mercoledì 29 aprile 2009

Scorpioni a Srebrenica

L'11 luglio del 1995 a Srebrenica, le forze serbo-bosniache massacrarono oltre 8000 musulmani bosniaci. Mutilazioni, sevizie, stupri, sepolture di vivi e vive non si contano. Nella stessa estate alcuni membri degli Skorpion, gruppo paramilitare guidato dall'ancora latitante Ratko Mladić, vengono ripresi in un video mentre torturano barbaramente e infine uccidono dei ragazzi musulmani. Questa videocassetta (ritrovata da un attivista per i diritti umani di Belgrado e trasmessa solo dieci anni dopo dalle televisioni di tutto il mondo) è una delle prove a carico degli Skorpion nel processo a loro intentato a Belgrado.
"Non ho mai avuto una patria, non ho mai avuto una lingua madre, non ho mai creduto in Dio. Sono cresciuta come una zucca sui rifiuti ... Sono cresciuta tra paesi, lingue, costumi. Nelle mie varie scuole ho parlato inglese, italiano, serbo. Ho preso in prestito i guai degli altri per scriverne. Ho scritto, mi sono emozionata, ho pianto". A scrivere (parlare) è Jasmina Tesanovic, attivista, femminista delle Donne in Nero di Belgrado, scrittrice e blogger, autrice, tra l'altro, di quel celebre Diary of a Political Idiot, scritto in rete durante la guerra del Kosovo e il bombardamento della Serbia. Domani, giovedì 30 aprile a Torino (Circolo dei lettori, v. Bogino 9, h. 18.30), Jasmina Tesanovic presenterà (con interventi e letture di Vesna Scepanovic, Simona Lodi, Maria Viarengo e Elena Ruzza) Processo agli Scorpioni, doloroso reportage del processo di Belgrado agli Skorpion.
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lunedì 27 aprile 2009

Messaggio post 25 aprile per i soliti sessisti, razzisti, fascisti, integralisti ...

Probabilmente ringalluzziti da questo 25 aprile di stato a suon di bugie, divieti e manganellate, alcuni personaggi non meglio identificati hanno intasato tra ieri e stanotte questo blog di messaggi sessisti, razzisti e fascisti. Tra i post più bersagliati quello sulla Brigata Majella, la mia critica ad Italo e la traduzione in rumeno di Economia politica dello stupro ... La lingua batte dove il dente duole ... Qualche mese fa (contrariamente a quanto deciso aprendo questo blog), avevo cominciato a cancellare scrupolosamente questo tipo di messaggi. Oggi sto valutando seriamente la possibilità di inserire la moderazione dei commenti, visto che tutto questo cancella-cancella mi ruba un sacco di quel tempo che non ho. Mi dispiace molto perché questo toglierà immediatezza allo scambio e al confronto che spesso ho istaurato con ben altr* lettori/lettrici, ma non posso permettere che questo spazio diventi il palcoscenico di cert* figur*. Nel frattempo dedico questo messaggio (non nuovo, forzatamente ripetitivo, ma necessario, efficace e soprattutto sempre valido), ai vari (e alle varie) Mig69 e FuturaArdita ...
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sabato 25 aprile 2009

Resistenze di qui e di altrove

25 aprile: un giorno per ricordare anzitutto. Per ricordare uomini e donne che hanno lottato per la loro/nostra libertà, soprattutto le donne, perché spesso la loro resistenza è stata taciuta. Partigiane come Gabriella degli Esposti o Irma Bandiera (che non videro mai la liberazione dell'Italia dal nazifascismo perché trucidate prima dai fascisti), o donne "comuni" come Clorinda Falsetti, Italia Ferracci, Esperia Pellegrini, Elvira Ferrante, Eulalia Fiorentino, Elettra Maria Giardini, Concetta Piazza, Assunta MariaIzzi, Arialda Pistolesi, Silvia Loggreolo fucilate a Roma perché chiedevano pane. Ma il 25 aprile è (deve essere) anche un giorno per ribadire, forte e chiaro, il nostro rifiuto delle "pacificazioni", che per noi il 25 aprile non è (e non potrà mai essere) di tutt*, che partigiani/e e repubblichini/e non sono uguali. Una giornata per dire no al revisionismo ormai dilagante, magari rileggendo una poesia di Piero Calamandrei o disotterrando la lucida analisi a caldo dell'affermarsi del fascismo e degli errori delle varie componenti del movimento operaio del comunista anarchico Luigi Fabbri. Tante iniziative (e rinvio al sito di Zeroviolenzadonne che ne segnalano tante di significative) che testimoniano la consapevolezza di molti e molte di affermare oggi l'importanza e l'urgenza di resistere. Resistere anche appoggiando le attuali resistenze, vicine e lontane, come la resistenza delle donne afghane, prese a sassate da gruppi di fondamentalisti qualche giorno fa, durante una manifestazione a Kabul, sotto agli occhi dei loro presunti "liberatori" nordamericani ed europei.
Spero non suoni retorico se rinvio allo slogan che in alcune avevamo portato alla manifestazione nazionale a Roma contro la violenza maschile sulle donne e poi in altre manifestazioni, in tutte le lingue in cui ci era stato possibile tradurlo:

Contro la violenza sessista e razzista
contro vecchi e nuovi fascismi
tutte unite rivolta


ضد العنف الجنسي و العنصرية

ضد الفاشية الجديدة و القديمة

لنتحد جميعا : انتفاظة


Impotriva violentei sexiste si rasiste
impotriva fascismului vechi dar si a celui nou
toate unite: revolta!


Contre la violence sexiste et raciste
contre les vieux et les nouveaux fascismes
toutes unies : révoltons-nous!

Contra la violencia sexista y racista
contra los viejos y los nuevos fascismos
unàmosnos todas: revuelta!

Protiv rasnog e seksualnog nasilja
protiv starih i novih fasizama
Sve zajedno:pobuna!


CONTRA A VIOLÊNCIA SEXISTA E RAÇISTA
CONTRA VELHOS E NOVOS FASCISMOS
TODAS UNIDAS: REBELIÃO


Contro la violenza sessista e razzista
contro vecchi e nuovi fascismi
tutte unite: rivolta




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Nella foto una partigiana francese.
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giovedì 23 aprile 2009

Economia politica dello stupro/Economia politică a violului

Di seguito il mio articolo Economia politica dello stupro, pubblicato originariamente in Umanità Nova e ora tradotto e ripreso da Gazeta Românească , settimanale d'informazione delle comunità rumene residenti in Italia. Mi fa un piacere enorme per motivi facilmente intuibil* a quanti sono attiv* nella lotta al razzismo e al sessismo, ma anche perché mi da l'opportunità di rettificare quanto ho scritto a proposito della confessione religiosa di Giovanna Reggiani che era in realtà valdese e non cattolica, come mi ha fatto notare Patrizia Ottone, che da tanto mi accompagna in Marginalia con affetto e puntuali note e osservazioni. Il suo commento e le mail che ci siamo scambiate a partire dal mio errore (uno "scherzo della memoria" dovuto alla non rilettura, mai giustificabile, delle fonti) ha innescato un fecondo ragionare intorno al concetto di "minoranza". Giovanna Reggiani era, in quanto valdese, appartenente ad una minoranza, minoranza storicamente perseguitata ed emarginata dalla chiesa cattolica come anche dal fascismo che la considerò religione "straniera". Interessante sarebbe quindi analizzare come i media (in un contesto dove forte è l'uso delle religioni per alimentare il discorso sullo "scontro di civiltà") abbiano posto, all'epoca dello stupro/omicidio, grande enfasi sul doppio rito valdese/cattolico (il marito era di confessione cattolica) usato per i funerali e alle iniziative e dichiarazioni volte a sottolineare l'apparteneza dei valdesi alla grande comunità cristiana. Al di là delle intenzioni della famiglia Reggiani (che ha respinto con forza ogni uso strumentale dello stupro in chiave razzista e securitaria), credo sia possibile ravvisare in questa enfasi, un tentativo di diluire la "minoranza" nella "maggioranza", una rappresentazione tendente a sopprimere, al momento oppurtuno, l'eccesso di potere di quest'ultima.


Economia politică a violului


În faţa violurilor din aceste ultime săptămâni însoţite de ruşinosul ritual de instrumentalizare în cheie "anti-imigranţi" şi "siguranţă" (şi cu obişnuita garnitură de decrete de lege urgente şi instituiri de ronduri fasciste), mă întreb dacă suntem condamnate la repetare, o repetare de acum istovitoare şi care pare să dezmintă acea repetita iuvant pe care mi-am repetat-o (ne-am repetat-o) de multe ori în aceşti ani. Mă întreb (cu multă furie şi nicio resemnare): de câte ori va mai trebui încă să se mai denunţe ceea ce eu definesc economia politică a violului? Pentru că, din păcate, o ştim: povestea nu este nouă. Vorbea despre aceasta deja Angela Davis acum mai bine de 20 de ani în "Sex, race and Class" când denunţa utilizarea "mitului violatorului negru" în America rasistă a linşajelor şi a supremaţiei albe. Dar poate s-ar arăta util să începem să reconstruim, chiar şi numai pe fragmente, povestea versiunii italiene a mitului. 30 octombrie 2007: la Roma, o femeie este agresată în mod brutal, bătută şi violată. Femeia, Giovanna Reggiani, va muri, fără a-şi relua cunoştinţa, la câteva zile după, în timp ce violatorul, Romulus Mailat, va fi apoi condamnat la 29 de ani de închisoare.


Datele Istat


Este de ajuns să aruncăm o privire asupra datelor Istat 2007 (care, cu diferenţe minime, sunt valabile şi astăzi), pentru a avea confirmarea că acest episod, deşi este teribil, nu reprezintă o excepţie: în Italia, patria iubirii curtenitoare şi a delictului de onoare, milioane de femei sunt victime a grave violenţe fizice şi psihologice până la omucidere şi există circa 200 de violuri (sau tentative de viol) care se consumă în tăcerea asurzitoare şi în indiferenţa mass-mediei centrale şi a puterilor publice şi politice. Şi totuşi în jurul acestei întâmplări se dezlănţuie imediat o imponentă campanie mediatică şi politică care durează mai multe săptămâni, în aşa fel încât numele Giovannei Reggiani (alături de cel al Hinei Salem) devine unul dintre puţinele nume de femei victime ale violenţei sexuale intrate în memoria colectivă. Nu cred că ar fi de prisos să ne întrebăm de ce. Răspunsul este brutal: spre deosebire de sute de alte episoade care nu au meritat nici măcar un paragraf, acesta are ca "protagonişti" un bărbat şi o femeie cu "pielea de culoare justă", ca să o spun cu titlul unui cărţi de Paola Tabet.


Victima perfectă


Giovanna Reggiani este victima perfectă (italiancă, soţie şi lucrătoare exemplară, printre altele activă în voluntariatul catolic), aşa cum Romulus Mailat este violatorul perfect: se află ilegal în ţara "noastră", trăieşte într-o baracă îngropat în gunoaie, fură, este un cetăţean român de etnie romă, sau mai bine (sau poate, instrumentalizat, mai ales) un "român", după cum este rebotezat în grabă de majoritatea presei (care demonstrează o adevărată ignoranţă: pentru că dacă mulţi romi au cetăţeania română, unii dintre aceştia sunt şi macedoneni, kosovari sau sârbi, dar majoritatea romilor este formată din italieni). Este ceea ce este necesar (şi de ajuns) pentru a reactiva încă o dată (şi în stil mare) "ecuaţia nefericită dintre violator şi imigrat", ecuaţie deja denunţată anul precedent la Bologna de femeile imigrante pe timpul unei manifestaţii împotriva violenţei asupra femeilor. Un fapt de cronică, similar altor sute trecute sub tăcere, este luat ca pretext pentru a începe o campanie politică (în mod josnic susţinută de marea majoritate a organelor de presă) împotriva "străinului violator".


Câştig dublu


Câştigul care se obţine din operaţiune este dublu. Pe de o parte se instigă, agitând una dintre fantasmele cele mai tenace ale unui anumit imaginar în special masculin, rasismul niciodată stăvilit de italienii oameni de treabă (într-un climat de isterie colectivă sunt şi unii care asaltează cu sticle molotov tabere de romi în diferite oraşe italiene) şi o alarmă socială care permite aprobarea de decrete de urgenţă împotriva "clandestin"-ilor/elor. Pe de-altă parte (şi în acord), amplificând în mod deliberat percepţia riscului violului din partea necunoscuţilor (străini) se transformă violurile asupra femeilor într-o problemă de "ordine publică", într-o chestiune de siguranţă şi control al teritoriului. Şi aceasta cu toate că datele arată că numai 10% dintre violurile asupra femeilor sunt comise de străini şi numai 6% de necunoscuţi (tot date Istat 2007), marea parte fiind comise între cei numiţi în mod impropriu "pereţii domestici" de bărbaţi perfect cunoscuţi de victime. Aceştia sunt în majoritate italieni, în principal soţi şi amanţi (în special dacă sunt foşti) şi diferite rude, dar şi de angajatori, profesori, medici, preoţi şi supraveghetori ai ordinii (în aceste cazuri exclusiv italieni). În marea manifestaţie împotriva violenţei masculine asupra femeilor ţinută la Roma la câteva luni de la moartea Giovannei Reggiani, ne-am afirmat în mod puternic şi clar dorinţa noastră de a nu fi instrumentalizate pentru a instiga aşa-numita ciocnire de civilizaţie şi pentru a justifica deriva privind securitatea în act şi practici tot mai autoritare şi care lezează libertatea a toţi şi toate şi în special tocmai a acelor subiecţi care ar vrea să se "protejeze", adică noi "femeile" (şi dintre acestea în principal migrantele). Ştim că violenţa împotriva femeilor nu are limite geografice, nici de cultură sau religie, ci este expresia unui raport violent de putere (care este social, politic şi economic) exercitat de bărbaţi (nu ca şi categorie "naturală", ci "socială": "albi", heterosexuali, burghezi, catolici...) asupra femeilor. Acest raport este cel care trebuie denunţat, combătut şi distrus. Dar anihilarea sa nu va fi posibilă fără a înfrunta proba, dificilă şi urgentă, de noi forme de articulare a luptelor anti-sexiste şi anti-rasiste.

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martedì 21 aprile 2009

Abruzzo resistente


Mentre l'Aquila non c'è più (tra Ma(donne) e miracoli, sciacallaggio mediatico e politico, strumentalizzazioni razziste della tragedia contro "zingari" e "musulmani", e segni di infiltrazioni di mafia e camorra), mi sembra doveroso oggi, anniversario della Liberazione di Bologna, ricordare la Brigata Majella, formazione partigiana abruzzese che, insieme all'armata polacca, fu la prima - all'alba di quel 21 aprile 1945 - ad entrare in città. Un messaggio resistente a tutt* coloro che hanno perso tutto, ma non la dignità.
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Per gli aiuti ai/alle terremotat* rinvio ancora a Epicentro solidale.
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lunedì 20 aprile 2009

Interruzioni involontarie di gravidanza

Un trafiletto su un quotidiano locale: un uomo ha ripetutamente stuprato, massacrato di botte fino a spaccarle i denti, minacciato di cospargerla di benzina e darle fuoco se lo lasciava e infine fatto abortire a suon di calci e pugni, la sua convivente. Lui è italiano, lei polacca.
Non lo specificherei (anche perché è solo uno dei tanti casi avvenuti solo negli ultimi giorni, con vittime e carnefici di varie nazionalità) ma mi forzo a farlo, in nome della critica all'economia politica dello stupro. Vabbè che il trafiletto trova lo spazio per specificare che lui è calabrese. Perché si sa (anche senza scomodare troppo il buon vecchio Alfredo Niceforo e l'antimeridionalismo riattivato dalla Lega Nord ...), che al momento opportuno certi italiani tornano ad essere "marocchini" ...
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domenica 19 aprile 2009

Lottare per un femminismo antifascista, antirazzista e anticapitalista (anche se non è sempre facile)


No, non è facile. E non tutte sono disposte a farlo (o ne sono capaci ). Perché lottare per un femminismo che sia insieme antifascista, antirazzista e anticapitalista significa avere conoscenza storica (e consapevolezza politica) di lotte condotte, spesso ai margini, da donne ben lontane dai "centri di potere", anche di quelli di un certo femminismo mainstream (penso in particolare alle lotte e ai contributi teorici delle donne afroamericane e di altre "minoranze" a partire dagli anni 70 e, attualmente, alla pratica teorica e politica di donne impegnate attivamente nella lotta antisessista, antirazzista e anticlassista). No, non è facile, perché lottare per un femminismo antifascista, antirazzista e anticapitalista significa (soprattutto per le donne senza problemi di permesso di soggiorno e lavoro in nero o precario) dover riconoscere in primo luogo i propri "privilegi" e metterli in discussione. Significa rinunciare al pietismo, al paternalismo, all'etnocentrismo. Significa, quando si fa politica, non accettare compromessi in nome della realpolitik o della politica degli interessi, spesso corporativi. Significa anche avere la capacità di mettersi in discussione, e fino in fondo. Di dire, semplicemente, ho sbagliato quando si sbaglia, non ho capito quando non si è capito e non so quando non si sa. Arrampicarsi sugli specchi, giustificare in nome dell'ignoranza (o cattiva fede) altrui la propria, ignorare (volutamente) le prese di posizione di quante con il loro essere non "in linea" rischiano di far saltare i "giochi", non è onesto (dal punto di vista politico, del rigore intellettuale e del rispetto verso gli altr*).
Sullo sfondo di queste mie riflessioni (non nuove) ci sono vicende recenti, in particolare l'uso irresponsabile di un manifesto del Nucleo Propaganda per pubblicizzare un convegno sulla violenza sulle donne e relative "giustificazioni" (e dovrò trovare il tempo e la voglia di intervenire ancora sull'argomento alla luce di interventi pubblicati dopo il mio post qui in Marginalia), ma più in particolare c'è la consapevolezza dell'urgenza di una lotta antisessista, antifascista, antirazzista e anticapitalista. La lotta è oggi quanto mai necessaria e non può risolversi nell'uso di qualche frasetta di circostanza. Abbiamo bisogno di una maggiore consapevolezza teorica e politica, ma per acquisirla (lo ripeto ancora una volta ) c'è veramente la necessità di riflettere (e confrontarsi) intorno a queste questioni, (ed anche un errore madornale può essere utile allo scopo). Bisogna rilanciare e "alzare" il dibattito teorico sulle questioni inerenti l'antifascismo, l'antisessismo e l'antirazzismo (e alcune occasioni di confronto preziose sono sicuramente l'uscita della nuova edizione di Sistren, il ciclo di trasmissioni radiofoniche del Martedì autogestito di femministe e lesbiche su sessismo e razzismo, l'incontro a Bristol della prossima settimana su "razza", privilegio e identità ... ) , ma contemporaneamente è necessario attivarsi (o continuare ad attivarsi) su di un piano più "pragmatico".
Recentemente la storia di Kante, è stata emblematica di una situazione oramai drammatica che ci coinvolge tutte (e tutti), migranti e non (precarizzazione selvaggia del lavoro, uso in termini razzisti e securitari dello stupro, istituzione di ronde, incitamento alla delazione, avanzata di partiti, gruppi e gruppuscoli dichiaratamente xenofobi, antisemiti, omolesbotransfobici e pro-life ...), ma è anche vero che si stanno moltiplicando i segnali, i luoghi e le esperienze di resistenza (e tutto questo va sostenuto).
Mentre nel Centro di identificazione e di espulsione di Lampedusa i tentativi di rivolta dei migranti venivano duramente repressi, ieri a Castelvolturno, circa diecimila persone hanno manifestato contro il razzismo ricordando, a sette mesi di distanza, la strage ad opera della camorra di alcuni migranti, aderendo al percorso Da che parte stare e rilanciando la manifestazione nazionale del 23 maggio proposta dal Coordinamento migranti di Bologna e Provincia che, dopo la cena di autofinanziamento di ieri sera, prepara anche quest'anno la Giornata dei/delle migranti, importante momento di scambio, di festa e di lotta.
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venerdì 17 aprile 2009

Zingari d'Italia. Fotografie per andare oltre il pregiudizio razzista contro Rom e Sinti

Si inaugura oggi a Treviso, presso lo spazio espositivo multidisciplinare per le arti applicate XYZ, la mostra fotografica Zingari d'Italia. Curata da Fabrizio Urettini e Matteo Segna con la collaborazione di Mauro Raspanti (già curatore della mostra L'estraneo tra noi. La figura dello zingaro nell'immaginario italiano) e della Scuola di Pace di Bologna, la mostra intende, attraverso le fotografie di un gruppo di fotografi professionisti e non (Giorgio De Acutis, Fabio Del Piano, Valter Molinaro, Marco Donatiello e Eugenio Viceconte), andare oltre lo stereotipo razzista che vorrebbe tutt* gli/le "zingari/e" ladr*, rapitori di bambin* e stupratori, stereotipo che non si è fermato neanche dinanzi alla tragedia del terremoto in Abruzzo, quando molti sfollati di etnia rom e sinta sono stati pesantemente discriminati e definiti "sciacalli".
La presentazione della mostra ricorda il contesto in cui nasce l'idea della mostra: "Nel 2007, dopo l'omicidio di Giovanna Reggiani per mano di un abitante del campo nomadi di Tor di Quinto, si scatenata in Italia una massiccia campagna politica e mediatica contro la popolazione Rom e Sinta. L'antico conflitto a bassa intensità contro gli zingari, da sempre percepiti come rappresentazione vivente del "corpo estraneo" -irriducibilmente asociale,"ostinatamente" diverso, insopportabilmente misero- esplode di colpo portando con sé un seguito di ordinanze di sgombero e interventi della pubblica autorità, accompagnati prima da un'attiva partecipazione dei mezzi di informazione con fotoreportages e articoli di sapore razzista, poi da disgustosi atti di violenza della popolazione "civile" (incendi dei campi e aggressioni). Durante questa campagna, ancora in corso, Giorgio_72, crea su Flickr un gruppo di condivisione fotografica chiamato "Zingari d'Italia". Oggi, a due anni dalla sua nascita il pool del gruppo conta più di ottanta membri, fotografi professionisti, amatori e occasionali che regolarmente postano le loro immagini scattate nei campi nomadi. Abbiamo deciso di metterle in mostra per riflettere su quanto il consumo di queste immagini, meno selezionate e meno funzionali alle esigenze di propaganda dell'editoria tradizionale, stiano cominciando a mutare radicalmente il nostro rapporto con la fotografia. "Zingari d'Italia" rappresenta un esempio di come la fotografia digitale e i suoi mezzi di diffusione virtualmente"illimitati e gratuiti" stiano mettendo non solo in crisi il reportage professionale, ma soprattutto stiano erodendo il nostro rapporto con l'immagine ottica. Le immagini di "Zingari d'Italia", esposte assieme a una collezione di copertine illustrate sui settimanali italiani dal primo novecento al tardo dopoguerra, sembrano liberarci almeno un po' da quell'iconografia fantasiosa dello "Zingaro" romantico-nomade-criminale-asociale-subumano".
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giovedì 16 aprile 2009

Quando antisessismo fa rima con razzismo ...


Questo manifesto prodotto nel 1944 dal Nucleo Propaganda (organismo creato dal Ministero della Cultura Popolare della Repubblica Sociale Italiana per curare l'organizzazione della propaganda sul fronte della "guerra psicologica"), è stato utilizzato per pubblicizzare, via mail, il seminario Femminicidi, ginocidi e violenza sulle donne, promosso dal Comune di Bologna e dal Centro di documentazione ricerca e iniziativa delle donne con l'adesione di diverse realtà femminili/femministe (Associazione Orlando, Armonie, Casa delle Donne per non subire violenza, UDI, SOS Donna ...). Lo "scopro" solo ora, ma la notizia ha già fatto il giro della rete (rinvio qui per dettagli e considerazioni) e sui quotidiani si leggono le prime reazioni critiche (e le conseguenti giustificazioni: "svista", "provocazione", "messaggio frainteso" ... ). Da parte mia non credo di poter essere tacciata (come spesso mi è successo) di eccessiva durezza se affermo che un episodio di questo genere è per me totalmente ingiustificabile, soprattutto alla luce di quanto prodotto all'interno di una parte del femminismo (dal Black Feminism ai femminismi cosiddetti postcoloniali) per denunciare, criticare e smantellare il mito dello stupratore nero e l'economia politica dello stupro, cioè l'uso in termini razzisti e securitari della violenza sulle donne. Scrivevo, solo qualche giorno fa che, a mio giudizio, alcuni nodi inerenti all'interrelazione tra razzismo e sessimo, non sono stati ancora sufficientemente meditati e fatti propri all'interno del movimento delle donne. Ma ero lontana dall'immaginare un episodio di una tale gravità, paradossalmente a ridosso di un fine settimana antirazzista e antisecuritario. Ma allora siamo proprio condannate alla ripetizione logorante senza fine e senza risultati?
Auspicherei (per il ri-avvio di un dibattito quanto mai necessario) ulteriori prese di distanza critica su quanto accaduto, anche (o forse soprattutto) da parte delle relatrici invitate al convegno (credo ignare dell'immagine usata per publicizzarlo). Di alcune ben conosco e apprezzo il lavoro teorico e militante contro la violenza subita dalle donne e credo abbiano l'intelligenza e la capacità di porre al centro la necessità di riflettere su queste questioni. Da parte mia, come contributo al dibattito, oltre quanto già scritto qui e altrove, mi limito a copiare la scheda che accompagna il manifesto Difendila! del Nucleo Propaganda nel catalogo della mostra La menzogna della razza a cura del Centro Furio Jesi:

Ciò che veniva ovunque suggerito, prospettato, sottinteso, è messo in scena qui, con tutta l'enfasi del caso: chi ha progettato il manifesto riteneva che la raffigurazione dello stupro avrebbe guadagnato in atrocità proprio sottolineando la diversità etnica di chi lo perpetra. Così il soldato nero ha sguardo lubrico, bocca e labbra ingigantite, mani ad artiglio, è tutto proteso nella brama di possesso simboleggiata dalla vampa di fuoco che sembra emanare dal suo corpo, materializzazione dello smodato desiderio erotico che il pregiudizio razzista ha spesso attribuito alle genti di colore. La donna bianca viene rappresentata come il suo opposto speculare: il volto atteggiato a severo sdegno ma composto nella sua dignità ferita, la veste candida della purezza, il corpo disperatamente teso nel virtuoso sforzo della repulsione.
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giovedì 9 aprile 2009

Gay-Odin


No, non è l'insegna di un locale lgbtq ma quella del posto dove gustare il miglior cioccolato di Napoli. Veramente qui è il cibo degli dei (e delle dee, presumo). Con un buon carico di endorfine mi sembra più facile pensare, magari razzolando un po' tra i libri a Porta Alba, che è (e questo ha del meraviglioso) a due passi. Quando le energie vengono meno (insieme a un mucchio di altre cose), bisogna riprendere forza , non importa come e dove, l'importante è resistere. Questo mi sembra un buon posto e una buona maniera. Se continua a funzionare.
E tutto sembra più facile se addirittura c'è un po' di sole ...
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martedì 7 aprile 2009

Segregazioni neocoloniali nell'Italia del pacchetto sicurezza

Da ieri è stata attivata a Foggia la doppia linea dell'autobus numero 24, una riservata ai "cittadini", l'altra agli "immigrati", giustificata per ragioni di "comodità" e "di ordine pubblico". Mi colpisce che (ancora una volta), nelle tante prese di posizione critiche, venga frequentemente evocato l'apartheid sudafricano o il regime segregazionista contro il quale si ribellarono negli Stati Uniti Rosa Parks ed altr* afroamerican*, (con titoli invero fortemente suggestivi e dunque efficaci come un bus di colore viola) ma mai il regime coloniale italiano, che pure attuò (soprattutto a partire dalla guerra d’Etiopia e la fondazione dell'impero) una forma di segregazione razziale che non ha paragoni nell'Africa coloniale (se non appunto nell'esperienza dell'apartheid sudafricano). Si pensi all'istituzione di tutta una serie di provvedimenti che impongono la separazione tra "le due razze" (sempre per ragioni "di ordine pubblico e di igiene"), imponendo agli "indigeni" di risiedere in quartieri diversi da quelli degli "italiani", (allo scopo le case e i negozi dei nativi in prossimità dei quartieri "bianchi" vennero espropriati), il divieto d'accesso per gli indigeni a uffici e luoghi della zona "bianca" e l'utilizzo degli stessi mezzi di trasporto, la costruzione di sale cinematografiche separate, l'assoluto divieto di rapporti sessuali interraziali. Il culmine sarà raggiunto con l'introduzione, nel 1939, del reato di "lesione del prestigio di razza", che colpisce chiunque, bianco o "negro", agisca in modo da sminuire o ledere il prestigio della razza "dominatrice" (rinvio qui per un quadro più dettagliato).
Colgo, in questa difficoltà ad usare, per descrivere o contrastare il nostro presente, metafore o immagini che rinviano al passato coloniale italiano, un sintomo dell'efficacia persistente del mito degli italiani brava gente. A più di trent'anni dai primi volumi di Angelo del Boca sull'impresa coloniale italiana (1976), oblio, cancellazione, rimozione sono i termini che ancora meglio descrivono il nostro rapporto con il (nostro) passato. Eppure nell'Italia del cosiddetto pacchetto sicurezza (più precisamente legge sulla sicurezza n. 733, e rinvio alla puntuale analisi di Sergio Bontempelli), ci sarebbe veramente bisogno di una maggiore consapevolezza storica (e politica).

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Brevemente (perché devo andare a lavorare) segnalo che domani è la Giornata Internazionale dei Rom e Sinti, in ricordo dell'8 aprile 1971 in cui si costituì l'Unione Romanì. Una giornata che dovrebbe spingerci a riflettere su come (e perché) è stata creata la figura dell'estraneo tra noi.
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domenica 5 aprile 2009

Per fortuna c'è anche quella d'artista. Omaggio a Piero Manzoni


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Il titolo fa riferimento al post Cacchine neofasciste. Per l'immagine avrei voluto ri-fotografare la mia riproduzione, ma per mancanza di tempo ho preso la foto dal sito pieromanzoni.org.
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venerdì 3 aprile 2009

La storia di Kante

Di seguito La storia di Kante, comunicato delle donne del Coordinamento migranti di Bologna e Provincia a proposito della vicenda di una migrante denunciata subito dopo il parto dal zelante personale medico del Fatebenefratelli di Napoli perché "clandestina". La storia di Kante* (in fuga dalla guerra civile in Costa d'Avorio, rifugiata dal 2007 in Italia dove la sua richiesta di asilo politico è stata già rifiutata più volte, separata dal figlio alla nascita e denunciata), è paradigmatica di una situazione oramai insostenibile che ci obbliga a dare una risposta alla domanda: da che parte stiamo?


La storia di Kante

La storia di Kante racconta di un futuro che è subito presente. Nell’Italia del pacchetto sicurezza, migliaia di donne come Kante possono essere denunciate qualche minuto prima o qualche minuto dopo il parto per aver scelto di rivolgersi a una struttura sanitaria nonostante l’”imperdonabile colpa” di non avere documenti. Possono essere separate dai loro figli, che non avranno la possibilità di avere un nome, perché l’Italia del pacchetto sicurezza impedisce la registrazione anagrafica dei bambini e delle bambine nati senza permesso di soggiorno. Nati clandestini. Nell’Italia del pacchetto sicurezza, migliaia di donne sceglieranno di partorire o di abortire in condizioni rischiose e precarie, nasconderanno le ferite delle violenze subite pur di sfuggire alla minaccia di espulsione.

La storia di Kante anticipa il futuro, perché il pacchetto sicurezza non è stato ancora approvato eppure comincia già a far valere la sua efficacia, con la complicità di quella parte del personale medico che non ha alzato la sua voce contro il razzismo delle nuove misure, ma se ne fa docile e zelante esecutore. Uomini e donne ne subiscono e ne subiranno gli effetti, ma per le donne migranti significa e significherà perdere il controllo sul proprio corpo, tanto più esposto alla pubblica mannaia del razzismo, della violenza e dello sfruttamento quanto più sarà rinchiuso in un mondo privato e clandestino.

La storia di Kante è la storia di una legge, la Bossi-Fini, che col pacchetto sicurezza cerca di realizzare il sogno patriarcale di un respingimento delle donne negli spazi chiusi delle mura domestiche, nel muto orizzonte della clandestinità legale e politica. È per questa ragione che la storia di Kante parla a tutte le donne ed è per questa ragione che la lotta contro il razzismo istituzionale del pacchetto sicurezza e della legge Bossi-Fini deve coinvolgerci tutte. Perché riscrivere la storia di Kante, e la storia di noi tutte, è ancora possibile. Per raccontare un’altra storia del futuro, è necessario scegliere adesso DA CHE PARTE STARE.


* A post pubblicato apprendo da una lista di discussione che il nome è in realtà Kadiatou, essendo Kante il cognome. Grazie a tutte
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Per maggiori dettagli su questa vicenda, che risale al 5 marzo ma di cui solo qualche giorno fa si è avuta notizia, rinvio qui, qui, qui, qui e qui. Intanto per bolognesi e nomadic*, ricordo l'assemblea che si terrà domenica per organizzare insieme la Giornata dei/delle migranti e una grande manifestazione nazionale.
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mercoledì 1 aprile 2009

Cacchine neofasciste

Talvolta capita che alcune notiziole, che pure avrebbero meritato un po' di spazio qui, vadano perse . Solo oggi, ad esempio, leggo dell'accoglienza riservata alla convention elettorale di CasaPound a Bologna a base di cacche varie. Ahimè, mi son detta, speriamo che nessun* sospetti che l'immagine qui di fianco, usata in Marginalia qualche tempo fa per illustrare un articoletto su CasaPound, fosse un'oscura allusione atta ad istigare il passaggio ai fatti. Qualcun* (forse) penserà che sono un tantino paranoica, invece vi assicuro che (purtroppo) non sono preoccupazioni peregrine. In un'epoca in cui la libertà d'espressione è invocata a gran voce per giustificare le peggiori nefandezze (dalle camere a gas "dettaglio della storia" alla riabilitazione della Repubblica di Salò), può capitare, ad esempio, solo per aver tirato fuori qualche scheletro dall'armadio de Il Resto del Carlino, di subire pesanti forme di mobbing inventivo ... Vista l'aria che tira e il poco tempo che (ancora forse) resta prima che ci mettano il bavaglio a tutt*, passo velocemente (di cacca in cacca) al convegno promosso da Forza Nuova a Milano per il prossimo 5 aprile. Dovrebbero colà intervenire tra i maggiori rappresentanti dei partiti neofascisti europei aderenti al progetto Fronte Nazionale europeo, da Bruno Gollnisch del Front National a Simon Darby del British National Party per arrivare a Stratos Karanikolau del greco-cipriota Proti Grammi (Linea di Fronte). Senza dimenticare Roberto Fiore, ovviamente.
In un articolo di Bruna Jacopino, vengono tratteggiati i ritratti di alcuni di questi personaggi, come il segretario generale dell’Npd tedesco, Ugo Voight sotto processo in questi giorni in Germania, insieme ad altri due suoi camerati, per “incitamento all’odio razziale” . O ancora Bruno Gollnisch del Front National, eurodeputato ed ex professore di diritto all’università di Lione, condannato, lo scorso anno, a cinque mesi di reclusione con la sospensione della pena e ad una multa di 5.000 euro per aver contestato nel 2004 l’esistenza delle camere a gas. Del resto Ugo Voight sogna di rifondare «una Grande Germania su principi nazionalisti e gerarchici» e recentemente ha stretto un’alleanza con i naziskin delle Skinheads Sachsiche Schweiz, che non sono precisamente delle mammolette. Di Gollnisch invece, ricorderei anche l'impegno con i fondamentalisti pro-life: lo scorso 20 gennaio era, ad esempio, in prima fila alla "marcia per la vita" che aveva radunato a Parigi circa quindicimila anti-abortisti provenienti da mezza Europa. E che dire del British National Party? Uno dei suoi "giovani" aderenti ha definito gli/le omosessuali "AIDS Monkeys", "bum bandits" e "faggots" ... (non credo ci sia bisogno di traduzione). E per chi non ha la memoria corta sono note le aggressioni razziste e sessiste di camerati di Forza Nuova a diversi soggetti "indesiderati", come le loro campagne islamofobe, anti-migranti/rom e contro l'autodeterminazione delle donne (quest'ultima presa di posizione è ben riassunta da "Aborto=omicidio", titolo di un documento del gruppo femminile di Forza Nuova Verona, Donne in azione, da non confondere con Donne e Azione di CasaPound ...)
Insomma, la crème de la crème della destra xenofoba, omolesbotransfobica, pro-life, fondamentalista, negazionista, suprematista e razzista, si riverserà a Milano il 5 aprile. Anch'io non credo che saranno tantissimi (qualche centinaio, forse?), ma non mi sembra comunque un segnale da sottovalutare. Non si tratta (solo) di nazistelli nostalgici con teste rasate e tatuaggi tipo Heil Hitler, ma di gente che ha rappresentanti nel Parlamento Europeo (come il Front National di Jean-Marie Le Pen) o nel Parlamento del proprio paese (come il British National Party) e che può impunemente presentare (come Forza Nuova) liste elettorali con personaggi del calibro di Don Giulio Tam, che si autodefinisce "crociato in lotta contro la decadenza, l'invasione islamica e le trame dei perfidi giudei" ... E non è neanche da trascurare che di fronte alle (legittime) proteste e alle (altrettanto legittime) richieste di impedire questa iniziativa (dall'Anpi a diverse realtà antifasciste), il sindaco Letizia Moratti abbia invocato la "libertà d'espressione". Ben conosciamo l'articolo 21 della Costituzione italiana, (quello che sancisce per l'appunto il diritto di tutt* di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione), ma invocarlo in difesa di chi viola i principi e le norme (anch'esse costituzionali) di libertà, democrazia e diritti umani per tutti e tutte, mi sembra (molto) pericoloso.
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