domenica 20 marzo 2011

"Tripoli bel suol d'amore": la guerra in Libia e il centenario dell'invasione coloniale italiana



La guerra "umanitaria" contro la Libia è cominciata. Era nell'aria da un po' questo profumo di guerra, di petrolio, di interessi delle grandi multinazionali. Era nell'aria da un po' la voglia di gestire direttamente - facendo fuori "l'inaffidabile Gheddafi" - il flusso di risorse e "immigrati clandestini". Dall' alba Francia, Gran Bretagna e Stati Uniti, dopo Bengasi, bombardano Tripoli. L'Italia, come altre nazioni aderenti alla coalizione internazionale, non partecipa "ufficialmente" al raid aereo, ma sappiamo che il cosiddetto "nostro paese", ha messo a disposizione le sue basi (per non parlare delle armi che abbiamo a suo tempo venduto a Gheddafi). E questo a cosa equivale se non ad essere già (coinvolti)in guerra a pieno titolo? Del resto le/i siciliane/i già si sentono da ieri gli aerei volare sulla testa. Colpisce come una mazzata (togliendoci la lucidità per fare riflessioni che andrebbero fatte, su altre "guerre umanitarie" e "guerre senza umanità"), che tutto ciò avvenga nel centenario dell'invasione coloniale in Libia, anniversario offuscato (non ci meraviglia) dai centocinquant'anni dell'Unità d'Italia. Per memoria: fu il 5 ottobre del 1911 che gli italiani, al canto di A Tripoli! e in un tripudio di tricolori sventolanti, sbarcarono sul suolo libico. Il seguito dovremmo ricordarlo: i crimini di guerra italiani, le spietate rappresaglie, come quella all'indomani della sconfitta subita dagli italiani a Sciara Sciat, alle porte di Tripoli, la “caccia all'arabo” che ne seguì tra le vie della capitale con impiccagioni collettive e deportazioni di massa verso l'Italia che durarono almeno fino al 1916. Per non parlare poi, durante la “riconquista” fascista della Libia, delle rappresaglie, delle distruzioni sistematiche, delle deportazioni di massa di civili che causarono, come ricorda Angelo Del Boca, almeno 60 000 morti nella sola Cirenaica, anche bambini/e, dell'impiccagione, tra gli altri, il 16 settembre 1931 – in spregio ad ogni convenzione internazionale – di Omar el Mukhtar. E colpisce - ancora come una mazzata - che questa nuova guerra alla Libia cominci in giorni contraddistinti da un tripudio di bandiere tricolori e inni alla patria e alla nazione. Era nuda, avvolta solo nel tricolore, Alessandra Drudi, in arte Gea della Garisenda, quando, l'otto settembre 1911, si presentò sul palco del teatro Balbo di Torino per scaldare gli animi patriottici in vista dell'invasione della Libia cantando A Tripoli!. La canzone poi divenne famosa con uno dei versi della prima strofa, Tripoli bel suol d'amore e ritornò in voga in epoca fascista, ai tempi della "riconquista" mussoliniana di quelle terre. Il resto lo conosciamo. E queste nuove bandiere di cosa sono presagio?

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1 commento:

Clash77 ha detto...

MAI FIDARSI DEGLI ITALIANI !

<< (...) Articolo 3
Non ricorso alla minaccia o all’impiego della forza
Le Parti si impegnano a non ricorrere alla minaccia o all’impiego
della forza contro l’integrità territoriale o l’indipendenza politica
dell’altra Parte o a qualunque altra forma incompatibile con la Carta
delle Nazioni Unite,
(...) Articolo 4
Non ingerenza negli affari interni
1. Le Parti si astengono da qualunque forma di ingerenza diretta o
indiretta negli affari interni o esterni che rientrino nella
giurisdizione dell’altra Parte, attenendosi allo spirito di buon
vicinato.
2. Nel rispetto dei principî della legalità internazionale, l’Italia
non userà, ne permetterà l’uso dei propri territori in qualsiasi atto
ostile contro la Libia e la Libia non userà, né permetterà, l’uso dei
propri territori in qualsiasi atto ostile contro l’Italia. >>

(dal Trattato di amicizia, partenariato e cooperazione tra la
Repubblica Italiana e la Grande Giamahiria Araba Libica Popolare
Socialista, firmato a Bengasi il 30 agosto 2008:
http://it.wikisource.org/wiki/Trattato_Di_Amicizia,
_Partenariato_E_Cooperazione_Tra_La_Repubblica_Italiana_E_La_Grande_Giamahiria_Araba_Libica_Popolare_Socialista )