Come giustamente notava qualcuna, quest'anno Il secondo sesso di Simone de Beauvoir ha compiuto sessant'anni ma i mezzi di informazione non se ne sono accorti. Aggiungerei che non se ne è accorta anche buona parte del "movimento" (femminista? femminile? delle donne? ... fate voi). Da parte mia voglio ricordare per l'occasione un bel volume (edito da Syllepse nel 2002, in realtà gli atti di un convegno internazionale che si era tenuto a Parigi nel gennaio del 1999) curato da Christine Delphy e Sylvie Chaperon, per i cinquant'anni di questa controversa opera di de Beauvoir, Cinquantenaire du Deuxième sexe, appunto .
Esattamente un anno fa, il 27 dicembre (e fino al 18 gennaio), l'operazione israeliana Piombo fuso provocò centinaia e centinaia di morti (donne, uomini, bambine/i) a Gaza. Ne avevamo scritto (poco) qui, ma ne avevamo letto giorno dopo giorno gli sviluppi in siti come Guerrilla Radio di Vittorio Arrigoni (al quale rinvio, ancora), ci eravamo indignate/i, avevamo manifestato, discusso ferocemente, tentato di trovare soluzioni e/o risposte non sempre semplici (o facili). Ad un anno esatto non potevo non ricordare la tragedia di Gaza, come in tanti/e stanno facendo (per quel poco che serve), mentre (molto più efficacemente si spera) è in corso la Gaza Freedom March
Senza testo, ma con immagine (cliccare sul link). Commenti permessi, eventuali risposte con molta calma
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Aggiornamento: solo poco fa ho saputo che una trans si è impiccata nel Cie di via Corelli a Milano. Rinvio a Macerie, con le testimonianze agghiaccianti raccolte dalle redattrici di Silenzio Assordante. Ecco il Natale in casa Cie .
Paola Tabet, insieme a Colette Guillaumin ed altre (più qualche raro altro) che ogni tanto fanno capolino anche qui, ha indubbiamente segnato, in un modo o nell'altro, il mio percorso, non solo teorico. Mi stupisce sempre come sia poco conosciuta (e dibattuta) la sua opera in Italia, poco noti ai "non addetti ai lavori" (e talvolta neanche a quelli/e) certi suoi scritti fondamentali come La construction sociale de l'inégalité des sexes. Des outils et des corps, mai tradotto in italiano o il bellissimo (e illuminante) La pelle giusta, che avevo recensito nel primo numero di Razzismo&Modernità, contribuendo (spero) a far conoscere un po' di più anche qui "da noi" la ricerca di Tabet (giustamente molto letta in Francia). Mi viene ora segnalata (grazie Valeria) un' intervista veramente molto interessante (pubblicata sull'ultimo numero di Genre, Sexualité&Société) a Tabet, nella quale si ripercorre il percorso teorico e personale che l'ha condotta a forgiare il concetto di scambio economico-sessuale. Tabet inserisce questa nozione nell'insieme dei suoi lavori sulla divisione sessuale del lavoro, la gestione della riproduzione, gli interventi sulla sessualità delle donne, ma si sofferma anche sugli usi della nozione e sui limiti che comporta un suo uso limitato principalmente a ciò che viene definito lavoro sessuale, e la difficoltà di pensare gli scambi economico-sessuali come un continuum. Un insieme portentoso di strumenti teorici e politici. L'intervista, La banalité de l'échange, può essere letta sul sito della rivista in francese e in inglese. E' il mio regalo di Natale a tutte/i. .
Premetto che sono per l'abolizione dei regali di Natale (nell'impossibilità di abolizioni più radicali), per lo meno nella forma consumistica attuale (ben venga invece il dono per il piacere del dono, non necessariamente natalizio, il recupero, il riciclo, le sciarpine fatte a mano e i quadernetti fai-da-te). Premetto che con la crisi che c'è la voglia (o la possibilità) di farli è passata a molte/i. In ogni caso come mi diceva qualcuna ieri sera: ai bambini (intendendo bambini&bambine) come fai a non fare un regalo? Al rientro delle vacanze la prima cosa che si sentiranno chiedere a scuola è: cosa ti ha portato Babbo Natale? Allora , in attesa che cresca il Movimento per eliminare Babbo Natale, qualche consiglio per gli acquisti. Per cominciare niente giochi sessisti, please. Di questo si è parlato più volte qui in Marginalia (1, 2, 3 ...) e dunque non mi dilungo. Voglio augurarmi che nessuna/o sia così stupida/o da regalare alle bambine (figlie, nipotine, figlie di amiche) bambole tipo la famigerata Bebé Glotón o ai bambini mostri tutto muscoli che fanno a gara a chi ce l'ha più lungo (non ho tempo per esempi). Da parte mia consiglierei di regalare dei libri, per i piccolissimi/piccoli potete dare un'occhiata alla rubrica Bambine&Bambini qui sulla destra e poi qualche titolo: La principessa sulla zucca, Nei panni di Zaff, Piselli o farfalline ... sono più belli i bimbi o le bambine?
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L'immagine è la copertina di Gioca Jouer. Guida pratica per salvarti dai giochi sessisti, guida che potete scaricare in pdf QUI (ottima idea per regalo utile e a basso costo) .
La cena post-laboratorio, in un posto nei dintorni della Sapienza (specialità della casa: penne alle alici con pachino e pecorino) ancora molto visual studies (& postcolonial, of course). Si è in tante, la prossimità delle feste ha facilitato i ritorni (da Utrecht, Parigi, Francoforte, città e cittadelle universitarie italiche, e altri luoghi non meglio precisati). Da un capo all'altro della tavola con le bottiglie di vino bianco passano frammenti di discorso (il calendario copto, autonarrazioni di donne provenienti dalle ex-colonie, il bel saggio di una comune amica - si scopre - sul Combahee River Collective e dintorni). Tornado a casa (si torna sempre a casa, infine, anche se è la casa di qualcun'altra, per qualche notte tua e/o di altre), in macchina, si parla ancora. Troppo tardi per andare a vedere lo spettacolo Madama Cie, e poi nessuna si ricorda dove. Lungo il percorso (Roma bellissima di notte, che banalità), chi c'era racconta del funerale di Sher Khan - stiamo passando da quelle parti - , per i giornali un barbone pachistano morto di freddo, per tanti/e un attivista, una tigre, da qualche decennio in Italia, ma pur sempre "clandestino", debilitato da uno sciopero della fame e dagli psicofarmaci che gli avevano somministrato durante l'ultimo soggiorno obbligato nel Cie di Porta Galeria. Il brunch del giorno dopo, al Pigneto, da Necci (non è più come un tempo, quando Pasolini ci giro Accattone, ma ci sono le fotografie) è più intimo, praticamente un tête-à-tête. Si parla di sesso (nella versione race, sex and class ma anche no, bien sûr) e il cibo è squisito (ed economico) ed è molto piacevole mangiare fuori (non è molto freddo), fumare e chiedere un bis di caffè. Da Tuba nel pomeriggio invece solo tè verde e mandarini, ma ci sono i libri e Zelda Bomba. Più tardi, nonostante una pioggerella che va e viene, grazie ai rendez-vous della sera prima e cellulare inaspettatamente non scarico, si riforma dalle parti di piazza Argentina un altro gruppo di discussione, che più che nomade definirei flâneur. Forse Baudelaire non avrebbe condiviso la scelta del trancio di pizza da degustare on the road, effettivamente ci va un po' di traverso quando ci imbattiamo in un manifesto del Pd che augura buona guarigione a Berlusconi, Presidente del Consiglio. Da Caliste la cioccolata calda con la panna indirizza decisamente il discorso su dolci natalizi, ricette, pranzi di Natale in famiglia e le nostre incerte e diversificate tradizioni culinarie tra empanadas, sfogliatelle napoletane e influenze arabe (forse anche kosher). Il seguito lo ometto. Link e ricette di queste geo-gastronomie femministe un'altra volta (forse). Buonanotte
Domani, 18 dicembre, alle ore 16.00, Sguardi sulle Differenze e il Laboratorio di studi femministi Annarita Simeone, in collaborazione con la Società Italiana delle Storiche, organizza l'incontro Genere e spazio visivo (Università degli studi di Roma La Sapienza, Facoltà di scienze umanistiche, Aula seminario III piano, h. 16.00), una discussione a partire dal volume di Federica Timeto (a cura di), Culture della differenza. Femminismo, visualità e studi postcoloniali. Intervengono Carla Subrizi, Vincenza Perilli, Anna Alfonsi, conduce l'incontro Laura Talarico
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L'immagine è tratta dal video di Coco Fusco a/k/a Mrs. George Gilbert, in cui l'artista, a partire dalle operazioni che l'Fbi mise in piedi contro gli/le attivisti/e e intellettuali/e ner/e negli anni 60-70, ricostruisce la confessione di un agente del Federal Bureau of Investigation che prese parte alla caccia di Angela Davis, iscritta nella lista dei dieci principali ricercati dal governo statunitense. Durante i mesi di latitanza di Davis, centinaia di donne nere furono scambiate per lei ed arrestate. Se non conoscete Coco Fusco, oltre a visitare il suo sito, vi consiglio di vedere il video linkato in un articolo su Fusco in Gerdaphoto, in cui l'artista/attivista stessa riflette ( e fa riflettere) sulla dimensione razziale/di genere
Giovedì 17 dicembre, alle ore 19.30, presso XM24 (via Fioravanti, 24 - Bologna), presentazione del nuovo volumetto dei Quaderni Viola: La straniera. Informazioni, sito-bibliografie e ragionamenti su sessismo e razzismo. Interverranno Chiara Bonfiglioli e Vincenza Perilli, tra le co-curatrici del Quaderno, e Lella Di Marco dell'associazione Annassim. Donne native e migranti delle due sponde del mediterraneo
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Per una scheda bibliografica de La straniera e sintetiche info sulle autrici rinviamo al sito delle Edizioni Alegre. Grazie a quante/i stanno contribuendo alla diffusione del quaderno, anche (ma non solo) in rete: i Quaderni Viola ovviamente e poi le amiche e compagne di Noinonsiamocomplici e del Martedì autogestito di femministe e lesbiche su radio Onda Rossa, ControStorie, Sopra i Ponti, Sguardi sulle Differenze, ... e tante/i altre/i che segnaleremo man mano .
Mentre l'Anpi provinciale bolognese critica duramente (e con tutte le ragioni) la scelta della Rai di mandare in onda uno sceneggiato tratto dal libro revisionista Il sangue dei vinti, il 12 dicembre a Bologna sarà una giornata all'insegna della memoria, quella che non si limita soltanto allo sterile ricordo, ma trae dal passato strumenti per leggere (e combattere quando necessario) il presente. Dal corteo (info) per l'anniversario di piazza Fontana (nel quale ci sarà uno spezzone di sole donne in continuità con il percorso di noinonsiamocomplici), alla proiezione in anteprima nazionale del film Caserme Rosse. Il lager di Bologna, fino al presidio contro il concerto nazirock, concerto organizzato in serata dai soliti provocatori. La cosa straordinaria è che molt* parteciperanno a tutti gli appuntamenti .
Domani a Roma, nella sede di via dei Volsci, 22, si terrà un'assemblea cittadina di femministe e lesbiche per organizzare insieme la difesa di questo spazio sotto minaccia di sgombero. Rinvio a 22resiste
Post forzatamente criptico. Ma dopo si sta decisamente meglio. L'unico elemento lampante è che il titolo l'ho rubato a un libro di Carla Lonzi Taci, anzi parla. Diario di una femminista pubblicato da Rivolta Femminile nel 1978, lettura per certi aspetti un po' noiosa ma oltremodo illuminante su taluni meccanismi. E adesso scervellatevi, congetturate, ipotizzate. Io vado a dormire
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Domani, 10 dicembre, alle ore 17 si terrà - presso la Casa internazionale delle donne (via della Lungara 19 - sala Simonetta Tosi - Roma) un incontro dal titolo Sindrome Italia: conversazione a più voci, una discussione a partire dal recente volume di Annamaria Rivera Regole e roghi: Metamorfosi del razzismo. Durante l'incontro, organizzato dal Coordinamento donne contro il razzismo e coordinato da Isabella Peretti, ne discuteranno con l'autrice Cristina Ali Farah, Carla Collicelli, Sabrina Marchetti, Grazia Naletto e Ambra Pirri
A quarant’anni dalla Strage di Piazza Fontana la violenza dello Stato cambia forme, ma non attenua la sua ferocia. Negli anni Settanta era un fenomeno anzitutto di vertici statali, di continuità istituzionali tra Fascismo e Repubblica, di tentati colpi di Stato, di bombe nelle piazze, di complotti e segreti nell’ombra. Adesso è invece un fenomeno diffuso, capillare, in gran parte alla luce del sole, articolato anzitutto sul razzismo e alimentato da tv, governi, rotocalchi, amministrazioni locali. Si consideri quanti vigili, poliziotti, carabinieri, consigli comunali sono stati protagonisti negli ultimi anni di aggressioni o provvedimenti razzisti contro rom e migranti: morti anomale, pestaggi, torture, arresti ingiustificati, intimidazioni, allontanamenti forzati, ordinanze antimigranti, prepotenze di ogni genere. Il razzismo in Italia assomiglia ormai a una Bolzaneto a cielo aperto. Ed è una «strategia della tensione» adattata ai tempi nuovi: non più di vertice, ma diffusa, a bassa intensità. Gli omicidi fascisti e razzisti sono ormai una strage a rate. Persone ignare e inermi, uccise per una parola, una sigaretta, un pacco di biscotti. Sono tante le iniziative in cantiere per il 12 dicembre, cortei sono previsti a Bologna, Milano, Venezia, Firenze (rinvio al sito dell'Aap). Intanto il 9 dicembre (alle ore 21 all'HUB, via Serra 2/c - Bologna) sarà presentato il dossier Piazza Fontana. Una strage lunga quaranta anni a cura della redazione di Contropiano .
Per le/i francofone/i: Observatorie des questions sexuelles et raciales è un nuovo sito curato da Elsa Dorlin (di lei ho parlato tante volte, per esempio qui, qui e qui), Louis-Georges Tin, Ariel Martin Pérez e Éric Fassin. Una buona lettura
Obbligo di memoria: domani è il ventennale dell'"attentato di Montréal", non so quante (qui in Italia perlomeno) se ne ricorderanno. I fatti: il 6 dicembre del 1989, Marc Lépine, ventenne di buona famiglia, entra armato in un'aula dell'università di Montréal. Ordina agli studenti maschi di uscire e poi spara sulle donne, mirando sistematicamente alla testa. Dopo passa in altri locali dell'edificio e, con metodo, spara su tutte le donne che incontra. Trentasette i colpi esplosi, una trentina le donne colpite. Infine saranno uccise 13 studentesse e un'impiegata: Geneviève Bergeron, Hélène Colgan, Nathalie Croteau, Barbara Daigneault, Anne-Marie Edward, Maud Haviernick, Barbara Maria Kluznick, Maryse Laganière, Maryse Leclair, Anne-Marie Lemay, Sonia Pelletier, Michèle Richard, Annie St-Arneault e Annie Turcotte. Alla fine Lépine si suicida ma lascia una lettera dove afferma esplicitamente il suo "odio per le femministe". Femministe che sono per lui tutte le donne che si autodeterminano, che studiano, che pensano. Colette Guillaumin fa una lettura piena di rabbia e collera, ma terribilmente lucida di questo "fatto di cronaca" in Folie e norme sociale (1990). Testo che rileggo stasera, per mia (e nostra) memoria. .
Sopra i Ponti è un'associazione nata nel 1995 a Bologna per volontà di un gruppo di cittadini/e migranti, in prevalenza marocchini/e e abitanti del quartiere Navile.I primi anni sono stati caratterizzati da attività volte all'integrazione dei/delle migranti, in particolare marocchini/e, al problema della casa e allo scambio culturale. Nel tempo le iniziative di "accompagnamento sociale" si sono qualificate e l'associazione si è dedicata alla promozione dell'intercultura e della conoscenza della cultura araba, nelle attività educative a favore di bambini e bambine di seconda generazione e nella cooperazione allo sviluppo in partnership con alcune comunità rurali del sud del Marocco. Ora Sopra i Ponti ha anche un sito, e non è casuale (il caso non lo è mai) che ne parlo proprio oggi, dopo aver letto dell'omicidio di un giovane di origine senegalese, Ibrahim M'bodi, per mano del suo datore di lavoro. Perché Sopra i Ponti nasce in un Centro di Prima Accoglienza Comunale per lavoratori stranieri ribattezzato Mohamed Saif, in ricordo della morte di un altro lavoratore migrante, un giovane operaio metalmeccanico, immigrato dall'entroterra di Casablanca, residente nel centro di accoglienza e che fu ucciso nel 1991 a 25 anni, da due compagni di lavoro, a causa di un tragico e volgare "scherzo" da essi messo in atto nello spogliatoio della fabbrica. E fu per volontà di alcuni dei fondatori di Sopra i Ponti che il centro di accoglienza, prima chiamato "Arcoveggio" per la sua collocazione urbana, nel 1996 venne intestato a quello che nel sito viene definito "sfortunato martire dell'immigrazione", uno dei primi in Italia. Il centro di accoglienza, un insieme di prefabbricati in lamiera in un angolo di periferia, è stato smantellato dal comune nel 2003 dopo 14 anni di precaria esistenza. Con esso è stata cancellata ogni traccia sul territorio cittadino del giovane metalmeccanico ucciso dal nonnismo. Ma Sopra i Ponti continua a ricordarlo, anche con occasioni di incontro, condivisione e conoscenza reciproca come quella che si terrà domani, La pace a tavola, in occasione della ricorrenza islamica dell'Aid al adha. .
Domani (venerdì 4 dicembre), presso la Facoltà di Scienze della Formazione dell'Università di Bari, Fulvio Pezzarossa, Paola Zaccaria, Angela D'Ottavio e Annarita Taronna, presentano l'ultimo numero di Scritture Migranti. Rivista di scambi interculturali. Alla presentazione seguirà la proiezione del documentario ALTAR: Cruzando Fronteras, Building Bridges, girato sul confine messicano da Paola Zaccaria e Daniele Basilio e dedicato alla scrittrice chicana Gloria Anzaldùa (1942-2004): "Gloria Anzaldùa fa della frontiera come luogo di passaggio, spazio di mezzo da attraversare e riattraversare senza passaporto, la propria terra – non la propria nazione, non la propria città, ma la terra. Non usa mai, difatti, il termine “cittadina di frontiera”, forse perché la cittadinanza dice di un essere dentro, inclusi in uno spazio giuridico, politico e simbolico comunitario, di contro ad un fuori dello straniero senza diritti […]. Lei è donna di frontiera, fronteriza, mezzo e mezzo, mai cittadina, piuttosto new mestiza; mai “etnica”, piuttosto io complesso che si costituisce solo in quanto relazione con altri (nos-otras) che non sono solo della stessa etnia, dello stesso sangue, che anzi la comunità di sangue lei destruttura" [Paola Zaccaria, Abitare terre a confini instabili, in Scritture Migranti, n.2/2008, p. 192]
Leggo da un lancio Ansa che due donne migranti, di origine rumena, sono morte a pochi giorni di distanza a Taranto. La causa sembra essere l'uso di un farmaco abortivo. Farmaco "proveniente dalla Romania" viene specificato. Quello che non si specifica è che, grazie al cosiddetto "pacchetto sicurezza" e al clima di "caccia agli stranieri" attualmente vigente in Italia, moltissime donne migranti per paura di essere denunciate come "clandestine" ricorrono da mesi all'uso di farmaci abortivi. Tra questi il Cytotec, un farmaco contro l'ulcera che preso a dosi massicce provoca forti contrazioni fino all'aborto. Per procurarselo non è necessario farselo spedire dalla Romania: basta andare in una qualsiasi farmacia italiana. Una scatola costa meno di quindici euro, se non hai la ricetta con qualche euro in più puoi acquistarla da quelli che la stampa ha definito "spacciatori d'aborto". Ma i veri spacciatori d'aborto sono gli obiettori di coscienza (grazie ai quali i tempi di attesa si dilatano oltre misura), le umiliazioni e le lunghe trafile che spingono oramai anche donne italiane con i documenti "in ordine" a ricorrere all'aborto clandestino. E per le donne migranti, in più, la paura, se senza documenti, di essere denunciate grazie al reato di immigrazione clandestina e finire in un Cie. Alcune non vanno in ospedale neanche in seguito ad un aborto spontaneo, come Vira Orlova, morta dissanguata qualche mese fa. Anche questa è violenza sulle donne
Ma proprio a suo modo, indubbiamente. Presentazione di Un mito a suo modo (il suo primo romanzo) domani, se memoria non mi inganna. Il post è forzatamente brachilogico, ma trovate tutto sulla Nuova Towanda, bien sûr .
Un amico di blogsfera mi invia questa foto da Milano, una vetrina colma di merchandising We can do it! L'intenzione è indubbiamente affettuosa e grazie se hai pensato a me, ma alle cinque di mattina e di cattivo umore penso che dovrò necessariamente cambiare foto/avatar/icona. Magari la faccia morente di Colette Peignot, 7 novembre 1938 .
"Ogni anno la stessa storia, ricorre la giornata internazionale contro la violenza sulle donne e tutti pronti a dire: è una emergenza. Nossignori, è bene ripeterlo per l’ennesima volta, la violenza maschile sulle donne è la normalità, si annida nelle relazioni fra i sessi e non ha colore né passaporto. Non accade solo il 25 novembre, ma sempre. Lo hanno capito in Danimarca, dove una donna su tre subisce abusi. Di recente è stata lanciata una campagna contro la violenza domestica. È un gioco interattivo nel quale è possibile simulare di dare, con una grande mano da uomo, uno, due, tre, tanti schiaffi a una donna. Il messaggio finale è «Sei un idiota. Hai perso il gioco quando hai alzato le mani la prima volta». Ottima iniziativa, rivolta ai più giovani, eppure ha raccolto diverse critiche. Chissà perché, è stato ritenuto più di cattivo gusto questo gioco che non la lettera di Marrazzo al Santo Padre. Eppure è violenza anche quella che subiscono quotidianamente le transessuali, spesso costrette a scelte obbligate. O le donne migranti rinchiuse nei Cie, che subiscono violenza da chi – come si legge su Marginalia – «dovrebbe [secondo una certa retorica sessista e razzista] garantire la nostra ‘sicurezza’». Tutto ciò lo sanno bene le femministe e lesbiche che in questa settimana hanno promosso incontri, dibattiti, manifestazioni anche davanti ai Cie, per denunciare gli stupri non denunciabili. In molte continuano a scendere in piazza, sabato corteo a Roma, e speriamo in tante si ritroveranno a Montalto di Castro domenica, dove un intero paese giustifica otto stupratori e dove – come ha scritto Ella de Riva – «la violenza colpisce più dell’influenza, se non uccide, emargina»".
La violenta normalità, di Barbara Romagnoli, pubblicato su Carta [I link nel testo sono a nostra cura]
I recenti episodi di criminalizzazione e repressione dei movimenti sociali, dalla occupazione abitativa 8 marzo agli esiti dei processi su Genova 2001 (solo per ricordarne alcuni), hanno segnato una nuova tappa della gestione autoritaria dei conflitti sociali. Il rapporto fra movimenti di protesta e politiche dell’ordine pubblico costituisce uno dei nodi centrali delle società contemporanee, attorno al quale negli ultimi due secoli sono mutate non solo le modalità concrete della conflittualità sociale e le forme di esercizio dei diritti di riunione e di manifestazione, ma anche le caratteristiche di fondo dei sistemi politici e istituzionali, la loro trasformazione in senso più o meno democratico, la maggiore o minore trasparenza degli apparati di controllo e di repressione. Malgrado la sua rilevanza, questo tema è stato sinora poco trattato sul piano storiografico e non viene adeguatamente indagato nella pratica quotidiana e nelle sue trasformazioni dai movimenti sociali. Per questo, Zapruder/Storie in movimento invita studiosi/e e attivisti/e a confrontarsi attorno allo stesso tavolo oggi, venerdì 27 novembre (ore 20.30, Centro sociale Ex snia viscosa, Via Prenestina 173 Roma, tram 5-14) in occasione dell'uscita del numero della rivista Zapruder, Diritto e castigo. Movimenti e ordine pubblico in età contemporanea. A seguire cena sociale benefit per le spese legali dei/delle compagni/e arrestati all'occupazione ex 8 marzo di Magliana. Ulteriori info sul sito di Zapruder/Storie in movimento. .
Sappiamo che ci sono stupri non denunciabili, quelli cioè commessi da coloro che dovrebbero (secondo una certa retorica sessista e razzista) garantire la nostra "sicurezza". Lo sappiamo da tempo e da tempo abbiamo affermato che noi non siamo complici di quest'altra forma di omertà. Vogliamo denunciare la violenza esercitata sulle donne, migranti e non, tra le cosiddette pareti domestiche, i luoghi di lavoro e le parrocchie, come anche le questure, i carceri e soprattutto i Centri di identificazione ed espulsione. Per questo oggi, giornata internazionale contro la violenza sulle donne, siamo state in tante, in diverse città, a scendere in strada con presidi itineranti, volantinaggi, scorribande contro-informative e striscioni che denunciavano quello che in tanti/e non vogliono vedere e cioè che (anche) nei Cie si stupra. E che a stuprare è la polizia, quella che mandano nelle strade per "difenderci". Non ci stupisce allora che sia stata proprio l'apertura di uno striscione che affermava questa scomoda verità a provocare una violenta reazione poliziesca a Milano. Poche ore fa, infatti, in Piazzale Cadorna, durante il presidio promosso dalle compagne milanesi che avevano aderito all'appello Noi non siamo complici!, presidio che aveva riunito diverse realtà femministe e antirazziste, alcune donne hanno aperto uno striscione: "Nei centri di detenzione per immigrati la polizia stupra". Immediata la reazione della polizia, la richiesta di chiudere lo striscione, il sacrosanto rifiuto. Partono le cariche, violente. Le/i contuse/i sono diverse/i. Intanto, a poche fermate di metro, in quelle stesse ore le femministe dette "storiche" della Libreria delle donne di Milano festeggiavano a loro modo la giornata internazionale contro la violenza sulle donne con un iniziativa dal titolo Diritti e castighi. Non avendo in questo momento energia e lucidità a sufficienza riprendo dal lancio di stampa dell'iniziativa: (e ad ognuna le proprie riflessioni): "Dal 2002 Lucia Castellano dirige la Seconda Casa di Reclusione di Milano-Bollate - un esempio di civiltà e innovazione unico in Italia -, affiancata da altre due donne: la Vice Direttora Cosima Buccoliero e la Comandante della Polizia Penitenziaria Alessandra Uscidda. Nel suo lavoro si orienta mettendo al centro l'attenzione e il rispetto per l'altro/a, considerando il potere come un'opportunità per poter fare, attraverso una capacità progettuale e trasformativa in grado di produrre cambiamenti significativi nel contesto in cui opera e in chi lo abita, rifiutando "la gelida cultura autoritaria e burocratica che domina il mondo del carcere», improntata «al machismo, alla prepotenza e alla vessazione". Doppia solidarietà alle compagne e alle/ai antirazziste/i di Milano.
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La straniera. Informazioni, sito-bibliografie e ragionamenti su razzismo e sessismo, (a cura di C. Bonfiglioli, L. Corradi, L. Cirillo, B. De Vivo, S. R. Farris, V. Perilli). Come il primo, anche il secondo numero dei Quaderni Viola si propone di fornire dati elementari di conoscenza, bibliografie e sitografie per chi desideri poi approfondire, spiegazioni brevi ma capaci di orientare un lavoro politico. Il tema del razzismo è esaminato nelle sue intersezioni con il genere e la classe, così come nel primo numero il tema del lavoro è stato analizzato nelle intersezioni con il genere e con la condizione migrante. Le intersezioni tra vari rapporti di oppressione hanno assunto un’importanza crescente nella ricerca femminista internazionale. In questo quaderno vengono offerti esempi concreti di come genere-classe-razza/etnia/cultura-generazione contribuiscano a determinare posizioni di oppressione nella gerarchia sociale, ma anche nuove possibilità di presa di parola. Allo scopo di indagare alcune delle forme storiche in cui il concetto di razza è stato creato e impiegato, la prima parte del quaderno ne analizza alcuni momenti centrali: l’antisemitismo e la scientizzazione della categoria di razza, il razzismo anti-Rom, il colonialismo e, in particolare, il periodo coloniale italiano e il razzismo anti-meridionale. Il dibattito sul concetto di intersezionalità, sul ruolo da attribuire a ciascuna componente della triade “razza- genere-classe” si è arricchito negli anni di contributi e riflessioni sempre più numerose. La seconda parte perciò offre le coordinate teoriche e bibliografiche per orientarsi in tale dibattito e per affrontare, con una prospettiva più avveduta, l’intera trama problematica che è oggetto del quaderno. La terza e ultima parte infine si concentra sulle forme assunte dal razzismo contemporaneo in Italia, in particolare nelle loro declinazioni di genere. Gli immigrati e le immigrate sono divenuti/e il bersaglio principale di retoriche e pratiche xenofobe. Tuttavia, oltre che discorso esplicito, il razzismo contemporaneo si camuffa principalmente dietro narrative “difensive” che sempre più per affermarsi strumentalizzano le donne, italiane e non. Sono soprattutto tali narrative oggi ad insidiarsi nelle coscienze ed è, pertanto, dalla decostruzione di esse che dobbiamo partire per smascherare la propaganda razzista e misogina.
Che dietro la gestione dei Cie da parte dei privati si celino interessi per milioni di euro è ( o dovrebbe essere) cosa nota (e qui rinvio ad un articolo di Fortress Europe) anche se ancora non sufficientemente indagata. Lascia però senza fiato la notizia che, dopo la chiusura del Cie di Caltanissetta (reso inagibile da una rivolta dei migranti detenuti, la lotta paga) -, i "lavoratori" della cooperativa Albatros, che da nove anni gestisce il Cie, scendano in piazza per difendere il loro "posto di lavoro". Annichilita rinvio a Macerie. .
Domani (anzi oggi, 25 novembre) alle ore 17 (Parco XI Settembre, via Riva Reno - Bologna) ci sarà un incontro promosso da ComunicAttive durante il quale sarà proposta una lettura teatrale del libro La vera principessa sul pisello (con la proiezione delle tavole originali disegnate da Octavia Monaco), libro che propone una rilettura della favola di Andersen in cui la Principessa, acuta e indipendente, riuscirà a vivere felice e contenta. Ma libera. Un incontro importante (ed il libro è bello, anche se non ha ancora preso nel mio cuore il posto de La principessa sulla zucca) alla quale non parteciperò personalmente poiché impegnata in uno dei tanti appuntamenti di Noi non siamo complici, ma credo che tutt* i genitori di bambine e bambini ancora troppo piccoli per presidi contro i Cie e la violenza sessista e razzista farebbero bene a parteciparvi con la prole. Credo anch'io, come ho più volte rimarcato anche qui in Marginalia, che uscire dagli schemi obbligati che fin dall'infanzia associano destini e comportamenti a bambini e bambine in base al genere è una delle strade per combattere la violenza (fisica, psicologica, sociale ed economica) contro le donne. Dulcis in fundo, durante l'incontro sarà distribuito a tutti i genitori presenti Gioca Jouer. Guida pratica per salvarsi dai giochi sessisti (guida che potete scaricare in pdf QUI). .
Dal percorso e dall'appello Noi non siamo complici! sono nate per il 25 novembre - giornata internazionale contro la violenza sulle donne -, una serie di iniziative contro i Cie e la violenza sessista e razzista. Per tutti gli appuntamenti, da Bologna a Catania, rinvio a nonsiamocomplici, buona lotta a tutte. .
Questa sera (Circolo Arci Benassi, viale Cavina 4 - Bologna) presentazione, a cura dell'Anpi di Bologna, del volume di Federica Trenti Il Novecento di Joyce Salvadori Lussu. Vita e opera di una donna antifascista. .
"A questo punto della decolonizzazione del cyberspazio, si presenta la necessità di attività separatiste. In questa fase iniziale, le donne devono provare a sviluppare i loro spazi di lavoro e apprendimento. Questo tipo di attività ricorre in tutti i periodi di decolonizzazione territoriale femminista, e si è rivelato molto produttivo. Il separatismo dovrebbe essere ben accolto tra le cyberfemministe [...]. Bisognerebbe far presente che il separatismo tra gruppi minoritari (e privi di potere) non è una pratica negativa. Non è sessista, non è razzista [...]. C'è una differenza precisa tra l'usare l'esclusività come parte di una strategia per trasformare una percezione o un modo d'essere specifici in un universale e l'usare l'esclusività come modo per sfuggire a un falso universale (precisamente uno degli obiettivi del cyberfemminismo separatista). C'è anche una netta differenza tra l'usare l'esclusione come mezzo per mantenere le strutture di dominio e l'usarla come mezzo per minarle alla base [...]. Allo stesso tempo, il separatismo può raggiungere un punto in cui diventa controproducente [...]. La storia si ripete secondo un ciclo positivo, nel quale le filosofie, le strategie e le tattiche dell'avanguardia femminista del passato aspettano di essere vivificate e riportate alla precedente efficacia [...]. Un'anarchia epistemologica e ontologica, celebrativa e aperta a ogni possibilità, si sta facendo strada nel cyberfemminismo. Il dogma deve ancora solidificarsi. Al contempo, il territorio è ostile, dato che l'oro dell'età dell'informazione non sarà consegnato alle donne senza lotta [...]. L'ingresso ai singoli è consentito se si hanno l'educazione, l'hardware e il software necessari; l'ingresso per le nazioni richiede che si abbiano infrastrutture accettabili e, in misura minore,, anche un'ideologia accettabile. Di conseguenza si ripete anche un ciclo negativo, perchè le donne che si sono fatte spazio nei cyberterritori sono generalmente anche quelle che hanno vantaggi economici e culturali in altri territori, sono vantaggi garantiti dalla posizione di classe, che si lega intimamente alla posizione culturale e all'appartenenza razziale [...]. Conoscere e capire la storia della lotta delle donne (insieme ad altre lotte relative alle relazioni di classe e razza) è essenziale, non solo come risorsa per le strategie e le tattiche, non solo per migliorare le risposte tattiche alle questioni del cybergenere, ma anche ppper evitare che le nuove costruzioni di genere che marcano questo nuovo territorio nella sua interezza (non solo nei suoi domini virtuali) cadano nello stesso ciclo del passato [da Faith Wilding e Critical Art Emsemble, Note sulla condizione politica del cyberfemminismo in F. Timeto, Culture della differenza. Femminismo, visualità e studi postcoloniali. L'articolo originale, Notes on the Political Condition of Cyberfeminism, pubblicato in Art Journal (2, 1998) è reperibile online QUI.] .
Sto leggendo (non comodamente come vorrei) Culture della differenza. Femminismo, visualità e studi postcoloniali, a cura di Federica Timeto. Interessante riflessione sulle rappresentazioni dell'"alterità" nell'attuale scenario postcoloniale e transculturale. .
E' stata ritrovata morta stanotte, completamente carbonizzata nella sua casa romana, Brenda, una delle trans di origini brasiliane coinvolte nell'affaire Marrazzo. Rinviamo a quanto scritto in noinonsiamocomplici su questo ennesimo omicidio di Stato. L'immagine invece è tratta da una performance di Mary Coble, Note to Self , durante la quale, nel 2005, per ore e ore, l'artista tatuò sul suo corpo i nomi di 438 persone glbt assassinate. Nel Transgender Day of Remembrance, aggiungiamo idealmente a Note to Self il nome di Brenda. .
Potrei scrivere dell'operazione White Christmas ovvero l'ennesima "caccia al clandestino" tra alberi di Natale e panettoni ideata dall'amministrazione di destra di un comune nel bresciano (lo zelo e la fantasia dei burocrati razzisti di regime non ha limiti), ma ci rinuncio. Stasera ascolto Black Italians di Igiaba Scego, comincia in questo istante. Dal lunedi al venerdi, fino al 27 novembre alle ore 23 su Radio Tre. .
Finalmente un sito per i Quaderni Viola. Basta fare clic per scaricare tutta la vecchia serie dei Quaderni (che è vero, sono proprio come i primi albi di Topolino, ricercati e introvabili), a partire dal mitico Meglio Orfane. Per una critica femminista al pensiero della differenza. Una sezione è dedicata anche alla nuova serie dove presto sarà pubblicata l'attesa presentazione del numero su sessismo e razzismo, La straniera. Buona navigazione e lettura
Rileggo, ancora una volta, un frammento di un saggio di Colette Guillaumin (dal suo Sexe, Race et Pratique du Pouvoir), frammento che avevo tempo fa pubblicato qui in Marginalia. Doveroso dirlo: Sexe, Race et Pratique du Pouvoir è stato uno dei testi chiave della mia "formazione" teorica e politica. Mi piace allora rileggere questo frammento (e proprio stasera), e rileggerlo grazie a Mauvaiseherbe, che rinvia qui, in un gioco di rimandi intorno alla teoria, alla violenza e alla collera. .
E' un italiano, reo confesso, l'omicida di una giovane donna rumena, Cristina Tepuro. Una notizia destinata a non fare nessun scalpore né sui giornali né in tivvù. In nome suo non si invocheranno leggi speciali né ronde per le strade strade e non ci saranno neanche scritte sui muri: "a morte tutti i rumeni" fu scritto all'indomani dell'omicidio di una donna italiana - Giovanna Reggiani - per mano di un uomo di nazionalità rumena. Per Cristina Tepuro sarà diverso, è (era) straniera e per giunta prostituta. Il suo nome resterà ai margini e sarà presto dimenticato. Non conta nulla per quella che abbiamo definito economia politica dello stupro/ economia politică a violului : non ha valore, importanza, perché in nome suo non si possono assaltare campi rom né si possono massacrare di botte "stranieri" scelti a caso per strada. In nome suo non si possono neanche definire "belve" gli appartenenti ad un intero popolo né proporre di prendere le impronte digitali anche ai loro bambini/e. Allora noi facciamo il suo nome dai margini. Il suo nome è (era?) Cristina Tepuro. E facciamo anche il nome del suo assassino, come fu fatto il nome di Romulus Nicolae Mailat, lo stupratore e omicida di Giovanna Reggiani. Il nome dell'assassino di Cristina Tepuro è Francesco Stagnitto, 24 anni, italiano, assistente sociale. .
E' finalmente possibile scaricare in pdf, dal blog noinonsiamocomplici, il dossier sulle violenze fuori e dentro i Cie contro le donne migranti . Scaricate, stampate, diffondete ... .
Poco fa, mentre all'interno del Cie le urla della protesta - questa volta partita dalla sezione femminile - oltrepassavano i muri per giungere fino in strada, corso Brunelleschi ha cambiato nome. Da stanotte si chiama "Corso Nabruka Nimuni", per ricordare Mabruka, la donna migrante che si è suicidata, impiccandosi con il suo maglione, il 7 maggio di quest’anno nel Centro di Identificazione ed Espulsione di Ponte Galeria a Roma. Di fronte al Cie torinese - perché tutti/e ricordino e nessuno/a possa dire che non sapeva - è stato impiccato un manichino. Sotto un mazzo di fiori e un cartello “A Nabruka Nimuni. Uccisa da una legge razzista”. Con questo gesto si è conclusa a Torino la giornata internazionale contro i Cie promossa dall’IFA, l’Internazionale di Federazioni Anarchiche. Ma la resistenza continua … Ogni giorno, dentro e fuori le gabbie. Al seguente link potete vedere le foto scattate da un reporter di passaggio, durante l'azione sotto il Cie torinese mentre per info e contatti potete scrivere a Resistere al razzismo a noracism@inventati.org. Per le iniziative di donne, femministe e lesbiche contro i Cie invece rinvio a noinonsiamocomplici. .
Noi non siamo complici!, lo slogan usato durante il primo presidio itinerante di donne verso il Cie di via Mattei a Bologna il 13 ottobre scorso, è diventato un nome collettivo. Con questo nome è stata lanciata la proposta di una serie di iniziative locali in occasione del 25 novembre 2009 - giornata internazionale contro la violenza sulle donne - per denunciare la violenza che le donne migranti subiscono dentro e fuori i Centri di identificazione ed espulsione ed esprimere solidarietà fattiva a quante, come Joy ed Hellen, si ribellano. a queste violenze. Il 25 novembre, oltre che a Bologna, un presidio itinerante di donne, femministe e lesbiche ci sarà anche a Roma . Partenza alle 16 dalla stazione Ostiense, con un volantinaggio sul treno che porta verso il Cie di Ponte Galeria, dove il presidio itinerante si farà stanziale con musica e parole, voci, denunce e testimonianze. Di seguito il volantino di convocazione, che appena risolti alcuni problemi tecnici sarà inserito anche in noinonsiamocomplici, il blog collettivo nel quale man mano daremo notizia delle diverse iniziative di donne, femministe e lesbiche contro le violenze dentro e fuori i Cie.
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Nella tua città c'è un lager. Alle porte di Roma, tra il Parco Leonardo e la Fiera di Roma, c'è il Centro di identificazione ed espulsione (Cie, ex Cpt) di Ponte Galeria dove vengono rinchiuse, in condizioni disumane, le persone immigrate prive di documenti o che hanno perso il lavoro. Con l'approvazione del “pacchetto sicurezza” e il prolungamento della detenzione fino a sei mesi, lo stato vorrebbe privare le persone immigrate di ogni dignità e costringerle a vivere in un regime di violenza quotidiana e legalizzata. Nel corso dell'estate, sono scoppiate numerose rivolte, da Lampedusa a Gradisca. Noi ci sentiamo vicine e vogliamo sostenere le lotte delle recluse e dei reclusi contro questi “lager della democrazia”. In particolare vogliamo farvi conoscere la forza e l'autodeterminazione di Joy. Martedì 13 ottobre si è chiuso il processo di primo grado contro i reclusi e le recluse accusate dalla Croce Rossa di aver dato vita, ad agosto, alla rivolta contro l’approvazione del pacchetto sicurezza nel Cie di via Corelli a Milano. Nel corso del processo una di queste donne, Joy, ha denunciato in aula di aver subito un tentativo di stupro da parte dell’ispettore-capo di polizia Vittorio Addesso e di essersi salvata solo grazie all’aiuto della sua compagna di cella, Hellen. Inoltre, entrambe hanno raccontato che, durante la rivolta, con altre recluse, sono state trascinate seminude in una stanza senza telecamere, ammanettate e fatte inginocchiare, per essere poi picchiate selvaggiamente prima di essere portate in carcere. Dopo essere state condannate a sei mesi di carcere per la rivolta, ora Joy e Hellen rischiano un processo per calunnia, per aver denunciato la violenza subita. Sappiamo bene che questo non è un caso isolato: i ricatti sessuali, le molestie, le violenze e gli stupri sono una realtà che le donne migranti subiscono quotidianamente nei Cie, ma le loro voci sono ridotte al silenzio perché i guardiani, protetti dalla complicità della croce rossa, in quanto rappresentanti dell'istituzione, si sentono liberi di abusare delle recluse. Sappiamo bene quanto sia aggravante essere prigioniera e donna: la violenza che si consuma nei luoghi di detenzione ad opera dei carcerieri, che viene sistematicamente occultata, si manifesta anche e soprattutto attraverso forme di violenza sessuale sulle prigioniere donne: perchè la violenza maschile sulle donne è un fatto culturale, e si basa sulla sopraffazione che sfocia nell'abuso del corpo e nell'offesa della mente. Per questo pensiamo che sia importante sostenere Joy e Hellen, assieme a tutte le migranti che hanno avuto – e che avranno in futuro – il coraggio di ribellarsi ai loro carcerieri. Per questo il 25 novembre, giornata internazionale contro la violenza sulle donne, assieme ad altre compagne femministe e lesbiche che si stanno mobilitando in diverse città, saremo a Ponte Galeria. Per affermare che noi non vogliamo essere complici, né delle campagne mediatiche costruite sull’equazione razzista “clandestino uguale stupratore”, né delle leggi razziste, securitarie e repressive varate in nostro nome; per gridare che tutti i centri di detenzione per migranti devono essere chiusi; per dire che rifiutiamo ogni forma di controllo e ogni tentativo di usare i nostri corpi per giustificare gli stereotipi e le violenze razziste e sessiste. Ma soprattutto saremo lì per esprimere la nostra solidarietà a tutte le recluse e i reclusi nei Cie e per far sentire a Joy e Hellen che non sono sole, che il loro gesto rappresenta un atto estremamente significativo di resistenza e di autodeterminazione, che rovescia il ruolo di vittima assegnato alle donne immigrate, dando forza a tutte le lotte e i percorsi contro la violenza sulle donne, dentro e fuori dai Cie.
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Ieri è stato sgombrato il "ghetto" di San Nicola Varco, a pochi km da Eboli (dove sappiamo si è fermato anche Cristo), nella valle del Sele, dove si estendono a perdita d’occhio i campi e le serre delle multinazionali dell’agroalimentare che sulla manodopera migrante guadagnano milioni. Uno sgombero feroce di cui fa la storia minima un articolo dell' Osservatorio sulla repressione al quale rinvio. Volevate braccia arrivano persone, ricordava uno striscione ad una manifestazione dei/delle migranti di qualche tempo fa. Non siete persone, esseri umani, siete solo braccia, braccia che si buttano quando non servono più, rispondono ... .
E' finalmente attivo il blog noinonsiamocomplici, un altro passo verso la costruzione di una rete di iniziative di donne, femministe e lesbiche contro i Centri di identificazione ed espulsione per il prossimo 25 novembre (e oltre). Ricordo, a chi ha perso qualche passaggio, che potete comunicare le iniziative in cantiere all'indirizzo mail complici@anche.no. Di seguito breve cronistoria della campagna Noi non siamo complici!, attraverso documenti (in più lingue) e report dei presidi fatti finora. Condividete, diffondete ma soprattutto agite.
Conosco poco Zena el Kahlil, artista di origini libanesi come Mona Hatoum (ma vi segnalo il suo sito ziggydoodle), nata a Londra ma che attualmente - dopo aver girato, studiato, vissuto e esposto in mezzo mondo dalla Nigeria agli Stati Uniti -, vive e lavora a Beirut. Mi sembra che il suo lavoro sia molto legato (e forse non poteva essere diversamente) ad un immaginario della guerra e dei conflitti e a un loro superamento (i soldatini in plastica come in Hatoum, pezzi di Barbie, armi ricoperte di fiori, lustrini e piume come i kalashnikov della The Kalashin' Series, soldati-Superman, Hezbollah, fionde, kefiah. veli e Madonne). Mi era dunque sembrata interessante la sua idea di esporre - durante la rassegna di arte comtemporanea che si è svolta nei giorni scorsi in strade e luoghi del quartiere di San Salvario di Torino, quartiere detto "multietnico"- la sua opera A’Salaam Alaykum (c'è bisogno di tradurre? ... La pace sia con voi) nella chiesa dei Santi Pietro e Paolo di Largo Saluzzo. Sembra che il parroco don Gallo fosse d'accordo ma poi la Curia ha posto il veto giudicando la scelta non "opportuna". Ufficialmente si minimizza, dando la colpa alle dimensioni dell'installazione. In un certo senso non ho nessuna difficoltà a crederci: il nome di dio in arabo (Allah) ricoperto di specchi della grandezza di quattro metri e per giunta in movimento deve essere sembrato decisamente eccessivo alle gerarchie cattoliche. Infine è stata la chiesa valdese a non farsi spaventare da Allah akbar e ad ospitare l'opera nel suo tempio di corso Vittorio Emanuele II. Va detto: decisamente grandi i/le valdesi. .
Sul campo del genere. Contributi etnografici e temi di ricerca è il titolo del convegno che da domani fino all'11 di novembre si terrà all'Università di Modena e Reggio Emilia (Aula Magna ex-Giurisprudenza, via Università, 4 - Modena). Il convegno - che intende offrire un´occasione di confronto sulle attuali prospettive teoriche ed etnografiche degli studi di genere nell´antropologia italiana attraverso i contributi delle generazioni di più recente formazione su parentela, sessualità, categorie di sesso/genere, migrazioni ed economia - prevede interventi di Fabio Viti, Helen Ibry, Alessandra Gribaldo, Selenia Marabello, Chiara Pilotto, Barbara Pinelli e Valeria Ribeiro Corossacz. Per maggiori info potete contattare quest'ultima scrivendo a valeria.ribeirocorossacz@unimore.it .
Fra le scritte razziste apparse in un quartiere alla periferia di Milano dove recentemente un uomo, probabilmente immigrato, ha violentato una donna italiana, una spicca in modo particolare: “Ce le scopiamo noi le vostre puttane”. Un pugno nello stomaco di tutte noi, che ben sappiamo la vita durissima, lo sfruttamento, le continue molestie e gli stupri che le donne migranti subiscono quotidianamente. Un pugno nello stomaco per chi, come noi, ha subito denunciato che il processo di etnicizzazione degli stupri era uno strumento funzionale al razzismo – che si tratti di razzismo istituzionale o “popolare”. Poche settimane prima, a Montalto di Castro nel coro (quasi) unanime in difesa di otto giovani stupratori italiani, figli di benestanti, una voce maschile si alza per dire che la ragazza stuprata è di un altro paese e che poteva starsene a casa sua. Per quanto la distanza fra Tarquinia e Montalto sia di soli 20 km, rendere “straniera” l’adolescente serve a giustificare lo stupro e gli stupratori. Da una parte i conniventi, dall’altra “quella” (così la chiamano a Montalto), la “straniera”. Due fatti, questi, che mostrano chiaramente la disumanizzazione agita nei confronti delle “straniere”. Una disumanizzazione che nei Cie raggiunge il suo apice. Ricatti sessuali, molestie, violenze e stupri contro le donne sono, infatti, il “pane quotidiano” in questi universi concentrazionari – per molti aspetti assai simili ai lager – sin dalla loro creazione, alla fine degli anni ’90. Due anni fa siamo scese in piazza a Roma nel grande e determinato corteo di donne e lesbiche per dire che nessun “pacchetto sicurezza” doveva essere varato in nostro nome. Oggi il “pacchetto sicurezza” è in vigore e la campagna istituzionale e mediatica in suo sostegno è stata costruita proprio sull’equazione razzista clandestino=stupratore. Ma la realtà è ben diversa e per questo diventa urgente fare un salto e denunciare i Cie come luoghi privilegiati di violenza e sopraffazione contro le donne migranti, luoghi in cui i guardiani si sentono in diritto di abusare delle donne rinchiuse, forti anche delle connivenze istituzionali che ne garantiscono coperture e impunità. Come gruppo di compagne, femministe e lesbiche di Bologna, abbiamo cominciato ad andare sotto il Cie di Via Mattei il 13 ottobre mentre a Milano venivano condannate a sei mesi di carcere alcune donne nigeriane “colpevoli” di aver partecipato, in agosto, alla rivolta nel Cie milanese. Durante un’udienza una di queste donne, Joy, ha denunciato in aula di aver subito – dopo vari ricatti sessuali – un tentativo di stupro da parte dell’ispettore-capo del Cie, Vittorio Addesso, e di essersi salvata solo grazie all’aiuto della sua compagna di cella, Hellen. Durante la rivolta, Joy ed Hellen con altre recluse sono, poi, state trascinate, seminude, in una stanza senza telecamere, amanettate e fatte inginocchiare per poi venire picchiate selvaggiamente e successivamente tradotte in carcere. Con le loro dichiarazioni Joy ed Hellen, che ora rischiano un processo per “calunnia”, hanno portato alla luce la realtà della violenza razzista e sessista nei Cie. Siamo convinte che il loro coraggio vada sostenuto, che oggi sia importante e urgente il moltiplicarsi di iniziative di femministe e lesbiche che denuncino questa realtà a chi non la conosce o non la vuole vedere. Esattamente come abbiamo fatto e continuiamo a fare rispetto alla violenza in famiglia. Per questo proponiamo che per il 25 novembre – giornata internazionale contro la violenza sulle donne – nelle varie realtà locali, soprattutto (ma non solo) dove è presente uno dei tredici Cie sparsi sul territorio italiano, compagne, femministe e lesbiche costruiscano iniziative contro i Centri di identificazione ed espulsione ed in solidarietà a Joy ed Hellen e a tutte le migranti che hanno avuto – e che avranno – il coraggio di fare i nomi dei loro aguzzini. Siamo già in contatto con donne che, in alcune città, stanno organizzandosi per quella data; inoltre stiamo creando un blog per dare visibilità alle varie iniziative e creare una rete tra le diverse realtà di donne che si stanno mobilitando contro i Cie e la violenza sessista e razzista. Invitiamo tutti i collettivi e gruppi di compagne a darci comunicazione delle iniziative messe in cantiere per il 25 all'indirizzo complici@anche.no
E' appena uscito il volume curato da Elsa Dorlin Sexe, Race, Classe: pour une épistémologie de la domination, con saggi di Sarah Bracke, Elsa Dorlin, Jules Falquet, Sarah Al-Matary, Chandra Talpade Mohanty e altre/i. Nel sito di Actuel Marx trovate l'indice del volume e una breve presentazione del volume che copio-incollo di seguito (senza traduzione): La pensée féministe s’est historiquement attachée, depuis — voire en dehors de — la tradition matérialiste, à montrer que le rapport de classe n’épuise pas l’expérience de la domination vécue par les femmes et, plus généralement, par les minorités sexuelles. Plus encore, en élaborant des outils d’analyse tels que le « mode de production domestique », les « rapports sociaux de sexe » ou le « rapport de genre », la pensée féministe a travaillé sur l’imbrication des rapports de pouvoir, dénaturalisant la catégorie de « sexe » à l’aune de ses déterminations historico-sociales. Depuis quelques années en France, la réflexion sur l’imbrication des rapports de pouvoir s’est complexifiée davantage, notamment sous l’influence des travaux nord et sud-américains, mais aussi caribéens ou indiens. Les problématiques relatives aux identités sexuelles, aux régimes de sexualité, mais aussi celles articulant le genre et la nation, la religion et/ou la couleur, ont permis de développer un véritable champ de réflexion. La question cruciale de l’articulation du sexisme et du racisme, notamment, a ainsi renouvelé tout autant l’agenda des mouvements féministes que la recherche universitaire. Cet ouvrage a pour but d’interroger les différents outils critiques pour penser l’articulation des rapports de pouvoir. Tout en interrogeant leur mode propre de catégorisation (les catégories de « sexe » et de « race » ont-elles méthodologiquement le même statut que la classe ? À quelles conditions utiliser la catégorie de « race » comme une catégorie d’analyse ? L’analyse en termes de classe a-t-elle été éclipsée par l’analyse croisée du sexisme et du racisme, après les avoir longtemps occultés ?...) cet ouvrage discute les différents modes de conceptualisation de ce que l’on pourrait appeler « l’hydre de la domination » : analogique, arithmétique, géométrique, généalogique. À partir de différentes traditions disciplinaires (sociologie, science politique, philosophie, psychologie, littérature…), les contributions ici réunies présentent un état des lieux des diverses appréhensions de l’imbrication des rapports de pouvoir — « intersectionnalité », « consubstantialité », « mondialité », « postcolonialité », … et, ce faisant, (re)dessinent les contours d’une véritable épistémologie de la domination .
Da qualche settimana va in onda, su Radio Onda Rossa, una nuova trasmissione: Silenzio assordante. Voci, racconti e testimonianze delle lotte antirazziste dentro e fuori i Cie. La trasmissione - che potete ascoltare anche in streaming tutti i venerdì (ma che dalla prossima settimana cambia orario, va in onda infatti dalle 17 alle 18 e non più dalle 16 alle 17), - ha seguito tutte le lotte, dentro e fuori i Cie, che si sono succedute in quest'ultimo periodo, compresa ovviamente la storia di Joy e delle altre "rivoltose" (e rivoltosi) di via Corelli, dando anche spazio ai presidi itineranti verso il Cie di via Mattei di Noi non siamo complici (qui la trasmissione con interventi sul primo presidio del 13 ottobre, qui del secondo). Buon ascolto .
E' online già da un po' Donne della realta's blog, nato da un appello (di Paola Ciccioli, Francesca Mineo, Cristina Morini, Letizia Mosca e Daniela Stigliano) che si interrogava sulla "scomparsa", dai media mainstream - impegnati a discettare sul presunto silenzio delle donne e su vicende di escort, veline e uomini di potere -, delle donne della realtà, quelle cioè "che lavorano, che studiano, che coltivano i sogni con la fatica, che cercano di non piegarsi alla precarietà e aspirano a una professione che riconosca competenze e meriti. Quelle donne che la crisi vuole emarginare". Sacrosanta domanda. Vorrei aggiungere, dato che sono settimane che vengono inviati agli organi della cosiddetta (dis)informazione su carta stampata comunicati e report senza ricevere alcun feedback: dove sono finite le donne che denunciano e rompono il silenzio omertoso sulla violenza razzista e sessista? .
Sul sito di Zic.it potete ascoltare/scaricare l'audio degli interventi di Nicoletta Poidimani, Vincenza Perilli e Mauro Raspanti alla presentazione del volume Difendere la "razza", che si è tenuto la scorsa settimana a XM24. Grazie ai redattori di Zic.it per il lavoro e la condivisione.
Chiara Bonfiglioli, Lidia Cirillo, Laura Corradi, Barbara De Vivo, Sara Farris, Vincenza Perilli (a cura di), La straniera. Informazioni, sitobibliografie e ragionamenti su razzismo e sessimo, Edizioni Alegre, 2009. Per intanto c'è solo la copertina, ma presto potrete leggere tutto il resto ...