini in arabo, inglese, italiano e urdu Coordinamento migranti Bologna e Provincia

domenica 3 febbraio 2013

Storie in movimento / Zapruder: per la Sezione storica della Biblioteca nazionale slovena

"Storie in movimento e la rivista Zapruder – che raccolgono ricercatori e ricercatrici, docenti, studiose e studiosi di storia in genere – sensibili e preoccupati per le vicende del patrimonio archivistico e documentario, la cui fruizione è sempre più esigua a causa dei tagli alla cultura, all'istruzione e alla ricerca, esprimono contrarietà alla chiusura della Sezione storica della Biblioteca nazionale slovena di Trieste. La Sezione storica costituisce un'importante e preziosa opportunità per tutti gli studiosi che si occupano del confine orientale italiano. A più riprese, in occasione delle nostre ricerche, il materiale presente e l'aiuto del personale della biblioteca sono stati degli strumenti indispensabili al buon fine del lavoro. Inoltre è l'unica istituzione storica transnazionale sul confine orientale dell'Italia; per questo svolge un ruolo indispensabile per coloro che intendono fare ricerche senza il paraocchi del nazionalismo, ed è anche un baluardo contro il sempre strisciante, a volte emergente, tentativo di defalcare la memoria ai popoli slavo e italiano confinanti. La sua chiusura, oltre a sottrarre risorse al panorama culturale e alla ricerca storica, rappresenterebbe un impoverimento della conoscenza comune dei due popoli. La Sezione storica si è sempre distinta per l'opposizione al nazionalismo e per l'impegno a fornire una visione rigorosa delle vicende di cui si occupa, scevra da ogni irredentismo e sciovinismo nazionale.La sua scomparsa, il licenziamento dei dipendenti, il ricorso al lavoro precario, si inseriscono in quel processo di svuotamento dell'identità culturale multinazionale della città di Trieste, le cui vicende hanno segnato la storia d'Italia e, pensiamo, di tutta l'Europa. Consegnano inoltre la memoria a un uso pubblico fattone da gruppi sciovinisti rivali, che se ne servono per seminare odi e sospetti nazionalistici, al di là della contingenza. E' anche da notare che, mentre si negano i finanziamenti a un'Istituzione così importante e prestigiosa, la Regione Friuli Venezia Giulia ha stanziato ben 370.000 euro a beneficio di associazioni che propagandano l'odio razziale e l'irredentismo nazionalista.Chiediamo quindi che la Sezione storica della Biblioteca nazionale slovena venga riconsegnata in tutte le sue funzionalità agli studi storico-scientifici e siano ripristinate tutte le sue attività, che gli addetti vengano riconfermati nei loro ruoli, che si stanzino i fondi necessari al suo pieno funzionamento, perché possa proseguire nel suo compito di assistenza ai ricercatori e a tutti gli studiosi. Storie in Movimento / Zapruder"

lunedì 19 novembre 2012

CasaPound / Facciamola finita

Chi frequenta Marginalia sa chi è CasaPound e soprattutto cosa ne pensiamo, quindi non la facciamo troppo lunga. In coda comunque qualche link, per memoria. Per questo ed altro ancora abbiamo aderito (e parteciperemo) alla manifestazione Chiudere Casa Pound promossa dal Coordinamento Antifascista Murri che si terrà sabato prossimo a Bologna (concentramento ore 15, piazza Carducci). Perché è ora di farla finita con i sedicenti "fascisti del terzo millennio" (come si autodefiniscono): bisogna loro togliere qualsiasi agibilità politica, e ogni silenzio è complice // Le mamme di CasaPound // CasaPound Superstar // CasaPound: il volto attraente dei nuovi fascisti // Ave Italo! // Chi è veramente Casa Pound // Per Mor Diop e Samb Modou //.

giovedì 1 novembre 2012

Violenza poliziesca e conflittualità sociale

"La Verdi 15 non è un centro sociale, ma una residenza universitaria autogestita, una comunità in lotta formata da più di sessanta studenti provenienti da tre diversi continenti. La maggior parte di noi ha scelto l’Italia, e in particolare Torino, allettata dall’eccellenza dei suoi poli universitari e dalla promessa di dodicimila borse di studio, improvvisamente tradita. Ognuno di noi porta con sé la propria lingua, la propria cultura, una sua personale coscienza politica, la propria esperienza di vita. Qualcosa di irriducibile in un’etichetta ad uso e consumo dei politici che non tollerano il dissenso e dei giornalisti al loro servizio. Ciò che ci accomuna è la determinazione nel lottare contro chi, nella Torino che Fassino aveva promesso di trasformare in 'città dei giovani', sta smantellando il diritto allo studio lasciando senza un tetto e senza borsa di studio migliaia di studenti meritevoli, contro chi vuole ritornare ad un università classista, contro chi, complice delle banche, vuole farci indebitare con i prestiti d’onore' ": così si descrivevano qualche mese fa nel loro sito, gli studenti della Verdi 15 di Torino, dopo essere stati definiti dai giornali una “succursale dell’Askatasuna”, “autonomi antagonisti” ed “estremisti dei centri sociali”. Ieri la residenza universitaria - che tra l'altro il 17-18 novembre avrebbe dovuto ospitare l'XI assemblea generale di Storie in Movimento, l'associazione che edita Zapruder. Rivista di storia della conflittualità sociale -, è stata sgomberata, con modalità estremamente violente (e razziste: studenti pakistani separati da tutti gli altri e costretti a stare faccia al muro), da una polizia in assetto di guerra ...

giovedì 11 ottobre 2012

XM24 / Nessuna ipoteca sul futuro

Una sciagurata politica di speculazione edilizia unita a una variante ai lavori della Tav che stravolgerà ulteriormente il territorio della Bolognina, quartiere storico di Bologna, mette a rischio l'esistenza di XM24, uno spazio che tanto ha rappresentato negli ultimi dieci anni per molte/molti di noi (1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10 ...). Una parte considerevole di XM24 rischia infatti di venir rasa al suolo impedendo di fatto che in questo spazio possano continuare a svolgersi i progetti portati avanti sinora. A tutti e tutte coloro che a vario titolo attraversano XM24, agli abitanti della Bolognina, agli attivisti impegnati nella difesa del territorio urbano dalla speculazione edilizia e dalla rendita parassitaria, alle realtà autogestite colpite dalla miope politica di gestione degli spazi di questa Amministrazione, XM24 chiede di prendere parte attivamente al percorso pubblico che sta intraprendendo, intervenendo alle assemblee aperte di gestione il martedì sera alle 21 e alle altre iniziative previste e firmare e far circolare la petizione online, Nessuna ipoteca sul futuro

martedì 11 settembre 2012

Judith Butler, ebraismo e violenza di stato

A fine agosto, a Francoforte, Judith Butler è stata insignita del prestigioso Premio Adorno, assegnazione preceduta e accompagnata da una violenta polemica da parte di alcune organizzazioni israeliane con articoli del tenore di "Il premio Adorno ad una fan di Hamas". Val la pena leggere la risposta di Judith Butler a questi attacchi, inviata originariamente a Mondoweiss, e poi ripresa e tradotta in italiano da varie testate (1, 2 e 3 ...). Eccola: "Il Jerusalem Post ha recentemente pubblicato un articolo in cui informa che alcune organizzazioni erano contrarie a che io ricevessi il Premio Adorno. Questo premio viene assegnato ogni tre anni a chi lavora nella tradizione intellettuale della teoria critica, intesa in senso ampio. Le accuse contro di me sono di appoggiare Hamas e Hezbollah (non vero), di appoggiare il BDS (parzialmente vero) e di essere un’anti-semita(platealmente falso). Forse non dovrei essere così sorpresa che chi si oppone al mio ricevimento del Premio Adorno ricorra ad accuse così ignobili e infondate per farsi notare. Sono una studiosa arrivata alla filosofia attraverso il pensiero ebraico e mi considero una persona che difende e prosegue una tradizione etica che include figure come Martin Buber e Hannah Arendt. Ho ricevuto un’educazione ebraica a Cleveland, sotto la guida del Rabbino Daniel Silver, in una sinagoga dell’Ohio dove ho sviluppato solide visioni etiche sulla base del pensiero filosofico ebraico. Nel mio percorso di formazione mi sono convinta che gli altri ci chiedono di – e noi stessi ci interroghiamo su come– rispondere alle loro sofferenze e cercare di alleviarle. Tuttavia, per fare questo, dobbiamo essere capaci di ascoltare e trovare i mezzi con cui rispondere, e talvolta pagare le conseguenze dei modi in cui decidiamo di opporci alle ingiustizie. In ogni singola tappa della mia educazione ebraica mi è stato insegnato che rimanere in silenzio di fronte all’ingiustizia non è accettabile. La difficoltà di un precetto di questo genere sta nel fatto che esso non ci dice chiaramente quando e come pronunciarci, o come opporci senza produrre una nuova ingiustizia, o come parlare in modo da essere ascoltati ed essere capiti in maniera corretta. La mia posizione non è ascoltata da questi detrattori, e forse non dovrei sorprendermi, visto che la loro tattica consiste nel distruggere le condizioni dell'ascolto. Ho studiato filosofia all’Università di Yale e ho continuato a concentrarmi sulle questioni di etica ebraica lungo l’intero arco della mia educazione. Sono contenta di aver ricevuto quel bagaglio etico e l’educazione che mi è stata data, e che tuttora mi anima. È falso, assurdo e doloroso per chiunque sentir dire che chi formula una critica dello Stato di Israele è un antisemita, o, se ebreo, un ebreo che odia sé stesso. Accuse di questo genere cercano di demonizzare la persona che articola un punto di vista critico e di squalificare a priori questo punto di vista. Si tratta di una tattica di messa a tacere: di questa persona non si può parlare, e qualunque cosa essa dica va respinta in anticipo o distorta in modo tale da negare la validità stessa della presa di parola. L’accusa rifiuta di prendere in considerazione il punto di vista, di discuterne la validità, di valutarne le sue prove, e di trarne una conclusione oculata sulla base dell’ascolto della propria ragione. L’accusa non è semplicemente un attacco contro le persone che hanno punti di vista discutibili, ma si traduce in un attacco contro qualsiasi scambio ragionevole di opinioni, contro la stessa possibilità di ascoltare e parlare in un contesto in cui si potrebbe prendere in considerazione cosa l’altro ha da dire. Quando degli ebrei etichettano altri ebrei come “antisemiti”, essi cercano di monopolizzare il diritto di parlare in nome degli ebrei. Dunque l’accusa di antisemitismo serve da copertura per un conflitto tra ebrei. Sono allarmata per il numero di ebrei che, costernati per le politiche israeliane, tra cui l’occupazione, l’uso delle detenzioni indefinite e il bombardamento della popolazione civile a Gaza, cerca di rinnegare la propria ebraicità. Il loro errore consiste nel considerare lo Stato di Israele come rappresentante contemporaneo dell’ebraismo, e nel pensare che se una persona si definisce ebrea, questo significhi appoggiare Israele e le sue azioni. Nonostante questo, ci sono sempre state tradizioni ebraiche che si oppongono alla violenza statale, che affermano la coabitazione multiculturale e difendono i principi dell’uguaglianza. Queste tradizioni etiche di fondamentale importanza vengono dimenticate e marginalizzate ogni qualvolta si accetta che Israele sia la base dell’identificazione e dei valori ebraici. Quindi, da un lato gli ebrei che criticano Israele forse pensano di non potere più essere ebrei perché Israele rappresenta l’ebraismo; dall’altro lato, chi cerca di mettere a tacere i critici di Israele fa ugualmente coincidere l’ebraismo con Israele, traendo la conclusione che ogni critica è antisemita o, se la critica proviene da un ebreo, mossa da odio di sé. I miei sforzi, sia nella ricerca sia nei miei discorsi pubblici, sono sempre stati volti a uscire da questo vicolo cieco. Dal mio punto di vista ci sono tradizioni ebraiche molto significative – anche le prime tradizioni sioniste – che valorizzano la coabitazione e che forniscono modalità di opposizione contro la violenza di qualunque genere, inclusa la violenza di Stato. Oggi è molto importante valorizzare e tenere in vita queste tradizioni, poiché esse rappresentano i valori diasporici, le battaglie per la giustizia sociale e un principio ebraico talmente rilevante come la “riparazione del mondo” (Tikkun). È chiaro che quelle passioni che raggiungono livelli così elevati su questioni come queste rendono molto difficile l’ascolto e la presa di parola. Si decontestualizzano alcune parole  e si distorce il loro significato per poi utilizzarle per stigmatizzare ed squalificare un individuo. Questo succede con molte persone che hanno una visione critica di Israele – e che vengono etichettate come antisemite o collaboratrici naziste; queste forme di accusa mirano a creare le forme più durevoli e tossiche di stigmatizzazione e demonizzazione. Si colpisce la persona decontestualizzandone le parole, invertendone i significati e sostituendole alla persona; di fatto, queste forme di accusa annientano i punti di vista della persona a prescindere da quegli stessi punti di vista. Per coloro che tra noi sono i discendenti degli ebrei europei eliminati dal genocidio nazista (la famiglia di mia nonna è stata distrutta in un piccolo villaggio a sud di Budapest), essere chiamati complici dell’odio contro gli ebrei o ebrei che odiano sé stessi è uno degli insulti e delle ferite più dolorosi che possano esistere. Risulta ancora più difficile resistere al dolore di un’accusa di questo genere quando la persona colpita cerca di affermare ciò che di più prezioso esiste nel giudaismo per pensare all’etica contemporanea, inclusa la relazione etica con chi è privato della propria terra e dei diritti di auto-determinazione, con chi cerca di mantenere viva la memoria della propria oppressione, con chi prova a vivere un vita che possa e debba essere riconosciuta come vita degna di essere vissuta. Sostengo che questi valori derivano tutti da fonti ebraiche importanti, il che non significa dire che essi derivano esclusivamente da quelle fonti. Ma, data la storia da cui provengo, è di fondamentale importanza, in quanto ebrea, oppormi all’ingiustizia e combattere contro tutte le forme di razzismo. Questo non fa di me una ebrea che odia sé stessa, bensì mi rende una persona che vuole affermare un giudaismo non identificabile con la violenza statale e che si identifica con una battaglia globale per la giustizia sociale.I miei commenti su Hamas e Hezbollah sono stati decontestualizzati e i miei noti e assodati punti di vista brutalmente distorti. Sono sempre stata a favore dell’azione politica non violenta, e questo principio ha sempre caratterizzato le mie posizioni. Alcuni anni fa, un membro di un pubblico accademico mi ha chiesto se penso che Hamas e Hezbollah appartengano alla “sinistra globale” e ho risposto con due commenti. Il primo era meramente descrittivo: queste due organizzazioni politiche si definiscono anti-imperialiste, e una delle caratteristiche della sinistra globale è l’anti-imperialismo; quindi, in questa logica, esse potrebbero essere descritte come parte della sinistra globale. Il mio secondo commento era critico: come per qualsiasi gruppo che si colloca a sinistra, occorre decidere se uno è contro o a favore di quel gruppo e valutare criticamente le posizioni di quel gruppo. Non accetto o approvo tutti i gruppi che fanno parte della sinistra globale. Infatti questi stessi commenti hanno fatto seguito a una mia presentazione in cui ho sottolineato l’importanza del lutto collettivo e delle pratiche politiche della non violenza, un principio che ho sviluppato e difeso in tre dei miei libri più recenti: Precarious Life, Frames of War e Parting Ways. Sono stata intervista sulle mie posizioni non violente sulla rivista Guernica e su altre riviste online, ed è facile ritrovare queste mie posizioni se uno volesse capire da che parte mi colloco su tali questioni. Talvolta sono addirittura presa in giro da membri della sinistra che appoggiano le forme di resistenza violenta che pensano che io non sia in grado di capire quelle pratiche. E’ vero: non appoggio le pratiche di resistenza violenta e non appoggio, non ho mai appoggiato e non posso appoggiare nemmeno la violenza statale. Forse questa posizione mi rende più naïve che pericolosa, ma è la mia posizione. Per questo mi è sempre sembrato assurdo che i miei commenti venissero interpretati come un appoggio a Hamas o Hezbollah! Non ho mai preso una posizione su nessuna organizzazione, così come non ho mai appoggiato tutte le organizzazioni che presumibilmente fanno parte della sinistra globale – non sono una sostenitrice incondizionata di tutti i gruppi che oggi fanno parte della sinistra globale. Dire che quelle organizzazioni fanno parte della sinistra non significa dire che esse dovrebbero esserne parte, o che in qualche modo le appoggio.Due altri punti. Appoggio il movimento per il Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni (BDS) con una modalità specifica di appoggio. Ne rifiuto alcune versioni e ne accetto altre. BDS per me significa che mi oppongo agli investimenti in compagnie che producono equipaggiamenti militari il cui solo scopo è di demolire case. Questo vuol dire che non parlo in delle istituzioni israeliane a meno che non prendano una posizione chiara contro l’occupazione. Non accetto nessuna versione del BDS che discrimina contro i singoli individui sulla base della loro cittadinanza nazionale e continuo ad avere strette relazioni di collaborazione con molti studiosi israeliani. Una delle ragioni per cui appoggio il BDS e non appoggio Hamas e Hezbollah è che il BDS è il movimento civile e politico non-violento più ampio che cerchi di stabilire l’uguaglianza e il diritto all’auto-determinazione per i palestinesi. Il mio punto di vista è che i popoli di quella terra, ebrei e palestinesi, devono trovare un modo per vivere insieme in condizioni di uguaglianza. Come molte altre persone, desidero una comunità politica democratica su quella terra e sostengo i principi di autodeterminazione e coabitazione per entrambi i popoli e per tutti i popoli. Desidero, come lo desidera un numero sempre crescente di ebrei e non-ebrei, che venga posta fine all’occupazione, che cessi la violenza, e che i diritti politici fondamentali di tutti i popoli che vivono in quella terra vengano preservati da una nuova struttura politica.Due ultime note. Il gruppo che sponsorizza l’attacco contro di me si chiama Scholars for Peace in the Middle East – un nome quantomeno improprio – e nel suo sito web si sostiene che l’"Islam" è una "religione intrinsecamente antisemita (sic!)". Contrariamente a quanto riportato dal Jerusalem Post, non si tratta di un folto gruppo di studiosi ebrei con base in Germania, ma di una organizzazione internazionale con base in Australia e in California. Essi fanno parte di una organizzazione di destra e dunque di una guerra intra-ebraica. Un ex-membro del loro consiglio di amministrazione, Gerald Steinberg, è noto per i suoi attacchi contro le organizzazioni per i diritti umani israeliane, contro Amnesty International e Human Rights Watch. A quanto pare lo sforzo che questi gruppi compiono per denunciare le violazioni israeliane dei diritti umani le rende etichettabili come “organizzazioni antisemite”. Per finire, non sono lo strumento di nessuna organizzazione non-governativa: faccio parte del comitato consultivo di Jewish Voice for Peace; sono membro della sinagoga Khelillah a Oakland, in California; sono membro esecutivo della Faculty for Israeli-Palestinian Peace negli Stati Uniti e del Freedom Theatre di Jenin. I miei punti di vista politici toccano vari argomenti e non sono ristretti al Medio Oriente o allo Stato di Israele. Infatti ho scritto di violenza e ingiustizia in altre parti del mondo, ponendo la mia attenzione sulle guerre scatenate dagli Stati Uniti. Ho scritto anche di violenza contro le persone transessuali in Turchia, di violenza psichiatrica, di tortura a Guantanamo e di violenza della polizia contro i manifestanti pacifici negli Stati Uniti, solo per menzionare alcuni dei miei interessi. Ho scritto anche di antisemitismo in Germania e contro la discriminazione razziale negli Stati Uniti.

martedì 21 agosto 2012

Le Pussy Riot e le Ma(donne)

Si è concluso il 17 agosto, con una condanna, il processo alle Pussy Riot, processo che avevamo seguito tramite GreatEastVibes, il blog moscovita di Lucia Sgueglia (1, 2, 3 ...). La condanna alle Pussy Riot - ree di aver cantato durante una performance punk nella Cattedrale di Cristo Salvatore nel febbraio scorso l'oramai celebre testo Madre di Dio, spazza via Putin -, arriva nonostante la mobilitazione di migliaia di attiviste e attivisti e la solidarietà internazionale anche di artiste/i e musicisti/e stranote/i, come la rockstar Madonna, che in questa occasione si è mostrata meno timida nel prendere posizione di quanto lo fosse stata solo qualche mese fa verso la politica di Tel Aviv. Primo miracolo dell'invocazione alla Madonna delle Pussy Riot? Intanto Christian Raimo traduce e pubblica le belle dichiarazioni finali al processo di Yekaterina Samutsevich, Maria Alyokhina e Nadezhda Tolokonnikova. Buona lettura