Cagliari, 2- 4 luglio 2015, seminario nazionale SISSCO: Colonialismo e identità nazionale. L’Oltremare tra Fascismo e Repubblica Seminario III. I conti col passato: l’Italia repubblicana e l’eredità coloniale Programma e maggiori info nel sito della SISSCO
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martedì 30 giugno 2015
I conti col passato: l’Italia repubblicana e l’eredità coloniale / Seminario nazionale SISSCO
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mercoledì 22 aprile 2015
Seminario Sissco / I conti col passato: l'Italia repubblicana e l'eredità coloniale
Il programma completo sul sito della Sissco, mentre nella mia pagina personale in Academia. edu l'intervento che presenterò insieme a Elena Petricola e Andrea Tappi, Faccetta nera. La «Domenica del Corriere» e il colonialismo italiano.
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domenica 15 febbraio 2015
Archivi del futuro / Reminder
Velocissimo reminder del convegno di Postcolonialitalia, Archivi del futuro, di cui vi avevo già segnalato a suo tempo il cfp e poi il programma. Purtroppo, per sopraggiunti problemi personali non potrò, con mio grandissimo dispiacere, prendervi più parte e presentare il paper che avevo proposto e che vi copio incollo sotto anche se potete leggerlo, insieme a quelli degli altri interventi, anche nel sito del convegno // Fin dall'epoca liberale, il “meticciato” è uno dei “problemi” maggiori, ma anche di più difficile “soluzione”, che il razzismo coloniale italiano si trova ad affrontare. Dall'iniziale assenza di espliciti divieti, ai vani e confusi tentativi di porre un argine alle “unioni interrazziali” (per lungo tempo tollerate nella sola forma del cosiddetto madamato), fino alla condanna, con la proclamazione dell'Impero, delle “unioni di indole coniugale” tra “nazionali” e “suddite” (che introduce la questione dell'asimmetria dell'interrelazione tra razza e genere, cfr. Barbara Sòrgoni, 1998), il problema del “meticciato” cortocircuita continuamente con un immaginario collettivo, che lo stesso discorso razzista aveva contribuito a consolidare, profondamente intriso di metafore e rappresentazioni di genere (che Anne McClintock ha definito porno-tropics, 1995). Nel secondo dopoguerra, mentre la neonata repubblica si accingeva ad archiviare frettolosamente le brutture del colonialismo come parentesi e frutto della sola barbarie fascista, e un pesante silenzio calava anche sui/sulle bambini/e “meticci” abbandonati dai padri italiani in Africa (questione tabù ancora per tutti gli anni Cinquanta, cfr. Tatiana Petrovich Njegosh in Petrovich Njegosh e Scacchi, 2012) la nascita di bambini/e “mulatti” da donne “italiane” e soldati alleati non-bianchi, reintroduce il “problema” nel cuore stesso della metropoli. Con questo paper mi propongo (ricorrendo a documenti d'archivio, fonti iconografiche, letterarie e cinematografiche) di analizzare le strategie messe in campo per occultare queste unioni e la nascita di coloro che rappresenterebbero con “il colore italo-nero delle loro guance il senso di abiezione della Patria” (per usare le parole di un deputato italiano durante una seduta dell'Assemblea Costituente nel 1947). Analisi che fa emergere con violenza la persistenza nel dopoguerra di violenti rapporti di dominio contemporaneamente “razzizzati” e “genderizzati”, del resto ancora operativi nel nostro presente post-coloniale (Vincenza Perilli, «Il senso di abiezione della Patria». Unioni sessuali interrazziali, genere e razzismo nel secondo dopoguerra italiano)
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sabato 1 novembre 2014
Mailbombing e denunce
Mentre l’Istituto di Cultura Sinta di Mantova, Sucar Drom e l’Osservatorio contro le discriminazioni hanno presentato un esposto all'Ordine dei giornalisti (e una denuncia alla Procura di Torino) per diffamazione e istigazione all’odio etnico/razziale nei confronti del giornalista de La Stampa Massimo Gramellini che in un articolo aveva appoggiato la scelta del sindaco di Borgaro Torinese di bus separati per "rom" e "residenti", sul sito di Cronache di ordinario razzismo prosegue la campagna di mailbombing promossa dalle associazioni Lunaria e Straniamenti. Di seguito la mail che ho inviato a Claudio Gambino qualche giorno fa
Egregio Claudio Gambino, devo confessarle che quando qualche giorno fa ho letto su alcuni quotidiani della sua proposta di istituire sulla linea 69 che da Torino porta a Borgaro Torinese bus “separati” per “rom e residenti”, ho sperato si trattasse della trovata orwelliana di qualche giornalista in cerca di scoop. Dico “sperato” perché troppo grave sarebbe stato che una simile “proposta” venisse da qualcuno che, come lei, ricopre un'importante e delicata carica istituzionale e dal quale sarebbe lecito aspettarsi una maggiore consapevolezza storica e politica. Purtroppo la visione di una video-intervista rilasciata a un giornalista de Il Fatto Quotidiano il 24 ottobre 2014 in cui, contemporaneamente, lei rigetta con sdegno ogni accusa di razzismo ma ribadisce la validità (e necessità) della sua proposta, mi costringono a prendere atto che non si tratta di una boutade ma del preoccupante segnale che certe modalità di pensiero (destinate a tradursi in pratiche) rischiano di non essere più solo patrimonio del più profondo ventre razzista italiano.Non insisto nel ricordarle, come ha già fatto del resto il giornalista de Il Fatto, quanto la sua proposta rievochi vicende quali l'apartheid sudafricano (non ignora, penso, il nome di Nelson Mendela) o ancora la segregazione razziale negli Stati Uniti che proprio nella ribellione all'imposizione di posti “separati” secondo una rigida linea del colore sui mezzi di trasporto pubblici trovò, grazie a Rosa Parks ed altre militanti, uno dei momenti di lotta più significativi. Semmai, come studiosa della genealogia del razzismo italiano, mi permetta di ricordarle qui, a mò di chiusura, una pagina non certo esemplare della nostra storia patria. Mi riferisco al decreto del 19 luglio 1937, n. 41675 che, nelle allora colonie italiane in Africa, vietava tra l'altro ai “sudditi l'uso di autovetture in sevizio pubblico guidate da nazionali” (cfr. Centro Furio Jesi, La menzogna della razza, 1994, p. 293). Sperando di aver contribuito a suscitare in lei qualche costruttiva riflessione sulla dannosa e controproducente persistenza nel presente di pratiche e ideologie di un passato evidentemente non ancora troppo lontano, Cordialmente, Vincenza Perilli
domenica 3 novembre 2013
Barbara Sòrgoni al Centro Frantz Fanon
Grazie a Vanessa Maher per avermi segnalato l'interessante iniziativa che si terrà mercoledì prossimo al Centro Franz Fanon, organizzata dal Gruppo di studio sulla memoria e il presente delle relazioni tra l'Italia e i Paesi del Corno d'Africa Isku Xir in collaborazione con l'Associazione Fanon e il Laboratorio Crossing Borders dell'Università di Torino. Vanessa Maher e Roberto Beneduce discuteranno con Barbara Sòrgoni (autrice, tra l'altro di Parole e corpi . Antropologia, discorso giuridico e politiche sessuali interrazziali nella colonia Eritrea) sulle procedure sul riconoscimento dei richiedenti asilo in Italia, Sul sito del Centro Frantz Fanon il programma dettagliato .
martedì 30 aprile 2013
Donne, fotografia e colonialismo
Ho appena finito di leggere (e condivido volentieri con voi) un bell'articolo di Monica Di Barbora, Donne in Aoi: fotografie tra sguardo pubblico e privato, pubblicato sull'ultimo numero di Officina della Storia, dedicato a storia e fotografia. Vi trascrivo un breve passaggio dalla parte iniziale dell'articolo che mi sembra significativo delle cautele e del rigore metodologico adoperato dall'autrice nel trattare una materia oltremodo complessa: "La mia riflessione si concentrerà, in particolare, sulla rappresentazione fotografica delle donne in quei territori che, dopo la proclamazione dell'impero nel maggio 1936, avrebbero preso il nome di Africa orientale italiana, allargandosi alla rappresentazione delle donne bianche, percorso meno battuto dalla storiografia italiana. La generica categoria “donne” risulta utile, da un punto di vista operativo, all'interno di una riflessione che si concentra sui modelli socialmente e culturalmente imposti, per definizione schematici e destinati a produrre un ordinamento classificatorio. Si tratta, tuttavia, di una categoria che, anche utilizzata in questo senso ristretto, necessita di ulteriori specifiche. Se, infatti, restituisce la comune esposizione a rapporti di potere fortemente squilibrati, vigenti nei rispettivi ambiti di provenienza, comprende in sé tanto le colonizzate che le colonizzatrici. Donne, quindi, con posizionamenti assai diversi rispetto a colore della pelle, potere all'interno della società coloniale, credo religioso, appartenenza, spesso ceto sociale. Oltre che, naturalmente, diverse per i percorsi individuali di vita. Abbiamo a che fare, quindi, con una categorizzazione che si pone al centro di tensioni e linee di forza che vanno sempre tenute presenti". Potete leggere la versione integrale dell'articolo nel sito di Officina della storia
giovedì 21 febbraio 2013
Colonialismo e identità nazionale / Cfp
Segnaliamo il call for papers per il primo incontro del seminario nazionale Sissco sul tema Colonialismo e identità nazionale. L'oltremare tra fascismo e repubblica, che si terrà a Cagliari nella seconda metà di settembre. Il seminario intende censire lo stato della ricerca sul tema del colonialismo italiano, inteso non come corollario della storia unitaria, ma come elemento costitutivo dell’identità e della vicenda storica nazionali. In linea con gli ultimi sviluppi storiografici è interesse degli organizzatori promuovere una riflessione sul ruolo del colonialismo come
processo politico e culturale in grado di agire all’interno dei confini
nazionali e i cui effetti oltrepassino i limiti cronologici posti
dalla mera occupazione effettiva dei territori africani. Le proposte di contributo dovranno pertanto interessare una di queste aree tematiche: La cultura coloniale del periodo fascista: i processi di formazione, i temi, la diffusione // La cultura coloniale ai tempi della Repubblica: istituzioni, partiti politici, associazioni, storiografia e letteratura di fronte al tema coloniale. Per ulteriori dettagli è possibile scaricare il pdf dal sito di Memorie coloniali
venerdì 1 febbraio 2013
Guerra in Mali / Un'intervista ad Angelo Del Boca
A fine novembre dello scorso anno avevamo rilanciato qui l' appello di Aminata Traoré ed altre femministe maliane contro la strumentalizzazione della violenza contro le donne da parte della comunità internazionale per giustificare l'intervento armato in Mali, appello poi tradotto in italiano e pubblicato da Il Paese delle donne. A distanza di qualche mese la situazione in Mali è degenerata: l'11 gennaio il Presidente francese Hollande ha dato il via all'operazione militare Serval e l'Onu ha autorizzato un'azione militare internazionale mentre anche l'Italia si prepara a dare "supporto logistico" alla Francia. Rinviamo ad un'intervista ad Angelo Del Boca che offre alcuni elementi di lettura di questa nuova guerra neocoloniale, che definisce il "finale della guerra in Libia"
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