Scrivevamo giorni fa che, quale ne sia l'esito (che di ora in ora diventa più incerto), le rivolte nei paesi a sud del mediterraneo non solo hanno incrinato i cosiddetti equilibri postcoloniali, ma hanno anche infranto l'immagine della "donna araba" made in occidente: velata, silenziosa e irrimediabilmente oppressa. Di queste donne - dal Marocco alla Tunisia, dall'Egitto allo Yemen -, ci sono giunte invece parole, gesti, volti in rivolta. Tra queste le donne egiziane (e rinviamo ad una bellissima galleria fotografica, un omaggio dedicato a queste donne da Leil-Zahra Mortada, attivista femminista queer) dagli entusiasmanti giorni di piazza Tahrir in prima fila nelle rivolte. Domani, otto marzo, torneranno in quella piazza (che come vi dicevamo in arabo significa liberazione) con una grande manifestazione per denunciare il nuovo governo di aver dimenticato il ruolo svolto dalle donne nella rivolta e nella caduta di Mubarak e di mantenere un assetto politico-militare che rischia di rafforzare il dominio patriarcale. Le partigiane italiane nel dopo-Resistenza avevano denunciato un meccanismo molto simile. Queste righe di solidarietà femminista transnazionale sono una sorta di messaggio in bottiglia verso l'altra sponda del mediterraneo che sentiamo sempre più vicina.
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3 commenti:
Riesci a fare un report della serata? Mi sembra troppo interessante:-)
Oh scusa sempre io!Mi riferivo al post precedente cioè la serata sul ruolo delle donne nelle rivolte arabe,grazie e baci!
Un resoconto della giornata, a cura di Annassim, dovrebbe essere pubblicato in questi giorno da Il paese delle donne, dacci un'occhiata;-)
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