A quest'ora Berlusconi sarà già in volo per la Libia, dove ad attenderlo a Tripoli per i festeggiamenti dello sciagurato patto "d'amicizia" tra i due paesi firmato esattamente un anno fa, ci sarà Muammar Gheddafi. Da giorni su questa visita, dopo l'accoglienza calorosa che Gheddafi ha riservato a Ali al-Megrahi (l'attentatore di Lockerbie), infuria la polemica. I maggiori leader mondiali boicotteranno i festeggiamenti previsti a Tripoli per il primo settembre, anniversario della rivoluzione. Palazzo Chigi precisa che nessun rappresentante del governo italiano sarà presente alla cerimonia e che la visita di Berlusconi terminerà nella serata di domenica, dopo la posa della prima pietra della cosidetta "autostrada del risarcimento" (perfetto stile neocoloniale?) e la cena dell'iftar, quella che chiude la giornata di Ramadan. Mi indigna che una polemica di tale portata sia esplosa solo in seguito all'affaire al-Megrahi, mentre il patto Italia-Libia, finalizzato al pattugliamento dei "confini" e alla politica dei respingimenti, continua a mietere morti nel Mediterraneo e nelle carceri libiche in un quasi assoluto silenzio. Ma gli affari sono affari. E Berlusconi che, dopo gli eccessi svelati dalle cronache, aveva espresso il desiderio di andare in pellegrinaggio da Padre Pio avrà anche il suo briciolo di Ramadan, digiuno del corpo ma anche del cuore. I soldi (e il potere) comprano tutto, anche un pezzetto di Paradiso.
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Rinvio anche a 30 agosto: niente da festeggiare
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Rinvio anche a 30 agosto: niente da festeggiare
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