venerdì 31 gennaio 2014

Latitante

Ultimamente questo blog lascia a desiderare, come mi ha fatto affettuosamente notare qualcuna. Mi spiace molto soprattutto per le tante cose che avrei voluto/dovuto segnalare e che sono invece restate tra le "bozze", ma : a) ho sempre meno tempo e non riesco a star dietro a tutto b) ho dovuto dare la precedenza ad altre cose c) ho aperto una pagina in Academia.edu e nel poco tempo libero sto provando a caricare un po' di materiali da condividere nel cyberspazio ... More later ...

mercoledì 29 gennaio 2014

Allegre commari

Bello ritrovarsi, mentre si è tra le nebbie e le nevi padane, tra le allegre commari di Sud de-genere, anche se in questo periodo riesco a trovare ben pochi motivi di allegria . Love

giovedì 23 gennaio 2014

Amore migrante

«Facciamo sempre di tutto per frapporre distanze incolmabili tra un "noi" e un "loro". Fuggono dalla fame, dalla guerra, dalla disperazione. Sono profughi, rifugiati, clandestini. E così finisce che non pensiamo mai alle cose normali. Al desiderio, alla follia della gioventù, al gusto dell'avventura e perché no all'amore. Chi l'avrebbe detto, ad esempio, che dietro alla più violenta rivolta del centro di identificazione e espulsione di Chinisia, a Trapani, ci fosse una bellissima e commovente storia d'amore?». Cominciava così l'articolo con cui Fortress Europe presentava il film L'amore ai tempi della frontiera di Alexandra D'Onofrio (2012) sulla storia d'amore di Winny e Nizar, una storia che si snoda tra l'Olanda, la Tunisia e il Cie di Chinisia, in Italia. Di amori migranti parla anche il saggio di Isabella Peretti, Amore migrante, contenuto nel volume collettaneo Infiniti amori, edito recentemente da Ediesse nella collana sessismoerazzismo, un volume che, attraverso i saggi di Barbara Mapelli, Alessio Miceli, Lea Melandri, Maria Grazia Manfredonia, Laura Menin, Andrea Pini, Isabella Peretti, Porpora Marcasciano, si interroga sull'amore, questione "spesso trascurata o pericolosamente banalizzata" (p. 12), partendo dalla domanda "Quanti sono gli amori possibili?" (p. 11), domanda che trova già una risposta con gli "infiniti amori" del titolo. Infiniti non solo per le diverse soggettività coinvolte (amori tra donne e uomini, donne e donne, uomini e uomini, amori trans), ma anche per i diversi contesti e condizioni materiali in cui questi amori nascono, dalla precarietà all'omotransfobia fino alle leggi sull'immigrazione, che spesso rendono ardui - come nel caso di Winny e Nizard - se non addirittura tragiche - come nel caso di Amor knis, morto soffocato nel bagagliaio dell'auto delle fidanzata italiana - anche le storie d'amore.

lunedì 20 gennaio 2014

Una nuova Mrs Dalloway

Rientrando ieri sera in treno dopo la riunione zapruderiana a Roma, ho finalmente finito di leggere Mrs Dalloway di Virginia Woolf nella nuova traduzione di Anna Nadotti per Einaudi. Una traduzione davvero "luminosa", come la definisce Susanna Basso in una bella intervista alla traduttrice (Tu dai voce a me, io do voce a te, che potete leggere sul sito della rivista Tradurre ), che - dopo tanti anni - mi ha fatto ri-leggere questo romanzo scoprendolo diverso da quella cosa un po' sbiadita e quasi "noiosa" che ricordavo (a mia giustificazione: ero giovanissima e di Virginia Woolf mi sono innamorata dopo, leggendo Una stanza tutta per sé, i diari, Le tre ghinee, le lettere a Vita e soprattutto Orlando per la mia tesi di laurea sull'Orlando di Sally Potter). Insomma non mi ero ancora accorta di quanto Mrs Dalloway fosse bello e neanche (coming out!) che Sally in realtà avesse baciato Clarissa e non un fiore. Grazie dunque ad Anna per questa lettura, mi è dispiaciuto arrivare all'ultima pagina // Ho rubato l'immagine utilizzata per illustrare questo post a Blogging Woolf, un blog "Focusing on Virginia Woolf and her circle, past and present"

mercoledì 15 gennaio 2014

Zapruder / Riunione redazione a Roma

Sabato 18 (dalle ore 12.00 alle 21.00) e domenica 19 gennaio (dalle 10.30 alle 14.00), si terrà a Roma la riunione di redazione di Zapruder. Rivista di storia della conflittualità sociale (presso spazio liberato Cagne sciolte, via Ostiense 137 - Metro A). Ricordando che le nostre riunioni sono aperte a tutt* i/le soci/socie di Storie in movimento (anche se ovviamente il diritto di voto spetta solo alla redazione), rinvio al sito di Sim per la suddivisione dei tempi e l'ordine del giorno.

lunedì 13 gennaio 2014

Non si nasce donna al Maurice

Segnaliamo con gioia che l'ultimo Quaderno Viola, Non si nasce donna. Percorsi, testi e contesti del femminismo materialista in Francia, sarà prossimamente presentato al Circolo Maurice glbtq di Torino con Cristian Lo Iacono, Liliana Ellena, Sara Garbagnoli e Silvia Nugara. Per maggiori info sull'incontro rinvio al sito del Maurice, mentre per riflessioni sul volume alle recensioni di Alessandra Pigliaru, Silvia Nugara e Paola Guazzo. Segnalo infine che sulla rivista online InGenere potete leggere un estratto della lezione inaugurale di Joan W. Scott al VI congresso della Società Italiana delle Storiche , pubblicata in Non si nasce donna nella traduzione di Sara Farris (il testo completo è ora incluso nella raccolta di scritti di e su Joan W. Scott, Genere, politica, storia, pubblicata lo scorso anno da Viella a cura di Paola Di Cori)

venerdì 10 gennaio 2014

Transformations without Revolutions? How Feminist and Lgbtqi Movements Changed the World

Call for Articles: Transformations without Revolutions? How Feminist and Lgbtqi Movements Changed the World. A special issue of Zapruder World: Transnational Journal for the History of Social Conflicts edited by Sabrina Marchetti, Vincenza Perilli and Elena Petricola // Zapruder World is a new online open-access journal run by the network of activists and scholars, both academic and independent, that has gathered since 2002 in an organization called SIM-Storie in Movimento and publishes the Italian journal Zapruder. This new editorial project stems from our desire to broaden, at a global level, the scope of the organization and of its publications. It is guided by the same principles that have inspired SIM so far, namely direct participation, self-funding, and horizontal decision-making. The aim of Zapruder World is to create a wide arena in which to exchange critical knowledge based on both individual research and collective elaboration. The journal focuses on social conflict paying particular attention to conflicts as movements rather than focusing on their resolutions, so as to better connect the history of social conflicts with current transnational cycles of protest. It therefore uses ‘social conflict’ as an interpretative category rather than simply an object of analysis, exploring it through concepts and methodologies that address the complex interaction between the “local” and the “global”. Zapruder World is animated by an aspiration towards “global history” but intentionally leaves its actual definition, contents, and methods open for discussion. Along these lines, this second issue entitled “Transformations without Revolutions” wants to discuss the kind of politics that feminist and lgbtqi movements have created from the 1960s to the present, in their critical approaches to the private/public dichotomy, embodiment and sexuality, as well as to power relations. In doing so, these movements have transformed the everyday lives of many people, as well as political imaginaries, cultures and practices. Most importantly, in the view of this special issue, these movements have in common the attempt to reinterpret, negotiate, and give expression to the notion of Revolution, in new critical ways. Yet the contribution brought by feminist and lgbtqi movements to a new understanding of the category of Revolution needs to be further explored. What is the relationship between these movements and the political, ideological and organizational traditions that more firmly refer to the notion of Revolution? How have these movements eventually conceived of an alternative politics, without losing their transformative dimension? How are they positioned within the dialectic of normalization and transformation? In order to answer to these questions, our issue wants to explore the contradictions, challenges and choices experienced by people and organizations belonging to these kinds of movements. We invite contributions that especially address the transformations brought about by feminist and/or lgbtqi movements and their relationship with the notion of Revolution, with regard to one or more of the following fields: (paid) sexual practices, reproduction, family and parenting, affects, relationships and solidarity, cities and urban spaces, science and technology, labour and economics, languages, education. The geographical scope of the issue includes feminist and/or lgbtqi movements that have developed in Western as well as formerly colonized and migratory contexts. Although history is the main focus of this journal, contributions that merge an historical perspective with other disciplines are highly appreciated. Intersectional approaches to gender and sexuality are also particularly welcomed. Submissions: Full articles (6,000-9,000 words) shall be sent by 15 of April 2014 to info@zapruderworld.org. All contributors will be informed about the selection by May. Final drafts, after reviews and comments, are expected by the 1st of September 2014 in order to have the issue published in Fall 2014. The Manifesto of Zapruder World, the first issue of the journal (on the global history of anarchism), and guidelines for authors can be found at: www.zapruderworld.org

martedì 7 gennaio 2014

Le logiche degli sgomberi e dell'assistenzialismo

Mentre solo qualche settimana fa si è tenuta a Bologna la ventitreesima commemorazione dell'assalto da parte della banda della Uno bianca al campo nomadi di via Gobetti in cui persero la vita Rodolfo Bellinati e Patrizia Della Santina, pubblico un articolo di Dimitris Argiropoulos, che ringrazio per la condivisione, comparso qualche giorno fa su il Manifesto, Bologna, la storia di Emmanuelle e della prima accoglienza inesistente. Un articolo che punta il dito su una realtà (e un'amministrazione) specifica, quella di Bologna che "agisce verso gli accampati migranti, profughi e rom con le logiche degli sgomberi e dell’assistenzialismo", e lo fa sviluppando una serie di riflessioni quanto mai urgenti e che hanno una portata molto più ampia dei confini bolognesi. Prima di lasciarvi alla lettura dell'articolo segnalo che la foto che illustra questo post (un matrimonio di rom musulmani khorakane) è uno scatto di Mario Rebeschini e fa parte di una serie realizzata negli anni novanta nei "campi nomadi" di Bologna grazie all'incontro del fotografo gagè con l'artigiano sinti Floriano Debar. Buona lettura // Bologna, 2 gennaio 2014, Emmanuelle è morto. È morto in una cella frigorifero dismessa, dove la sua famiglia e soprattutto sua madre con lui in grembo, ha trovato riparo. 2013 anni fa, Emmanuelle a Betlemme, in direzione ostinata e contraria, ha potuto nascere. Sì, certo, in una stalla, ma è nato. Betlemme con poche risorse, con quello che si aveva, ha potuto essere un contesto ospitale e vivo. La Betlemme è diventata Bios, Vita, e ancora Biopolitica, superamento delle cristallizzazioni e dei destini immodificabili. Betlemme non ha permesso la delazione e soprattutto non ha permesso la beffa. Ha superato le difficoltà con l’indispensabile semplicità del bene. Bologna non ha una rete di strutture che risponde alle esigenze di una prima accoglienza in grado di dare risposte, umane e possibili a persone orbitano le sue periferie per emergenze e necessità e che chiedono protezione e rifugio per sopravvivere. Una città che si dichiara moderna e giusta, crocevia di strade e autostrade, che si fregia di una stazione ferroviaria di alta velocità e di un ingrandito aeroporto internazionale, che la collegano con il resto del paese e del mondo, ma che non sa protegge le donne e gli uomini che vi confluiscono, cittadini del mondo. L’attuale amministrazione non solo non ha nelle sue priorità, un obbiettivo di questa portata, ma agisce verso gli accampati migranti, profughi e rom con le logiche degli sgomberi e dell’assistenzialismo. Bologna non ha un progetto. Cerca di fare ordine incrementando il male. Gli sgomberi, violenti e repressivi, e la silente nonché intenzionale indifferenza incardinano il male, contaminando i rapporti politici e sociali, fra chi chiede e richiede rifugio e chi è in grado di rispondere. Da una parte si sforza di mostrare l’oggettiva impossibilità di intervenire e dall’altra cerca di ridurre quel poco ma possibile agire solidale, annientandolo nella beffa. L’intervento pubblico diventa così “passeggiate rom-antiche”, narcisismo etnocentrico e auto commiserazione “quanti ne dobbiamo accogliere”. Diventa assunzione di esperti strapagati per risolvere o quanto meno indirizzare la soluzione di certi problemi, a cui vengono però pagati anche i corsi di formazione per comprendere ciò che essi dovrebbero spiegare, salvo poi scoprire, che gli stessi hanno bisogno di formazione si procede pagandoli pure i costi dei master… Diventa scuola di città, dove il povero è povero per cause proprie e dove si impara a vincere per bande. Il modello di Bologna diventa – e in tutti gli effetti lo è – il modello Casal di Principe, dove vince la scaltrezza di trasformare la carità in spettacolo nascondendo abilmente le violenze agite e naturalizzate. Lo sforzo politico, di analisi e di intervento, verso la sua periferia imbaraccata non vanno oltre l’estetica perversa della pulizia etnica o della casalinga isterica che cerca i detersivi adatti per smacchiare i panni. Le difficoltà di inserimento e di integrazione delle migrazioni e della profunganza diventano ingiurie, lontananza, retorica securitarista e incapacità di usare le mediazioni, i patti, i dialoghi.Diventano voti puliti e soprattutto diventano apprendimenti per imparare l’offesa. Bologna non ha ancora cercato di uscire da un sistema di “aree sosta” per nomadi, sistema segregativo di apartheid, che riduce in povertà economica e relazionale le famiglie dei rom-sinti che vi vivono da più di quaranta anni. Famiglie stabilizzate che “giocano il nomadismo” dei gaggi. “Nomadi” poiché vivono nel campo “nomadi”. “Nomadi”, sfiniti, violenti, miserabili, ricoverati in strutture fatiscenti o modernamente inconsuete, deformi, banali e brutti. Dove con “coraggio” e senza vergogna l’amministrazione arriva ad attivare l’operatività sociale degli educatori (sic) per chiedere ai “nomadi” loro se vogliono essere integrati. Tutti e  tre i campi “nomadi” della città stanno implodendo in una vita impossibile di sventure miseramente disumane. Risulta più paradigmatico il campo “nomadi di via erbosa” provvisorio dall’anno 1990 istituito nel 1990 dopo gli attacchi mortali della Banda della “uno bianca”, ancora oggi provvisorio. Bologna beffa il diritto e i diritti. La Legge Regionale 47/1988 che disciplina la presenza e flussi nomadi in Emilia Romagna, non può ne spiegare ne indirizzare le amministrazioni nella gestione complessa di una presenza polimorfa come quella dei rom. Non si può far finta di continuare di usare una legge che non ha corrispondenze con la realtà. Ed è grottesco insistere a non volere verificare le conseguenze di questa legge dopo 25 anni di “corretta applicazione”. Soprattutto diventa beffa e razzismo voler spiegare il deterioramento delle struttura dei campi con la natura selvaggia dei “nomadi” che, forse, rompono quello che gli è estraneo e che perversamente altri hanno deciso e voluto per loro. La presenza dei rom nella città non è provvisoria, cioè nomadica ma è strutturale. Costantemente dai primi anni novanta si sono stabiliti più di 6.000 mila rom provenienti dai Balcani (Yugoslavia, Romania e Bulgaria) Si trovano qui per cercare lavoro e per cercare asilo. Cercano e trovano casa, servizi, scuola e cercano di poter vivere riscattando la propria povertà. Cercano nelle loro migrazione e/o profuganza stabilità e mobilità sociale. E ci riescono. Non sono naufraghi, hanno un progetto e riescono pure a realizzarlo. I rom non sono “nomadi” come non sono “famiglie senza fissa dimora” come non sono “famiglie senza territorio”. Continuare a esibirsi inventando termini politicamente (s) corretti fa parte della beffa che insiste nella noia, nella pesante noia dei presunti intellettuali affaticati a nascondere i razzismi delle “avanguardie” e la violenza dell’esclusione in quella loro corsa a fotografarsi e a sperare qualsiasi cosa per rimanere nella storia. Paradossalmente incontrano il consenso di quelli che cercano di andare in paradiso e le loro amicizie, fantasmagoriche, vorrebbero diventare La Corte di Bologna. La presenza rom a Bologna come in Europa non è necessariamente subordinata ai servizi sociali o ai nazionalismi: nel contesto locale e internazionale, essa è una presenza generatrice di inter e transculturalità, di interessanti e singolari forme sociali e politiche di convivenza. Sarebbe utile tornare a conversare sui e nei campi “nomadi”, sui percorsi di emergenza, di integrazione e di azione pubblica, istituzionale e sociale. Sarebbe sensato ritornare a conversare con i rom per mettere insieme sguardi ed espressività, influenzati da modi e mondi diversi. Ritornare a conversare è dare senso ai silenzi. Conversare è intrecciare umanità, è intesa. Conversare rende la solitudine più passionale e le restituisce unicità in quella moltitudine che resiste all’omologazione e che desidera essere letta, accolta. Conversare è fare comunità. Bologna negli anni, come ora, ha distrutto tutte le sue strutture di prima accoglienza. Ha messo appunto un sistema di sgomberi che non ha funzionato, ha solidificato un sistema di apartheid per “nomadi” rivolto ai rom sinti e non riesce a spiegare e a spiegarsi. Questo è il vero e proprio male: Bologna ha perso la parola, balbetta e si rifugia nel suo narcisismo, nelle sue beffe, pensa all' assoluzione piuttosto che alle responsabilità. Bologna ha perso la sua dignità (Dimitris Argiropoulos, il Manifesto, 4 gennaio 2014)

domenica 5 gennaio 2014

Mfla / Un regalo per il nuovo anno

L'ultimo post di Marginalia del 2013 è stato un invito a regalare un abbonamento a Zapruder a Natale (e grazie infinite a quante/i lo hanno fatto, contribuendo in questa maniera a portare avanti un progetto interamente autofinanziato dal quale coloro che ci lavorano non traggono alcun profitto se non uno spazio di espressione autonoma), quindi mi sembra carino cominciare il nuovo anno segnalando la pagina "materiali" del Mfla, un "regalo" graditissimo che mi/ci permette di inaugurare il 2014 all'insegna della condivisione. Molto spesso quanto facciamo/scriviamo/produciamo non ha la visibilità, circolazione e/o facilità di reperimento che meriterebbe, con il risultato paradossale che a volte anche "tra noi" non sappiamo dell'esistenza di molti di questi materiali. Personalmente, ad esempio, ignoravo la traduzione del 2003 (a cura di Daria) di Non si nasce donna di Monique Wittig e che per questo motivo non risulta nella bibliografia dell'ultimo dei Quaderni Viola dedicato al femminismo materialista francese (Delphy, Guillaumin, Mathieu, Wittig, Tabet) che ho recentemente co-curato con Sara Garbagnoli. Quindi grazie ancora alle infaticabili redattrici del Mfla e buon inizio anno a tuttE