venerdì 29 febbraio 2008

8 marzo: il mito delle origini (e del centenario)

Esprimiamo un forte e chiaro no alle strumentalizzazioni ai fini elettorali dell'8 marzo da parte di cgil, cisl e uil, organizzazioni che sostengono politiche familiste e di controllo sui corpi e a cui non deleghiamo l'espressione del nostro pensiero e delle nostre pratiche politiche”.

Queste le poche righe del documento conclusivo della due giorni romana Flat, che, prendendo le distanze dalla manifestazione promossa per “la festa della donna” dai sindacati confederali, proponeva un 8 marzo autorganizzato a livello territoriale “che rilanci la lotta per l'autodeterminazione, manifestando con lo striscione comune: Tra la festa, il rito e il silenzio noi scegliamo la lotta!”.

Le reazioni non si fanno attendere: una “lettera aperta” all'assemblea di Susanna Camusso – segretario generale della CGIL Lombardia -, viene pubblicata su Liberazione, inviata e discussa nella lista Sommosse e ripresa e commentata in altri siti.

In “Ricominciare ogni volta da zero?”, Camusso sostiene e difende la scelta della CGIL, rivendicando anzitutto la partecipazione di molte militanti e iscritte a questo sindacato al percorso che, dalla manifestazione del 24 novembre, ha portato alla due giorni “perché, può piacere o no, il movimento sindacale è grandemente permeato dal pensiero e dalla pratica femminista”. E continua (scusate la lunga citazione): “[...] non si può certo dire che il movimento sindacale strumentalizzi l'8 marzo [...], quella data è nelle nostre radici e solo un 'bisogno' esasperato di antagonismo – incomprensibile se non in una logica di negazione della pluralità – può giustificare l'atteggiamento di duro contrasto espresso nel documento dell'assemblea nazionale del 24 febbraio a Roma. Inutile ogni commento anche sulla questione della presunta strumentalizzazione elettorale: che genere di valutazione può portare a considerare come tale una manifestazione che si sta preparando ormai da molti mesi per commemorare il centenario dell'8 marzo? [...] Non si ha l'impressione di un confronto politico ma dell'affermarsi dell'idea che liquidare storie ed esperienze delle altre renda forte il proprio pensiero: si chiama settarismo, è una modalità antica, che indebolisce il pensiero, esclude e, permettetemi di dirlo, invecchia. [...] E' questo il segno che si vuol dare all'8 marzo? Vogliamo davvero che prevalga una logica minoritaria e di divisione tra donne? [...] Non credo che ricominciare ogni volta da zero sia un risultato, così come non è un risultato negare tutte quelle donne che hanno popolato le piazze di questi anni, il 14 gennaio come il 24 novembre, e l'impegno delle tante che ogni giorno provano a parlare con le migranti e le lavoratrici [...]. L'amarezza è che non ci si divide su idee e proposte ma sulla volontà di negare il percorso e l'impegno di altre”.

Poiché l'articolo di Camusso è stato, nella sua interezza, già commentato e criticamente contestato da altre, mi limiterò ad un particolare che può sembrare marginale, cioè la confutazione del cosiddetto “centenario dell'8 marzo”. Infatti, seppure nell'ultimo periodo – anche grazie a materiali girati nel web - qualche dubbio si è fatto strada permettendo a gruppi e collettivi di rimettere nel cassetto per anni futuri slogan del tipo L'otto da cent'anni [1], non mi sembra che tutte le implicazioni del mito (mito delle origini e del centenario) siano divenute patrimonio comune e condiviso. Cosa a mio avviso gravissima, perché è proprio la rimessa in discussione di questo mito che offre una risposta – per certi versi inaspettata - a tutte le discussioni intorno alle “strumentalizzazioni” dell'8 marzo, strumentalizzazioni che, come vedremo, non sono cominciate oggi.


8 marzo: il mito delle origini (e del centenario)


Una certa confusione regna da decenni intorno alle origini dell'8 marzo: se in Francia la data “simbolo” è l'8 marzo 1857 (in ricordo dello sciopero di centinaia operaie tessili a New York duramente represso dalla polizia) in Italia il mito ruota intorno al 1908 quando, ci viene raccontato, un incendio divampò in un opificio degli Stati Uniti causando la morte di un centinaio di operaie. Queste date (e gli avvenimenti ai quali si riferiscono) si sono rivelati però ad un attento studio delle fonti drammaticamente false e l'unica certezza sembra essere il fatto che questa confusione è stata da sempre adoperata sia in termini “strumentali” che per delegittimare il movimento femminista e la sua storia.

Emblematico mi sembra lo scambio di lettere pubblicate lo scorso anno (precisamente il 17 e il 31 marzo 2007) su Tuttolibri, supplemento de La Stampa, nella rubrica La posta di Carlo Fruttero, scambio che vede coinvolti alcuni lettori, lo stesso Fruttero ed infine Tilde Capomazza, co-autrice con Marisa Ombra del libro “8 marzo. Storie, miti, riti della giornata internazionale della donna” (1987, ristampa ed. Utopia, 1991).

Il 17 marzo sotto il titolo di “L'8 marzo un falso storico?”, viene pubblicata la lettera di un lettore di Genova che chiede a Fruttero conferma del tragico incendio avvenuto in un opificio di Chicago nel 1908 e in cui morirono 127 operaie, evento considerato da molt*, (almeno in Italia) all' origine della “festa delle donne” e messo in dubbio, durante una cena, da un amico. Fruttero risponde “ ... Ho anch'io un vago ricordo di aver letto su una rivista o in un libro qualcosa di 'negazionistico' in merito a quell'incendio, ma non saprei rimandarla a una fonte sicura. Ho addirittura il sospetto che della cosa, cioé del falso storico, siano ben coscienti i circoli femministi più spregiudicati, cui poco importa della verità, immagino: se l'incendio e le 127 torce umane 'funzionano' per la causa, lasciamole tranquillamente bruciare nella leggenda ...”.

Il sabato successivo la discussione continua. Sotto il titolo generale di “Fiction femminista” quattro lettere, ognuna con un titoletto. Nella prima “L'allibito (un lettore di Brescia) rimprovera a Fruttero “ ... la noia e fastidio con cui lei risponde (anzi, non risponde) alla richiesta del lettore [...] Un minimo di umiltà e di rispetto (e perché no, anche di professionalità) le avrebbe consentito di leggere in Wikipedia i documenti che le allego, nei quali c'è la fotografia dell'edificio bruciato a New York il 25 marzo 1911, che causò la morte di 146 persone, per la maggior parte giovani operaie ...[2].

Il buon samaritano(un lettore di Brescia) segnala il libro di Vittorio Messori (Pensare la storia. Una lettura cattolica dell'avventura umana, ed. Paoline, 1992) che al paragrafo Una 'festa' inventata (p. 55) afferma che “la storia, pur commovente, è falsa[3].

La terza lettera con il titoletto di “La storica inviperita” è quella di Tilde Capomazza che ricordando il volume da lei scritto con Marisa Ombra scrive che “ ... E' un libro di ben 167 pagine ... che scatenò “scandalo” sulla stampa di tutte le correnti per aver corretto la versione accreditata delle origini la quale recitava: 'Nel 1910 Clara Zetkin istituì la giornata internazionale della donna per ricordare la morte di 129 persone in un incendio a Chicago nel 1908 '...Il libro è da tempo esaurito altrimenti lo manderei al suo lettore (Palumbo), il quale da uomo sensibile si pone almeno delle domande ... Non lo manderei a lei perché sono certa che non lo leggerebbe. Peccato però che un uomo di cultura e di successo come lei abbia dato quella risposta”.

Nell'ultima lettera L'Insensibile (lo stesso Fruttero) conclude: “...sarò anche insensibile ma resto comunque confuso. Ci fu davvero l'incendio? E dove? A New York o a Chicago? Nel 1908 o nel 1911? E quante furono le vittime, 129 o 146?”.

A differenza dell'insensibile (e paternalista) Fruttero, la CGIL sembra non avere dubbi. Nella pagina dedicata alla Festa internazionale della donna del loro sito possiamo leggere testualmente: “L'8 marzo ha radici lontane. Nasce dal movimento internazionale socialista delle donne. Era il 1907: Clara Zetkin [...] organizza con Rosa Luxemburg [...] la prima conferenza internazionale della donna. Ma la data simbolo è legata all'incendio divampato in un opificio (Cottons) di Chicago nel 1908, occupato nel corso di uno sciopero da 129 operai tessili che morirono bruciate vive. Nel 1910 a Copenaghen, in occasione di un nuovo incontro internazionale della donna si propone l'istituzione di una Giornata internazionale della donna, anche in ricordo dei fatti di Chicago”, affermazione che accredita in pieno la falsa versione dell'evento contestata da Capomazza ed Ombra nel loro già citato “8 marzo. Storie, miti, riti della giornata internazionale della donna”.

Ed è sulla scorta di questo libro e di quello di Mirco Volpedo “8 marzo” (ed. Erga, 2006) che Donne e Rivoluzione fornisce - in Viva l'8 marzo di lotta femminile, proletaria e rivoluzionaria! -, una ricostruzione delle origini dell'8 marzo dove si afferma che la “vera e propria ricorrenza dell’8 marzo nasce ufficialmente per ricordare la prima manifestazione delle operaie di Vyborg (Pietrogrado) dell’8 marzo 1917 [23 febbraio del calendario russo, NdC] che diede l’avvio alla rivoluzione di febbraio: nel giugno del 1921 la Seconda Conferenza Internazionale delle donne comuniste, che si tenne a Mosca nell’ambito della Terza Internazionale, adottò formalmente quella data come “Giornata Internazionale dell’Operaia”.

Viva l'8 marzo” tenta però anche di tenere insieme le varie date “simbolo”: lo sciopero duramente represso dalla polizia delle operaie tessili nel 1857 a New York; la prima Giornata nazionale delle donne celebrata negli Stati Uniti il 28 febbraio del 1909 [4]; il lungo sciopero portato avanti nello stesso anno a New York dalle operaie tessili della Triangle Shirtwaist Company; la proposta delle delegate tedesche (Zetkin in testa) in occasione della Seconda conferenza delle donne dell'Internazionale (tenutasi a Copenaghen il 29 agosto del 1910) di istituire una Giornata Internazionale della donna che fu di fatto celebrata per la prima volta in Europa l'anno successivo, il 19 marzo 1911; la decisione delle americane, a partire dal 1913, di far coincidere la loro Giornata nazionale delle donne con quella europea.

In questa ricostruzione vi è anche spazio per il famoso incendio a New York, che viene posticipato di qualche anno (troppo tardi quindi per essere all'origine della “Festa della donna” sia negli Stati Uniti che in Europa). Nell'incendio ( scoppiato, pare, nella stessa Triangle Shirtwaist Company, teatro dello sciopero del 1909) “più di 100 operaie (a seconda delle fonti 129 0 146) [...] (di cui molte italiane), rimangono uccise [...]. I proprietari della fabbrica, che al momento dell’incendio si trovavano al decimo piano e che tenevano chiuse a chiave le operaie per paura che rubassero o facessero troppe pause, si misero in salvo e lasciarono morire le donne [...]. Quell’incendio segna una data importante, anche se non è da esso, come erroneamente riportato da alcune fonti, che trae origine la Giornata della donna. Migliaia di persone presero parte ai funerali delle operaie uccise dal fuoco. Fu quel fatto tragico comunque che portò alla riforma della legislazione del lavoro negli Stati Uniti e che rafforzò nel tempo la Giornata della Donna istituita l’anno prima.(Narra la leggenda che sulla tomba delle operaie morte fossero fiorite poco dopo la loro sepoltura delle mimose)”.

Ma credo sia importante chiedersi il perché della “confusione” fiorita intorno all'8 marzo (confusione fatta di tante parziali “certezze” oltre di date e cifre diverse), per capire le ragioni di questa “confusione” e gettare nuova luce sulle “strumentalizzazioni” che sempre hanno accompagnato (e accompagnano) questa giornata.

Lo scorso anno avevo pubblicato qui in Marginalia in occasione dell'8 marzo la (parziale) traduzione di un articolo del 1982 di Liliane Kandel e Françoise Picq, Le mythe des origines. À propos de la journée internationale des femmes. Qui veniva dimostrata (consultando fonti primarie quali la stampa americana dell'epoca e fonti secondarie quali pubblicazioni sulla storia del movimento operaio e femminista del periodo) l'invenzione bella e buona del famoso sciopero del 1857, che diviene la data simbolo nel contesto francese a partire dagli anni 50 (negli stessi anni cioè in cui in Italia, come vedremo, fa la sua comparsa il mito delle povere operaie bruciate nel rogo della loro fabbrica.

Kandel e Picq ripercorrono le tappe dell'istituzione della Giornata internazionale delle donne: la proposta di Zetkin – che riprendeva l'iniziativa delle donne socialiste americane che dal 1909 celebravano una giornata nazionale per l'uguaglianza dei diritti civili – alla Seconda conferenza internazionale delle donne socialiste nel 1910; la data del 19 marzo 1911 come prima Giornata internazionale della donna svoltasi in Europa e precisamente in Germania e in Austria; la prima manifestazione francese nel 1914, a Parigi; l'interruzione delle celebrazioni in Europa non solo a causa della guerra ma per i contrasti e le divisioni interne al campo socialista internazionale; il rilancio della giornata internazionale delle donna grazie al nuovo impulso dato dalla grande manifestazione delle operaie di Pietrogrado il 23 febbraio – 8 marzo del nostro calendario – 1917. E quindi sotto questa nuova data (e sotto l'auspicio del partito bolscevico e della Terza Internazionale) che viene a collocarsi la cosiddetta festa della donna. Scrive Alexandra Kollontai: “La giornata delle operaie è divenuta memorabile nella storia. Quel giorno, le donne russe hanno innalzato la fiaccola della Rivoluzione proletaria e messo a fuoco il mondo; la Rivoluzione di febbraio ha fissato il suo inizio quel giorno [5].

La Giornata internazionale delle donne diviene tra le due guerre oggetto di aspre dispute tra la Seconda e la Terza Internazionale, tra il Partito comunista francese e la Sfio (la sezione francese dell'internazionale operaia) che, come ricordano Kandel e Picq non la celebrano nella stessa data. A partire dalla seconda guerra mondiale è celebrata in tutti i paesi socialisti e altrove. Se, tra le due guerre, era raro il riferimento a un qualsiasi avvenimento originario (talvolta lo sciopero delle operaie russe del 1917, talvolta la proposta di Zetkin del 1910) a partire dal dopoguerra comincia ad essere elaborato il mito. L'origine “sovietica” della giornata della donna sparisce: in Francia ci si riferisce inizialmente ad una decisione presa dal Partito socialista americano nel 1908 per giungere, a partire dal 1955, alla collocazione dell'origine dell'8 marzo nello sciopero newyorkese del 1857.

Anche in Italia (dove a partire dal dopoguerra l'8 marzo acquista nuovo impulso a partire dalla manifestazione indetta dall'Udi - che almeno a quanto scrive la CGIL nel suo sito sceglie come simbolo la mimosa -, nel 1946) inizialmente l'avvenimento originario (per lo meno nella tradizione socialista) sembra essere quello dello sciopero del 1857 ma, a partire dagli anni 50, (e dunque in piena guerra fredda) si afferma la versione delle operaie bruciate nel rogo della loro fabbrica: il 7 marzo 1952 il settimanale bolognese La lotta, scrive che la data della Giornata della Donna vuole commemorare l’incendio scoppiato in una fabbrica tessile di New York l’8 marzo del 1929, in cui sarebbero morte (rinchiuse all’interno dello stabilimento dal padrone perché minacciavano di scioperare) 129 giovani operaie in gran parte di origine italiana ed ebraica. In seguito, il tema dell’incendio e delle operaie arse vive nel rogo del loro posto di lavoro viene ripreso, ma con diverse varianti. Nel 1978, il Secolo XIX di Genova colloca l’episodio a Chicago, in una filanda. Nel 1980, La Repubblica parla di un incendio a Boston, datato 1898. Nel 1981 Stampa sera situa l’incendio ai primi del ‘900, in un luogo imprecisato degli Stati Uniti, le operaie vittime sarebbero state 146. Lo stesso anno, L’Avvenire parla di 19 operaie morte. Nel 1982, Noi Donne , afferma che l’incendio sarebbe avvenuto a Boston nel 1908 e le operaie morte sarebbero state 19 [6]. Nonostante l'infondatezza della notizia (non risulta nessun incendio nè nel già citato volume di Capomazza e Ombra nè nel libro di Renée Còté, Verità storica della misteriosa origine dell'8 marzo) la leggenda delle operaie bruciate vive continua ad imperversare anche in tempi recenti: tralasciando le varie occorrenze reperibili in diversi volantini e documenti (tra i quali innumerevoli siti e blog), veramente troppi per essere elencati, ricordo qui il quotidiano Liberazione che il 7 marzo dello scorso anno ha pubblicato una lettera/appello di Elisabetta Piccolotti (portavoce nazionale Giovani Comunisti/e), indirizzata a Giorgia Meloni, vicepresidente della Camera, nonché presidente di Azione Giovani. Nella lettera (“sul volgare machismo” della sezione di Biella di Azione giovani che aveva organizzato un “eteropride” con spettacolo di lap-dance publicizzato da un manifesto con lo slogan “Questione di pelo”), Piccoletti scrive: “L'8 marzo in tutto il mondo - come ogni anno dal 1908 quando 129 donne persero la vita durante un incendio in una industria tessile di New York - ricorre la festa delle donne”.

Ma il testo di Kandel e Picq non ci aiuta soltanto a fare chiarezza intorno all'origine dell'8 marzo, ma mostra anche i conflitti e le strumentalizzazioni che hanno contrassegnato questo evento fin dalla nascita. L'8 marzo, nato per decisione "delle donne socialiste di tutti i paesi" riunite a Copenaghen "in accordo con le organizzazioni politiche e sindacali del proletariato" (Kandel e Picq, p. 74), viene anche adoperata per marcare la differenza tra le donne socialiste e le femministe "borghesi", situandosi in una tradizione che nega "il diritto delle donne ad organizzarsi in maniera autonoma, al di fuori di organizzazioni e partiti politici"(p. 75).

Questa giornata benché ripresa dal movimento femminista negli anni 70 - che spesso però ne ignorava la storia - è stata spesso adoperata da partiti e sindacati (in Italia in primis la CGIL) per riscuotere consenso presso le "masse femminili" subendo, tra l'altro, uno svuotamento progressivo: la festa della donna (mimose, cene, serate danzanti ...).


Ma la carica "simbolica" dell'8 marzo non è del tutto esaurita. Mentre la CGIL allestisce la celebrazione di un centenario storicamente infondato, in varie città d'Italia non mancano tentativi di appropriazione/strumentalizzazione e ulteriore svuotamento di questa giornata ... ma questo è un altro discorso, che andrebbe probabilmente ripreso e sviluppato [7] .


Per intanto mi chiedo se non è giunto forse il momento di dare vita a un movimento delle F.A.M (Femministe allergiche alla mimosa) ...




______________


* L'immagine è un poster B. Dejkin del 1932: L'8 marzo, il giorno della rivolta delle donne lavoratrici contro la schiavitù casalinga. La fonte è il bel sito del Mau - Museum df Russian Poster.

[1] Solo ora (ore 10.01) a post già pubblicato e finito mi accorgo che la Rete delle donne di Bologna ha publicizzato la propria manifestazione con un manifesto/banner che unisce in una sintesi improbabile lo slogan L'8 da cent'anni (in una ripresa implicita dello strumentale centenario della CGIL ... ) con lo slogan uscito da Flat Tra la festa, il rito e il silenzio noi scegliamo la lotta ...

[2] Qui la pagina di Wikipedia sull'8 marzo alla quale si riferisce il lettore.

[3] Il volume di Messori è citato nella voce di Wikipedia già menzionata a proposito dell'ipotesi che sia stata la stampa comunista italiana a diffondere il mito dell'incendio del 1908.

[4] Ma celebrata fino al 1913 nell'ultima domenica di febbraio per non farla coincidere con una giornata lavorativa.

[5] A. Kollontai, International Women's day, International socialist pamphlet.

[6] Ho tratto la maggior parte di questi dati da A-infos.

[7] Vedi nota 1 ...




24 commenti:

Unknown ha detto...

non vedo l'ora che continui!
un abbraccio

Anonimo ha detto...

post in tre tempi bello.
cmq oggi come oggi a me la festa della donna non piace per niente. è uno stuipido rituale privo di significato e quasi offensivo. Una sorta di contentino una tantum per poi fottersene. ciao

Anonimo ha detto...

Mi associo a Benedetta, non puoi lasciarci qui a sbavare per giorni!
Dai, fammi sto' regalo finisci oggi!
Io per te il regalo ce l'ho: ho aperto finalmente il mio blog Rosettafemministaquasiperfetta :-)))

Anonimo ha detto...

Sbavo anch'io ;-)
Franci

Anonimo ha detto...

Ho finito!!!
Chi vuole aderire al F.A.M lasci messaggio qui nei commenti:-)))
Buonanotte
v.

Babs ha detto...

Lottiamo sempre, tutto l'anno. E' vero. Ma io non lo cancello l'8 Marzo, piuttosto lo trasformo, ne approfitto. Non capisco a cosa potrebbe servire cancellare l'unica data in cui tutte le donne, soprattutto quelle meno consapevoli, escono tra loro, socializzano, magari fuggono una sera da violenze e soprusi. Non credo che nel nostro Paese sia ancora arrivato il bel tempo di lasciarsi andare in intellettualismi. Credo invece che dobbiamo lottare e non mi pento di avere organizzato a Bologna insieme a tante altre donne una grande manifestazione per l'autodeterminazione femminile.
Barbara

Anonimo ha detto...

Barbara, la frase "chi non ha memoria non ha futuro" non è per me un vuoto ritornello consolatorio e rituale.
E ridurre la volontà di chiarificazione critica sulle origini dell'8 marzo ( che servono ancora oggi a strumentalizzare le lotte delle donne) a "intellettualismi" mi sembra un modo per tentare di zittire e screditare a priori il lavoro di quante hanno a cuore un reale percorso di autonomia ed autodeterminazione, impossibile senza coscienza storica e critica.
Sarebbe credo più produttivo vigilare sulle strumentalizzazioni (da parte di partiti, sindacati e apparati amministrativi) che non esorcizzare chi a queste strumentalizzazioni si oppone. Non è questione di "pentirsi" ma di imparare ad accettare l'esistenza della critica e confrontarsi evitando di cestinarne gli argomenti stigmatizzandoli come "intellettualismi".
Per esempio la manifestazione di cui vai fiera ripropone tra le sue insegne lo slogan "L'otto da cent'anni" che non solo è infondato storicamente ma riprende acriticamente la "bufala" del centenario orchestrata (in termini strumentali) proprio quest'anno dalla CGIL che in tante, ma veramente in tante, abbiamo criticato.
Non mi sembra nè un modo corretto di rapportarsi alla storia nè un bell'esempio di autonomia
v.

Anonimo ha detto...

Cara Vincenza
il tuo contributo storico/critico sulla vera origine dell'8marzo è davvero ben fatta e molto interessante!! Vorrei solo aggiungere che aderisco volentieri al F.A.M...non vedo l'ora che l'8marzo passi, quest'anno l'allergia è ancora più forte.
ti abbraccio, in attesa dei nostri "scambi" privati.
PS: grazie del contributo a quattro mani, lo leggerò sicuramente.
martina guerrini
(chiedo scusa per l'intervento "anonimo": non so utilizzare le altre modalità proposte!! :-(

Anonimo ha detto...

E' valsa la pena aspettare!
Faccio girare ...
Franci

Anonimo ha detto...

Per Franci: grazie del tuo supporto, prezioso come sempre!

Per Martina: che carino ritrovarti anche qui! Sono contenta che hai trovato utile e interessante marginalia, spero che sia lo stesso con la lettura di Nuovo? No, lavato con Perlana. Io spero di leggere presto la tua introduzione a quattro mani a La comunità escludente, mi dicono che è veramente molto bella.
Per la firma mi sembra molto poco anonima, e comunque se non hai un account Google o Blogger oppur un Url di un sito o blog, penso che ci siano poche alternative :-(
Per il resto (incontro bolognese con bacardi&chinotto, ma va benissimo anche un bicchiere di porto ...) domani privatamente
Un abbraccio di buonanotte
v.

Per Rosetta: dimenticavo oggi di dirti, a proposito di "firme" che la tua non funziona, ci clicco sopra ma il tuo blog non compare!!! Credo che hai combinato un qualche pasticcio -:(((

Babs ha detto...

Ciao, scusa non volevo ridurre il tuo importantissimo lavoro di ricostruzione storica!!!
E' che son stanca e un po' avvilita delle spaccature, scissioni su temi così importanti come l'autodeterminazione femminile, la libertà di scelta, la libertà dalla violenza.
Noi ormai la manifestazione l'abbiam chiamata così, sapevamo che stavi facendo ricerche, ma abbiam capito male prima che tu le pubblicassi perchè era giunta voce che fosse davvero il centenario! Mannaggia, ormai i manifesti son fatti..ci son tempi burocratici ed è tardi. Ti chiedo di partecipare e dare a tutte questa sconcertante notizia.

Unknown ha detto...

Grazie a un brutto raffreddore ho avuto tutto il tempo di leggere. E' molto interessante e, ora che sappiamo, è il caso di far sapere a chi non sa quello che Vincenza ha scoperto, magari anche durante un corteo dell'8, magari traendo spunto dai manifesti "sbagliati".

Anonimo ha detto...

Per Barbara: lo spirito di quanto ho scritto (questa volta ma anche in altre occasioni) non è quello di "creare spaccature" (che tanto già ci sono, più o meno esplicite) ma di tentare anzi di costruire (se possibile) rapporti basati sulla chiarezza.
Non ho difficoltà a credere che tu ignorassi la vera storia dell'8 marzo (come probabilmente altre), ma vorrei specificare che:
- le mie "ricerche" in questo caso si sono limitate a mettere insieme notizie disponibili ai/alle più, quali il volume di Tilde Capomazza o dibattiti su quotidiani, quali quello sulla Stampa. Per intenderci non erano materiali nascosti in chissà quale archivio inaccessibile. Inoltre già lo scorso anno in occasione dell'8 marzo avevo pubblicato qui su Marginalia la parziale traduzione di un saggio apparso su una rivista francese nei primi anni Ottanta.
Ma, ripeto, posso credere che tu e qualche altra potevate comunque ignorare questo dato, ma non è questo il punto.
Sarebbe grave se donne che militano all'interno di partiti e sindacati di sinistra ignorassero questa storia, che realmente fa parte della loro storia, nel senso che il mito dell'incendio è stato "costruito" proprio da organizzazioni di sinistra in piena guerra fredda.
Ma ancora: non è neanche questo il punto. Credo che in molti/e sappiano, ma era troppo ghiotta l'occasione del finto centenario in questa precisa fase storica e politica.
Avevo già da tempo deciso - e ne avevo parlato con tante compagne - di non esserci. Sono in effetti quasi in partenza per i monti per qualche giorno. Se il tempo permette anziché anziché mimose respirerò violette ...
Ma si possono trovare altri momenti di discussione e confronto.

Per Benedetta: Betta, mi dispiace del raffreddore!:-)
Ma non tutto il male vien per nuocere se ti ha permesso di avere un po' di tempo per leggere quanto ho scritto (nonostante gli innumerevoli refusi che scopro rileggendo). si, concordo che bisognerebbe far girare la notizia, ma ci tengo a ribadire che non è una mia "scoperta", mi sono limitata a dare valore alle ricerche compiute da altre donne aggiungendo dei "frammenti" attuali che possono (secondo me) aiutarci ad agire meglio la libertà delle nostre decisioni e pratiche
un abbraccio
v.

PS: ma mi era stato detto che anche tu avevi aperto un blog (un blog audio o qualcosa del genere?), ma come per Rosetta cliccando sul nome qui nei commenti, non riesco ad accedere al sito. Cosa succede? E' impazzito Blogger o sono io che comincio a dare segni di cedimento? :-(((

Babs ha detto...

Non avevo detto a te che crei spaccature.
Comunque ho avuto modo di rispondere a una mail, quella sì che crea spaccature, che hai (o avete??) inviato in ML Nazionale.
Come si rispetta il tuo lavoro, tu rispetta le donne che lavorano.
Grazie.

Anonimo ha detto...

Barbara,
se ti riferisci al documento inviato da EF stamani alla mailing list Sommosse (e firmato Emergenza Femminista e Marginalia) ti prego di rileggerlo con calma e attenzione. Ho appena risposto alla tua mail di risposta al documento dicendoti (tra l'altro) che la pratica di replicare inventando , ritorcendo e ribaltando gli argomenti non è una pratica che mi appartiene. Voglio concederti la buona fede, l'emozione (che posso capire perché anche per me é stato emotivamente faticoso scrivere quel documento) nel leggere una critica che ti coinvolge in quanto coinvolta nella Rete.
Ma ora ti chiedo di fermarci a riflettere, non ho voglia (anche perché non ho proprio tempo) di stare a battibeccare
v.

Anonimo ha detto...

Ieri sera e notte ho visto due TG (LA 7, sulla manifestazione Ggil di Roma e il regionale Emila-Romagna su RAI3 sulla manifestazione di Bologna)e tutti e due parlavano delle operaie arse vive in fabbrica proprio 100 anni fa...

Anonimo ha detto...

W LE DONNE!

Anonimo ha detto...

Io i Tg non li ho visti, ma sui giornali come anche in rete mi sembra che abbia vinto la versione cigiellina del centenario. Mi chiedo se sia per mancanza di informazione, ignoranza o malafede

Anonimo ha detto...

Per le (o gli) anonim* 1 e 3: non ho ancora avuto il tempo di leggere tutto quanto pubblicato sulla stampa cartacea e non 8 (e i Tg me li sono persi, comunque mi sembra che nelle piazze/strade (nei cortei e presidi che si sono svolti l'8 marzo) il tema del centenario (tranne ovviamente nella manifestazione romana dei sindacati e in pochissime altre situazioni) non abbia prevalso. E questo mi sembra un dato importante. Il discorso sui media sarebbe lungo, spesso ho parlato di informazione/deformazione, una procedura che va dalla cronaca fino alla politica e oltre. Disinformazione, malafede o ignoranza? Domanda difficile, forse uno strano intreccio, sicuramente in questo caso funzionale ai tentativi di strumentalizzazione (e/o depistaggio) del sommovimento femminista in corso.

Per l'anonimo (o anonima) di mezzo: W le donne? Mmm, non sempre e comunque, almeno per quanto mi riguarda ...

Per tutt* e tre: in questi ultimi commenti noto uno strano aumento dell'anonimato, cosa dedurne?

Anonimo ha detto...

molto intiresno, grazie

riccardo uccheddu ha detto...

Cara Vincenza, innanzitutto grazie per il documentatissimo articolo e complimenti per la capacità da te dimostrata nell'aver saputo tenere "unite" fonti documentarie tanto variegate.
C'era infatti il rischio, molto concreto, che si perdesse la visione d'insieme del problema.
Così non è stato, per fortuna.
Ero a conoscenza d'alcune cose, ma solo in modo frammentario; ora, invece, dispongo di un quadro ben più vasto ed organico.
Tornerò per commentare come merita un post così bello, che mi trova senz'altro d'accordo.
Intanto, noto con piacere che citi l'origine quasi sicuramente sovietica e rivoluzionaria della festa della donna; inoltre, ricordi la Kollontai (su cui sto cercando di documentarmi, anche se non è facile).
Tu, insomma, se capisco bene inserisci il processo di liberazione della donna anche all'interno di una lotta ancora più ampia e complessa, che è quella della liberazione di TUTTO il genere umano dall'oppressione del capitale.
Quando hai tempo, fammi sapere se ho capito bene.
Un caro saluto!

Marginalia ha detto...

Caro Riccardo
scusa se rispondo in ritardo e in maniera frettolosa, ma ho sempre meno tempo da dedicare al blog
Poichè la cosiddetta "oppressione della donna" è generata da una serie di rapporti di dominio e potere (economici, sociali e politici) nessuna vera "liberazione" può esserci senza la "distruzioni" di tutto il sistema e la "liberazione" di tutti i soggetti oppressi
In questo post, comunque, oltre fare chiarezza su una serie di mistificazioni ideologiche (e bufale storiche) sull'origine dell'otto marzo (l'origine "sovietica" anziché il rogo nella fabbrica statunitense), intendevo soprattutto sostenere la necesità di una certa autonomia del movimento delle donne

scusa ancora la brevità
e a presto

Anonimo ha detto...

ciao, sono Cristina, sono capitata qui per caso seguendo ricerche per la mia tesi di laurea. Ti lascio il titolo di un libro, in cui si dice dell'invenzione della festa dell'8 marzo e di altre, molto bello:
L'invenzione della tradizione, a cura di Eric J. Hobsbawm e Terence Ranger, Piccola Biblioteca Einaudi. Se non lo conosci ti sarà utile, se lo conosci buon per te, avrai tempo per leggere qualcos'altro.. ciao Cristina.

Marginalia ha detto...

Ciao Cristina, sono lieta del tuo capitare qui per caso, anche perché il libro di Hobsbawm che mi segnali non l'ho letto ;-)

Magari ci risentiamo - tramite Marginalia - dopo la lettura. Intanto ancora grazie, buona serata