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lunedì 9 febbraio 2015

Apologia del terrorismo

In un articolo pubblicato qualche settimana fa, Les premiers fruits amers de l’unité nationale, Saïd Bouamama rilevava, tracciando un bilancio dei "primi frutti amari dell'unità nazionale", come la grande manifestazione parigina successiva agli attentati del 7-9 gennaio scorsi fosse stata celebrata dall'insieme dei media francesi, dal governo e dalla quasi totalità della classe politica come simbolo di una necessaria "unità nazionale" contro la minaccia terrorista. In questo contesto tutte le voci discordanti sono state messe a tacere: "si tu n’es pas Charlie, tu soutiens les attentats". La vicenda di Ahmed, otto anni, è drammaticamente rappresentativa di questo clima, non solo francese. Qui la testimonianza di Ahmed, qui la petizione da firmare // Sull'argomento rinvio anche al lucidissimo Qu’est ce que ça fait d’être un problème? (di Chadia Arab, Ahmed Boubeker, Nadia Fadil, Nacira Guénif-Souilamas, Abdellali Hajjat, Marwan Mohammed, Nasima Moujoud, Nouria Ouali e Maboula Soumahoro) e, in italiano, agli interventi di Gabriele Proglio e Gaia Giuliani in Distopie

domenica 21 dicembre 2014

La Libreria delle Moline chiude ...

Il 31 dicembre chiude, con una grande "svendita",  la storica Libreria delle Moline, uno dei primissimi (e rari) luoghi in cui mi sono sentita veramente "accolta" quando, oramai molti anni fa, sono arrivata per la prima volta, ancora un po' sperduta, a Bologna. Tantissimi libri (tanti dei quali sono ora tra gli scaffali della mia stanza), e soprattutto la presenza di Gregorio e Marta, hanno reso questo luogo quasi magico. Ho tanti ricordi, mentre scrivo si accavallano uno dopo l'altro nella mente, incontri e discussioni appassionate, presentazioni, libri sfogliati, accarezzati, commentati insieme ... e tanti, tantissimi altri ricordi che adesso, per un innato (anche se magari fuori  moda) riserbo, tengo stretti stretti solo  per me. Dico soltanto che con la chiusura della Libreria delle Moline se ne va via un altro pezzettino del mio cuore ... Ma tra quelle mura, sotto quei portici, resterà per sempre qualcosa, incaccellabile, onde blu mare

martedì 5 giugno 2012

Le politiche migratorie sono politiche di morte e scomparsa

Aggiornamenti sulla campagna Da una sponda all'altra. Vite che contano: le riflessioni emerse dall'incontro con alcune madri dei migranti dispersi dopo il recente viaggio in Tunisia del collettivo Le Venticinqueundici, l'appello in francese pubblicato sul sito Naawat e l'intervento di una delle donne impegnate nella campagna all'interno della trasmissione odierna del Mfla.

giovedì 10 novembre 2011

La prima bomba sulla Libia : Shock and Awe

Anche in relazione alla recente giornata di studi intorno ad Augusto Masetti e l'invasione della Libia, riceviamo da Liliana Ellena - che cogliamo l'occasione per ringraziare dei tanti spunti, stimoli e incoraggiamenti con i quali continua da anni ad accompagnare Marginalia e non solo - segnalazione di un convegno molto interessante che si terrà - a partire da domani, venerdì 11 novembre, fino a domenica - a Londra: Shock and Awe. Il convegno - che prevede interventi, tra le/gli altre/i di Paul Gilroy, Nirmal Puwar, Miguel Mellino e Les Back -, prende spunto dal centenario del primo bombardamento aereo della storia mondiale: quello avvenuto nel novembre del 1911 nei pressi di Tripoli ad opera del pilota Giulio Covotti della Flottiglia aeroplani di Tripoli, la squadra aerea italiana impegnata nella guerra di aggressione coloniale in Tripolitania e Cirenaica. Sintomatico dei miti e smemoratezze che avviluppano le vicende coloniali italiane nel nostro paese, il fatto che debba essere un convegno organizzato dalla Goldsmiths University e dalla Lse a ricordarci alcuni, non certo irrilevanti, particolari del nostro passato. Per maggiori informazioni sul convegno e il programma dettagliato rinviamo al sito di Shock and Awe.

lunedì 13 giugno 2011

Amina Abdallah ieri a Radio Blackout

Il titolo del post è volutamente spiazzante e provocatorio. Che l'attivista femminista queer di  A Gay Girl in Damascus possa aver partecipato ieri ad una trasmissione radio è ovviamente impossibile. Impossibile perché è stata rapita/sequestrata da tre uomini armati una settimana fa a Damasco. Anzi no, impossibile perché Amina Abdallah non esiste e il suo rapimento è una bufala, come da qualche giorno si vociferava in rete. Ancora meglio: impossibile perché dietro al blog A Gay Girl in Damascus c'è in effetti un certo Tom MacMaster (nome che se è vero sembra inventato), che scrive da Istanbul Turchia. Non sappiamo (e non ci interessa in questo specifico contesto), sapere qual'è la "verità". Come era già stato sottolineato da qualcuna e come è stato ribadito ieri pomeriggio nella trasmissione Interferenze di Radio Blackout, se questa è una  maniera inventata ad arte per portare attenzione (in "occidente") su certe questioni,  ben venga. Perché del resto, come si può leggere stamani in Apology to readers , se la voce narrante è una finzione, i fatti narrati sono veri.

martedì 7 giugno 2011

Interferenze sulle stupro

Approfittiamo dell'apertura a New York del processo per stupro all'ex direttore generale del Fmi Dominique Strauss-Kahn (lo "stupratore di classe", accolto fuori dal tribunale dalle proteste di centinaia di donne, in maggioranza lavoratrici nere e/o immigrate) per segnalarvi la trasmissione Interferenze condotta su Radio Blackout da alcune compagne del laboratorio Sguardi Sui Generis. La trasmissione - alla quale siamo state felici di partecipare domenica scorsa proprio a proposito del "caso DSK" - va in onda tutte le domeniche pomeriggio, dalle 16 alle 17. Scusateci ma non siamo riuscite a trovare nel sito il palinsesto della prossima puntata, comunque sintonizzatevi su Radio Blackout - 105.250 fm. Buon ascolto.

domenica 17 aprile 2011

sabato 19 marzo 2011

Clara Zetkin e l'otto marzo

Promettiamo che questo è l'ultimo post che dedichiamo a l'otto marzo nel 2011, ma un omaggio a Zektin ci sembra doveroso. Perché non c'è verso. Anche quest'anno, con qualche aggiustamento, è la versione dell'origine della "festa della donna" come commemorazione dell'incendio di una fabbrica in cui morirono un centinaio di operaie, che ha prevalso. Insomma, in un modo o nell'altro sembra che la storia dell'otto marzo debba essere necessariamente associata a delle donne "vittime" e non ad un gruppo di donne in lotta. Tra queste appunto la rivoluzionaria socialista Clara Zetkin -, che durante la Conferenza Internazionale del lavoro delle donne a Copenaghen nel 1910 propone di indire per l'anno successivo, una Giornata internazionale della donna. Siamo tornate così tante volte, negli anni scorsi, su questa storia (rinviamo agli "articoli correlati" in coda a questo post), che ci poniamo seriamente il problema se valga la pena di continuare a dannarsi per trovare il tempo di scrivere (a sonno perso) in un blog. Blog che, a quanto pare, ci leggiamo "entre nous". Un grazie quindi alla Biblioteca Franco Serantini che quest'anno ha ripreso la nostra traduzione di 8 marzo: il mito delle origini.

(Alcuni) articoli correlati in Marginalia:

Clara Zetkin e il lavoro di cura
Otto marzo: la festa di chi?
Clara Zetkin e il denaro
Guerrilla Girl's Pop Quiz
8 marzo: il mito delle origini (e del centenario)
Un otto marzo oltre il mito (e senza mimose)
8 marzo: il mito delle origini

sabato 19 febbraio 2011

Antonio Gramsci al festival di Sanremo

Ieri avevamo notato un'impennata veramente considerevole delle "visite" a Marginalia e non riuscivamo a spiegarcene il motivo (non siamo decisamente un blog da grandi numeri). Spinte da malsana curiosità abbiamo controllato le chiavi di ricerca adoperate nei motori da chi ci aveva onorato di contante visite e abbiamo trovato tag del tipo: "il peso della storia", "Gramsci odia gli indifferenti", "il peso morto di Gramsci" ... Ci abbiamo messo poco a capire: una massa di utenti mai vista da queste parti era giunta a noi cercando una lettera di Gramsci del 1917, Indifferenti, lettera che avevamo pubblicato qualche tempo fa con il titolo di L'indifferenza è il peso morto della storia. A questo punto la nostra confusione è stata totale: donde viene, ci chiedevamo, tutto questo improvviso interesse per Antonio Gramsci, intellettuale lasciato marcire in carcere dal fascismo e invero poco amato anche dopo da questa nostra triste, ignorante e indifferente italietta? Saremmo restate a lungo a lambiccarci il cervello se non fosse giunta un'amica amante del trash (e di Gramsci) a svelare l'arcano: il brano in questione è stato letto in diretta al festival di Sanremo da due comici con gigantografia di Antonio Gramsci alle spalle. Non riusciamo a fare nessun commento che sia sensato: dovremmo forse rassegnarci a dire che rispetto al revisionismo incoronato l'anno scorso sul palco dell'Ariston, questo è un bel passo avanti? O forse potremmo commentare acide che meglio sarebbe stato farlo leggere alle due vallette scosciate? Oppure che ... ci asteniamo. Il video è terrificante, comunque se volete potete vederlo su Youtube.

lunedì 20 settembre 2010

Esercizi di revisionismo

In occasione dell'anniversario della cosiddetta Breccia di Porta Pia (in breve: il 20 settembre 1870, una breccia fu finalmente aperta dall'artiglieria dell'esercito italiano nelle mura di Roma, breccia che consentì di occupare la città, annetterla al Regno d'Italia e decretare la fine dello Stato Pontificio e del potere temporale dei Papi) e dei tentativi di Alemanno di giungere ad una commemorazione "condivisa" con la cosiddetta Santa Sede, rinvio al documento di Facciamo Breccia, Anniversario della Breccia di Porta Pia: esercizi di revisionismo

venerdì 17 settembre 2010

"Clandestini": licenza d'uccidere

Sulla vicenda del peschereccio italiano mitragliato da una motovedetta con bandiera libica (ma, sembra, made in Italy e con militari nostrani a bordo), episodio liquidato dal nostro ministro dell'interno con la frase "immagino che abbiano scambiato il peschereccio per una nave con clandestini", ripubblico l'editoriale di Liberazione di qualche giorno fa, a firma Annamaria Rivera, Sbagliato bersaglio: non erano clandestini.

E’ arduo stabilire se la stoltezza prevalga sulla crudeltà, l’incoscienza sul razzismo, l’insipienza politica su un deliberato disegno politico. Nel caso del ministro dell’interno verrebbe la tentazione di dire che si tratta di un mélange di tutte queste proprietà. La sua “giustificazione” del tentativo di abbordaggio e dell’assalto a colpi di mitraglia della motovedetta italo-libica contro marinai inermi –“Immagino che abbiano scambiato il peschereccio per una nave che trasportava clandestini”- ha una strana affinità con la banalità del male incarnata da certi burocrati nazisti, tanto mediocri quanto criminali. Quegli ometti per i quali gli intoppi e le inefficienze della macchina della deportazione e dello sterminio erano “problemi tecnici”, al massimo “deplorevoli inconvenienti”. Che le sue dichiarazioni ogni volta ci evochino, pur nelle ovvie differenze, quel passato sinistro non dipende dalla scarsa stima nei suoi confronti o da un eccesso di malevolenza. E’ che in comune con quella banalità del male il ministro ha un’attitudine primaria. Cioè la tendenza a considerare certe categorie di esseri umani –gli “zingari”, i profughi, i migranti- al pari di cose: bersagli mobili, merce avariata, zavorra da cui liberarsi con ogni mezzo. Né si discosta molto da quello stile –l’eufemismo cinico- il compassato ministro degli esteri che riduce il gravissimo atto di guerra contro un pacifico peschereccio italiano a una questione di “regole d’ingaggio”: “Quelle pattuglie devono lavorare esclusivamente in operazione anti-immigrazione, il che potrebbe essere utile”?, si chiede Frattini. Cioè: le ciurme libico-italiche devono mitragliare solo le imbarcazioni sospettate di trasportare “clandestini” o anche qualsiasi natante non riconoscibile? Ha ragione, invece, Maroni a ricordare che la motovedetta mitragliera è una delle sei consegnate alla Libia “sulla base di un accordo siglato nel 2007 dall'allora ministro Giuliano Amato”. Il che non riduce di un grammo il peso enorme della sua responsabilità né la colpa degli sciocchi esecutori libici e dei conniventi finanzieri italiani, ma fa risaltare tutta l’ipocrisia e l’ondivaga strumentalità dell’indignazione della cosiddetta opposizione. La quale, pur con qualche remora linguistica e di stile, è essa che ha inaugurato la corrispondenza d’amorosi sensi affaristico-militari con il dittatore libico. Come sempre accade, poi, nelle mani di artefici più grossolani e spregiudicati, i congegni centrosinistri diventano bombe micidiali. Così che, mentre le tende di poveri e reietti vengono distrutte ogni giorno, in Italia come in Francia, nei due Paesi al gentiluomo libico (come ha scritto Antonio Tabucchi in un ottimo articolo per Le Monde Magazine) è concesso di piantare le sue tende beduine, pacchiane come chi lo ospita, affinché gli accordi politico-militari-affaristici vadano a buon fine. Peccato che ci sia un piccolo dettaglio disturbante, almeno per chi continua a considerare umani gli umani (e degni di rispetto anche i non-umani): nel Mediterraneo, la caccia ai “clandestini” è diventata come la mattanza dei tonni. E’ significativo che chi comanda i pescatori di tonni sia detto Rais, anche in Italia. Ma dietro il Rais c’è sempre un padrone: è lui che decide la strategia generale, è a lui che vanno i profitti (Annamaria Rivera, Liberazione, 15 settembre 2010).

martedì 7 luglio 2009

Senza titolo (3)

Ancora un senza titolo (e quindi anche senza testo). Intanto però, tra una cosa e l'altra, continuo a leggere Ludovico Geymonat (e Foucault bien sûr). Il "problema" è quello della verità.
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