"La Verdi 15 non è un centro sociale, ma una residenza universitaria autogestita, una comunità in lotta formata da più di sessanta studenti provenienti da tre diversi continenti. La maggior parte di noi ha scelto l’Italia, e in particolare Torino, allettata dall’eccellenza dei suoi poli universitari e dalla promessa di dodicimila borse di studio, improvvisamente tradita. Ognuno di noi porta con sé la propria lingua, la propria cultura, una sua personale coscienza politica, la propria esperienza di vita. Qualcosa di irriducibile in un’etichetta ad uso e consumo dei politici che non tollerano il dissenso e dei giornalisti al loro servizio. Ciò che ci accomuna è la determinazione nel lottare contro chi, nella Torino che Fassino aveva promesso di trasformare in 'città dei giovani', sta smantellando il diritto allo studio lasciando senza un tetto e senza borsa di studio migliaia di studenti meritevoli, contro chi vuole ritornare ad un università classista, contro chi, complice delle banche, vuole farci indebitare con i prestiti d’onore' ": così si descrivevano qualche mese fa nel loro sito, gli studenti della Verdi 15 di Torino, dopo essere stati definiti dai giornali una “succursale dell’Askatasuna”, “autonomi antagonisti” ed “estremisti dei centri sociali”. Ieri la residenza universitaria - che tra l'altro il 17-18 novembre avrebbe dovuto ospitare l'XI assemblea generale di Storie in Movimento, l'associazione che edita Zapruder. Rivista di storia della conflittualità sociale -, è stata sgomberata, con modalità estremamente violente (e razziste: studenti pakistani separati da tutti gli altri e costretti a stare faccia al muro), da una polizia in assetto di guerra ...
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