giovedì 8 marzo 2007

8 marzo: il mito delle origini



Liliane Kandel e Françoise Picq, Il mito delle origini. A proposito della giornata internazionale delle donne, in La revue d'en face, n°12, 1982, pp. 67-80*


Qual è l’origine della giornata internazionale delle donne? Cosa si commemora l’8 marzo di ogni anno?

Una risposta chiara e precisa si trova in tutta la stampa militante; quella de Pcf e della Cgt[1] (Antoinette, Heures Claires), così come quella dei gruppi di donne (Les Pétroleuses, Des Femmes en mouvement, Mignonnes allons voir sous la rose), e che la grande stampa riproduce (Le Matin, France-soir, Le Quotidien, gennaio 82).


8 marzo 1857?

“Sono le americane che hanno incominciato, si legge in Antoinette (n. 1, marzo 1964), era l’8 marzo 1857 … Per reclamare la giornata di 10 ore, hanno invaso le vie di New York”. E quali che siano le varianti dell’avvenimento descritto – sciopero delle cucitrici o manifestazione di strada -, quali che siano le rivendicazioni avanzate – giornata di 10 ore, a lavoro uguale salario uguale, asili o rispetto della loro dignità –, quali che siano i dettagli – giornata primaverile o processione nella nebbia – … tutti sono d’accordo, da Mignonnes allons voir sous la rose a Des femmes en mouvement hebdo tanto sulla data originaria che sulle linee principali della storia della giornata internazionale delle donne.

Qualche divergenza appare: “la polizia carica quel giorno un corteo vestito miserabilmente” (Antoinette, marzo 1968), per Les Pétroleuses (marzo 1975) questo primo sciopero di donne oppone 2le operaie tessili alla polizia di New York che carica, spara e uccide”. Altrove (o in altri momenti) non viene menzionata alcuna repressione, ma si parla del giuramento che quel giorno fecero le operaie “ di ritrovarsi ogni anno alla stessa data” (G. Suret-Canale, Antoinette, marzo 1973).

Ma questo non sembra attentare all’evidenza dell’avvenimento originario. Non più che la scelta fatta qui o là per questo o quel ricordo di 8 marzo memorabili: 8 marzo 1917 le donne di Pietrogrado scendono nelle strade ed è l’inizio della Rivoluzione russa (di febbraio, o la preparazione di quella d’Ottobre), 8 marzo 1945 a Ravensbruck…

Tuttavia, la data del 1857 non si trova nelle fonti americane dell’epoca. I giornali americani del marzo 1857 non menzionano alcuna manifestazione o sciopero di donne l’8 marzo, che del resto era una domenica. Nessun riferimento a questo avvenimento, del resto, nelle storie del movimento operaio negli Stati Uniti (che segnalano altri scioperi o manifestazioni di donne[2]), o nelle storie del femminismo. Ci chiediamo dove quelle che, mezzo secolo più tardi, hanno “adottato l’idea di onorare la memoria di queste coraggiose americane” (Heures Claires, marzo 1976, tra le altre), ne hanno trovato traccia.

A dire il vero, questa data del 1857 non è menzionata neppure dalle dirigenti del movimento femminile socialista internazionale che hanno preso l’iniziativa di questa celebrazione. Non la si vede comparire nella stampa comunista francese che negli anni Cinquanta.

Una sola cosa è sicura: è durante la seconda Conferenza internazionale delle donne socialiste, a Copenaghen, nell’agosto 1910, che fu presa, per iniziativa di Clara Zetkin, la decisione – avvallata dal successivo congresso dell’Internazionale – di celebrare ogni anno una giornata internazionale delle donne. Esse riprendevano l’iniziativa delle donne socialiste americane che avevano deciso, a partire dal 1909, di organizzare ogni anno, l’ultima domenica di febbraio, una giornata nazionale per l’uguaglianza dei diritti civili.

Le donne socialiste non avevano fissato il 1857 come avvenimento primitivo da commemorare, né tanto meno si erano pronunciate per la data dell’8 marzo, ma soltanto sul principio d’una celebrazione. Nella sua risoluzione di Copenaghen, Zetkin proponeva del resto di fissarla tutti gli anni, durante le feste del Maggio.

E’ la direzione del partito socialdemocratico tedesco che ha fissato il primo giorno delle donne il 19 marzo 1911, data non scelta per caso. Da tempo, la socialdemocrazia tedesca commemorava in questa data due avvenimenti: la rivoluzione tedesca del 1848 a Berlino e la Comune di Parigi – e tutti gli anni in marzo, molto prima del 1911, die Gleichheit[3] chiamava tutte le donne ad unirsi alle manifestazioni previste.

E’ dunque sotto il segno di due date importanti del movimento operaio internazionale che fu posta, sin dalla nascita, la giornata internazionale delle donne. Eccoci lontano da New York, dal 1857, dalle operaie tessili … Perché no, dopo tutto? Ma perché allora, non dirlo chiaramente? Perché, settant’anni più tardi, raccontarci che è una lotta di donne quella che commemoriamo, che è questa e non un’altra che avevano scelto Zetkin e le congressiste di Copenaghen?

La prima giornata internazionale delle donne festeggiata nel 1911 ottenne, segnatamente in

Germania e Austria, un successo immenso. Soltanto a Berlino, ebbero luogo simultaneamente quarantadue meeting, e più di 30.000 donne sfilarono nelle strade di Vienna, in Austria.

Al quel tempo non c’era in Francia un gruppo di donne socialiste capace di riprendere questa iniziativa, e non vi furono manifestazioni a Parigi prima del 1914[4].


La giornata internazionale delle donne nella tormenta

Instaurata nel 1910, la tradizione socialista della giornata internazionale delle donne ha subito i contraccolpi della guerra poi della scissione del movimento operaio.

Essa fu, di primo acchito, per un piccolissimo numero di donne socialiste l’occasione per significare, nonostante la guerra, l’internazionalismo proletario. Non avendolo seguito nella sua azione anti-guerra il gruppo delle donne socialiste (creato nel 1913), Louise Saumonneau diffuse in Francia l”Appello” di Clara Zetkin e creò con due altre donne (bolsceviche) un Comitato d’azione femminili socialista per la pace contro lo sciovinismo di cui sarà rappresentante a Berna, nel marzo 1915, alla Conferenza internazionale delle donne socialiste, preludio alla Conferenza socialista internazionale di Zimmerwald (settembre 1915). Nel 1916 e 1917, il Comitato d’azione femminili socialista per la pace contro lo sciovinismo, celebrò la giornata internazionale delle donne con l’invio di lettere di solidarietà e la tenuta (difficile) di riunioni private, prima di dissolversi nell’autunno del 1917.

Le donne socialiste allora dovettero prendere partito, individualmente, nel grande scisma internazionale del movimento operaio. Louise Saumonneau, che aveva lottato per l‘internazionalismo rivoluzionario e l’adesione del Partito francese alla Terza Internazionale, indietreggiò di fronte alle “21 condizioni” di Lenin e prese “la ferma risoluzione di non aderire al partito della proscrizione e delle ‘epurazioni periodiche”[5]. Clara Zetkin, al contrario, aderirà alla Terza internazionale, ma era minoritaria nel partito socialdemocratico tedesco ed aveva già perso nel 1917 la direzione del giornale Die Geithheit che aveva creato e fatto vivere per 23 anni. Zetkin tentò nel 1919 di rilanciare l’idea di una conferenza internazionale delle donne socialiste, malgrado la “divisione nel campo socialista internazionale”[6].


L’alba della rivoluzione

Tuttavia la giornata internazionale delle donne trovò, a partire dalla Russia, un nuovo inizio. Le donne socialiste vi avevano nel 1913 e 1914 celebrato la giornata internazionale delle operaie. L’8 marzo 1917 (23 febbraio del calendario russo) ebbero luogo a Pietrogrado delle manifestazioni che i bolscevichi designano come il primo giorno della rivoluzione (di febbraio). “Senza tener conto delle nostre istruzioni, scrive Trockij (Storia della Rivoluzione russa), le operaie di molte tessiture si sono messe in sciopero e hanno inviato delle delegazioni ai metallurgici per chiederne il sostegno … Non è venuto in mente a un solo lavoratore che questo potesse essere il primo giorno della Rivoluzione”.

La storia bolscevica ufficiale non tarderà, del resto, ad attribuirsi la paternità di questa manifestazione.” Il 23 febbraio (8 marzo), all’appello del comitato bolscevico di Pietrogrado, le operaie scesero in strada per manifestare contro la fame, la guerra, lo zarismo. Questa manifestazione fu sostenuta dall’azione di sciopero degli operai di Pietrogrado” (Storia de Partito bolscevico, citato da V. Michaut, Cahiers du Communisme, 1950).

Spontanee o no, femminili o no, quel giorno ebbero luogo delle manifestazioni per la pace e contro la fame di cui l’Humanité del 11-3-17 rende conto a partire da un dispaccio del Times del 9 marzo. “Nel 1917, scrive Alessandra Kollontai[7], la giornata delle operaie è divenuta memorabile nella storia. Quel giorno, le donne russe hanno innalzato la fiaccola della Rivoluzione proletaria e messo a fuoco il mondo; la rivoluzione di febbraio ha fissato il suo inizio quel giorno”.

Si è dunque instaurata una nuova tradizione, sotto gli auspici del Partito bolscevico e della Terza internazionale; ogni anno, la Russia dei soviet festeggia degnamente le sue operaie mentre, negli altri paesi, le donne sono chiamate a commemorare “l’azione energica delle operaie di Pietrogrado”(L’Humanité, 6-3-22). “La giornata internazionale delle operaie, conclude Alessandra Kollontai, è diventata giornata internazionale di lotta per la liberazione completa e assoluta delle donne, che significa lotta per la vittoria dei soviet e del comunismo”.

L’8 marzo (o una data vicina) sarà oramai ‘occasione per i partiti comunisti di mobilitare le donne, di “richiamarle alla lotta sotto la bandiera comunista” (L’Ouvrière, 4-3-24), e, al tempo stesso, di sviluppare in direzione delle donne la propaganda del Partito o l’azione del Sindacato. E’ questa data che viene scelta per lanciare L’Ouvrière “organo di propaganda tra le donne” (n. 1, 11-3-22) secondo le direttive dell’Internazionale.

La giornata internazionale delle donne è diventata, tra le due guerre, l’oggetto d’aspre dispute tra la Seconda e la Terza Internazionale, in Francia tra il Pcf e la Sfio[8] che non la celebrano nella stessa data. Dalla fine della Seconda guerra, essa è ufficiamente celebrata in tutti i paesi socialisti; in Francia il Pcf (relayé dalla Cgt) non ha mai cessato di manifestare in questa occasione (talvolta l’unica) l’interesse che rivolge alle donne (Traduzione in corso di Vincenza Perilli, continua...).

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*Questo articolo, il cui titolo originale è “Le mythe des origines. À propos de la journée internazionale des femmes”, è rapportato fondamentalmente al contesto francese, notevolmente diverso da quello italiano. In Italia, infatti, il “mito” assume declinazioni specifiche. Se la tradizione socialista afferma che la scelta dell’8 di marzo fu fatta per richiamare il grande sciopero dell’8 marzo del 1848, più recentemente si è affermata in Italia la versione delle operaie bruciate nel rogo della loro fabbrica. Versione che sembra relativamente recente: il 7 marzo 1952 il settimanale bolognese La Lotta, scrive che la data della Giornata della Donna vuole ricordare l’incendio scoppiato in una fabbrica tessile di New York l’8 marzo del 1929, in cui sarebbero morte (rinchiuse all’interno dello stabilimento dal padrone perché minacciavano di scioperare) 129 giovani operaie in gran parte di origine italiana ed ebraica. In seguito, il tema dell’incendio e delle operaie arse vive nel rogo del loro posto di lavoro viene ripreso, ma con diverse varianti. Nel 1978, il Secolo XIX di Genova colloca l’episodio a Chicago, in una filanda. Nel 1980, La Repubblica parla di un incendio a Boston, datato 1898. Nel 1981, Stampa Sera situa l’incendio ai primi del ‘900, in un luogo imprecisato degli Stati Uniti, le operaie vittime sarebbero state 146. Lo stesso anno, L’Avvenire parla di 19 operaie morte. Nel 1982, Noi Donne, afferma che l’incendio sarebbe avvenuto a Boston nel 1908 e le operaie morte sarebbero state 19. Ma non risulta nessun incendio sia nel libro di Renée Còté, Verità storica della misteriosa origine dell’8 marzo, che in quello di Tilde Capomazza e Marisa Ombra, 8 marzo, storie, miti e riti della Giornata Internazionale della Donna (per queste informazioni vedi A-infos all’indirizzo http://www.ainfos.ca/04/mar/ainfos00509.html).
Ma nonostante queste ed altre informazioni siano da tempo note, la leggenda delle operaie morte ha rifatto capolino anche quest’anno alla vigilia dell’ 8 marzo. Tralasciando le varie occorrenze in diversi volantini e documenti (tra i quali innumerevoli siti e blog), veramente troppi per essere elencati, ricordo qui il quotidiano Liberazione che il 7 marzo 2007 ha pubblicato una lettera/appello di Elisabetta Piccolotti (portavoce nazionale Giovani Comunisti/e), indirizzata a Giorgia Meloni, vicepresidente della Camera, nonché presidente di Azione Giovani. Nella lettera (“sul volgare machismo” della sezione di Biella di Azione giovani), Piccoletti scrive: “L’8 marzo in tutto il mondo – come ogni anno dal 1908 quando 129 donne persero la vita durante un incendio in una industria tessile di New York – ricorre la festa delle donne”.



[1] Parti Comuniste Français e Confédération Générale du Travail, rispettivamente il Partito comunista francese e uno dei maggiori sindacati francesi (N. d. T.).

[2] In particolare: dicembre 1828 nelle filande a Cochen Mill, 1834 le cucitrici di New York, il 7 marzo 1860 manifestazione delle donne durante lo sciopero – misto – nell’industria calzaturiera a Lynn (Mass) (Ph. Foner, Women and the American Labor, N.W, 1979).

[3] L’uguaglianza, rivista fondata e lungamente diretta da Zetkin (N. d. T.).

[4] Checché ne dica Des femmes en mouvements hebdo (11.12.81), per il quale “Alessandra Kollontai organizza una manifestazione di donne a Parigi”. Sarebbe particolarmente lungo e fastidioso rilevare le falsificazioni storiche nello schema presentato, in questo numero, così come nei successivi.

[5] Citato da Charles Sowerwine, Les femmes et le socialisme, Presses de la Fondation Nationale des Sciences Politiques, Paris, 1978, p. 214.

[6] La Suffragiste, n. 47, settembre 1919, Clara Zetkin “Aux femmes socialises de tous les pays”.

[7] Alessandra Kollontai, Internatonal Women’s day, pamphlet Internationa Socialist.

[8] Parti socialiste, Section française de l’Internationale ouvrière detto Sfio, fondato nell’aprile del 1905 a Parigi (N. d. T).

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1 commento:

Anonimo ha detto...

Well said.