lunedì 5 agosto 2013

La ministra Kyenge e la servitù dalla pelle nera

Con crescente sconcerto Marginalia ha registrato, negli ultimi mesi, le manifestazioni di violento razzismo e sessismo di cui è stata fatta oggetto Cécile Kyenge da parte di diversi esponenti della Lega Nord e di altri partiti e gruppuscoli di destra ed estrema destra, così come le reazioni della stampa mainstream e di personalità politiche e non che questi episodi hanno suscitato. A mio avviso queste reazioni "indignate" come pure le espressioni bipartisan di solidarietà alla ministra hanno rischiato continuamente di consolidare e confermare l'idea che il nostro non è un paese strutturalmente razzista e sessista. Episodi quali l'invito allo stupro, l'uso di epiteti come orango e bonga-bonga o ancora il lancio di banane sono stati infatti spesso letti come l'espressione dell'imbecillità di una minoranza ignorante, come gesti nati dal nulla, senza significato e conseguenze, senza storia, senza nessun legame con leggi quali la Bossi-Fini, con i centri di identificazione ed espulsione, con lo sfruttamento del lavoro e gli accordi per il controllo delle frontiere fuori e dentro l'Europa ... La valanga di messaggi di solidarietà e prese di distanza indignate da chi si è reso colpevole di gesti definiti più che razzisti gesti "incivili", tende in questa maniera anche a riconfermare in un certo qual senso il mito degli/delle italiani/e brava gente, di un popolo compattamente antirazzista e antisessista. Ma intanto ieri sera, in prima serata su Rai1, mi è capitato di vedere per caso l'ultima mezz'ora di una serie televisiva (scopro poi dal titolo Una grande famiglia) che ruota intorno alle vicende di una ricchissima famiglia lombarda, con azienda, villa e  servitù. La servitù è composta precisamente da cameriera e autista con la "pelle nera" ... Scrivevamo tempo fa che Cécile Kyenge raccoglie così tanti insulti anche perché si trova in un posto dove «quelle come lei» non dovrebbero stare. Ora la mancanza di reazioni (indignate?) all'immaginario neocoloniale trasmesso dalla televisione italiana con la "servitù nera" di Una grande famiglia sembra confermarlo: gli insulti a Cécile Kyenge da una parte e la rigida linea del colore (e di classe) che si esprime in questa serie televisiva dall'altra,  ci dicono qual è il posto «giusto» per ognuno/a nel nostro paese e quanto un certo immaginario (e sistema razzista/sessista) sia consolidato, operante e soprattutto condiviso .

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Anzi, stiamo retrocedendo: mio figlio è nato 30 anni fa - in un ospedale italiano - con un'ostetrica "nera" (mi disse, accarezzandomi il pancione: che bel bambino qui dentro)!
Per giustificare la crisi prodotta, ora, c'è chi si comporta come i nazisti... e la gente instupidita chiede i rastrellamenti!

Marginalia ha detto...

Non sono sicura che trenta anni fa in Italia ci fosse meno razzismo, anzi penso proprio di no. C'era certo l'ostetrica che ha fatto nascere tuo figlio ma ricordiamoci anche che nel 1989 fu assassinato Jerry Essan Masslo portando a galla una situazione tremenda che andava avanti già da un bel po' di anni
Ma sono d'accordo con te se intendi dire che la situzione è oggi insostenibile
Buona giornata e spero di riesentirti presto!