venerdì 23 agosto 2013

Pausa nicotina con Lauren Bacall e Humphrey Bogart

Ci prendiamo (io e il blog) un'altra breve pausa continuando a fumare per procura. A presto! // Nella foto Lauren Bacall e Humphrey Bogart in gondola a Venezia (1951) via Soyons-suave

martedì 20 agosto 2013

Zapruder / Made in Italy. Identità in migrazione online

Come molte/i di voi sanno già, l'editoriale e gli articoli della parte monografica di Zapruder vengono inseriti sul sito di Storie in Movimento dopo un anno dalla pubblicazione della rivista. Sono quindi ora disponibili l'editoriale e gli articoli della parte monografica del numero curato da Andrea Brazzoduro, Enrica Capussotti e Sabrina Marchetti, Made in Italy. Identità in migrazione, uscito esattamente un anno fa. In questa pagina trovate l’indice da cui è possibile accedere alla lettura online dei seguenti testi: Andrea Brazzoduro, Enrica Capussotti e Sabrina Marchetti, Identità … made in Italy // Michele Colucci, Effetti collaterali. L’uso pubblico delle migrazioni e della loro storia // Gaia Giuliani, Lombroso l’australiano. Costruzione della bianchezza tra Otto e Novecento // Enrica Capussotti, «Arretrati per civiltà». L’identità italiana alla prova delle migrazioni interne. Buona lettura!

lunedì 19 agosto 2013

Skin / Matters. Gendered and Racial Economies of Skin Color

Presso la Columbia University, il 29 e 30 agosto, si terrà un simposio dal titolo Skin / Matters. Gendered and Racial Economies of Skin Color. Pur se la partecipazione è gratuita ed aperta a tutte/i, mi rendo conto che andare a New York non è, economicamente, alla portata di chiunque, ma segnalo in ogni caso il programma perché mi sembra molto interessante (tra gli altri interventi di Lahoma Thomas - In / Visibilizing Skin Color, Race, and Gender The Erasure of Colour: Examining the Practices of Skin-Bleaching - e di Dominique Grisard - Coloring Race and Gender. Who’s the Fairest of them All? Pink Princess Culture and its Imperial Legacy) e penso possa suggerire spunti di ricerca e dare idee per scambi e contatti transnazionali (Marginalia esiste anche, o forse soprattutto, per questo). Quindi qui il programma dettagliato in pdf

sabato 17 agosto 2013

Le potenzialità e l'abuso di un passepartout nato per scardinare le discipline del sapere

Nell'edizione de Il Manifesto del 14 agosto Alessandra Pigliaru, che ringraziamo ancora, ha dedicato una puntuale recensione a due saggi "sull'uso e la critica del concetto di genere". Si tratta della raccolta di scritti di Joan W. Scott recentemente pubblicata da Viella - di cui avevamo ri-parlato solo qualche giorno fa - e del nuovo Quaderno Viola curato da Sara Garbagnoli e dalla sottoscritta sul femminismo materialista francese, Non si nasce donna. Di seguto la recensione, buona lettura // «Coloro che si propongono di codificare i significati delle parole combattono una battaglia perduta, poiché le parole, così come le idee e le cose che sono chiamate a esprimere, hanno una storia». Così Joan W. Scott, nel 1985 a New York, apriva il suo intervento al convegno dell'American Historical Association. La parola a cui si riferisce viene svelata dal titolo della comunicazione: Il «genere»: un'utile categoria di analisi storica. Docente a Princeton e impegnata in prima linea nel rinnovamento delle discipline storiche e degli studi delle donne, Scott è stata poco tradotta in Italia seppure la sua ricezione sia stata fondamentale per gli studi di genere. Dobbiamo ringraziare Ida Fazio che ne ricostruisce gli interventi sul tema per comporre un volume importante e rigoroso. Si intitola Genere, politica, storia (Viella, pp. 320, euro 28) e oltre i quattro importanti scritti di Joan W. Scott - discussi e redatti dal 1985 al 2013 - raccoglie i saggi di Maria Bucur, Dyan Elliott, Gail Hershatter, Joanne Meyerowitz, Heidi Tinsman e Wang Zheng, storiche di diverse aree geografiche, intervenute nel 2008 al Forum dell'«American Historical Review». Il volume, con una generosa postfazione di Paola Di Cori, è uno strumento prezioso per avere un'idea chiara di quanto il percorso di Joan Scott sia stato rilevante e quale sia il punto nell'assimilazione del genere in capo agli studi storici. Il genere, costruzione sociale che offre interessanti possibilità analitiche ed epistemologiche, ha avuto infatti un destino e una diffusione importanti proprio grazie alle riflessioni di Scott e di altre studiose, in prevalenza storiche, che dalla metà degli anni Ottanta in poi hanno contribuito sensibilmente alla ricerca dentro e fuori l'Accademia. Le diffidenze iniziali a considerare il genere come un'efficace categoria storica e politica - in quel pericolo ravvisato dalla confusione e dal depotenziamento della storia delle donne mutata in storia di genere - è stata l'occasione di mettere a tema numerose questioni, insieme alla interlocuzione potente delle posizioni Lgbqt e della critica queer. Il punto di vista generazionale e la possibilità di dialogo con i diversi approcci, sono gli elementi che hanno portato in Italia più di una riflessione dialogante sul genere. In questo scenario, il lavoro della Società Italiana delle Storiche ha molto influito sullo stato del dibattito. Certo che le analisi risentono del contesto socio-culturale in cui attecchiscono; così negli Stati Uniti si è radicalizzata la difficoltà tra storia delle donne e storia di genere, mentre in Europa la relazione tra i due orientamenti tende ad essere meno marcata. Ciò che Scott mostra riguardo l'utilità del genere come categoria storica è la consapevolezza della sua valenza critica, ma non è tutto. Mostra infatti magistralmente la genesi del concetto e tutte le relative declinazioni; riconosce inoltre la pericolosità del suo abuso. L'attenzione al lavoro sul genere, come costruzione storico-sociale che dunque non può essere né naturalizzata né ricacciata in un antagonismo acritico e dicotomico tra donne e uomini, proviene anche dal recente volume curato da Sara Garbagnoli e Vincenza Perilli dal titolo eloquente Non si nasce donna (Edizioni Alegre, pp. 187, euro 5). Il solco scandagliato non è quello di matrice statunitense bensì, come recita il sottotitolo, attiene ai percorsi, testi e contesti del femminismo materialista in Francia. Eppure non a caso, in questo intenso progetto editoriale, uno dei saggi tradotti è proprio il più recente di Scott relativo all'uso e all'abuso della categoria di genere. Inserirne la riflessione accanto a quelle di femministe materialiste quali Christine Delphy, Colette Guillaumin, Nicole-Claude Mathieu, Paola Tabet e Monique Wittig, ha una sua ragionevolezza politica. Le prime quattro, ancora viventi, sono entrate in relazione con Garbagnoli e Perilli acconsentendo non solo alla pubblicazione di alcuni loro saggi all'interno del volume ma sostenendole - seppure in lontananza - nell'intero progetto.Si parte dai punti di comunanza riguardo ai concetti di denaturalizzazione e storicizzazione: nonostante le evidenti influenze marxiste (di cui si avverte la consonanza linguistica per esempio nel concetto di classe), psicoanalitiche e quelle relative alle teorie delle rivolte anticoloniali, il materialismo che riecheggia in questo tipo di femminismo prevede un netto allontanamento dal determinismo biologico e dalla trappola della scissione tra attivismo e teoria. Così dalla fine degli anni Settanta in Francia, la riflessione femminista si intreccia con la desacralizzazione delle apparenti evidenze di genere, sesso e razza. Fino a quel momento pensate «come fossero invarianti sociali, dati di natura», vengono ripensate e ridiscusse nel contesto socio-politico della radicalità femminista francese. La fucina delle idee prende avvio nell'alveo di due riviste, prima Questions Féministes (diretta da Simone de Beauvoir) e dopo qualche anno Nouvelle Questions Féministes che radunarono attorno alle rispettive redazioni alcune tra le personalità di spicco dell'attivismo politico e teorico del femminismo materialista. I testi presenti nel volume, quasi tutti inediti in Italia e introdotti finemente dalle stesse curatrici e da Renate Siebert, Valeria Ribeiro Corossacz, Maria Gabriella Da Re e Sara R. Farris, ci consegnano le principali questioni dibattute sul contrasto circa le varie forme di oppressione e dominazione insieme allo statuto delle soggettività minoritarie e allo studio dei processi di alterizzazione. In questo senso, si introducono numerosi elementi di novità del dibattito femminista per andare a comporre la plurale cartografia in divenire degli approcci antinaturalisti - seppure con alcuni distinguo per esempio rispetto a Butler. Dare voce ad altre esperienze di lotta e teoria politica diventa così una possibilità importante di conoscenza e apertura nel presente.

venerdì 9 agosto 2013

Genere, politica, storia

Qualcuna mi chiede consiglio su quale libro infilare in valigia insieme al bikini ... Domande di questo tipo mi mandano in panico, comunque cliccando su "bibliografie" nell'elenco di etichette in fondo alla pagina dovrebbero venir fuori tutti i libri di cui abbiamo parlato qui ultimamente e che consigliamo caldamente ;-) In ogni caso una novità: il volume di Joan W. Scott, Genere, politica, storia di cui vi avevo già anticipato l'uscita è ora in libreria (sul sito di Viella breve presentazione). A cura di Ida Fazio e con una postfazione di Paola Di Cori, il volume è stato tra l'altro recensito da  Elena Petricola nell' ultimo numero di Zapruder. Buona lettura e mare

mercoledì 7 agosto 2013

Egitto: una dichiarazione di Fatma Ramadan

Ricevo da più parti, in diverse lingue, una presa di posizione di Fatma Ramadan, del Comitato Esecutivo della Federazione Egiziana dei Sindacati Indipendenti contro il tentativo di strumentalizzazione delle lotte in atto in Egitto in nome della "lotta al terrorismo" da parte dell'esercito, del governo e dei sindacati. Di seguito la traduzione italiana (grazie a Dino Erba), mentre nel sito di Mena Solidarity Network e in quello di Entre les lignes entre les mots trovate il testo rispettivamente in inglese e in francese. Buona lettura e riflessioni // La “fiducia” ad Al-Sisi è un veleno mortale. I miei compagni, i lavoratori egiziani, stanno lottando per i loro diritti e per un Egitto migliore. I lavoratori egiziani sognano libertà e giustizia sociale, sognano il lavoro in un momento in cui ladri che vengono chiamati imprenditori chiudono le fabbriche per intascare miliardi. I lavoratori egiziani sognano salari equi mentre sono sottoposti al dominio di governi che pensano solo a fare investimenti a scapito dei lavoratori, dei loro diritti, e persino contro la loro vita. I lavoratori egiziani sognano una vita migliore per i loro figli. Sognano cure mediche quando sono malati, ma non le trovano. Sognano quattro mura in cui si potersi rifugiare. Già prima del 25 gennaio [2011] i lavoratori egiziani rivendicavano i loro diritti con scioperi e manifestazioni, sono le medesime richieste rimaste senza risposta anche dopo il rovesciamento di Mubarak. Sia i Fratelli Musulmani che l'esercito hanno negoziato con la sinistra, la destra e il centro, senza mai prendere in considerazione le esigenze dei lavoratori e i loro diritti. L’unico loro obiettivo è spegnere le scintille che i lavoratori hanno acceso con la loro lotta e far sì che, in questi tempi oscuri, restino scintille che ardono isolate l'una dall'altra. È stato proprio l’esercito a stroncare con la forza gli scioperi a Suez, al Cairo, a Fayyoum e in tutto l'Egitto! È stato proprio l’esercito ad arrestare tanti lavoratori sottoponendoli a processi militari, solo perché avevano messo in pratica il loro diritto di organizzarvi, scioperare e protestare pacificamente! I militari hanno sistematicamente operato per criminalizzare il diritto di sciopero con una legislazione che vieta a tutti gli egiziani di organizzare proteste pacifiche, scioperi e sit-in! Poi sono arrivati Mursi e i Fratelli Musulmani, che hanno proseguito sulle orme di Mubarak con licenziamenti, arresti, blocco violento degli scioperi. È stato Mursi a scatenare i cani della polizia contro i lavoratori della Titan Cement di Alessandria, coprendosi le spalle con il Ministro degli Interni e i suoi scagnozzi. E quei poliziotti e ufficiali dell'esercito che oggi vengono osannati sono assassini! Sono gli assassini di onesti, giovani egiziani. Sono l’arma delle autorità contro tutti noi, e rimarranno sempre tali, a meno che quelle istituzioni non vengano ripulite. Mentre i capi dei Fratelli Musulmani progettano quotidianamente contro popolo egiziano quei crimini, che hanno causato la morte di persone innocenti, da parte loro esercito e polizia li fronteggiano con altrettanta brutale violenza e con l’assassinio. Tutti noi sappiamo bene quando intervengono l’esercito e la polizia! Intervengono molto tempo dopo l’inizio degli scontri, quando stanno per finire, dopo che il sangue è stato versato. Perché non intervengono per prevenire i crimini dei Fratelli Musulmani contro il popolo egiziano? Chi ha interesse che questa lotta e questo spargimento di sangue continui? È nell'interesse sia dei capi dei Fratelli Musulmani sia dei militari. Così come i poveri sono carne da cannone per le guerre tra stati, i poveri, gli operai e i contadini egiziani sono carburante per i conflitti interni. A Mokattam e a Giza, sono stati uccisi i figli innocenti idi facchini!Oggi, ci è stato chiesto di manifestare per autorizzare l'orgia assassina di Al-Sisi, e vediamo che tutte e tre le federazioni sindacali sono d’accordo: la Federazione sindacale del governo egiziano (FSE), il Democratic Labour Congress egiziano (EDLC), e la Federazione Egiziana dei Sindacati Indipendenti (EFITU) (di cui io sono un membro del Comitato Esecutivo). Ho discusso con i membri del comitato esecutivo del’EFITU allo scopo di convincerli a non invitare i membri del nostro sindacato e il popolo egiziano a scendere in piazza il Venerdì, confermando con questo invito che l’esercito, la polizia, e il popolo sono mano nella mano, com'è detto nell'appello [di Al-Sisi].Io sono stata messa in minoranza, con quattro voti contro nove voti, e quindi tutte le tre federazioni sindacali hanno chiesto ai lavoratori di unirsi alle manifestazioni con il pretesto della lotta al terrorismo. Siamo quindi sul punto di cadere dalla padella nella brace. I Fratelli Musulmani hanno commesso crimini e devono essere ritenuti responsabili e perseguibili per questi crimini, proprio come gli ufficiali e gli uomini del regime di Mubarak, della polizia e dell'esercito devono essere ritenuti responsabili e perseguibili per i loro crimini. Non cadere nell’inganno di sostituire una dittatura religiosa con una dittatura militare. I lavoratori egiziani sono consapevoli, perché le loro esigenze sono sacrosante! Vogliono un lavoro per loro e per i loro figli, vogliono un salario dignitoso, leggi che tutelano i loro diritti contro le leggi che gli affaristi di Mubarak hanno fatto per proteggere i loro interessi contro i diritti dei lavoratori. I lavoratori vogliono uno stato che abbia un vero piano di sviluppo, l’apertura di nuovi stabilimenti che possano assorbire la crescente forza lavoro. I lavoratori vogliono la libertà, tutte le libertà, la libertà di organizzarsi, la libertà di sciopero. Vogliono un paese dove si possa vivere come liberi cittadini senza tortura o assassinii. È necessario capire che cosa si mette di mezzo tra i lavoratori e le loro richieste. Lavoratori, non lasciatevi ingannare da chi vi vuole far combattere battaglie che non sono le vostre. Non date ascolto a chi oggi chiede il vostro aiuto e domani vi chiede di smettere di manifestare per le vostre esigenze e i vostri diritti, con il pretesto della lotta al terrorismo (Fatma Ramadan, venerdì 26 luglio 2013)

lunedì 5 agosto 2013

La ministra Kyenge e la servitù dalla pelle nera

Con crescente sconcerto Marginalia ha registrato, negli ultimi mesi, le manifestazioni di violento razzismo e sessismo di cui è stata fatta oggetto Cécile Kyenge da parte di diversi esponenti della Lega Nord e di altri partiti e gruppuscoli di destra ed estrema destra, così come le reazioni della stampa mainstream e di personalità politiche e non che questi episodi hanno suscitato. A mio avviso queste reazioni "indignate" come pure le espressioni bipartisan di solidarietà alla ministra hanno rischiato continuamente di consolidare e confermare l'idea che il nostro non è un paese strutturalmente razzista e sessista. Episodi quali l'invito allo stupro, l'uso di epiteti come orango e bonga-bonga o ancora il lancio di banane sono stati infatti spesso letti come l'espressione dell'imbecillità di una minoranza ignorante, come gesti nati dal nulla, senza significato e conseguenze, senza storia, senza nessun legame con leggi quali la Bossi-Fini, con i centri di identificazione ed espulsione, con lo sfruttamento del lavoro e gli accordi per il controllo delle frontiere fuori e dentro l'Europa ... La valanga di messaggi di solidarietà e prese di distanza indignate da chi si è reso colpevole di gesti definiti più che razzisti gesti "incivili", tende in questa maniera anche a riconfermare in un certo qual senso il mito degli/delle italiani/e brava gente, di un popolo compattamente antirazzista e antisessista. Ma intanto ieri sera, in prima serata su Rai1, mi è capitato di vedere per caso l'ultima mezz'ora di una serie televisiva (scopro poi dal titolo Una grande famiglia) che ruota intorno alle vicende di una ricchissima famiglia lombarda, con azienda, villa e  servitù. La servitù è composta precisamente da cameriera e autista con la "pelle nera" ... Scrivevamo tempo fa che Cécile Kyenge raccoglie così tanti insulti anche perché si trova in un posto dove «quelle come lei» non dovrebbero stare. Ora la mancanza di reazioni (indignate?) all'immaginario neocoloniale trasmesso dalla televisione italiana con la "servitù nera" di Una grande famiglia sembra confermarlo: gli insulti a Cécile Kyenge da una parte e la rigida linea del colore (e di classe) che si esprime in questa serie televisiva dall'altra,  ci dicono qual è il posto «giusto» per ognuno/a nel nostro paese e quanto un certo immaginario (e sistema razzista/sessista) sia consolidato, operante e soprattutto condiviso .

sabato 3 agosto 2013

Infulardata

Dopo quella di Jeanne Moreau, quella di Liz Taylor, quella di Gloria Swanson, quella di Sophia Loren, quella di Vicky Lane, quella di Nina Simone, quella di Marilyn Monroe e pure quella delle suore ... non poteva mancare la sigaretta di Sarah Maple, artista visuale (via I consigli di zia Jo). Tra l'altro adattissima al luogo e ai 39 gradi all'ombra ...