Nell'ultimo numero di Zapruder. Rivista di storia della conflittualità sociale, dal titolo Primavere rumorose, a cura di Marco Armiero, Stefania Barca e Andrea Tappi, è stata pubblicata la mia recensione al primo volume, curato da Gabriele Proglio, del progetto Orientalismi italiani, di cui nel frattempo è stato pubblicato il secondo volume ed è in preparazione il terzo. Buona lettura // "Orientalismi italiani / 1 è il primo risultato di un progetto più vasto – di cui è imminente la pubblicazione di un altro volume alla quale seguirà presto un terzo – avviato più di un anno fa, con l'intento di far emergere le specifiche "geografie immaginarie" sul cosiddetto Oriente così come si configurano nelle narrazioni di molteplici soggetti italiani/e: viaggiatori e viaggiatrici, missionari, avventurieri, esploratori, militari, mercanti o anarchiche come la milanese Leda Rafanelli, figura al centro del saggio di Barbara Spackman. Se infatti, come scrive Proglio nell'introduzione, le ricerche sulla costruzione dell'immaginario europeo e dell'oriente si sono moltiplicate dal 1978, anno di uscita di Orientalism di Edward Said, ancora poco indagate risultano le fonti italiane, un aspetto che è indubbiamente indicativo della tardiva ricezione di questo filone di studi nel nostro paese dove, del resto, lo stesso volume di Said è stato tradotto e pubblicato, con un significativo ritardo, solo nel 1991. Il progetto si pone dunque l'obiettivo ambizioso di cominciare a colmare questo vuoto ma anche di superare alcuni punti di criticità dell'impianto saidiano, evitando sia di assumere il discorso "orientalista" come «statico, uniforme e semplicemente ripetitivo» (p. 10) che le trappole costituite da una lettura che, insistendo sulla ricerca di omogeneità, rischia continuamente di non mettere a fuoco «il nesso tra spazi ipotizzati e realmente occupati, i 'nostri' tanto quanto i 'loro'» (p.11). A partire dalla scelta del plurale del titolo, così come in quella di non porre confini sia temporali che geografici – si va ad esempio dal Seicento, con il saggio di Margherita Trento sull'opera di evangelizzazione dei gesuiti in India nel primi anni del XVII secolo, al periodo del dopoguerra con gli stereotipi presenti negli scritti di reduci del 'fronte orientale' russo-sovietico indagati da Simone Attilio Bellezza –, questo primo volume offre una panoramica non scontata delle diverse forme che il discorso "orientalista" ha assunto nel contesto italiano anche attraverso l'utilizzo – di fianco a tematiche "classiche" come quella del viaggio (come nel saggio di Francesco Surdich sul viaggio compiuto da Monsignor Bonomia Bonomelli alla fine dell'Ottocento o in quello di Anna Calia sui viaggiatori veneziani tra fine del quindicesimo e inizi del sedicesimo secolo o il saggio di Paolo Orvieto sull'"altro orientale") – di tematiche o contesti meno usuali, ad esempio la musica (al centro del saggio di Stefano A.E. Leoni), i giochi da tavolo italiani tra fine Ottocento e metà del Novecento presi in esame da Marta Villa o le reazioni al cibo locale di viaggiatori e residenti italiani in India tra 1860 e 1930 indagate da Antonella Viola. Contemporaneamente il volume esplicita chiaramente la necessità di cogliere le continuità e le discontinuità tra passato e presente delle diverse e articolate rappresentazioni stereotipe dell''oriente' anche coloniale – come l'Etiopia tratteggiata da Marco Demichelis o la Libia nel saggio di Luigi Benevelli –, mettendo in luce le trasformazioni di cui sono oggetto e le forme che assumono nell'attualità, questione che emerge con chiarezza in alcune riflessioni presenti nell'intervista di Simone Brione alla scrittrice Shirin Ramzanali Fazel, autrice di Lontano da Mogadiscio (1994), uno dei primi romanzi italiani della letteratura detta "di migrazione" (Vincenza Perilli, in Zapruder, n. 31, 2013)
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