Oltre all' allergia alle mimose rivendichiamo, come noto, anche quella a "Dio, patria e famiglia". E questa primavera - dopo il presagio dell'otto marzo delle donne italiane tutto fiocchi rosa e uteri per la patria - si delinea, per noi, sempre più spiacevole e desolante grazie all'ondata inarrestabile delle celebrazioni per i 150 anni dell'unità d'Italia. Dopo le mimose ora è tutto un fiorire di discorsi sulla nazione e l'italianità, tutto uno sventolare di bandiere tricolori, di vetrine colme di "edizioni speciali anniversario", faccette di garibaldi-l'eroe-dei-due-mondi e Cavour (Camillo Benso, bien sûr) che ci osservano un po' accigliati da scatolette di mentine e biscotti, bottiglie di vino, calzini e mutande. A dimostrazione che nulla (gesto, parola, cosa ...) è "casuale" nell'odierna società dello spettacolo, nella paccottiglia del business celebrativo c'è anche la carrozzina-bandiera (verde, bianca e rossa - ovvio) per portare a spasso, immaginiamo, gli attesi frutti degli uteri per la patria, i piccole/i italiane/i doc (degli altri ... chissenefrega). Una cacofonia insopportabile, al ritmo dell'inno di Mameli. Per consolarci (e sentirci meno sole) a sera rileggiamo, prima di addormentarci, Alberto Maria Banti che distrugge l'osannato discorso del neo-nazionalista Benigni a Sanremo, andiamo a lavorare all'alba canticchiando la versione in rosa dell'inno e sputiamo anche noi (correndo il rischio della semplificazione) "su Hegel, su Garibaldi, sull’unità d’Italia" insieme a chi, di questa benedetta unità, sottolinea anche gli aspetti meno "gloriosi", lo sfruttamento e i massacri di una vera e propria "impresa coloniale" del "nord" contro il "sud" (lo ricordavamo anche in Miti e smemoratezze del passato coloniale italiano). Di questo passato restano ancor oggi delle scorie, anche tra "donne" (le "donne italiane" del famoso appello per il 13 febbraio). Un frammento curioso che vi lasciamo senza commenti, è una lettera (firmata) di una "donna di Napoli" residente da più di dieci anni in una città del centro nord "dove sono nati e cresciuti i miei quattro figli". La lettera, che vi trascriviamo, è stata pubblicata dal quotidiano La Repubblica proprio l'8 marzo di quest'anno: "Ero in un negozio e mentre misuravo un capo, una madre consigliava alla figlia quale vestito scegliere: 'questo ti sta bene', 'questo no', 'questo è fine' e infine 'questo è bello, ma ha un colore da meridionale. Mi sono affacciata per guardare la 'signora' ma ero cosi indignata da non riuscire a pronunciare una parola. Dopo qualche minuto mi sono avvicinata con un sorriso e, precisandole di essere napoletana, le ho chiesto di indicarmi qual era il vestito con i colori da meridionale. Lei, con lo stesso sorriso nel dirmi che non era una affermazione offensiva perché aveva origini calabresi, mi accompagnava allo stand e, nel non trovarlo, commentava che era talmente bello che l'aveva già preso qualcun altro. Certo, ho detto, bello ma col colore da meridionale".
9 commenti:
non sarò mai nazionalista: la mia patria è il mondo intero, soprattutto per come si è arrivati a un'unità che non ci ha unito per niente, ma non è che adesso ci dobbiamo dividere... come vorrebbe la Lega!
Nessuna volontà "secessionista" da queste parti, ti assicuro!
Piuttosto il tentativo di svelare (ricorrendo a un aneddoto, un piccolo fatto marginale: una lettera inviata a un quotidiano) come la retorica della nazione oltre ad esserci insopporatbile perché non siamo nazionaliste è in sovrappiù funzionale (oltre a creare barriere tra un presunto "noi" e gli "altri") a nascondere conflitti reali (economici, culturali, di classe ...) anche "interni" alla stessa "nazione". Questo è vero storicamente e scorie ci sono anche oggi
E poi, scusami: poiché i leghisti non cantano l'Inno di Mameli significa che devo forzatamente averne voglia io?
no, infatti: il senso non era quello di "voler esporre la bandiera"...
(interessante anche il post di Riccardo Venturi, come sempre!)
Anch'io non ne posso proprio più di tutto questo sventolare di bandiere tricolori e Fratelli d'Italia e mi fa schifo l'operazione commerciale che ci sta intorno, tra l'altro sono prodotti costosissimi, non so se sono gli stessi di quelli che dici tu ma io i calzini versione anniversario li ho visti è costano una cifra!Quali italiani pensano che potranno comprarseli?Alla faccia dell'unità!Quindi grazie per il post che penso di rubarti e grazie anche a Angie per l'indicazione, ho letto il pezzo di Asocial Network non è male, ma l'immagine non mi piace proprio, era Bossi che diceva che con il tricolore ci si puliva il culo, o no?
Per Angie: sull'esporre la "bandiera" non avevo dubbi ;-)
Per Rosetta: ruba pure! Per i calzini mi sa proprio che abbiamo visto gli stessi. Le mutande invece sono una mia invenzione del momento, ma se non le hanno ancora fatte le faranno. Concordo con te circa l'immagine dell'articolo che segnalava Angie: il rotolo di carta igienica con il tricolore mi ha fatto immediatamente pensare a Bossi ( anche se ne capisco, dal contesto del post, il senso)
ciao Vi,
tante cose si dovrebbero commentare, di questo post.
Intanto che i/le terrone emigrate son "le peggio" a volte (c'è chi "rinnega" le proprie origini vergognandosene, e fa anche di peggio).
poi, ricordi cosa si misero a cantare i piddiellini alle giovanisisme che non troppo tempo fa andarono ad "occupare" simbolicamente la sede del pdl a torino, per leggere un comunicato? "fratelli d'italia", ad alta voce, mettendo all'angolo le ragazze...repressione e gesto violento e cosa vanno a cantare? fratelli d'italia!rivendicando in questo modo un diritto di cittadinanza che piu' che esclusivo è escludente e amplificando il sentimento di estraneità delle donne presenti (e non).
insomma, oggi mi sono sentita piu' che mai lontana dai festeggiamenti, mentre mia suocera mi presentava ogni piatto di portata rigorosamente tricolore....
p.s. per "Le peggio" intendo dire che sono le persone che piu' mi fanno impressione a sentirle parlare o vederle "in azione". conosco (ex) ragazze che piuttosto che dire di essere calabresi, una volta andate a studiare fuori, tiravano fuori luoghi di nascita casuali e improbabili, davanti ai miei occhi (sbarrati dallo stupore).ecco, queste sono cose che mi fanno imbestialire, quasipiu' del leghista razzista.
Doriana carissima,
l'aspetto che sottolinei è uno degli elementi che emerge da questa lettera che più ha colpito anche me (oltre alla questione del "colore"). Bisognerebbe proprio rileggere (tra le altre cose) le pagine che Fanon dedica allo sradicamento culturale dell'oppresso/a che si automistifica rincorrendo l'identità culturale "bianca". Uno degli effetti più perniciosi del razzismo. Contemporaneamente è anche un elemento che aiuta a non cadere nelle retorica dell' "innocenza" dell'oppresso/a in quanto oppresso/a. Per quanto riguarda l'anedottica di vita ne avrei da raccontare sulla mia esperienza di "meridionale" emigrata ... Una delle cose più fastidiose è le frase che spesso mi sento rivolgere - come fosse un complimento - : " ma non si sente che sei di giù" [riferendosi al mio "accento"]
Ma ti rendi conto???
Rubato!Bacio e buon fine settimana!
Posta un commento