domenica 21 novembre 2010
L'arcivescovo del genocidio: in ricordo di Marco Aurelio Rivelli
lunedì 21 settembre 2009
Auschwitz. Prima e oltre. Nuovi conflitti e percorsi altri tra esclusione, identità e differenza
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Attorno ad Auschwitz come evento paradigmatico del costruirsi e dello sfaldarsi di categorie tanto storiche quanto politiche si sono condensati studi eriflessioni che ne hanno indagato ampiamente origini ed effetti ben aldi là dell’orizzonte novecentesco. L’intento di queste giornate di studio è quello di proporre una rilettura di quelle circostanze (storiche, sociali, politiche, culturali, filosofiche) che, anche attraverso progressive dissipazioni del senso dei limiti, hanno avviato a regimi in cui tutto è apparso possibile. A questa analisi, che si propone di mettere a confronto discipline e approcci differenti, si vuole affiancare un tentativo di guardare alla contemporaneità, segnatamente ai nuovi conflitti che non di rado accompagnano forme di chiusura identitaria, alla luce di quelle modalità diesclusione/discriminazione che investono spesso le differenze tout court. L’intento di andare oltre Auschwitz, rivitalizzando un’idea di memoria non meramente conservativa ma che tenti di stabilire raccordi con l’oggi, induce a guardare a quelle forme di opposizione ai conflitti, dai movimenti pacifisti alla non violenza, che si sono raffinati nel corso del Novecento. All’interno di questa cornice di carattere più generale potranno essere affrontate in maniera più specifica le seguenti tematiche: Esclusione e discriminazione delle minoranze, violenza di genere: donna come soggetto e oggetto dei totalitarismi, pacifismo e movimenti per la pace, identità e politica: classe, etnia e genere, nuove forme di opposizione ai conflitti dopo Auschwitz e Hiroshima, conflitti nel mondo contemporaneo, biopolitica del campo.
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martedì 17 marzo 2009
L'occidente visto dagli altri

Editoriale
Cristina Mattiello e Andrea Tappi, Lo sguardo dell'Altro
Riflessi incrociati. L'Occidente visto dagli altri.
Chiara Peri, Il mare del dragone. Il viaggio verso Roma di un monaco mongolo (XIII secolo)
Giorgio Mariani, Il buco nella coperta. Nativi americani e bianchi tra storia e immaginario
Francesca Di Pasquale, Libici per la patria Italia. Esperienze di lavoro e di vita nelle lettere degli operai coloniali durante la prima guerra mondiale
Le immagini
Cristiana Pipitone, La guerra di Luciano. Scene dal conflitto italo-etiopico
Schegge
Daniele Comberiati, Voci e sogni da Mogadiscio. La percezione dell’Italia nell’opera di tre scrittrici
Sara Muraro, Bushrangers nel deserto. Caratteri del banditismo sociale australiano
Angelo Vecchi, Dentro il tunnel. I costi umani del Sempione
Luoghi
Enrico Grammaroli, Audiostorie. L’Archivio sonoro Franco Coggiola del Circolo Gianni Bosio di Roma
Roberto Bianchi, Lezioni di frontiera. El Paso e Ciudad Juárez tra Otto e Novecento nella ricostruzione di David Romo
Voci
Alessandro Portelli, Across the line. Neri e bianchi nella storia orale (a cura di Cristina Mattiello)
Storia al lavoro
Claudio Tosatto, Il leone in gabbia. Storia e vicissitudini del film The Lion of the Desert
Storie di classe
Dino Renato Nardelli, Fare come se... Il laboratorio di storia nella scuola del ministro Gelmini
Interventi
Luciano Ardesi, La Dichiarazione dell’Onu sui diritti dei popoli indigeni
Recensioni
Tatiana Bertolini (Ilan Pappe, La pulizia etnica della Palestina); Andrea Brazzoduro (John Chalcraft e Yaseen Noorani, a cura di, Counterhegemony in the colony and postcolony); Marco Fincardi (William Gambetta e Massimo Giuffredi, a cura di, Memorie d’agosto); Claudia Galli (Anne Sofie von Otter, Terezín/Theresienstadt); Alessandra Gissi (Gloria Chianese, a cura di, Mondi femminili in cento anni di sindacato); Maria Eleonora Landini (Silvana Cerruti Canducci, Rosso: il fronte); Vincenza Perilli (Nerina Miletti e Luisa Passerini, a cura di, Fuori della norma); Fiorella Vegni (Shlomo Venezia, Sonderkommando Auschwitz); Anna Zembrino (Daniela Antoni, a cura di, Revisionismo storico e terre di confine)
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martedì 10 febbraio 2009
Discriminazioni, persecuzioni e deportazioni

● Oltre quel muro. La Resistenza nel lager di Bolzano 1944-45
Proiezione dei pannelli della mostra documentaria Oltre quel muro. La Resistenza nel lager di Bolzano 1944-45. Donne e uomini che si opposero alle SS (fino al 28 febbraio all'Istituto Storico Parri). Intervengono: Leonardo Visco Girardi (curatore della mostra), Luca Alessandrini (Istituto Storico Parri), Osvaldo Corazza (Aned Bologna, deportato a Bolzano e Mauthausen), Divo Capelli (Aned Bologna), Armando Sarti (Anpi Bolognina), Riccardo Iezzi (autore di una tesi su i musei della deportazione in Italia), Salvatore Panu (Archivio Storico del Canzoniere delle Lame).
● Rom e Sinti: dai giorni della tragedia ai giorni della Resistenza
● Le SS ci guardavano: per loro eravamo come scarafaggi
sabato 31 gennaio 2009
La persecuzione dei neri in Europa sotto il Terzo Reich
Per ulteriori info sulla serata rinvio qui, qui e qui
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domenica 3 febbraio 2008
Una biblioteca della memoria
Qualche giorno prima della Giornata della memoria qualcuno [1] nella rete ha chiesto ad altri/e bloggers di indicare un libro sulla Shoah. A loro volta coloro che sono stati/e interpellati/e hanno posto la medesima domanda ad altri/e bloggers, in una sorta di "catena della (o per) la memoria". Sono stata coinvolta anch'io da Falecius, ma mi sono presa il tempo di "pensarci", senza farmi mettere fretta dalla scadenza imminente. In un commento a caldo indicavo, anziché un libro, un film: è Shoah di Claude Lanzmann.
Finalmente stasera un po' di tempo per Marginalia. Con il post "già scritto nella testa", mi sono collegata per digitarlo e postarlo. Cercando un link ho cominciato a seguire a ritroso la "catena della memoria" : da un blog/sito all'altro, attraverso libri, immagini, nomi. Ho deciso, infine, di buttare via quello che avevo pensato di scrivere. Tento invece di compilare (aggregando insieme alcune delle risposte che altri/e hanno dato alla domanda iniziale, cose pubblicate in rete in occasione di questa ed altre Giornate della memoria e alcuni dei volumi che mi circondano mentre scrivo) una sorta di "biblioteca della memoria". Non è una "bibliografia", ma per ora solo un insieme disordinato di titoli e suggestioni (talora discordanti e/o non condivisibili), che potrà forse (da qui a un anno) essere ordinato, ampliato, discusso. Per intanto, anche se la mia ricerca in rete non è stata esaustiva (non ne ho proprio il tempo), mi è sembrato comunque interessante cominciare a vedere cosa (e come) si legge intorno alla "memoria, le riflessioni che questi testi suscitano, e quelle che (eventualmente) questo post susciterà.
Il primo libro che voglio citare è Se questo è un uomo di Primo Levi. Sembrerà sicuramente "banale" come scelta. E' un libro, infatti, citatissimo e così noto che sembra quasi superfluo ricordarlo, eppure a volte ho il sospetto che sia citato senza essere neanche letto, almeno a leggerne certi usi [2]. E invece, è proprio partendo da una frase di Primo Levi: "E' successo, vuol dire che può succedere ancora", che chi mi ha passato il "testimone" ribadisce l'importanza di ricordare "l'orrore della Sho'ah", poiché "il Male Assoluto è sempre una possibilità dell'umano, e contro questo orrore occorre essere vigili"[3].
Ma il libro che propone infine Falecius è Il settimo milione di Tom Segev, giornalista e storico israeliano. Non un libro sul genocidio nazista ma un libro che "fa la storia della memoria della Sho'ah in Israele, e mostra come questa memoria abbia condizionato in maniera decisiva la storia d'Israele, e la percezione che gli israeliani hanno del proprio stato, ma in modi diversi e complessi, che forse non sospetteremmo".
In molti/e avvertono il pericolo che porre troppa "enfasi" "sulla memoria della Shoah [...] possa diventare un modo per renderla il più possibile inoffensiva", come scrive The Rat Race. Se non vogliamo "tradirla" questa memoria "deve restare *intollerabile*. Dev'essere qualcosa a cui si vorrebbe sfuggire — che si vorrebbe non aver presente — e che ci si costringe a tenere davanti agli occhi. Percio' niente letture confortanti, niente biblioteche virtuose, che ci facciano sentire meglio perche' assolviamo al compito nobile di non dimenticare. Eppure — abbiamo soltanto le parole — per non lasciare che la Shoah venga cancellata. E allora propongo gli autori forse piu' inconciliati con la realta' — quelli che meno di tutti hanno cercato di estrarre un qualche *senso* dalla Shoah". E sono due poeti, Paul Celan e Dan Pagis.
Nel sito Ribat al mujahid, ritrovo ancora Shoah di Lanzmann insieme a due libri, Israele e la Shoah di Idith Zertal e Uomini comuni di Christopher R. Browning, una trilogia che dovrebbe contribuire al difficile compito di "agire" la conservazione della memoria: "Il trauma della tragedia deve invocare un'autocritica incessante, essendo qualcosa che incessantemente ci riguarda. Il senso della memoria è la sua attualità, la responsabilità che quotidianamente ci delega, c'addossa, c'affida".
Anche Khadija, nel denunciare la "retorica della memoria" che ci vede tutti/e pronti a "piangere sul latte versato e a promettere 'mai più', ma assolutamente ciechi di fronte a quello che sta succedendo ancora, e ancora e ancora", ci riporta a questa responsabilità verso il presente. Il libro che propone è Terrore e miseria del Terzo Reich di Bertolt Brecht, invitando insieme a firmare la petizione [4] per Abou Elkassim Britel :"Io preferisco denunciare quello che mi succede sotto il naso e non posso tollerare che ci si sgoli così tanto tutti insieme per 'ricordare', mentre di fronte agli orrori reali ci comportiamo esattamente come i personaggi di Brecht. Meno di mille adesioni per una campagna a sostegno dei diritti umani che ha fatto, ormai, il giro del web. E questo succede oggi e succede oggi perché oggi come allora la gente ha paura di mettersi dalla parte degli ebrei, degli zingari, degli omosessuali e degli oppositori politici del Terzo Reich".
Rosa propone invece Intellettuale ad Auschwitz di Jean Amery: "Hans Mayer, austriaco di padre ebreo e madre cristiana, nato e vissuto senza alcun rapporto con la sua origine ebraica, viene deportato ad Auschwitz e diventa ebreo suo malgrado. Un ebreo - come si definisce - senza Dio, senza storia, e senza speranza messianica nazionale. Tradito e abbandonato dalla cultura che lo ha nutrito e gli ha dato una identità, a guerra finita rinuncia al suo nome tedesco, diventa Jean Amery e descrive la sua esperienza di deprivazione identitaria in Intellettuale ad Auschwitz [...] Ma la perdita di se' non è recuperabile, e Jean Amery muore suicida. Scelgo questa esperienza estrema e disperata perché Amery è mio fratello, perchè io stessa mi sento ebrea per condizione più che per scelta e nel contempo, grazie anche a lui, sono persuasa che sia non solo possibile ma necessario coltivare una identità ebraica pur essendo lontani dalla religione e dalla tradizione. E scelgo Amery perchè mi pare spazzi via a suo modo qualsiasi tentativo di "normalizzare" il crimine ideologico nazista, qualsiasi tentativo di dare senso. Quel crimine - ne sono convinta - è peculiare, speciale e diverso dai molti crimini che hanno fatto la storia e continuano a plasmarla".
Per finire propongo qualche testo in ordine sparso:
Nessuno/a mi sembra abbia accennato alla questione del negazionismo/revisionismo. Lo faccio io con Nadine Fresco, Fabrication d'un antisémite, un libro sul padre fondatore del negazionismo, Paul Rassinier. Nessuna traduzione italiana, ma rinvio a questa recensione in Incidenze.
Ancora un film di Claude Lanzmann, Un vivant qui passe. Auschwitz 1943-Theresienstadt 1944. E' possibile leggerne il testo, in italiano, in un volumetto (con una postfazione di Federica Sossi) di Cronopio, 2003. Una riflessione sulla "cecità", sul "non vedere" (ieri, oggi).
Non poteva mancare un libro che affronti la questione in una prospettiva di "genere". Non è l'ennesimo volume su "le donne e l'olocausto", ma un testo che interroga criticamente le analisi femministe del nazismo: Liliane Kandel (a cura di), Féminismes et nazisme. Anche in questo caso nessuna traduzione italiana, ma rinvio alla mia recensione qui.
Nell'imminenza di No Vat, mi sembra il caso di ricordare il ruolo del Vaticano nel genocidio nazista. Lo faccio con L'arcivescovo del genocidio di Marco Aurelio Rivelli. Questo libro ripercorre le vicende dello Stato indipendente di Croazia, voluto dai nazifascisti negli anni 1941-1945. Qui gli ustascia di Ante Pavelic, sostenuti da Hitler e da Mussolini, sterminarono centinaia di migliaia di serbo-ortodossi, ebrei e rom, in nome di una "soluzione finale" etnico-religiosa perseguita anche attraverso l'imposizione di "conversioni" di massa al cattolicesimo. In questo sterminio un ruolo decisivo lo ebbe l'arcivescovo di Zagabria, Alojzije Stepinac con l'avvallo decisivo del Vaticano. Nell'ottobre del 1998, Stepinac (definito dal dittatore Franjo Tudjman "martire del regime comunista) viene beatificato dal papa Giovanni Paolo II.
Sullo sterminio nazista di omosessuali e lesbiche rinvio al dossier pubblicato in Fuoricampo Lesbian Group.
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[2] Ad esempio ai tempi dello "scandalo" delle torture inflitte ai prigionieri di Abu Ghraib da parte (anche) di alcune soldatesse Usa, sono stati pubblicati ben due articoli intitolati "Se questa è una donna" che richiamavano il titolo del libro di Levi ma "rovesciandolo": non solo introducendo una connotazione di genere, ma ribaltando il soggetto, non più la vittima ma il carnefice. I due articoli possono essere letti nel dossier Dibattito sulle donne kapò (Qui dovrei aprire una lunga riflessione sull'uso di metafore che rinviano al nazismo, ma per intanto rinvio ai cenni alla questione nella mia recensione a Féminismes et nazisme ricordata in questo post).
[3] Sovente, nei brani che cito da altri blog/siti vengono usati (spesso indifferentemente) i termini "Olocausto" e "Shoah". In realtà non sono equivalenti o intercambiabili, mancando nel secondo termine il significato di punizione divina presente nel primo. Storicamente l'uso di Shoah ha preso forza a partire dal titolo del film di Lanzmann uscito nel 1985, che si proponeva esplicitamente di contestare il termine "olocausto" e la retorica che gli è associata. Personalmente, comunque, ricorro sovente al termine di genocidio o sterminio nazista ( di ebrei, "zingari" - rom e sinti -, omosessuali e lesbiche e altri esseri umani considerati "inferiori").
[4] Ho già da tempo firmato e segnalato nella rubrica Urgenze la raccolta firme per Kassim. In effetti, il numero relativamente basso delle firme, colpisce. E se provassimo a chiederci perché?
giovedì 31 maggio 2007
Disimparare il razzismo
Vincenza Perilli, Contro ogni razzismo, Portici, n. 1/2, aprile 2006, p. 26*
Il razzismo non è una tendenza naturale e spontanea, ma un complesso rapporto sociale articolato a una certa “cultura” trasmessa e appresa, appunto, come “naturale”. Per questo conoscerlo – capire come si forma, come agisce e come si trasmette – può essere un modo per combatterlo, criticarlo e disimpararlo.
Di qui l’importanza di attività come quella del Centro Furio Jesi – una delle associazioni che operano presso
Ad un primo nucleo che, partendo dalle opere di Furio Jesi, si concentrava in particolare sul mito e le sue manipolazioni da parte di regimi totalitari quali il nazismo, si sono aggiunte, a partire dalla mostra
Tra i volumi spiccano vere e proprie rarità quali Il sangue cristiano nei riti ebraici della moderna sinagoga, testo apocrifo del 1883, o Italiani del Nord, italiani del sud di Alfredo Niceforo (1901), testo chiave nella genesi del pregiudizio antimeridionale. Notevole il fondo concernente i famigerati Protocolli dei Savi di Sion che comprende oltre ad una vasta letteratura critica tutte le edizioni italiane e molte di quelle straniere.
Il settore riviste, oltre a “classici” quali La difesa della razza o i primi numeri de
Il catalogo dei volumi della biblioteca, non ancora incluso nell’Opac, è consultabile on-line nel sito della Scuola di pace: www.scuoladipace.org .
Aperto al pubblico per ricerca e consultazione dalle 15 alle 19 dal lunedì al venerdì, il Centro è anche un luogo di elaborazione e realizzazione di iniziative, tra le quali il corso per insegnati “Disimparare il razzismo” tenuto da Mauro Raspanti che, non a caso, riprende il titolo di un libro di Paola Tabet e Silvana Di Bella: Io non sono razzista ma… Strumenti per disimparare il razzismo (Anicia, 1999).
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* Questo testo è scaricabile in formato Pdf dall'archivio di Portici