venerdì 3 aprile 2009

La storia di Kante

Di seguito La storia di Kante, comunicato delle donne del Coordinamento migranti di Bologna e Provincia a proposito della vicenda di una migrante denunciata subito dopo il parto dal zelante personale medico del Fatebenefratelli di Napoli perché "clandestina". La storia di Kante* (in fuga dalla guerra civile in Costa d'Avorio, rifugiata dal 2007 in Italia dove la sua richiesta di asilo politico è stata già rifiutata più volte, separata dal figlio alla nascita e denunciata), è paradigmatica di una situazione oramai insostenibile che ci obbliga a dare una risposta alla domanda: da che parte stiamo?


La storia di Kante

La storia di Kante racconta di un futuro che è subito presente. Nell’Italia del pacchetto sicurezza, migliaia di donne come Kante possono essere denunciate qualche minuto prima o qualche minuto dopo il parto per aver scelto di rivolgersi a una struttura sanitaria nonostante l’”imperdonabile colpa” di non avere documenti. Possono essere separate dai loro figli, che non avranno la possibilità di avere un nome, perché l’Italia del pacchetto sicurezza impedisce la registrazione anagrafica dei bambini e delle bambine nati senza permesso di soggiorno. Nati clandestini. Nell’Italia del pacchetto sicurezza, migliaia di donne sceglieranno di partorire o di abortire in condizioni rischiose e precarie, nasconderanno le ferite delle violenze subite pur di sfuggire alla minaccia di espulsione.

La storia di Kante anticipa il futuro, perché il pacchetto sicurezza non è stato ancora approvato eppure comincia già a far valere la sua efficacia, con la complicità di quella parte del personale medico che non ha alzato la sua voce contro il razzismo delle nuove misure, ma se ne fa docile e zelante esecutore. Uomini e donne ne subiscono e ne subiranno gli effetti, ma per le donne migranti significa e significherà perdere il controllo sul proprio corpo, tanto più esposto alla pubblica mannaia del razzismo, della violenza e dello sfruttamento quanto più sarà rinchiuso in un mondo privato e clandestino.

La storia di Kante è la storia di una legge, la Bossi-Fini, che col pacchetto sicurezza cerca di realizzare il sogno patriarcale di un respingimento delle donne negli spazi chiusi delle mura domestiche, nel muto orizzonte della clandestinità legale e politica. È per questa ragione che la storia di Kante parla a tutte le donne ed è per questa ragione che la lotta contro il razzismo istituzionale del pacchetto sicurezza e della legge Bossi-Fini deve coinvolgerci tutte. Perché riscrivere la storia di Kante, e la storia di noi tutte, è ancora possibile. Per raccontare un’altra storia del futuro, è necessario scegliere adesso DA CHE PARTE STARE.


* A post pubblicato apprendo da una lista di discussione che il nome è in realtà Kadiatou, essendo Kante il cognome. Grazie a tutte
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Per maggiori dettagli su questa vicenda, che risale al 5 marzo ma di cui solo qualche giorno fa si è avuta notizia, rinvio qui, qui, qui, qui e qui. Intanto per bolognesi e nomadic*, ricordo l'assemblea che si terrà domenica per organizzare insieme la Giornata dei/delle migranti e una grande manifestazione nazionale.
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5 commenti:

Anonimo ha detto...

http://napoli.metropolisinfo.it/article/view/101239/
dicono che l'identificazione non è denunciare, ma si fa per il bene del neonato

Enzo Patronelli ha detto...

Ciao Vincenza, ho aggiornanto nel mio blog gli sviluppi del raduno fascista di domenica prossima a Milano. Io saro' in piazza della Scala all'happening culturale contro ogni fascismo che si terra' nel pomeriggio sperando che i fascisti rinuncino a sfilare per la citta' come a Bergamo con quel che ne e' conseguito. Un abbraccio resistente.

v. ha detto...

Per anonimo/a: quanti crimini in nome dei/delle bambini/e!

Per Enzo: un abbraccio resistente anche a te, sono con voi idealmente anche se non fisicamente e mi auguro che troverete il giusto modo per non cadere in facili provocazioni

Inoltre segnalo che, dopo la pubblicazione di questo mio intervento in AgoraVox, si è scatenato un dibattito sulla "libertà d'espressione", che forse varrebbe la pena riprendere
Lo trovate qui:
http://www.agoravox.it/Chi-sono-i-neofascisti-che-si.html

Anonimo ha detto...

Ho letto su agora il 'dibattito', e sono rimasta basita.
Si tirano in ballo concetti quali la democrazia, la libertà d'espressione, la libertà tout court.
Ad un certo punto ho guardato meglio gli intervenuti e ho notato che la maggior parte erano(sono)di uomini. E' un caso? Credo di no. Qualcuno ha scritto che pecchiamo di una vera tradizione liberale. Può essere. Sicuramente però non ci facciamo mancare nulla, quando in toto, assumiamo il punto di vista di un neo patriarcato frutto di questo mondo globalizzato. E liberista.
E' un caso che la maggior parte degli intervenuti, professano la loro fede nella democrazia(liberista)o in una libertà di tipo classista(leggi illuminista neoliberale)per sostenere coloro che rappresentano il simbolo del patriarcato e del capitalismo? Io vi ho letto molto empatia genealogica.
Infine, nello sbandierare a tutto campo, la libertà d'espressione, non ci si accorge che si potrebbe arrivare a contrabbandarla per scopi e in ambiti i più diversi: perché scandalizzarsi, allora, se un mafioso condannato al 41bis, si lamenta di questo stato di detenzione, attraverso le pagine di un giornale: avrà pure il diritto di esprimersi?


Ps= ho ricevuto la tua e-mail, cercherò di risponderti prima possibile

un saluto
floreana

v. ha detto...

Concordo con quanto scrivi su questa benedetta "libertà d'espressione". Per esperienza invece (e purtroppo) non sono certa che il fatto che gli interventi del dibattito in AgoraVox siano per la maggior parte di uomini, dimostri che le donne siano più "impermeabili" a queste derive. Ma che semplicemente si esprimono meno pubblicamente ...
Preferirei sbagliarmi
Buona serata e un saluto anche a te
v.