Rudy M. Leonelli, Luca Muscatello, Vincenza Perilli, Leonardo Tomasetta, Negazionismo virtuale: prove tecniche di trasmissione, Altreragioni, n. 7, 1998, pp. 175-181*
In un recente studio Alain Bihr indica tra le condizioni che, negli ultimi anni, hanno permesso al verbo e al credo revisionista di uscire dai circoli ristretti in cui era costretto, l'affermarsi di una sorta di relativismo generalizzato:
"tutti i punti di vista si equivalgono, non c'è più criterio che permetta di distinguere chiaramente il vero dal falso, il reale dall'illusorio, il bene dal male; a ciascuno forgiarsi la sua opinione, e d'altronde tutte le opinioni sono accettabili quando sono sincere. Questa assenza di criteri è del resto celebrata dall'ideologia postmodernista come una liberazione, come l'accesso a un mondo in cui l'individuo può moltiplicare i punti di vista, simultaneamente o successivamente: intrecciarli senza curarsi della loro coerenza, o praticare una sorta di nomadismo identitario, cambiando di 'visione del mondo' come di camicia"[1].
Le reti telematiche sono diventate uno dei luoghi privilegiati di riproduzione e sperimentazione di questo relativismo, popolarizzato da riviste come Wired: "All'improvviso, la tecnologia ci ha dato poteri che ci permettono di manipolare non solo la realtà esterna, il mondo che ci circonda, ma anche e soprattutto noi stessi. Potete diventare tutto quello che volete essere".[2]
Per questo sarebbe sbrigativo e troppo facile liquidare l'utilizzo delle reti da parte del revisionismo telepragmatico come un semplice epifenomeno. Non si tratta di un effetto collaterale, ma di una reale deriva del nomadismo identitario.
"L'ideologia contemporanea della comunicazione è caratterizzata dall'effimero, dalla dimenticanza della storia e del perché degli oggetti e del loro assemblaggio sociale".[3] Il revisionismo si articola facilmente, e in modo quasi "naturale", con questa ideologia.
Abbiamo per ora sollevato il problema. Qui, non affronteremo il fenomeno globale dei file e dei web revisionisti nel mondo,[4] ma ci limiteremo all'analisi di alcuni aspetti di un episodio specifico, che può essere letto come caso limite nel contesto del revisionismo virtuale.
Nell'ottobre del 1990 si diffonde in Italia, dopo una breve fase sperimentale la rete telematica antagonista European counter network (Ecn). Se inizialmente la rete era espressione diretta di una struttura già esistente - il Coordinamento nazionale antinucleare antimperialista - nella quale le realtà locali svolgevano funzione di verifica preliminare dei messaggi immessi,[5] in seguito si apre un dibattito che, nel confronto-scontro con altre esperienze, porterà Ecn a divenire rete "aperta" al contributo di singoli, senza nessuna restrizione e forma di controllo.
Questo processo è in un primo tempo animato dalla tensione verso un nuovo modello di relazioni politiche e comunicative: si cerca di chiudere, o superare, una impostazione in qualche modo "autocentrata" su alcuni nuclei militanti che hanno "resistito", nell'intento di innescare una dinamica espansiva, caratterizzata dall'apertura ad una pluralità di "soggetti" e situazioni.
Le possibilità offerte dalla telematica e dal suo uso alternativo e/o antagonista sembrano rilanciare a vent'anni di distanza e ad un nuovo e più alto livello le potenzialità aperte dalle radio libere. Il parallelo tra le due esperienze è ricorrente e in certo senso spontaneo. Ma il confronto con le radio degli anni Settanta che - dato il carattere quanto meno non generalizzabile di quell'esperienza - potrebbe suggerire una riflessione critica, è spesso sviluppato in termini autocelebrativi, che appiattiscono il dibattito sulle posizioni più viete.
Nella gestione quotidiana di questo passaggio prevale, a scapito delle sollecitazioni più problematiche, un senso comune di impronta dualistica che - in ossequio alla logica binaria - contrappone coppie terminologiche antagonistiche quali: chiuso/aperto, rigido/fluido, verticale/orizzontale, spesso riassunte nell'onnicomprensiva e futile dicotomia vecchio/nuovo, tatuata sulla pelle subculturale di una supposta comunicazione a/ideologica. Non sarà raro reperire in testi teorici e in messaggi ordinari le tracce di un impianto che taglia il mondo in due parole-chiave inconciliabili (o distingue due mondi storicamente sfalsati): lo "stalinismo" e la deregulation.
L'esperienza effettiva dell'uso della rete Ecn mostrerà presto nuovi limiti: al primitivo uso "militante" - spesso ridotto ad una sorta di utile, ma limitato "bollettino" - e alla diffusione di contributi teorici, italiani e non, si affianca un tipo di "comunicazione" atomistica, dove la pregiudiziale apertura espone al permanente rischio di ridondante dispersione, e (in particolare nel caso che esaminiamo) iniziano a comparire discussioni che degradano in scambi di invettive. Lontano dall'essere prerogativa esclusiva della rete Ecn, si tratta di un fenomeno normale nella "comunicazione" telematica, tanto che negli Usa è stato coniato il termine electronic harassment (in gergo flame): "a mano a mano che cresce il traffico in rete, aumentano messaggi osceni, insulti, minacce, una versione postmoderna delle vecchie lettere anonime".[6]
A dispetto delle visioni dei profeti dell'era digitale, si va configurando nel cyberspazio uno scenario implosivo. Ai limiti strutturali della comunicazione telematica - riduzione della funzione linguistica alla reazione stimolo-risposta, divieto di replica e di circolarità dello scambio comunicativo, sussunzione dei filtri e dei selettori alle finalità autoreplicative del sistema binario, ecc. - si aggiungono, con l'espandersi della rete, quegli effetti di "ridondanza" e di "rumore" (Luhmann) che, ove non si riesca a governare l'accresciuta complessità dell'informazione circolante, porterà ad una soluzione autistica della stessa comunicazione telematica.
Ma veniamo al negazionismo. Nel novembre 1992, certamente al di fuori di molte speranze puntate sul progetto Ecn, vengono immessi nella rete i primi messaggi revisionisti ad opera del collettivo "Transmaniacon" di Bologna.[7] Il file che inaugura questo esperimento, La provocazione revisionista, è la trascrizione di una intervento transmaniaco trasmesso della neonata Radio K Centrale (Rkc). Spicca, in questo testo, la lapidaria frase di Faurisson:
"Le pretese camere a gas hitleriane e il preteso genocidio degli ebrei formano una sola e medesima menzogna storica, che ha aperto la via ad una gigantesca truffa politico-finanziaria, i cui principali beneficiari sono lo stato d'Israele e il sionismo internazionale, e le cui principali vittime sono il popolo tedesco, ma non i suoi dirigenti, il popolo palestinese tutto intero e, infine, le giovani generazioni ebraiche che la religione dell'Olocausto chiude sempre di più in un ghetto psicologico e morale".
È con queste idee "nuove" che la periferia padana cerca di allungare il passo per raggiungere il "centro" dell'impero. Spingendo al parossismo la violazione dei "tabù"[8] si può forse saltare sul carro della costituenda nazione digitale: "Il mondo collegato è la più libera comunità d'America. I suoi membri possono fare cose inaccettabili altrove nella nostra cultura".[9]
Ha inizio un gioco che continuerà a lungo, con l'immissione di file firmati con soprannomi, acronimi e vari pseudonimi.[10] Rispetto all'uso storico di questo espediente in ambito revisionista,[11] la sperimentazione telematica del nomadismo identitario introduce nuove possibilità di gioco. Usando contemporaneamente diversi pseudonimi uno stesso soggetto può costruire in tempo reale un discorso su diversi livelli, inscenando un personaggio A che collabora all'introduzione del discorso revisionista, un personaggio B che, pur non condividendo a pieno tale discorso, lo ritiene un'utile sollecitazione, e un personaggio C che, mentre ostenta distacco per le dinamiche che ha contribuito a scatenare, solidarizza con A in nome della tolleranza e della libertà di espressione.[12] La presunta "dissoluzione del soggetto" nel cyberspazio si rovescia in un protagonismo indiscriminato, spinto fino al sintomatico genere della (auto)intervista; mentre la celebrata pluralità dei punti di vista diviene mera simulazione. Il carattere duttile e segmentario della comunicazione non manifesta una intrinseca potenza liberatoria: il concatenamento flessibile di una serie di segmenti rigidi può funzionare a cingolo di carrarmato.
Ma più importante della produzione propria, costituita da interventi di scarso rilievo, l'operazione del collettivo Transmaniacon consiste nell'immissione in rete di traduzioni di testi del negazionismo, interventi relativi allo stesso e informazioni su iniziative e progetti editoriali negazionisti.
La cifra ideologica dell'intera operazione è l'uso del materiale negazionista ai fini di uno smantellamento - da un punto di vista "rivoluzionario e di classe"- dell'antifascismo. Ma la critica dell'antifascismo consensuale e celebrativo sviluppata dai movimenti di estrema sinistra nel dopoguerra subisce una torsione verso un anti-antifascismo che ne altera violentemente la valenza, e la cui pretesa efficacia "sovversiva" diviene sempre più inverosimile a fronte delle trasformazioni postfasciste in atto nella cultura e nella costituzione italiana.[13]
Questo carattere improbabile è accentuato dal fatto che la sequenza dei messaggi disegna un'oscillazione tra il richiamo a matrici di ultrasinistra e una cultura del disincanto ("fine della Storia" e delle "ideologie", estraneità alla dicotomia destra/sinistra, etc.). Si potrebbe parlare, da questo punto di vista, di un revisionismo commutatore, o "di cerniera", che riversa relitti di ideologie rivoluzionarie e scampoli di fraseologia marxista sulle spiagge piatte del "dopo-storia".
Il tratto dominante è il recupero del negazionismo di Rassinier, Faurisson e Vieille Taupe di Pierre Guillaume[14] che, a differenza del revisionismo relativizzatore (riassunto nella figura emblematica di Nolte), dovrebbe prestarsi ad un uso rivoluzionario o "anticapitalista".[15] L'opposizione a Nolte, sancita nel febbraio del '92 proprio a Bologna dall'occupazione pacifica dell'aula in cui lo "storico" avrebbe dovuto tenere una conferenza organizzata dai Cattolici popolari, viene fatta valere come segno di appartenenza all'ambito in cui si intendono introdurre le tesi negazioniste. Si tratta, però, di un passaporto alterato, in quanto il blocco di Nolte è trasformato dalla retrospettiva versione "situazionautica" nella generica contestazione di "una star". Questa riduzione a critica dello "spettacolo" è introdotta per cancellare o diluire il segno forte di contestazione del revisionismo iscritto nell'assemblea che si era svolta nel corso dell'occupazione e nei volantini che l'avevano promossa.[16]
Il motivo antiaccademico ha un ruolo di primo piano: al revisionismo "ufficiale" di Nolte viene contrapposto il negazionismo, presentato coi crismi della persecuzione. Un filone che appare immediatamente "sovversivo" in quanto trasgressivo, irriverente e, soprattutto, marginalizzato e censurato. L'opposizione "ribellista" del negazionismo al revisionismo relativizzatore sarà inficiata nei fatti dalle posizioni assunte dallo stesso Nolte.[17] La vanificazione di questa pretesa inconciliabilità troverà definitiva sanzione con la pubblicazione, da parte dell'editrice che ha realizzato la nuova traduzione italiana de La menzogna di Ulisse, di Paul Rassinier[18] - preannunciata dai transmaniaci in Ecn - di un volume che comprende tra gli altri un intervento di Nolte che ribadisce la possibile integrazione del negazionismo.[19]
Sarebbe sterile seguire il magma dei file transmaniaci, mostrando le forzature e i travisamenti imposti ai testi, il penoso tentativo di mettere a servizio dell'operazione frasi strappate da Adorno, Brecht, o Fortini, dipanare il fitto groviglio di autocontraddizioni e mutamenti di registro. Interrogando, a distanza di tempo, il senso di quella impresa, si può scorgere in essa una valenza che travalica la pur emblematica dimostrazione del fatto che talvolta l'interattività immediata "perde il suo contenuto e si ritrova trasformata in un pericoloso moltiplicatore di idiozie".[20]
L'operazione revisionismo in rete ha svolto di fatto un ruolo "sperimentale", diverso da quello intenzionale o dichiarato: ha funzionato come una prova in vitro, un test del grado di tollerabilità dell'intollerabile raggiunto negli ambiti alternativi, o antagonisti, trovando, oltre ad alcune puntuali risposte[21], significative e preoccupanti sacche di giustificazione o indifferenza. Anche su questa nuova zona grigia, preventivamente esplorata nel cyberspazio, si fonderanno in parte le precarie fortune dell'editoria negazionista italiana.
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* Ripubblico, in contemporanea con Incidenze, quest'articolo collettivo, in sostegno all'appello contro la conferenza prevista per domani all'Università di Teramo. Oltre che nel sito di Storia della deportazione dell'università di Torino, l'appello e le adesioni già pervenute sono consultabili nel sito dell'Aned così come in altri siti, vedi qui
[1] Alain Bihr, "Du passé ne faisons pas table rase!", in A. Bihr e altri., Négationnises: les chiffonniers de l'histoire, Villeurbanne - Paris, Golias - Syllepse, 1997, p. 23.
[21] Ricordiamo tra gli altri: il file Ultima.txt, firmato "alcuni compagni del Piemonte"; il netto rifiuto del "dialogo" da parte del Collettivo acéphale (file siglati AAA - Agenzia autonoma acéphale, Bologna); il documento prodotto dal Centro di comunicazione autonomo di Bologna, "Contro il revisionismo storico 'di sinistra'", La coMune - Progetto memoria, n. 15, 1994, pp. 20-33. Ma i situazionauti hanno trovato anche apologeti: in una lettera a Marxismo oggi, un revisionista cita tra gli altri, a testimonianza dell'esistenza di un negazionismo di sinistra: Transmaniacon, La Provocazione Revisionista, Bologna 1994 [Carlo Mattogno, "Il revisionismo in Italia", Marxismo oggi, n. 3, 1996, pp. 168-169].
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