Della mia allergia alle mimose, così come al "mito" costruito intorno alla "festa internazionale della donna" (e delle sue strumentalizzazioni vecchie e nuove) ho scritto tante volte che inutile sarebbe tornarci sopra. Questa festa non è la mia, e non è quella delle tante donne (autoctone e/o migranti, vecchie e/o giovani, etero e/o lesbiche, bisex e/o trans, commesse alla Standa e/o prostitute) ogni giorno sfruttate, stuprate, uccise, fatte a pezzi in modi nominabili e innominabili. Non è la festa di chi non ha nulla da festeggiare se non la propria (collettiva e individuale) caparbia volontà di continuare a lottare, nonostante tutto. Ognuna a suo modo, con le proprie pratiche e modalità, visibili e meno visibili, spesso non intellegibili ai (alle) più, non lineari e talvolta non riconducibili a certi contro-discorsi che mentre minano il sistema di dominio da un lato lo rinforzano dall'altro. E l'otto marzo non è, sicuramente, la festa delle tante donne migranti rinchiuse in un Cie in attesa di espulsione (che non sono purtroppo soltanto Joy, Hellen, Florence, Debby e Priscilla), donne tutte diverse, ognuna con la sua storia particolare, che il razzismo (e il sessismo e il classismo) inchioda e cristallizza in una massa indifferenziata, opaca.
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Otto marzo: il mito delle origini (e del centenario)
La storia dell'otto marzo (Umanità Nova, n. 9, 8 marzo 2009)
Fabricating Women's Histories. Italy’s construction and memory of International Women’s Day (di Laura E. Ruberto)
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1 commento:
Le cose che descrivi sono gravi. Ma la cosa ancor più grave è che si sanno da tempo e non si fa nulla per rimediarvi. Anzi, come ben scrivi - anche se non in questo post - Maroni non fa altro che aggravare la situazione. Un altro bel blog femminista, e, visto che lo sono anche io nonnostante sia maschio, ti do piena adesione. Provengo da un tuo commento sul blog di Angie.
Roby
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