"Olga Modigliani, al pari di molte donne borghesi istruite [...], era un ottimo esempio della nuova sintesi politica che nell'Italia degli anni trenta andava sotto il nome di femminismo 'latino', 'nazionale' o 'puro'. Erano questi i termini adottati da donne un tempo attive nei movimenti emancipazionisti, nel tentativo di riconciliare fascismo e femminismo . Il loro femminismo era 'puro' in quanto non contaminato dall'esasperato livellamento del riformismo socialista, né dallo stridente individualismo del movimento per la parità dei diritti anglo-americano. Era 'latino' perché sosteneva comportamenti considerati peculiari alla femminilità italiana: la devozione alla famiglia, l'attaccamento alla tradizione, il rispetto per la razza. Era 'nazionale' in quanto riconosceva la necessità di subordinare le aspirazioni delle donne ai più alti interessi dello Stato e del popolo italiano. Cosa vi fosse di femminista nel femminismo latino era decisamente più problematico.[...]. In fondo quello che abbiamo chiamata la nuova sintesi del femminismo latino era il tentativo di conciliare due tradizioni politiche decisamente antagonistiche: l'una, l'eredità emancipazionista del movimento delle donne dell'Italia di inizio secolo, l'altra, la politica di massa del fascismo [...]. Le femministe borghesi [...] con la speranza che il fascismo avrebbe permesso alle loro iniziative caritative di sopravvivere e magari di prosperare [...], ridefinirono la posizione dei propri gruppi nei riguardi dello Stato. Presero le distanze dal movimento internazionale delle donne [...], riscrissero la propria storia condannando il 'vecchio' femminismo per l'inconcludente strepitare e l'incapacità di comprendere la vera natura della donna italiana, della famiglia, della nazione, della razza [...]. Le donne si univano ai reticoli solidaristici del proprio genere per promuovere quelle che consideravano le migliori virtù della femminilità italiana [...].Per molte l''Italia nuova' era motivo di orgoglio patriottico [...], la dittatura sfruttava questa identificazione emotiva con la nazione-Stato trasformandola in uno sciovinismo militaristico che si pretendeva giustificato e virtuoso, e che poteva legittimare qualsiasi sacrificio [...]. In questo senso, il femminismo latino era il discorso e la pratica di un movimento politicamente subalterno [...]. La complessa storia dell'adeguamento del femminismo italiano al fascismo non è priva di collegamenti con quella che Nancy Cott, in una convincente generalizzazione fondata sull'analisi dell'esperienza delle femministe americane dopo la prima guerra mondiale, ha individuato come 'un più diffuso processo di cancellazione della memoria, attraverso il quale il femminismo fu assimilato selettivamente e represso' [...]. Alla vigilia della seconda guerra mondiale, il femminismo storico era stato cancellato persino dalla memoria, e la politica delle donne nel fascismo era di estrema subordinazione. Nel novembre 1938, le ultime organizzazioni sopravvissute che avevano cercato di conciliare femminismo e fascismo furono sciolte, e le aderenti di origine ebraica con le leggi razziali, bandite da qualsiasi attività pubblica. Tra queste ultime c'era Olga Modigliani, costretta all'esilio. Nel nome del duce, della nazione e di una spuria solidarietà di classe, i fasci femminili rinunciarono a sostenere la solidarietà tra donne. Nel dicembre 1938, Rachele Ferrari del Latte proponeva che le militanti si dedicassero, 'con la loro esperta competenza, con la loro limpida onestà, con la loro seria dirittura', a un pesante problema nazionale: trovar lavoro alle domestiche che erano state costrette ad abbandonare il servizio presso le case ebree, secondo quanto imposto dalle leggi razziali. Le donne fasciste avrebbero dovuto darsi alla missione con zelo, convinte che 'in un prossimo avvenire le nostre domestiche si renderanno personalmente conto della grande ventura loro toccata di aver potuto sottrarsi all'influenza, all'insidia, al predominio dell'avida razza ebraica per crescere da italiane e da cristiane in una casa dove si pensa, si crede, si lavora e si vive con animo italiano'."[da Victoria de Grazia, La donna nel regime fascista, Marsilio 1993 (ed. or. inglese 1992), frammenti dalle pp. 313, 314, 315, 316 e 356].
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