Mentre la soppressione del corso di Studi di genere tenuto da Laura Corradi all'Università della Calabria porta ad una interrogazione parlamentare (di cui leggo in un articolo della giornalista Giovanna Pezzuoli pubblicato nel blog del Corriere della Sera che, sia detto en passant, cita anche un ampio stralcio del commento di Paola Di Cori sulla visibilità-invisibilità degli studi di genere in Italia, ma senza citare la fonte, ovvero questo blog, cosa che visto l'argomento dell'articolo fa riflettere), con tante in questi giorni ci stiamo chiedendo come costruire (a partire da questo episodio sintomatico sul quale auspichiamo si faccia chiarezza) un progetto politico collettivo e condiviso, che contribuisca non solo a rafforzare gli studi di genere in Italia e chi ci lavora ma anche a salvaguardarne la necessaria radicalità - che non possiamo mai dare per scontata neanche in questo campo -, contro processi di addomesticamento e neutralizzazione rafforzati da logiche baronali, riduzionismi burocratici e strumentalizzazioni politiche. Questione complessa e difficile che sarà possibile dipanare solo grazie alle riflessioni di tutte/i coloro che si occupano di studi di genere, dentro e fuori l'università, anche a partire da posizionamenti e percorsi diversi. Trovo preziosi in questo senso alcuni contributi che toccano aspetti cruciali, come il commento di Sara Garbagnoli al già citato intervento di Paola Di Cori e il testo del Centro di Women’s Studies dell'Università della Calabria “Milly Villa” pubblicato su Sud-DeGenere, il blog di Doriana Righini
9 commenti:
cara vi, intanto grazie.
ma lo sai che non mi ero resa conto assolutamente che il corriere non aveva fatto riferimento al tuo sito?!non si finisce mai di stupirsi (in negativo)....
spero, come te, che molto presto sulla situazione specifica verrà fatta chiarezza, e credo che sarà inevitabile (per fortuna).
il confronto "tra noi" è sempre necessario, e serve a metterci di fronte alle nostre responsabilità, anche quando ci convinciamo di non averne. sempre che non si voglia restare femministe solo a parole.
D.
Sì, assolutamente necessario un dialogo e confronto sullo stato degli studi di genere all'Unical e in generale negli atenei italiani, e in questo senso è importante che se ne torni a discutere oltre le "mura" delle università. Assurdo però che lo si faccia da settimane senza fare chiarezza sulle responsabilità reali e i meccanismi concreti che hanno condotto alla riduzione degli insegnamenti di genere all'Unical. Certo sui giornali fa rating e sulla rete è facile raccogliere adesioni, ma resta inaccettabile qualsiasi tentativo di personalizzazione del caso o di invisibilizzazione se non denigrazione di quanto conquistato e fatto finora, nella diversità, qui in Calabria, dalle lotte delle donne, dentro e fuori l'università. Isa
Grazie anche a te per questo spazio di confronto e crescita. Mai come ora abbiamo bisogno di chiarezza, e di uno spazio serio di approfondimento libero da strumentalizzazioni, personalizzazioni, delegittimazioni varie. Viviamo in un paese che ha scelto di non considerare prioritaria l’università, la didattica e la ricerca; facciamo i conti con l’assurdità dei tagli che per rispondere alle esigenze di calcolo annullano le nostre opportunità. I percorsi universitari sono ridotti alla somma di crediti e alla sottrazione di conoscenza, di riflessione critica, di capacità di discernimento. Tutto ciò è realtà contro la quale abbiamo lottato, in tanti modi diversi. Senza mai perdere di vista quella che per me, in questo caso, è la forma di lotta e resistenza: studiare, fare ricerca, didattica critica, impegno radicato in un territorio. Ci scontriamo con le le nostre speranze "tagliate".
Ma davanti a ciò cosa facciamo? Usiamo gli stessi strumenti di coloro contro i quali abbiamo sempre lottato?
C'è un noi che da anni, cerca alternative possibili, da anni resiste a tutto ciò. Per me questo noi è stato il centro di Women's Studies Milly Villa. Stiamo lottando da tempo affinché la prospettiva di genere sia trasversale a tutti gli ambiti; stiamo lottando da tempo perché vogliamo una formazione universitaria che abbia cura delle dimensioni di genere in tutti i livelli; stiamo lottando da tempo affinché chi ama profondamente leggere la realtà attraverso il prisma di genere possa continuare a farlo. Stiamo lottando perché la memoria sia un bene che si concretizza nella continuità di una trasmissione tra generazioni che crescono insieme. Abbiamo provato non ad essere un "io unico", ma un "noi politico".
Care Doriana e Isa,
sono convinta che, se un dialogo e un confronto sullo stato degli studi di genere all'Unical e in generale negli atenei italiani, si farà questo sarà possibile solo con lo sforzo di tutte noi (come sottolinea anche Sabrina Garofalo nel blog di Doriana), ma mi sembra che siamo sulla buona strada ... almeno noi che stiamo provando a confrontarci, anche a partire da posizionamenti diversi
Un abbraccio
cara vi, il fatto è che credo che "noi che stiamo provando a confrontarci" non partiamo affatto da posizionamenti diversi (almeno, per come intendo posizionamenti), un abbraccio e grazie :-)
Credi? Non so, se penso solo alle donne che si sono espresse qui (che è un piccolo, piccolissimo spazio - quindi non "significativo"), mi sembra che tutte occupiamo posizionamenti diversi - se per posizionamento intendiamo anche solo la "posizione" che ognuna/o occupa a seconda del contesto e delle relazioni. Quello che volevo dire comunque è che se anche ognuna/o di noi è diversamente diversamente coinvolta (e implicata) in questa faccenda forse si dovrebbe fare uno sforzo per immaginare un terreno comune di lotta capace di far emergere (positivamente)anche i diversi livelli di conflitto e dinamiche di potere ...
Care, grazie per questo desiderio condiviso. Dobbiamo assolutamente trovare uno spazio di reale confronto, di approfondimento serio, uno spazio in cui ripensare i campi di forza in cui siamo, diversamente, implicate. Cercandone alternative possibili. A partire da qui, da quello che sta accadendo, organizzando le nostre "speranze"... bella opportunità per creare un "noi". Sabrina
Grazie a te Sabrina
A presto
vi, per posizionamento intendevo qualcosa di diverso ma non serve che mi ci soffermi.a proposito del far emergere i diversi livelli di conflitto sono d'accordo con te e voglio riportare le parole di alessandra pigliaru (di un bel pò di tempo fa e riferite ad altra storia, ma che forse rendono l'idea di quello che immagino):
"Bisognerebbe stabilire una volta per tutte cosa si vuol metter in scena: i propri risentimenti mai detti e mai risolti o i desideri di relazione. Tra i desideri potrebbe essercene uno efficace: mettere a frutto il conflitto avendo la capacità di dipanarlo. Soprattutto credo si debba nominare quel desiderio, sia esso mimetico o meno, ed esplicitarlo. Sostituire cioè il faticoso agonismo della vendetta con la passione politica della costruzione di un progetto. La vendetta infatti non guarda al futuro, la passione politica invece si. Almeno dovrebbe."
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