Barbara Smith, Beverly Smith, e Demita Frazier del Combahee River Collective [1] partecipano alla manifestazione contro il silenzio e l'indifferenza di media e polizia di fronte allo stupro e all'omicidio di alcune donne nere nell'area di Boston nel 1979.
In soli quattro mesi, tra il 28 gennaio e il 30 maggio 1979, dodici donne nere sono uccise a Boston, per la maggior parte stuprate e poi strangolate. Il quasi silenzio della stampa locale, bianca e razzista, è rotto solo dal settimanale nero locale Bay State Banner. Il primo aprile circa 500 persone manifestano per le strade di Boston, ma gli interventi - quasi unicamente di uomini neri - si limitano a denunciare il carattere razzista degli omicidi, auspicando che le donne restino a casa sotto la protezione degli uomini [2].
Barbara Smith e Lorraine Bethel del Combahee River Collective, che partecipano alla manifestazione con altre componenti del gruppo e numerose femministe lesbiche nere, redigono un testo fortemente critico contro questa lettura riduttiva dei fatti, denunciando il carattere al tempo stesso razzista e sessista di questi omicidi e sottolineando l'urgenza di affrontare la questione della violenza anche all' interno della stessa comunità nera.
Il Combahee River Collective [3] era nato a Boston qualche anno prima (inizi 1974) su iniziativa di Barbara Smith che aveva partecipato al primo incontro della National Black Feminist Organisation a New York nel 1973 [4]. Nell'aprile del 1977 il gruppo scrive una sorta di manifesto programmatico [5], che ripercorre la genesi del Black Feminism, i problemi particolari ai quali sono confrontate le femministe nere, così come anche i loro temi e progetti privilegiati, e definisce la politica del gruppo come orientata alla lotta contro l'oppressione razzista, sessista, eterosessuale e di classe. Il Combahee River Collective indica quindi la necessità di un'analisi e una pratica basate sul fatto che i principali sistemi di oppressione sono articolati insieme e che come tali devono essere combattuti.
E in questo senso che (senza desolidarizzarsi da) le militanti del Combahee River Collective criticano la "sorellanza" naturalista-razzista di una (buona) parte del movimento femminista dell'epoca, così come la politica sessuale naturalista-nazionalista-patriarcale di una parte del movimento nero, ma anche l' omofobia/lesbofobia presente nei movimenti (da cui non erano esenti anche molte femministe nere), il rischio identitario, l'antisemitismo ...
Leggendo queste pagine non si può che restare meravigliat*, come ben scrive Jules Falquet [6], del coraggio, politico e personale, di queste militanti, che in un contesto storico particolarmente difficile, hanno saputo elaborare una politica propria, autonoma, lontana da ogni essenzialismo e proporre un progetto politico "che offre una sorta di sintesi che potremmo qualificare 'universalista' nel miglior senso del termine, poiché si tratta di rifiutarsi di sacrificare certe liberazioni ad altre" [7].
Guardando alla situazione attuale dove, a una recrudescenza senza precedenti del sessismo e del razzismo nelle loro diverse e molteplici forme, [8] risponde un attivismo vario ed etorogeneo e in molti casi coraggioso (lotte dei/delle migranti, mobilitazioni delle donne contro la violenza maschile, lotte contro la lesbo/omofobia, per l'autodeterminazione, contro l'arroganza clerico-fascista e uno Stato sempre più poliziesco) ma spesso ancora incapace di cogliere - fino in fondo - l'articolazione tra i diversi sistemi di oppressione, mi chiedo: le azioni e le analisi del Combahee River Collective sapranno davvero ispirarci [9]?
NOTE:Barbara Smith e Lorraine Bethel del Combahee River Collective, che partecipano alla manifestazione con altre componenti del gruppo e numerose femministe lesbiche nere, redigono un testo fortemente critico contro questa lettura riduttiva dei fatti, denunciando il carattere al tempo stesso razzista e sessista di questi omicidi e sottolineando l'urgenza di affrontare la questione della violenza anche all' interno della stessa comunità nera.
Il Combahee River Collective [3] era nato a Boston qualche anno prima (inizi 1974) su iniziativa di Barbara Smith che aveva partecipato al primo incontro della National Black Feminist Organisation a New York nel 1973 [4]. Nell'aprile del 1977 il gruppo scrive una sorta di manifesto programmatico [5], che ripercorre la genesi del Black Feminism, i problemi particolari ai quali sono confrontate le femministe nere, così come anche i loro temi e progetti privilegiati, e definisce la politica del gruppo come orientata alla lotta contro l'oppressione razzista, sessista, eterosessuale e di classe. Il Combahee River Collective indica quindi la necessità di un'analisi e una pratica basate sul fatto che i principali sistemi di oppressione sono articolati insieme e che come tali devono essere combattuti.
E in questo senso che (senza desolidarizzarsi da) le militanti del Combahee River Collective criticano la "sorellanza" naturalista-razzista di una (buona) parte del movimento femminista dell'epoca, così come la politica sessuale naturalista-nazionalista-patriarcale di una parte del movimento nero, ma anche l' omofobia/lesbofobia presente nei movimenti (da cui non erano esenti anche molte femministe nere), il rischio identitario, l'antisemitismo ...
Leggendo queste pagine non si può che restare meravigliat*, come ben scrive Jules Falquet [6], del coraggio, politico e personale, di queste militanti, che in un contesto storico particolarmente difficile, hanno saputo elaborare una politica propria, autonoma, lontana da ogni essenzialismo e proporre un progetto politico "che offre una sorta di sintesi che potremmo qualificare 'universalista' nel miglior senso del termine, poiché si tratta di rifiutarsi di sacrificare certe liberazioni ad altre" [7].
Guardando alla situazione attuale dove, a una recrudescenza senza precedenti del sessismo e del razzismo nelle loro diverse e molteplici forme, [8] risponde un attivismo vario ed etorogeneo e in molti casi coraggioso (lotte dei/delle migranti, mobilitazioni delle donne contro la violenza maschile, lotte contro la lesbo/omofobia, per l'autodeterminazione, contro l'arroganza clerico-fascista e uno Stato sempre più poliziesco) ma spesso ancora incapace di cogliere - fino in fondo - l'articolazione tra i diversi sistemi di oppressione, mi chiedo: le azioni e le analisi del Combahee River Collective sapranno davvero ispirarci [9]?
[1] La foto è nel sito FemmeNoir.
[2] Per questa ricostruzione e per i successivi cenni storici sul Combahee River Collective faccio riferimento al documentato e bell' articolo di Jules Falquet, "The Combahee River Collective, pionnier du féminisme noir. Contextualisation d'une pensée radicale", in Jules Falquet, Emmanuelle Lada e Aude Rabaud, (Ré) articulation des rapports sociaux de sexe, classe et 'race'. Repères historiques et contemporains , Cahiers du Cedref, 2006, pp. 69-104.
[3] Il nome fa riferimento ad un fatto storico ben preciso, ovvero la liberazione di oltre 750 schiav* nel 1863 grazie ad un'audace azione di guerriglia di Harriet Tubman, militante abolizionista nera. In questo modo le militanti del Combahee River Collective ricordavano le lotte delle donne nere negli Stati Uniti e ne rivendicavano l'eredità.
[4] La NBFO.
[5] Pubblicato per la prima volta nel 1979 in una raccolta a cura di Zillah Einsenstein (Capitalist Patriarchy and the Case for Socialist Feminism, Monthly Review Press), il manifesto è ripubblicato nella celeberrima raccolta curata da Gloria Anzaldua e Cherrie Moraga, This Brigde Called My Back. Tradotto in spagnolo nel 1988 e in francese nel 2006 da Jules Falquet ("Déclaration du Combahee River Collective", in J. Falquet, E. Lada e A. Rabaud, (Ré) articulation des rapports sociaux de sexe, classe et 'race'. Repères historiques et contemporains, cit., pp. 53-67), questo manifesto è stato tradotto in italiano nell'antologia Sistren, presentata nel luglio 2005 presso Luna e le Altre a Roma. Pubblicazione militante, la raccolta Sistren è in via di revisione e sarà pubblicata come autoproduzione all'inizio dell'estate 2008. Ringrazio Barbara e Veruska per quest'ultima, preziosa, segnalazione.
[6] J. Falquet, "The Combahee River Collective, pionnier du féminisme noir. Contextualisation d'une pensée radicale", cit.
[7] Ibidem.
[8] Recrudescenza che si nutre e alligna nell'ignoranza proposta da politici e media, nell'estrema precarietà di settori sempre più ampi della popolazione, in un'ingerenza pesante del Vaticano che sprofonda l'Italia sempre più lontano da una cultura laica rispettosa delle unicità e delle differenze ... eccetera, eccetera.
[9] J. Falquet, chiudeva il suo articolo, augurandoselo.
[3] Il nome fa riferimento ad un fatto storico ben preciso, ovvero la liberazione di oltre 750 schiav* nel 1863 grazie ad un'audace azione di guerriglia di Harriet Tubman, militante abolizionista nera. In questo modo le militanti del Combahee River Collective ricordavano le lotte delle donne nere negli Stati Uniti e ne rivendicavano l'eredità.
[4] La NBFO.
[5] Pubblicato per la prima volta nel 1979 in una raccolta a cura di Zillah Einsenstein (Capitalist Patriarchy and the Case for Socialist Feminism, Monthly Review Press), il manifesto è ripubblicato nella celeberrima raccolta curata da Gloria Anzaldua e Cherrie Moraga, This Brigde Called My Back. Tradotto in spagnolo nel 1988 e in francese nel 2006 da Jules Falquet ("Déclaration du Combahee River Collective", in J. Falquet, E. Lada e A. Rabaud, (Ré) articulation des rapports sociaux de sexe, classe et 'race'. Repères historiques et contemporains, cit., pp. 53-67), questo manifesto è stato tradotto in italiano nell'antologia Sistren, presentata nel luglio 2005 presso Luna e le Altre a Roma. Pubblicazione militante, la raccolta Sistren è in via di revisione e sarà pubblicata come autoproduzione all'inizio dell'estate 2008. Ringrazio Barbara e Veruska per quest'ultima, preziosa, segnalazione.
[6] J. Falquet, "The Combahee River Collective, pionnier du féminisme noir. Contextualisation d'une pensée radicale", cit.
[7] Ibidem.
[8] Recrudescenza che si nutre e alligna nell'ignoranza proposta da politici e media, nell'estrema precarietà di settori sempre più ampi della popolazione, in un'ingerenza pesante del Vaticano che sprofonda l'Italia sempre più lontano da una cultura laica rispettosa delle unicità e delle differenze ... eccetera, eccetera.
[9] J. Falquet, chiudeva il suo articolo, augurandoselo.