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venerdì 30 maggio 2014

Movimenti nel Mediterraneo

Con molta gioia annuncio l'uscita del 33esimo numero di Zapruder, a cura di Andrea Brazzoduro e Liliana Ellena, Movimenti nel Mediterraneo. Relazioni, scambi, conflitti. Di seguito trovate indice , mentre sul sito di Sim tutte le info per sostenere questo progetto che,val la pena ricordarlo, è frutto del lavoro di un gran numero di persone, interamente autofinanziato e dal quale nessun@ trae alcun profitto se non quello dell'esistenza di uno spazio di espressione autonoma. Buona lettura // EDITORIALE: Andrea Brazzoduro e Liliana Ellena, Rovesciare la carta. Giochi di scale / ZOOM: Ilham Khuri-Makdisi, Migranti, lavoratori, anarchici. La costruzione della sinistra in Egitto, 1870-1914 / Emmanuel Blanchard, Massacro coloniale alla Nazione. Parigi, 14 luglio 1953 / Natalya Vince, «È la Rivoluzione che le proteggerà». Movimenti delle donne e “questione femminile” in Algeria e Tunisia / IMMAGINI: Giacomo Mirancola, Il Mediterraneo dalla soglia siciliana (a cura di Ilaria La Fata) / Patrick Altes, Una storia di rivoluzioni / SCHEGGE: Stéphane Dufoix, Diaspora. Metamorfosi di una parola globale / Vanessa Maher, «New Times and Ethiopians News». L’antifascismo e l’anticolonialismo di Sylvia Pankhurst e Silvio Corio / Renata Pepicelli, Le donne nei media arabi a due anni dalle rivolte. Pluralità di modelli e molteplicità di sfere pubbliche / Nicoletta Poidimani, Ius sanguinis. Una sintesi di dominio maschile e dominio razziale / LUOGHI / Enrico Grammaroli e Omerita Ranalli, Il Circolo Gianni Bosio di Roma / ALTRE NARRAZIONI: Davide Oberto, L’immagine latente. Rappresentazione e memoria nel lavoro di Joana Hadjithomas e Khalil Joreige / Jolanda Insana  , Giufà chi? / VOCI: Elisa A.G. Arfini, Paola Di Cori e Cristian Lo Iacono, Dialogo su questi strani tempi (a cura di Marco Pustianaz) / INTERVENTI : Vincenza Perilli, Desiring Arabs. L’occidente, gli arabi, l’omosessualità / Lia Viola, Utopie in movimento. Riflessioni sull’attivismo lgbti in Africa orientale / RECENSIONI: Fabrizio Billi (Margherita Becchetti, L’utopia della concretezza. Vita di Giovanni Faraboli, socialista e cooperatore), Salvatore Cingari (Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti, Altri dovrebbero aver paura. Lettere e testimonianze inedite), Vincenza Perilli (Anna Curcio e Miguel Mellino, a cura di, La razza al lavoro) Renate Siebert (Quinn Slobodian, Foreign Front. Third World Politics in Sixties)

mercoledì 7 agosto 2013

Egitto: una dichiarazione di Fatma Ramadan

Ricevo da più parti, in diverse lingue, una presa di posizione di Fatma Ramadan, del Comitato Esecutivo della Federazione Egiziana dei Sindacati Indipendenti contro il tentativo di strumentalizzazione delle lotte in atto in Egitto in nome della "lotta al terrorismo" da parte dell'esercito, del governo e dei sindacati. Di seguito la traduzione italiana (grazie a Dino Erba), mentre nel sito di Mena Solidarity Network e in quello di Entre les lignes entre les mots trovate il testo rispettivamente in inglese e in francese. Buona lettura e riflessioni // La “fiducia” ad Al-Sisi è un veleno mortale. I miei compagni, i lavoratori egiziani, stanno lottando per i loro diritti e per un Egitto migliore. I lavoratori egiziani sognano libertà e giustizia sociale, sognano il lavoro in un momento in cui ladri che vengono chiamati imprenditori chiudono le fabbriche per intascare miliardi. I lavoratori egiziani sognano salari equi mentre sono sottoposti al dominio di governi che pensano solo a fare investimenti a scapito dei lavoratori, dei loro diritti, e persino contro la loro vita. I lavoratori egiziani sognano una vita migliore per i loro figli. Sognano cure mediche quando sono malati, ma non le trovano. Sognano quattro mura in cui si potersi rifugiare. Già prima del 25 gennaio [2011] i lavoratori egiziani rivendicavano i loro diritti con scioperi e manifestazioni, sono le medesime richieste rimaste senza risposta anche dopo il rovesciamento di Mubarak. Sia i Fratelli Musulmani che l'esercito hanno negoziato con la sinistra, la destra e il centro, senza mai prendere in considerazione le esigenze dei lavoratori e i loro diritti. L’unico loro obiettivo è spegnere le scintille che i lavoratori hanno acceso con la loro lotta e far sì che, in questi tempi oscuri, restino scintille che ardono isolate l'una dall'altra. È stato proprio l’esercito a stroncare con la forza gli scioperi a Suez, al Cairo, a Fayyoum e in tutto l'Egitto! È stato proprio l’esercito ad arrestare tanti lavoratori sottoponendoli a processi militari, solo perché avevano messo in pratica il loro diritto di organizzarvi, scioperare e protestare pacificamente! I militari hanno sistematicamente operato per criminalizzare il diritto di sciopero con una legislazione che vieta a tutti gli egiziani di organizzare proteste pacifiche, scioperi e sit-in! Poi sono arrivati Mursi e i Fratelli Musulmani, che hanno proseguito sulle orme di Mubarak con licenziamenti, arresti, blocco violento degli scioperi. È stato Mursi a scatenare i cani della polizia contro i lavoratori della Titan Cement di Alessandria, coprendosi le spalle con il Ministro degli Interni e i suoi scagnozzi. E quei poliziotti e ufficiali dell'esercito che oggi vengono osannati sono assassini! Sono gli assassini di onesti, giovani egiziani. Sono l’arma delle autorità contro tutti noi, e rimarranno sempre tali, a meno che quelle istituzioni non vengano ripulite. Mentre i capi dei Fratelli Musulmani progettano quotidianamente contro popolo egiziano quei crimini, che hanno causato la morte di persone innocenti, da parte loro esercito e polizia li fronteggiano con altrettanta brutale violenza e con l’assassinio. Tutti noi sappiamo bene quando intervengono l’esercito e la polizia! Intervengono molto tempo dopo l’inizio degli scontri, quando stanno per finire, dopo che il sangue è stato versato. Perché non intervengono per prevenire i crimini dei Fratelli Musulmani contro il popolo egiziano? Chi ha interesse che questa lotta e questo spargimento di sangue continui? È nell'interesse sia dei capi dei Fratelli Musulmani sia dei militari. Così come i poveri sono carne da cannone per le guerre tra stati, i poveri, gli operai e i contadini egiziani sono carburante per i conflitti interni. A Mokattam e a Giza, sono stati uccisi i figli innocenti idi facchini!Oggi, ci è stato chiesto di manifestare per autorizzare l'orgia assassina di Al-Sisi, e vediamo che tutte e tre le federazioni sindacali sono d’accordo: la Federazione sindacale del governo egiziano (FSE), il Democratic Labour Congress egiziano (EDLC), e la Federazione Egiziana dei Sindacati Indipendenti (EFITU) (di cui io sono un membro del Comitato Esecutivo). Ho discusso con i membri del comitato esecutivo del’EFITU allo scopo di convincerli a non invitare i membri del nostro sindacato e il popolo egiziano a scendere in piazza il Venerdì, confermando con questo invito che l’esercito, la polizia, e il popolo sono mano nella mano, com'è detto nell'appello [di Al-Sisi].Io sono stata messa in minoranza, con quattro voti contro nove voti, e quindi tutte le tre federazioni sindacali hanno chiesto ai lavoratori di unirsi alle manifestazioni con il pretesto della lotta al terrorismo. Siamo quindi sul punto di cadere dalla padella nella brace. I Fratelli Musulmani hanno commesso crimini e devono essere ritenuti responsabili e perseguibili per questi crimini, proprio come gli ufficiali e gli uomini del regime di Mubarak, della polizia e dell'esercito devono essere ritenuti responsabili e perseguibili per i loro crimini. Non cadere nell’inganno di sostituire una dittatura religiosa con una dittatura militare. I lavoratori egiziani sono consapevoli, perché le loro esigenze sono sacrosante! Vogliono un lavoro per loro e per i loro figli, vogliono un salario dignitoso, leggi che tutelano i loro diritti contro le leggi che gli affaristi di Mubarak hanno fatto per proteggere i loro interessi contro i diritti dei lavoratori. I lavoratori vogliono uno stato che abbia un vero piano di sviluppo, l’apertura di nuovi stabilimenti che possano assorbire la crescente forza lavoro. I lavoratori vogliono la libertà, tutte le libertà, la libertà di organizzarsi, la libertà di sciopero. Vogliono un paese dove si possa vivere come liberi cittadini senza tortura o assassinii. È necessario capire che cosa si mette di mezzo tra i lavoratori e le loro richieste. Lavoratori, non lasciatevi ingannare da chi vi vuole far combattere battaglie che non sono le vostre. Non date ascolto a chi oggi chiede il vostro aiuto e domani vi chiede di smettere di manifestare per le vostre esigenze e i vostri diritti, con il pretesto della lotta al terrorismo (Fatma Ramadan, venerdì 26 luglio 2013)

sabato 25 maggio 2013

Donne e genere in contesto coloniale

Finalmente è online il sito dedicato al convegno Femmes et genre en contexte colonial che si era svolto a Parigi nel gennaio 2012 e del quale avevamo publicato anche uno degli abstract degli interventi, ovvero la relazione di Barbara Spadaro, The very enjoyment of Whiteness. Class, Gender and Italian bourgeois women between the metropole and colonial Libya (1900-1940). Il sito (http://genrecol.hypotheses.org/) raccoglie le registrazioni audio di quasi tutti gli interventi, della tavola rotonda finale e delle discussioni, accompagnate da rinvii a risorse e materiali attinenti al convegno e alle sue tematiche. Di seguito la  presentazione a cura di Pascale Barthélémy, Anne Hugon, Christelle Taraud et Fabrice Melka del sito, in francese ed inglese. Grazie a Monica Di Barbora per la segnalazione! // Nous avons le très grand plaisir de vous annoncer la création du site internet dédié au colloque « Femmes et genre en contexte colonial», qui s'est tenu à Paris en janvier 2012. Vous y trouverez les enregistrements audios de (presque) toutes les communications, de la séance plénière (table ronde) et des discussions, accompagnés d'un ensemble de liens vers des ressources ayant trait au colloque et à ses thématiques. Vous pouvez aussi faire vivre ce site en postant vos commentaires sur les différentes communications - n'hésitez  pas ! Merci de bien vouloir faire circuler aussi largement que possible cette information dans vos réseaux // We are pleased to announce the creation of a new website dedicated to the Conference "Women and Gender in Colonial Contexts" which was held in Paris in January 2012. On this website you will find a recording of all the papers given at the Conference, including the plenary session (round-table) and debates; as well as several links to other web resources on related themes. You are most welcome to take part in the life of the website by posting comments on the various presentations -- please, feel free to do so! Please circulate the information widely among your own networks

domenica 3 febbraio 2013

Contesting gender norms in (post) revolutionary Egypt

Un interessante call for papers dalla mailing list di NextGenderation: "This interdisciplinary panel aims to provide insights into the gendered dynamics of (post) revolutionary processes. Since the ousting of president Mubarak, February 2011, a new public sphereand political arena has opened up in which the meanings of politics, secularism, citizenship, religious authority and gender systems are continuously contested. Gender issues that have been subject of debate and controversy concern the spheres of public/political protest, violence and repression, bodily presence and visibility. New articulations of gender norms have come to the fore during the constitution drafting process and in debates over family law. For this panel we welcome contributions that focus on contestations and shifts of meaning concerning women within the wider framework of Egypt s political transition processes whilst taking into account the geopolitics of economic and cultural globalization. We are interested in questioning how understandings of gender relations have been transformed or affected. To what extent and how do new political powers and changing power balances affect women? Do these new political actors reconfigure or re-envision concepts of gender or gender justice? Vice versa, we are interested to explore how gender informs larger political struggles. How do women shape postrevolutionary processes? In what manner do controversies concerning women?s actions and bodies relate to discussions on secularism and citizenship? The general aim of this panel is to render visible the gendered dynamics of Egypt's postrevolutionary processes. We aim to identify and specify expressions of the transformation of gender concepts or the invention of new ones. Please send a minimum 300 words abstract to An Van Raemdonck an.vanraemdonck@ugent.be and Monika Lindbekk monika.lindbekk@jus.uio.no by Saturday, Feb. 9 2013"

mercoledì 5 dicembre 2012

Jasmina Metwaly e il collettivo Mosireen

Un incontro con Jasmina Metwaly - artista polacco-egiziana, tra le fondatrici del collettivo di media-attivisti Mosireen nato nel febbraio 2011 come canale di informazione alternativo alla stampa ufficiale collusa con il potere - si terrà stasera a Torino al Centro Studi Sereno Regis. Grazie a Liliana Ellena e Vesna Scepanovic per la segnalazione! Che peccato non avere il dono dell'ubiquità ...

sabato 20 ottobre 2012

Rasha Azab / Words of Women from the Egyptian Revolution

Dopo la tre giorni a Roma, Words of Women from the Egyptian Revolution , Rasha Azab - attivista e giornalista egiziana, dai primissimi giorni in prima fila nelle giornate di piazza Tahrir - sarà questa sera all'XM24 (via Fioravanti, 24 - Bologna). Un'altra occasione per parlare (e discutere), anche a partire da alcuni video, della rivoluzione egiziana nel contesto della cosiddetta "primavera araba", focalizzando in particolare l'attenzione sull'esperienza delle donne in queste lotte, lotte che non si sono concluse con la caduta di Mubarak

mercoledì 17 ottobre 2012

Voci di donne dalla rivoluzione egiziana / Words of Women from the Egyptian Revolution

Su Mfla è possibile ascoltare la presentazione della tre giorni con Rasha Azab, Words of Women from the Egyptian Revolution (17-18-19 ottobre 2012), organizzata a Roma da Free Palestine e Le Ribellule

mercoledì 10 ottobre 2012

Il velo nell'Islam / Reminder

Per chi stasera è a Bologna o dintorni, ricordiamo l'appuntamento alla Libreria delle Moline per la presentazione (vedi anche 1, 2, 3 ...) del volume di Renata Pepicelli Il velo nell'Islam

domenica 7 ottobre 2012

Il velo nell'Islam alla Libreria delle Moline

Mercoledì 10 ottobre, alle ore 18.30, presso la Libreria delle Moline, (via Delle Moline, 3 - Bologna), presentazione del volume Il Velo nell'Islam. Storia, politica, estetica (Carocci, 2012) di Renata Pepicelli. Ne discuteranno con l'autrice Azzurra Meringolo, Sandro Mezzadra e Vincenza Perilli

mercoledì 7 marzo 2012

Femminismi nel Mediterraneo / Genesis Call for Paper

 Genesis, la rivista della Società Italiana delle Storiche, come sviluppo del seminario tenutosi a Bologna il 14 dicembre 2011, Femminismi nel Mediterraneo, invita a presentare contributi per un numero monografico su questo tema. Specificamente, ci si propone di riflettere su approcci storiografici, categorie, teorie, strategie politiche con riferimento alle diverse realtà culturali dei paesi rivieraschi dell’Europa, dell’Africa del Nord, dei Balcani e del Medio Oriente, in epoca moderna e contemporanea.Il Mediterraneo, nel continuo peregrinare da una riva all’altra si rivela come crocevia di esperienze culturali, sociali e religiose, in conversazioni con ambiti culturali di matrice diversa, permettendo non solo l’assimilazione ma anche la rielaborazione di concetti che mostrano una realtà in fermento e in continua evoluzione. Ed è proprio nel laboratorio vivente del Mediterraneo che rintracciamo una ri-definizione plurale del femminismo. Gli studi, tra gli altri, di Margot Badran sull’Egitto (1995), di Mounira Charrad (2001) e Zakia Daoud (1994) sui paesi del Maghreb, di Julie Peteet sulla Palestina (1991) hanno contribuito alla decostruzione dell’idea di una presunta omogeneità all’interno del mondo “arabo-islamico”, dimostrando che le vicende politiche dei singoli paesi hanno influito profondamente sulle relazioni di genere, producendo esiti diversi. La necessità di trascendere i confini nazionali e ri-scrivere la storia dei movimenti femministi è parte integrante della riflessione storiografica contemporanea, come si evince dai lavori di Leila Rupp (1997), Edith Saurer, Margareth Lanzinger, Elysabeth Frysak (2006), Bonnie Smith (2000, 2005 e 2008), anche se il mondo francofono rispetto all’adozione di una prospettiva mediterranea per la storia del femminismo si rivela più ricettivo, come si evince dagli studi di Séverine Rey, Hélène Martin, Elisabeth Bäschlin, Ghaïss Jasser (2008) e Belkacem Benzenine (2011). Partendo da una storiografia consolidata, ci si chiede: quali sono le modalità con cui i movimenti femministi si sono rivelati nell’incontro con le altre componenti, comprese quelle femminili, delle società in questione? Dopo una lunga stagione in cui il femminismo si è definito prevalentemente dentro cornici ideologiche secolari, da cosa scaturisce e che esiti produce la riappropriazione del tema religioso? Come i femminismi del Mediterraneo, con le loro specificità culturali, interrogano il “femminismo taglia unica” o “féminisme pret à porter” (Fawzia Zouari, 2001) e i postulati del mondo occidentale su modernità, progresso, democrazia e uguaglianza? Esistono esperienze storiche che denotino lo spazio Mediterraneo, costruitosi nell’alternanza tra identità e differenze, continuità e fratture, quale luogo in cui i temi universali del femminismo sono stati declinati in conformità con le specificità culturali? Se studiata attraverso una prospettiva di genere quali rapporti di potere, sistemi di rappresentazione, meccanismi di esclusione si rivelano nella storia del Mediterraneo? Infine, quale visione di "spazio Mediterraneo" emerge dalle storiografie e dai movimenti femministi? Per maggiori info e le modalità/tempi di invio degli abstract rinviamo al sito della Sis.

martedì 10 gennaio 2012

Sotto il velo dei media. Semiotica dell’hijab tra Oriente e Occidente

Segnaliamo l'uscita del venticinquesimo Quaderno di Donne e Ricerca, Sotto il velo dei media. Semiotica dell’hijab tra Oriente e Occidente di Simona Stano. Con una prefazione di Massimo Leone, il Quaderno - dopo una contestualizzazione storico-politica dell'argomento trattato - offre un'interessante rilettura delle retoriche dell'alterità (A. Rivera, 2005) messe in campo dai media a proposito del cosiddetto "velo islamico", con una puntuale ricerca su alcune testate giornalistiche (quali l'inserto settimanale di Repubblica D La Repubblica delle donne e la rivista di moda Vogue Italia), dalla quale emerge come le  rappresentazioni della "dona velata" che queste riviste offrono sono per la maggior parte costruite intornoal velo come sofferenza e sottomissione. Sotto il velo dei media. Semiotica dell’hijab tra Oriente e Occidente è consultabile sul sito web del CIRSDe e sulla piattaforma AperTo.

(Alcuni) articoli correlati in Marginalia:

In nome del burqa: cronache di ordinario razzismo e sessismo
Ma sottomessa a chi?
Avvistato burqa, Ufo postcoloniale?
Daniela Santanché e le nuove cerimonie di svelamento
Burqa Laptop
Veli svelati. Soggettività del velo islamico

Il burqa e le pseudo-femministe

martedì 13 dicembre 2011

Femminismi nel mediterraneo

All'interno del seminario permanente sui femminismi globali - che intende "mettere al centro della riflessione i sistemi di pensiero, le pratiche e le reti di relazione dei femminismi nelle loro varie declinazioni storiche e geografiche" -, la Società Italiana delle Storiche in collaborazione con la Società Italiana per lo Studio della Storia Contemporanea e l'Università degli Studi di Bologna, Facoltà di Scienze Politiche, organizza la giornata seminariale Femminismi nel mediterraneo, con interventi - tra le altre - di Raffaella Baritono, Renata Pepicelli, Leila El-Houssi e Anna Vanzan. Per maggiori info rinviamo al programma dettagliato nel sito della Sis.

sabato 19 marzo 2011

Annassîm nel paese delle donne

Con un po' di ritardo (ma non potete immaginare quante cose da pubblicare abbiamo ancora nella nostra "lista d'attesa" ...) vi segnaliamo, sul sito de Il Paese delle donne, il report della giornata No hagra! No tirannia! organizzata da Annassîm. Donne native e migranti delle due sponde del mediterraneo, lo scorso otto marzo. L'urgenza di continuare a riflettere su quanto sta succedendo nei paesi a sud del mediterraneo, sul ruolo delle donne nelle rivolte in corso, così come sugli interessi e responsabilità che ha anche il nostro paese sulla situazione in Medio Oriente e Nord Africa, si fa sempre più urgente. Soprattutto allarmante è il quadro che si sta delineando in Libia, con un intervento militare che sembra imminente (rinviamo ad alcuni dei materiali/iniziative che ci sono state segnalate nelle ultime ore, dall'appello di Angelo del Boca e altri, al comunicato Nessuna complicità con l'intervento militare, alle cronache dalla Libia di Fortress Europe).

(Alcuni) articoli correlati in Marginalia:

Dal Medio Oriente al Nord Africa fino all'Italia
Voci di donne dalle rivolte, uteri per la patria e guerre umanitarie
E' l'Italia mercenaria che spara sulla folla in Libia
Muammar Gheddafi, Silvio berlusconi e l'Italietta postcoloniale
"Clandestini": licenza d'uccidere

giovedì 10 marzo 2011

"Il sangue delle donne uccise nella rivolta è ancora fresco e già ci stanno tradendo"

Nella frase di Nawal El Sadaawi (tratta da un articolo pubblicato da The New Yorker) è tragicamente riassunto quanto sta avvenendo in questi ultimi giorni in Egitto e la delusione e la rabbia di chi, come Nawal El Sadaawi stessa, vedevano nella rivoluzione scoppiata in gennaio "un sogno". Le donne, dall'inizio in prima fila nelle rivolte, vedono ora disattese in maniera brutale quelle che erano state le loro rivendicazioni, ovvero uguaglianza dei sessi, ruolo non subordinato della donna nella vita politica e civile, una legislazione e una costituzione che garantiscano libertà e diritti per tutte/i le/i cittadini, senza differenza di sesso, origini, credo religioso. Durante la manifestazione in piazza Tahrir dell'altro ieri, otto marzo, organizzata (come vi avevamo segnalato), da attiviste e attivisti per denunciare il rischio che il nuovo assetto politico-militare si traducesse in un rafforzamento del dominio patriarcale, vi è stata una contro-manifestazione di un nutrito drappello di uomini. Questi hanno attaccato le/i manifestanti, strappato manifesti e striscioni, malmenato e molestato alcune donne e urlato slogan quali "La rivoluzione non sarà laica!", Non ci sarà mai in Egitto un presidente donna!" e "Rientrate a casa a far da mangiare!", oltre al classico "Qualunque cosa accada continueremo a scoparvi". Forse non si poteva immaginare una tale violenza, fisica e verbale, ma segnali preoccupanti erano stati colti da tempo, come è emerso anche nei collegamenti in diretta con attiviste egiziane dal Cairo e da alcuni interventi in sala durante la giornata No Hagra! No tirannia!. In particolare Francesca Biancani ha sottolineato come dagli emendamenti proposti dalla nuova coalizione costituitasi in Egitto dopo la rivoluzione (e per approfondimenti rinviamo al sito - in inglese/arabo - dell'Egyptian Center of Women's Rights), emerge un' esclusione di fatto sia delle donne come dei/delle "non-egiziani" (e dei/delle non eterosessuali). Il nuovo presidente infatti, dovrà essere " nato da due genitori egiziani e non potrà sposare che una donna egiziana".

lunedì 7 marzo 2011

Otto marzo: ancora donne in rivolta a piazza Tahrir

Scrivevamo giorni fa che, quale ne sia l'esito (che di ora in ora diventa più incerto), le rivolte nei paesi a sud del mediterraneo non solo hanno incrinato i cosiddetti equilibri postcoloniali, ma hanno anche infranto l'immagine della "donna araba" made in occidente: velata, silenziosa e irrimediabilmente oppressa. Di queste donne - dal Marocco alla Tunisia, dall'Egitto allo Yemen -, ci sono giunte invece parole, gesti, volti in rivolta. Tra queste le donne egiziane (e rinviamo ad una bellissima galleria fotografica, un omaggio dedicato a queste donne da Leil-Zahra Mortada, attivista femminista queer) dagli entusiasmanti giorni di piazza Tahrir in prima fila nelle rivolte. Domani, otto marzo, torneranno in quella piazza (che come vi dicevamo in arabo significa liberazione) con una grande manifestazione per denunciare il nuovo governo di aver dimenticato il ruolo svolto dalle donne nella rivolta e nella caduta di Mubarak e di mantenere un assetto politico-militare che rischia di rafforzare il dominio patriarcale. Le partigiane italiane nel dopo-Resistenza avevano denunciato un meccanismo molto simile. Queste righe di solidarietà femminista transnazionale sono una sorta di messaggio in bottiglia verso l'altra sponda del mediterraneo che sentiamo sempre più vicina.

(Alcuni) articoli correlati in Marginalia:

Dal Medio Oriente al Nordafica fino all'Italia: un otto marzo senza fiocchi rosa!
In ricordo di Umm Kulthum
Voci di donne dalle rivolte e uteri per la patria
Muammar Gheddafi, Silvio Berlusconi e l'italietta postcoloniale
Femministe e rivolte (in piazza Tahrir)
L'Italia finanzia le violenze contro le donne migranti
Noi non saremo tra le 700 donne che incontreranno Muammar Gheddafi

sabato 5 marzo 2011

Dal Medio Oriente al Nordafrica fino all'Italia: un otto marzo di lotta e rivolta senza fiocchi rosa!

Chi segue da un po' Marginalia sa bene dell'allergia alle mimose che alberga in questo blog, della poca passione per la "festa" e i "miti" dell'otto marzo. Se poi, come sembra stia succedendo quest'anno, c'è chi pensa di addobbare questa ricorrenza con fiocchi rosa e appelli alle donne italiane, la nostra allergia rischia di trasformarsi in vero e proprio shock anafilattico. Ma l'adrenalina salva-vita viene dai segnali di lotta e rivolta che giungono dai paesi a sud del Mediterraneo, dall'appello che vi avevamo segnalato delle donne di Nasawiya per una International Women's Day in Lebanon, all'alleanza femminista Women United for Future of the Middle East (Donne unite per il futuro del Medio Oriente) messa in piedi dalle donne di Sawt al Niswa, che chiedono a tutte le singole e realtà femministe del Medio Oriente e del Nord Africa di fare fronte comune e alle donne di ogni parte del mondo di sostenerle. Ma tante (fortunatamente) sono anche le iniziative di lotta e rivolta senza fiocchi rosa che si stanno programmando per l'otto marzo qui in Italia (vorremmo potervi promettere presto un altro post che le segnalasse tutte, ma sapendo già che non ne avremo sicuramente il tempo, vi invitiamo a visitare i tanti siti femministi che abbiamo inserito nelle nostre sitografie da Femminismi a Razzismo_Genere_Classe passando per Movimenti lgbtq*). Ve ne segnaliamo solo una, un'iniziativa che riteniamo preziosa e nella quale siamo state felici di essere state coinvolte: No hagra! No tirannia!, un'intera giornata di solidarietà e di approfondimento riflessione sul ruolo delle donne nelle rivolte nei paesi a sud del mediterraneo che si svolgerà al Centro Zonarelli (via Sacco, 4 - Bologna) per l'appunto l'otto marzo. In programma, a partire dalle 11 del mattino: filmati da Egitto, Algeria, Tunisia, Palestina, Iran, Libia, esposizione di foto, documenti, disegni, oggetti, libri e bibliografia al femminile sul momdo arabo curata dal Centro Amilcar Cabral, Casa di Khaoula e altre boblioteche del quartiere, un angolo per la cura e la bellezza del corpo coordinato da Hend Hamed, frammenti di letteratura araba contemporanea letti da Fouzia, Mariem, Nada, Fatima, Asmaa, Samira, Agjba, Olfa, Soumya. E poi ancora collegamenti con Al Jazeera, presentazioni di libri sul femminismo islamico, dibattiti, interventi e per finire (ma abbiamo sicuramente dimenticato qualcosa) cena con the alla menta e al cardamomo e cous cous tunisino super-piccante ...

giovedì 3 marzo 2011

In ricordo di Umm Kulthum أم كلثوم



Enta Omri è una celebre canzone di Umm Kulthum (qui in una versione live del 1967 all'Olympia di Parigi, grazie a Fawziya per avercela segnalata), probabilmente la più grande e nota cantante di lingua araba di tutti i tempi. Nata in Egitto, in un paesino sul delta del Nilo, morì al Cairo il 3 febbraio del 1975: più di tre milioni di persone in lacrime seguirono il suo funerale. Da allora (e questo da l'idea di quanto fosse - ed è ancora - amata), ogni primo giovedì del mese, alle dieci (giorno e ora della sua morte), le radio arabe trasmettono alcune delle sue canzoni. Alcune sono a sfondo religioso o nazionalista, ma per la maggior parte sono canzoni d'amore, come Enta Omri (talvolta la translitterazione è diversa, come quella del suo nome), ovvero Sei la mia vita. Seppure in ritardo con l'orario, ci uniamo a questo rito collettivo e "trasmettiamo" anche noi una canzone di Umm Kulthum. La dedichiamo a tutte le donne in lotta, in Egitto e altrove. Crediamo che Umm Kulthum apprezzerebbe, visto che il suo amore per le donne è ancor oggi una cosa che si dice a bassa voce.

Voci di donne dalle rivolte, uteri per la patria e guerre umanitarie

Seppure gli esiti delle rivoluzioni ancora in atto nei paesi a sud del mediterraneo siano incerti e in alcuni casi preoccupanti vista la volontà "occidentale" di metterci sopra le mani (come in Libia, dove già Usa-Europa-Nato ventilano un'operazione militare sotto la solita copertura della guerra umanitaria), resta una realtà incontestabile: queste rivolte hanno incrinato in maniera irrimediabile gli equilibri postcoloniali e messo in crisi (si spera definitivamente) certe percezioni e immagini "dell'altro/a". Abbiamo appena letto il manifesto di indizione dell'otto marzo delle organizzatrici della manifestazione nazionale del 13 marzo e ne siamo orripilate già dallo slogan: Rimettiamo al mondo l'Italia. Dopo l'appello alle "donne italiane" in nome di nazione, famiglia e religione, ecco l'appello agli uteri per la patria. Forse ci ritorneremo su, ma per intanto non abbiamo voglia né di commentare, né di perdere tempo a cercare il link del sito Se non ora quando (ci sembra abbiano già fin troppa copertura mediatica). Piuttosto vi lasciamo una piccola rassegna, tratta da diversi blog femministi, di voci di donne dalle rivolte nei paesi a sud del mediterraneo. Sono loro, come le donne migranti che incontriamo qui nella fortezza-europa, che ci trasmettono un po' di quell'entusiasmo e quella combattività di cui abbiamo bisogno per andare avanti. Nonostante.

Marginalia, Femministe e rivolte (in piazza Tahrir)
I consigli della zia Jo, Dalla Tunisia
Femminismo a Sud, Women of the Revolution in Egitto!
Lady Losca, Dall'Egitto e dalla Tunisia
Nasawiya, International Women's in Lebanon

domenica 20 febbraio 2011

Muammar Gheddafi, Silvio Berlusconi e l'italietta postcoloniale

Dall'Algeria alla Tunisia, dall'Egitto allo Yemen le rivolte sull'altra sponda del mediterraneo (scusateci la definizione a questo punto forse impropria), sembrano inarrestabili. Ma la repressione è feroce. In Libia Muammar Gheddafi ha ordinato di sparare sulla folla dei manifestanti e nonostante le notizie incerte e le difficoltà di collegamento (banditi i/le giornalisti/e, problemi con linee telefoniche e internet), sembra che oramai i morti siano oltre un centinaio. Berlusconi ha dichiarato di non aver ancora telefonato a Gheddafi perché "la situazione è in evoluzione" e non vuole "disturbarlo". Per il resto ancora nessuna dichiarazione e presa di distanza ufficiale da questa carneficina da parte del nostro governo. E come potrebbe essere altrimenti? Gli interessi in ballo sono enormi, chiari a chi ha seguito la vicenda del cosiddetto "trattato di amicizia" Italia/Libia (firmato nell'agosto del 2008 da Berlusconi e Gheddafi e ratificato un anno fa) e il consolidarsi dei rapporti e investimenti economici reciproci tra i due paesi. Solo recentemente (mentre sulla stampa imperversava il "caso Ruby") Gheddafi ha acquistato tra le altre cose il 2,01% di Finmeccanica, una quota dell'Eni, altre della Unicredit (diventandone con il 7% il primo azionista) e varie compartecipazioni (Lia, Ansaldo Sts, Agusta Westland, Banca di Roma e Juventus.) D'altro canto Berlusconi (e altre grosse aziende italiane) sono in trattativa per investimenti nei settori delle telecomunicazioni, del gas e del petrolio. Ma oltre il business c'è anche altro: dietro il "trattato d'amicizia", le scuse e il risarcimento per l'occupazione coloniale italiana della Libia c'è, come sappiamo, il patto sciagurato per il "contenimento dell'immigrazione clandestina" verso le nostre coste. Tra respingimenti, torture e stupri nelle carceri libiche non sappiamo quantificare quanto è costata a donne e uomini migranti l'amicizia tra i due leader, amicizia che la stampa mainstream ha sempre tentato di ridurre agli aspetti meramente "folkloristici" (cammelli, tende, donne e bunga-bunga). Difficilmente l'Italia rinuncerà all'"aiuto" del Colonnello (che, crediamo anche per questo, reggerà), aiuto necessario per "controllare" le frontiere esterne (per quelle interne basta il "pacchetto sicurezza" e i Centri di identificazione ed espulsione). Quindi non ci aspettiamo di certo un risolutivo intervento diplomatico del nostro governo (se non qualche frase di circostanza) a condanna dei morti disseminati per le strade di Bengasi, Derna e Shahat (un tempo Cirene), nomi che - per chi non ignora le tragiche vicende del colonialismo italiano in Libia - evocano altre morti, altre stragi. Anche per questo sarebbe auspicabile che al silenzio interessato del governo si contrapponesse qualche forma di sostegno forte e solidarietà concreta da parte delle piazze italiane alla rivolta, pur anomala, in Libia. Ma anche su questo versante ci sembra che a quest'Italia - capace di mobilitazioni oceaniche in nome della dignità offesa , della patria e della famiglia -, poco importi delle sorti di uomini e donne massacrate/i per le strade della Cirenaica. Del resto non ci si indigna neanche per cose che accadono molto più vicino (si dice: "in casa nostra"), come un uomo che si da fuoco per protesta o una donna che subisce un tentativo di stupro in un Cie. Soprattutto se lui si chiama Noureddine Adnane e lei è nigeriana.

domenica 13 febbraio 2011

Femministe e rivolte in piazza (Tahrir)

Un mese fa, dopo giorni (e notti) di rivolta in tutto il Maghreb, il dittatore tunisino Ben Ali (che - ricordiamolo - aveva conquistato il potere con un golpe 23 anni fa grazie anche al sostegno decisivo del governo italiano) fuggiva da Tunisi. E stanotte, in Egitto, donne, uomini e bambini/e hanno continuato a ballare nella capitale, in piazza Tahrir, sotto i fuochi di artificio, per festeggiare l'abbandono del potere (dopo quasi trent'anni) di un altro dittatore, Hosni Mubarak, il "moderno faraone" con il trono "appiccicoso del sangue del popolo" come scrive Nawal El Saadawi, femminista egiziana, in una sua cronaca dal cuore della rivolta. Ed è questa cronaca che vi invitiamo a leggere (per intanto nella traduzione in inglese di Robin Morgan per il Women's Media Center, nei prossimi giorni speriamo anche nella nostra traduzione in italiano), una cronaca scritta una domenica dei primi di febbraio dalla quasi ottantenne Nawal El Saadawi ( di cui forse alcune/i di voi hanno letto Woman and Islam), che da piazza Tahrir (che in arabo significa liberazione), testimonia e partecipa della/alla rivoluzione egiziana, una rivoluzione che divampa "per le strade di tutte le province, di tutti i villaggi e di tutte le città, da Assuan ad Alessandria, da Suez a Port Said". Descrive donne, uomini, bambini/e, cristiani copti e mulsumani che resistono insieme alla barbarie, ai militari, ai cavalli, ai cammelli, alle molotov, al fuoco e alla morte. Descrive i canti ("molti guidati da donne, con gli uomini che seguono") che rivendicano "libertà, dignità, giustizia" e la fine della tirannide. E noi? Quando saremo capaci di prendere tra le mani la nostra rabbia e cacciare i nostri tiranni? Oggi siamo restate qui a leggere, scrivere, tradurre, con il cuore a piazza Tahrir e lontano dalle piazze italiane: non abbiamo potuto aderire né partecipare - seppur con contenuti "critici" - ad una manifestazione nata da un appello alle "donne italiane", in nome della loro "dignità", della "decenza", della "religione" e della "nazione". Nawal El Saadawi termina la sua cronaca scrivendo: "questo è come un sogno". Qual è il nostro?

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