Mi segnalano che Marginalia è tra i link degenerati, di un nuovo portale di link di genere, femministi e antifascisti, Le degenerate, appunto. Devo dire che non mi dispiace, anche se tutto questo attivismo in rete mi costringerà ad aggiornare la mia "sitografia", oramai ferma a qualche mese fa. Ma, tempo permettendo, lo farò presto e con piacere. Anzi, continuate a comunicarmi le novità, prima o poi ci arrivo. Intanto comincio con il segnalare qui, buona lettura alle internaute ;-)
domenica 31 ottobre 2010
mercoledì 27 ottobre 2010
Arcipelago Queer
Sabato prossimo, 30 ottobre, al Circolo Glbtq Maurice (per le/i non-sabaude/i, il Maurice è a Torino, in via Stampatori 10), ci sarà un incontro seminariale con Fabrizia Di Stefano autrice de Il corpo senza qualità. Arcipelago queer. Un'occasione per discutere di teorie/politiche glbtq, a partire da un testo complesso, che intesse un profondo dialogo con la cultura filosofica francese contemporanea, con la psicanalisi, col femminismo e col postfemminismo, con la queer theory anglosassone e alcuni dei grandi "nodi" del presente. In attesa vi lascio alla lettura della recensione di Roberto Ciccarelli a Il corpo senza qualità.
"Oscillando tra depressione e euforia - perché così vuole il clima dell'epoca - passa inosservata la conflittualità sociale a bassa intensità che gli ultimi anni hanno espresso. È spesso troppo oneroso spiegare per la politica con la maiuscola, e per le scienze che avrebbero dovuto trovare percorsi alternativi per comprendere il mondo a dispetto di questa politica, ricordare che tali conflitti hanno investito la vita personale e la relazione tra i sessi, politicizzando la questione omosessuale. Poi vennero le campagne anti-nucleari, ecologiste, anti-aids e anti-globalizzazione. I sans papiers continuano a denunciare il razzismo di Stato. A chi più seriamente ha partecipato a questi movimenti resta il dubbio che il loro antagonismo plurale e microfisico non abbia prodotto alternative. Ciò che nemmeno i filosofi osano più nominare da almeno vent'anni - la soggettività politica - sembra essere esplosa in lacerti sul mercato delle identità e delle nicchie culturali. Qualcuno è arrivato a sostenere che l'avvento di questi movimenti avrebbe gettato un ponte tra le pratiche politiche e di pensiero che dagli anni Sessanta hanno decostruito la soggettività (maschile, eterosessuale, patriarcale) e le teorie neo-liberiste che hanno un unico sovrano: il cittadino-consumatore. Il libro di Fabrizia Di Stefano riprende i fili di questa impasse in cui è piombato il pensiero radicale e riconduce il problema a termini meno corrivi. Ed eccoci alla questione: non esiste alcuna alleanza, volontaria o involontaria, tra la (nuova) sinistra e la destra in nome del turbocapitalismo. Siamo seri, e il dibattito teorico sulla politica lo è sempre di meno, la crisi deriva dalle stesse politiche della liberazione e non da una loro segreta intesa con il «nemico». Il problema non si annida nelle origini, ma nelle pratiche. È politico, non ontologico. Il queer a cui Di Stefano dedica un libro arduo e personale, parlando di sé prima ancora della teoria, è una delle pratiche che hanno affrontato la crisi delle politiche radicali. Il queer è stato descritto come un'eterosessualità irriducibilmente nomade, una neo-omosessualità fondata sulla decostruzione dell'idea di genere sessuale in accordo con il nuovo femminismo ed infine come pratica che non risponde a identità predefinite e costruisce una politica in base al posizionamento del soggetto rispetto al proprio desiderio. Al di là delle differenze tassonomiche che lo hanno reso un arcipelago e non un'isola, Di Stefano considera il queer come una pratica dei desideri e dei corpi non riducibili alla norma eterosessuale. Questa pratica politica ha amplificato la rottura della rappresentazione oppositiva tra omosessualità e eterosessualità, confermando che le soggettività vivono oggi in uno spazio politico non riducibile alla democrazia rappresentativa e alle sue infinite aberrazioni populistiche e spettacolari. L'autore individua dunque nel queer una «implicazione malinconica» dovuta alla difficoltà che lo accomuna al pensiero radicale contemporaneo. Nella sua prassi «performativa» emergerebbe il «sintomo» di cos'è diventata oggi la soggettività. Vittima della frammentazione postmoderna, essa continua a coltivare il desiderio di una «fraternità senza padri né madri». Non è difficile incontrarla nelle dialettiche tra i sessi, come nei legami sociali che si affermano al di là della politica rappresentativa. Il problema è che questi legami restano allo stato gassoso e non trovano la leva per diventare politici. Sono ostaggi della pulsione alla disidentificazione privata che abbandona la politica all'irrigidimento di un sistema di valori che riscopre il religioso al limite del mistico, il securitarismo che corteggia il razzismo per esigenze elettorali. La soluzione - scrive Di Stefano - non può venire dalle teorie dell'eccedenza del sociale (la moltitudine, il potere costituente). Un soggetto politico non può emergere dal contesto che lo neutralizza. Resta ancora da capire se basti, invece, rimettersi alla contingenza e alle pratiche di comunicazione elaborate dai soggetti perché nasca un'alternativa realmente efficace" (R. Ciccarelli, Il manifesto, 1 ottobre 2010).
"Oscillando tra depressione e euforia - perché così vuole il clima dell'epoca - passa inosservata la conflittualità sociale a bassa intensità che gli ultimi anni hanno espresso. È spesso troppo oneroso spiegare per la politica con la maiuscola, e per le scienze che avrebbero dovuto trovare percorsi alternativi per comprendere il mondo a dispetto di questa politica, ricordare che tali conflitti hanno investito la vita personale e la relazione tra i sessi, politicizzando la questione omosessuale. Poi vennero le campagne anti-nucleari, ecologiste, anti-aids e anti-globalizzazione. I sans papiers continuano a denunciare il razzismo di Stato. A chi più seriamente ha partecipato a questi movimenti resta il dubbio che il loro antagonismo plurale e microfisico non abbia prodotto alternative. Ciò che nemmeno i filosofi osano più nominare da almeno vent'anni - la soggettività politica - sembra essere esplosa in lacerti sul mercato delle identità e delle nicchie culturali. Qualcuno è arrivato a sostenere che l'avvento di questi movimenti avrebbe gettato un ponte tra le pratiche politiche e di pensiero che dagli anni Sessanta hanno decostruito la soggettività (maschile, eterosessuale, patriarcale) e le teorie neo-liberiste che hanno un unico sovrano: il cittadino-consumatore. Il libro di Fabrizia Di Stefano riprende i fili di questa impasse in cui è piombato il pensiero radicale e riconduce il problema a termini meno corrivi. Ed eccoci alla questione: non esiste alcuna alleanza, volontaria o involontaria, tra la (nuova) sinistra e la destra in nome del turbocapitalismo. Siamo seri, e il dibattito teorico sulla politica lo è sempre di meno, la crisi deriva dalle stesse politiche della liberazione e non da una loro segreta intesa con il «nemico». Il problema non si annida nelle origini, ma nelle pratiche. È politico, non ontologico. Il queer a cui Di Stefano dedica un libro arduo e personale, parlando di sé prima ancora della teoria, è una delle pratiche che hanno affrontato la crisi delle politiche radicali. Il queer è stato descritto come un'eterosessualità irriducibilmente nomade, una neo-omosessualità fondata sulla decostruzione dell'idea di genere sessuale in accordo con il nuovo femminismo ed infine come pratica che non risponde a identità predefinite e costruisce una politica in base al posizionamento del soggetto rispetto al proprio desiderio. Al di là delle differenze tassonomiche che lo hanno reso un arcipelago e non un'isola, Di Stefano considera il queer come una pratica dei desideri e dei corpi non riducibili alla norma eterosessuale. Questa pratica politica ha amplificato la rottura della rappresentazione oppositiva tra omosessualità e eterosessualità, confermando che le soggettività vivono oggi in uno spazio politico non riducibile alla democrazia rappresentativa e alle sue infinite aberrazioni populistiche e spettacolari. L'autore individua dunque nel queer una «implicazione malinconica» dovuta alla difficoltà che lo accomuna al pensiero radicale contemporaneo. Nella sua prassi «performativa» emergerebbe il «sintomo» di cos'è diventata oggi la soggettività. Vittima della frammentazione postmoderna, essa continua a coltivare il desiderio di una «fraternità senza padri né madri». Non è difficile incontrarla nelle dialettiche tra i sessi, come nei legami sociali che si affermano al di là della politica rappresentativa. Il problema è che questi legami restano allo stato gassoso e non trovano la leva per diventare politici. Sono ostaggi della pulsione alla disidentificazione privata che abbandona la politica all'irrigidimento di un sistema di valori che riscopre il religioso al limite del mistico, il securitarismo che corteggia il razzismo per esigenze elettorali. La soluzione - scrive Di Stefano - non può venire dalle teorie dell'eccedenza del sociale (la moltitudine, il potere costituente). Un soggetto politico non può emergere dal contesto che lo neutralizza. Resta ancora da capire se basti, invece, rimettersi alla contingenza e alle pratiche di comunicazione elaborate dai soggetti perché nasca un'alternativa realmente efficace" (R. Ciccarelli, Il manifesto, 1 ottobre 2010).
sabato 23 ottobre 2010
Meridionali e "predisposizione genetica"
Ci aveva un po' inquietato, tra i commenti a Sarah e le pari opportunità, leggere che l'omicidio di Sarah Scazzi era riconducibile a una certa "cultura meridionale". Purtroppo sembra che non sia un commento isolato, almeno a leggere quelli riportati da L'Anticomunitarista dal forum di Radio Padania Libera. Che il rapporto Eures relativo agli ultimi anni abbia dimostrato ancora una volta che gli omicidi commessi in ambito familiare/di prossimità avvengono soprattutto al Nord (in regioni come la Lombardia e il Veneto), non importa. I dati non spostano una virgola in un certo immaginario razzista per il quale il Sud è sempre il Sud. E' lo stesso meccanismo di quando la vittima si chiama Hina o Saana: è inutile ricordare che l'Islam non c'entra e che la maggioranza delle donne in Italia sono vittime di uomini italiani presumibilmente di religione cattolica. La prerogativa del sessismo più violento appartiene di diritto a "clandestini", "immigrati", "musulmani" e per estensione maschi del Sud Italia. Non per niente quelli/e del sud sono stati/e i/le primi/e "marocchini/e" di questo paese. Peccato però non ci sia dato sapere se omicidi come quello commesso da Olindo e la sua bella siano riconducibili a una certa "cultura Padana"....
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giovedì 21 ottobre 2010
Angela Davis e Yuri Kochiyama: conversazione su vita, lotte e liberazione
Trailer di Mountains That Take Wing: Angela Davis & Yuri Kochiyama - A Conversation on Life, Struggles & Liberation, un film/documentario di C. A Griffith (tra i suoi film The Life & Work of Audre Lorde) e H. L. T. Quan.
mercoledì 20 ottobre 2010
Challenging Italian Racism: Intersezioni tra razzismo e sessismo nell'Italia contemporanea. Una cartografia critica dei recenti dibattiti femministi
Intersections of racism and sexism in contemporary Italy: A critical cartography of recent feminist debates, è il titolo di un saggio di Chiara Bonfiglioli appena pubblicato sull'ultimo numero di Darkmatter, Challenging Italian Racism, con interventi, tra gli altri, di Sandro Mezzadra, Renate Siebert, Costanza Margiotta ... L'intero numero è online, il saggio di Chiara potete leggerlo qui, buona lettura e riflessioni.
martedì 19 ottobre 2010
Zapruder: Brava gente. Memoria e rappresentazioni del colonialismo italiano
E' finalmente uscito il numero di Zapruder n. 23, curato da Elena Petricola e Andrea Tappi. Si intitola Brava gente. Memoria e rappresentazioni del colonialismo italiano e porta a conclusione il progetto di studio e ricerca comune iniziato nel gennaio del 2009 su Memoria, rappresentazioni e uso pubblico della storia del colonialismo. Contesto italiano e aspetti comparativi. La rivista come sapete è disponibile tramite abbonamento e nelle librerie (per intanto trovate l'indice completo nel sito di Zapruder). Vi invitiamo a promuoverne la diffusione sapendo che si tratta di un lavoro interamente autofinanziato dal quale non traiamo alcun profitto se non uno spazio di espressione autonoma. In occasione dell’uscita del numero ci stiamo organizzando per fare delle presentazioni in diverse città (italiane al momento …). La prima sarà a Palermo questo venerdì (22 ottobre) alle 18.30 al Laboratorio Zeta. Per qualsiasi informazione riguardo al numero, per sapere le date delle prossime presentazioni, per abbonarvi o farci sapere che desiderate organizzare una presentazione nella vostra città, paesello o reame (non poniamo limiti alle mete) potete contattare direttamente i curatori, visitare il sito di Storie in Movimento/Zapruder o lasciare un commento qui. Non ci resta che augurarvi buona lettura.
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domenica 17 ottobre 2010
Un'Italia post-razziale? Il discorso sulla razza e sul colore nella letteratura di migrazione
Questo il titolo (che, se ho ben trascritto, è stato modificato dalla stessa relatrice nel corso del convegno in Cenni sulla "razza" e sul "colore" in vent'anni di scrittura sulla migrazione in Italia) dell'intervento di Caterina Romeo alla due giorni Leggere il testo e il Mondo. Vent'anni di letteratura della migrazione in Italia. A onor del vero devo dire che non mi è stato possibile (per la solita corsa ad ostacoli quotidiana) di seguire tutto il convegno, quindi magari qualcosa mi sarà sfuggito, ma rimane tuttavia il fatto che quello di Caterina Romeo è stato l'intervento che mi ha dato/detto di più. E poi è stato l'unico che ha tenuto conto anche della dimensione di "genere", e non mi sembra poco. Per chi non c'era non resta ora che sperare negli atti ...
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venerdì 15 ottobre 2010
"Ici on noié les algeriens": il massacro del 17 ottobre 1961 tra storia e oblio
In ricordo delle vittime algerine del massacro del 17 ottobre 1961 a Parigi.
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mercoledì 13 ottobre 2010
Jamila Hassoune e la carovana del libro
Jamila Hassoune, è libraia a Marrakech e ideatrice della Caravane du livre - "spazio culturale mobile", come lei stessa lo definisce nel suo sito -, carovana che oramai da quasi cinque anni porta libri nelle zone rurali del Sud del Marocco dove i libri "sono rari come la pioggia". Jamila Hassoune sarà domani, giovedì 14 ottobre alle ore 17.30, al Centro interculturale Zonarelli di Bologna, per incontrare donne e uomini delle associazioni maghrebine, e non solo. In serata, per tutte/i le/gli italiane/i, presentazione del libro Come la pioggia, presso il Convento di S. Cristina in via del Piombo, 5.
lunedì 11 ottobre 2010
La mia casa è dove sono
La mia casa è dove sono è il titolo (bellissimo) dell'ultimo libro di Igiaba Scego, discendente di una famiglia che il colpo di stato di Siad Barre in Somalia nel 1969 costringe all'esilio. Sicuramente torneremo a parlarne una volta finito di leggere, intanto rinviamo alla scheda in LettErranza. Peccato che, quasi in contemporanea, la stessa casa editrice che pubblica il libro di Scego - Rizzoli - dia alle stampe anche un improbabile romanzo in cui si enfatizzano le imprese di alcuni militanti di Blocco Studentesco/CasaPound ...
domenica 10 ottobre 2010
In morte di Paola Rivera, militante femminista
Si è spenta all'alba del 5 ottobre a Bologna, dopo una lunga malattia, Paola Rivera, militante femminista della prima ora a Taranto, nei primi anni 70. Difficile riassumere una vita di fronte allo sgomento di una morte. Qualche frammento per ricordarla: una bella intervista dove Paola Rivera racconta il suo percorso di donna e femminista sul sito di Radio popolare Salento, un articolo su Il femminismo e le radio libere nel '77 in Italia e a Taranto e infine, di seguito, la poesia che le ha dedicato in occasione della morte sua sorella Annamaria.
_____________Per Paola
Appartenevi in fondo
a un altro tempo
al tempo del pane e delle rose
della bellezza insieme alla giustizia
della rivolta rabbiosa eppur gentile
che avanza con passo
elegante e misurato
e sparge sul cammino
fiori di campo
ed essenze profumate.
Eppure il sortilegio
della tua voce
sommessa e musicale
che cantava fiabe e sogni
utopie e parabole istruttive
ha spezzato i confini
delle generazioni
poiché recava la fragranza
del pane appena sfornato
l’effluvio di piante
irrorate da poco
l’eco di bambini e di gatti e di cani
ronfanti per le tue carezze
il senso tattile di ricami
e maioliche decorate a mano
il profumo alla lavanda
d’abiti e lenzuola
ripiegati con cura
in cassetti di legno
odoroso e antico.
Bambini e ragazzi
adulti e vecchi
hanno danzato
intorno alla tua bara
al suono desueto di canti ribelli.
E tu signora della vita
che hai maneggiato
con cura e intimità e coraggio
signora della morte
che hai accompagnato
col tuo sorriso
ironico ed arcano
tu ci hai salutati
dalla spiaggia remota
che da due belle estati
t'aspettava trepida e inquieta
sabato 9 ottobre 2010
Sarah e le pari opportunità
Mentre oggi si terranno i funerali di Sarah Scazzi (la ragazzina di 15 anni strangolata e poi violentata dallo zio, il cui cadavere è stato ritrovato solo dopo più di un mese in un pozzo, ricoperto di pietre), ancora nessuna dichiarazione della ministra delle Pari Opportunità Mara Carfagna. Eppure, neanche una settimana fa, poche ore dopo la notizia dell' omicidio della migrante di origini pakistane Begm Shnez da parte del marito, aveva annunciato di volersi costituire parte civile al processo contro quest'ultimo. Notizia riportata con grande enfasi dai maggiori organi d'informazione. Sono questi i "privilegi" di cui godono i/le migranti nel nostro paese.
_________________L'immagine è un'opera dell'artista Jenny Holzer, qui in Marginalia via Gli occhi di Blimunda.
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giovedì 7 ottobre 2010
Mutilazioni genitali e cinture di castità
"La manipolazione del corpo e in particolare degli organi genitali, femminili e maschili, si è diffusa in tutte le civiltà e le culture, e non soltanto nelle loro forme 'primitive'. Gli uomini e le donne hanno sempre 'ritualizzato' il loro corpo, gli hanno inflitto sofferenze e impresso marchi e sigilli culturali, incidendolo quasi in tutte le sue parti. Oggi queste pratiche sono tutt'altro che estinte, come prova l'enorme diffusione in Occidente del tatuaggio, del piercing e di varie forme di modellazione chimica e chirurgica del corpo. Il fenomeno delle mutilazioni genitali femminili, in particolare, è stato presente non soltanto in Africa e non soltanto nei paesi islamici. Anche in Occidente la prassi si è largamente diffusa. E' certo che nella civilissima Grecia e a Roma si praticavano le mutilazioni genitali sia agli schiavi che alle schiave. Lo stesso trattamento era riservato agli atleti e ai gladiatori. A partire dal XII secolo, in parallelo con le crociate, si è diffusa nell'Europa cristiana l'applicazione alle giovani spose della cintura di castità, con effetti analoghi alla infibulazione. Nel corso dell'Ottocento, sia in Europa che negli Stati Uniti, l'ablazione del clitoride e la circoncisione maschile sono state usate come rimedio alla masturbazione. La clitoridectomia è stata usata anche come cura dei disturbi psichici, come l'isteria, l'epilessia e la ninfomania. Nell'Inghilterra vittoriana l'asportazione del clitoride è stata adottata da una parte della medicina ufficiale ed è stata praticata negli ospedali psichiatrici sino ai primi decenni del secolo scorso. Anche per Sigmund Freud, è noto, l'eliminazione della sessualità clitoridea era un requisito indispensabile per lo sviluppo di una femminilità matura". (da: Danilo Zolo, Infibulazione e circoncisione, in Jura Gentium. Rivista di filosofia del diritto internazionale e della politica globale, via Laura Corradi, Salute e ambiente. Diversità e diseguaglianze sociali, Carrocci, 2008).
martedì 5 ottobre 2010
Matrimoni combinati tra sessismo e razzismo
Relegato generalmente in scarni trafiletti, il quotidiano bollettino di guerra di femminicidi e varie violenze che si consumano in Italia ai danni di donne e bambine, scatena l'attenzione dei media e i commenti del politico di turno, quando la nazionalità dell'omicida e/o stupratore si presta ad essere usata strumentalmente per legittimare la politica securitaria e xenofoba che oramai caratterizza questo paese. Nonostante la nostra scarsa propensione alla "cronaca" abbiamo denunciato tante (troppe) volte questo meccanismo negli ultimi anni (e per non crivellare queste poche righe di link rinviamo agli articoli correlati in coda), e non avremmo voluto scrivere dell'ennesimo omicidio di una donna, presto immortalata sull'altare del sistema sessismo / razzismo. Lei, come si legge in svariati quotidiani, si chiamava Begm Shnez, quarantasei anni, pakistana, viveva a Modena. E' stata uccisa a sassate dal marito, Hamad Khan Butt, mentre difendeva la figlia ventenne - presa a sprangate dal fratello - che non voleva cedere al ditakt paterno del "matrimonio combinato". Abbiamo letto ieri con sgomento un articolo di Giuliana Sgrena su questa vicenda, articolo pubblicato su il manifesto, nella sua rubrica La maschera dell'islamismo. Perché collegare questo orrendo femminicidio (frutto come tantissimi altri della violenta autorità paterna/patriarcale) a l'Islam (o con la sua versione "islamista") quando in realtà la pratica dei "matrimoni combinati" è frutto di un retaggio culturale (violentemente riattivato dal processo di sradicamento migratorio) non immediatamente riconducibile ad una religione o un'altra? Perché "etnicizzarlo" collegandolo agli omicidi di Hina Saleem e Sanaa Dafani (e solo a quelli)? Perché scrivere che anche il suicidio avvenuto qualche settimana fa in provincia di Cremona di una ragazza di origini indiane era dovuto al timore di un "matrimonio combinato", quando invece sembra che quello che questa ragazza temeva era di essere espulsa grazie alla Bossi-Fini perché senza lavoro? E perché infine la ministra delle cosiddette Pari Opportunità, Mara Carfagna, chiede di costituirsi parte civile nel processo contro Hamad Khan Butt mentre è restata muta in tante altre occasioni, quando i massacratori erano uomini di nazionalità italiana, magari mariti di donne che il "matrimonio per amore" non ha ugualmente risparmiato?
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venerdì 1 ottobre 2010
Teresa Buonocore e il silenzio sui femminicidi nostrani
Per Sakineh appelli e gigantografie con la sua foto sulle facciate di palazzi (con rappresentanti delle istituzioni davanti in posa), invece per Teresa Buonocore ( la donna uccisa il venti settembre da due sicari su ordine dell'uomo che aveva stuprato la sua bambina e che lei aveva fatto finire in galera), il solito silenzio. Addirittura in un primo tempo le avevano dato della camorrista, a lei che si era opposta a un potere oltre che patriarcale anche mafioso. Ancora una volta sono le donne a rompere questo silenzio: fiaccolata per Teresa oggi a Portici (e in contemporanea a Bologna), per dire no al femminicidio, il nostro, non solo quello d'altrove.
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