Per chi è a Bologna segnaliamo che domani - sempre alle ore 15 e sempre in aula Roveri - si terrà il penultimo appuntamento del seminario Per una critica dell'identità. Dal femminismo agli altri femminismi, su Ricerca e metodologia femminista, con Sabrina Marchetti e Beatrice Busi. Vi aspettiamo!
mercoledì 27 febbraio 2013
Femministe a parole / Una recensione di Barbara Romagnoli
Segnaliamo con piacere la recensione di Barbara Romagnoli, che ringraziamo, al volume Femministe a parole. Grovigli da districare, appena pubblicata sull'ultimo numero del trimestrale Marea. Prima di lasciarvi alla lettura della recensione, vi ricordiamo che oggi è prevista una delle date del tour di Femministe a parole: saremo infatti a Perugia per una presentazione congiunta con il volume Lo specchio del potere di Alessandra Gribaldo e Giovanna Zapperi. Sperando di vedervi numerose/i vi lasciamo alla recensione di Barbara Romagnoli, buona lettura! // Scorri velocemente l’indice delle voci e quella che cerchi magari non la trovi. Ma questo non è un vero vocabolario, né un dizionario enciclopedico, piuttosto una guida ragionata ad alcuni concetti chiave del femminismo, un lessico scelto con molta cura che, inevitabilmente, ha potuto tenere dentro molto, ma non tutto. Parliamo di Femministe a parole. Grovigli da districare, volume scritto a tantissime mani perché l’idea è stata quella di coinvolgere donne con esperienze, età, provenienze, competenze e vedute diverse, invitandole a misurarsi con parole e argomenti complessi, molto noti per le addette ai lavori, un po’ meno a chi non frequenta pratiche e teorie femministe. Molte delle autrici si sono formate all’estero: “Una generazione di giovani studiose, tra i 30 e i 40 anni, andate via, tornate e poi magari partite di nuovo (oppure rimaste), che sono state in grado di creare un’osmosi tra quello che accade fuori e dentro l’Italia” – spiega una delle curatrici, Sabrina Marchetti. Leggendo il libro si percepisce questa contaminazione fra storie e culture diverse, fra storiche e più giovani, fra approcci classici e multidisciplinari, fra stili narrativi più divulgativi e altri più accademici. Uno dei pregi del volume è certamente l’incontro fra differenze che restituisce una ricchezza di punti di vista insieme a tantissimi spunti di riflessione. Dalla questione del colore della pelle al multiculturalismo, dai rapporti di potere alle donne colonizzatrici, dalle generazioni alla riproduzione assistita, dalla bioetica al welfare, dalla politica agli spazi pubblici, da una possibile liberazione della ‘razza’ ad un ragionamento sull’uomo, per comprendere meglio il maschile che abbiamo dinanzi. Non mancano ovviamente voci sulle donne migranti, le veline e le velate, le prostitute e una veloce storia del termine/soggetto queer. Qua e là si notano alcuni vuoti, come la mancanza della voce ‘corpo’ o, ad esempio, la voce ‘sessismo’. Il secondo caso è meno lampante perché di critica al sessismo è intriso l’intero volume, forse potrebbe esserne anche il sottile filo rosso che unisce le parole scelte. Eppure, un capitoletto a parte lo avrebbe meritato, sempre nell’ottica di offrire un ausilio a chi fatica a leggere il mondo a partire dal binomio sessismo/razzismo. Doveroso è un appunto sulla scrittura: alcuni contributi sono prigionieri di una scrittura troppo tecnica, fredda, a rischio autoreferenzialità, ed è un peccato perché il volume si presta ad essere un ottimo strumento di conoscenza e consultazione. Ma la sfida era grande ed è stata assolutamente ben raccolta. Volumi come questi sono preziosi per continuare a confrontarsi su esperienze, pratiche e teorie del variegato mondo dei femminismi, per prendere confidenza con parole difficili, come intersezionalità, per mettere a nudo le contraddizioni presenti nel pensiero delle donne e cercare di confrontarsi, sempre, con l’altra da sé (Barbara Romagnoli, Marea, febbraio 2013).
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lunedì 25 febbraio 2013
Sessualità, razza, classe e migrazioni nella costruzione dell’italianità
Mentre meditiamo sui risultati elettorali, vi segnaliamo un articolo di Sonia Sabelli recentemente pubblicato nel volume curato da Fortunato M. Cacciatore, Giuliana Mocchi, Sandra Plastina, Percorsi di genere. Letteratura, Filosofia, Studi postcoloniali (Mimesis, 2012), saggio che potete leggere direttamente nel sito dell'autrice. Buona lettura
Judith Butler / Happy Birthday!
Con imperdonabile ritardo Marginalia augura buon compleanno a Judith Butler // L'immagine è la copertina di una delle riviste dedicata all'autrice di Gender Trouble, presentate l'estate scorsa al Queer Between the Covers, la fiera del libro queer di Montreal.
Pink Gang
Proiezione di Pink Gang - il documentario di Enrico Bisi che racconta la storia della Gulabi Gang, gruppo di donne indiane che combatte contro la violenza sule donne - oggi pomeriggio alle ore 17 (Palazzo Nuovo - Torino). Interverranno il regista e la storica Liliana Ellena. Per ulteriori info Sguardi sui Generis
Althusser, Foucault e la crisi del marxismo
Segnaliamo il seminario Althusser, Foucault e la crisi del marxismo, che si terrà il prossimo giovedì al Dipartimento di Filosofia e comunicazione dell'università di Bologna, a partire dai libri di Cristian Lo Iacono, Althusser in Italia. Saggio bibliografico (1959-2009)e di Fabio Raimondi, Il custode del vuoto. Contingenza e ideologia nel materialismo radicale di Louis Althusser. Con Rudy Leonelli, Cristian Lo Iacono,Diego Melegari, Fabio Raimondi e Valerio Romitelli. Introduce Manlio Iofrida
sabato 23 febbraio 2013
Carla Lonzi all'Hobo
Discussione intorno a Carla Lonzi con Giovanna Zapperi, curatrice della recente traduzione francese di Autoritratto: l'appuntamento è per domani, domenica, alle ore 17 all' Hobo, il nuovo Laboratorio del saperi comuninei Giardini di via Filippo Re a Bologna. A meno che febbre, neve e freddo non me lo impediscano dovrei esserci anch'io ...
Elezioni, donne, bambole e sante
Una noiosa influenza mi costringe in casa, il mal di testa mi impedisce di dedicarmi a letture più impegnative, quindi mi ritrovo a fare zapping davanti alla tv e al pc, aggiornandomi - in extremis - sul tema per me poco entusiasmate delle elezioni "al femminile". Passo in un crescendo di sgomento dalla lettura del manifesto Sono una donna non sono una bambola pubblicato a pagamento sul Corriere della Sera da un lungo elenco di "donne comuni" (parrucchiere e avvocate, pensionate e casalinghe, giovani e meno giovani ) che annunciano la loro volontà di votare Berlusconi "per la loro libertà" perché "le donne sono uguali e ciascuna è diversa ... ci rispettiamo e vogliamo rispetto", alla campagna sociale - che ha ottenuto il patrocinio di Pubblicità Progresso - Se crescono le donne, cresce il Paese di Snoq, affiancata dalla campagna di mobilitazione video Un paese per donne: le parole per dirlo, "una rappresentazione corale delle condizioni, delle idee e dei desideri delle donne, dal Sud al Nord". Anche qui infine le donne sono tutte diverse e tutte uguali: come sottolinea Simona De Simoni "C’è la studentessa, la professionista rientrata dall’estero, la vittima di tratta, la casalinga, la manager, l’operaia, la madre, la single", ma "tutte chiedono più lavoro, più riconoscimento, più merito (manco a dirlo), più conciliabilità con gli impegni famigliari. Tutte sognano la stessa vita e lo stesso tipo di realizzazione personale: dividersi equamente e serenamente tra il lavoro e il privato (generalmente nella forma della famiglia)". Sullo sfondo in entrambe le prese di posizione emerge la richiesta del riconoscimento di una "specificità femminile", che per le une "è di genere (le donne partoriscono, gli uomini fecondano) non sociale o culturale o politica" per le altre si materializza nei "temi delle donne" da inserire nell'agenda politica: "a cominciare dalla conciliazione dei tempi casa-lavoro, ai servizi, a una riforma del welfare che non faccia pagare solo alle donne il peso
della crisi". Una lettura annichilente (Giorgia Meloni che condanna l'ultima trovata omofoba dei sui "fratelli" di partito meriterebbe discorso a parte, ma rinviamo a un post di qualche anno fa, ancora attuale), che ci da la misura del baratro in cui è sprofondato questo paese, ma anche di quanto sia importante continuare a lavorare, a valorizzare e dare visibilità a punti di vista femministi critici, che fortunatamente non mancano // Il video è la registrazione dell'esibizione di Rosanna Fratello a Canzonissima nel 1971, lo stesso anno della pubblicazione di La donna clitoridea e la donna vaginale nei Libretti Verdi di Carla Lonzi / Rivolta Femminile
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giovedì 21 febbraio 2013
Colonialismo e identità nazionale / Cfp
Segnaliamo il call for papers per il primo incontro del seminario nazionale Sissco sul tema Colonialismo e identità nazionale. L'oltremare tra fascismo e repubblica, che si terrà a Cagliari nella seconda metà di settembre. Il seminario intende censire lo stato della ricerca sul tema del colonialismo italiano, inteso non come corollario della storia unitaria, ma come elemento costitutivo dell’identità e della vicenda storica nazionali. In linea con gli ultimi sviluppi storiografici è interesse degli organizzatori promuovere una riflessione sul ruolo del colonialismo come
processo politico e culturale in grado di agire all’interno dei confini
nazionali e i cui effetti oltrepassino i limiti cronologici posti
dalla mera occupazione effettiva dei territori africani. Le proposte di contributo dovranno pertanto interessare una di queste aree tematiche: La cultura coloniale del periodo fascista: i processi di formazione, i temi, la diffusione // La cultura coloniale ai tempi della Repubblica: istituzioni, partiti politici, associazioni, storiografia e letteratura di fronte al tema coloniale. Per ulteriori dettagli è possibile scaricare il pdf dal sito di Memorie coloniali
Analisi intersezionale immagini pubblicitarie razziste e sessiste / Workshop
Questo pomeriggio, all'interno del seminario di autoformazione Per una critica dell'identità: dal femminismo agli "altri femminismi", organizzato dal Laboratorio autoformazione e da Bartleby, terrò un workshop sull'analisi intersezionale di alcune pubblicità. Qui (1, 2, 3 ...) alcuni spunti e materiali utili. Ricordiamo che la La frequenza dà diritto ai crediti previsti per i seminari dei corsi di Scienze storiche, Lingua e cultura italiane per stranieri e Filologia, Letteratura e tradizione classica. Vi aspettiamo ;-)
mercoledì 20 febbraio 2013
Speak out ! / Non in nostro nome
Segnaliamo la conferenza internazionale "Non in nostro nome. Prevenire la violenza di genere attraverso il self-empowerment di donne migranti, rifugiate e di gruppi minoritari , per la costruzione di reti territoriali e comunitarie", che si terrà il 21 Febbraio all' Università di Venezia - Ca’ Foscari e il 22 Febbraio all' Università di Padova, presso il Dipartimento Fisppa. La conferenza costituisce l’evento conclusivo del progetto Speak out! Empowering migrant, refugee and ethnic minority women against gender violence in Europe, cofinanziato dal Programma Daphne III della Commissione Europea e coordinato da Franca Bimbi, docente presso l'Università di Padova. Come si legge nella presentazione della conferenza " il progetto Speak out! ha preso le mosse da una preoccupazione: nel dibattito pubblico Europeo, ed anche in Italia, le donne MRM (migranti, rifugiate, di minoranze) sono spesso tacitate, mentre sono rappresentati prevalentemente punti di vista maschili e delle donne “native”. Ancora di più negli scenari dell’attuale crisi, appare necessario sviluppare in Europa politiche di inclusione, gender and migrants friendly, capaci di superare i rischi di razzializzazione ed etnicizzazione dei discorsi sulla migrazione. Speak out! ha perseguito l’obiettivo di dar voce alla molteplicità dei discorsi delle donne MRM ed ai loro e “nostri” posizionamenti translocali, sulle esperienze di migrazione e di violenza familiare, istituzionale, razziale". Per maggiori info e il programma dettagliato della conferenza rinviamo al sito del Departimento di Sociologia dell'Università di Padova
martedì 19 febbraio 2013
Rachele Mussolini: "grandissima figura di donna italiana"
Michele Laganà, consigliere Pdl del quartiere Santo Stefano a Bologna, ha proposto di intitolare a Rachele Mussolini "grandissima figura di donna italiana" la sala del Consiglio. L'ordine del giorno sarà discusso il 27 febbraio. L'episodio mi sembra non vada sottovalutato o derubricato a insignificante nota di colore "locale". Grazie a Incidenze e alla mailing list dell'(ex) Assemblea Antifascista Permanente per la segnalazione
Troubling Gender / CfP
Troubling Gender, Interactive Feminist Conference (Friday 24th May 2013 - ICOSS, University of Sheffield). Call for Papers: We invite feminist academics and activists to join us in a one-day interactive conference. The conference aims to provide a friendly, safe environment for academics and non-academics from a wide range of disciplines and backgrounds to share ideas and research with like-minded people. We welcome submissions in a range of formats including presentations, posters, performance, art or other visual forms. Innovative and unusual submissions are encouraged.Suggested themes include :Age, generation and gender //Gender, ethnicity and nationality //Conflicts of embodiment // Gendering disability/ableism // Trans and queer identities // Women’s liberation and class struggle politics // Power, discrimination and gender inequality // Gender, posthumanism and animal studies. This is not an exhaustive list and we welcome submissions from a range of areas addressing issues of gender and overlapping identities, oppressions or intersectionalities. Please submit abstracts or outlines of your plans (250 words) for slots/papers of 20 minutes. Send abstracts to troubling-gender@sheffield.ac.uk by Sunday 24th February, including your name and phone number. Conference organisers: Jennifer Kettle and Charlotte Jones, convenors of the Postgraduate Gender Research Network, University of Sheffield. Hosted by the University of Sheffield Postgraduate Gender Research Network and the Centre for Gender Research
domenica 17 febbraio 2013
19 febbraio 1937 / Sema’etat Qen
In Etiopia il 19 febbraio è ricordato come Sema’etat Qen (Giorno dei martiri o Giorno della memoria), ovvero l'anniversario di uno dei più efferati massacri perpetrati dagli italiani durante l'impresa coloniale fascista in Etiopia: il 19 febbraio 1937, come rappresaglia per il fallito attentato contro il vicerè Rodolfo Graziani (che già si era distinto per la brutalità nell'occupazione della Libia, tanto da meritare l'appellativo di "macellaio del Fezzan"), si scatenò per le strade di Addis Abeba una vera e propria "caccia all'indigeno" , che non risparmiò nessuno - uomini, donne,bambini/e - e fu condotta "coi sistemi del più autentico squadrismo fascista", come ricorda uno dei testimoni di quella vicenda, il giornalista Ciro Poggiali. Dopo la guerra, su richiesta dell'Etiopia Graziani venne inserito dall'Onu nella lista dei criminali di guerra (per l'uso di gas tossici e bombardamenti degli ospedali della Croce Rossa), ma non venne mai processato per questi crimini. Da anni la comunità etiopica si adopera affinché anche in Italia - dove ancora è forte la resistenza a fare i conti con il proprio passato coloniale - il 19 febbraio diventi una data-simbolo. Pubblichiamo dunque l'appello diffuso in questi giorni per il Sema’etat Qen, invitando tutte/i a diffonderlo: "La data del 19 febbraio, rappresenta per il popolo etiopico il “Giorno della Memoria” in cui sono state commesse atrocità terribili durante il periodo dell’aggressione e dell’occupazione da parte dell’Italia fascista (1935-1941). Questa giornata è stata assunta a simbolo di tutti quegli anni in cui gli etiopi hanno dovuto subire sofferenze, sacrifici e lutti indimenticabili. Gli accadimenti di quel giorno e di quelli immediatamente successivi riguardano in particolare la spietata e diabolica rappresaglia scatenata dai fascisti per vendetta, in seguito ad un attentato, compiuto dai patrioti etiopi, contro il viceré Rodolfo Graziani ed altri gerarchi del suo seguito ed avvenuto nella capitale Addis Abeba occupata e martoriata. Il 19–20 e 21 febbraio 1937 sono stati massacrati senza pietà alcuna più di 30.000 cittadini etiopi, quasi tutti civili, anziani, donne, bambini e mendicanti. Alcuni di loro furono addirittura bruciati vivi nelle proprie case, i tradizionali “tucul” di fango, legno e paglia, dove cercavano rifugio nascondendosi dai scatenati criminali militari e civili italiani che risiedevano nella capitale. Oltre ad essere ricordata nel nostro Paese, l’Etiopia, la ricorrenza è celebrata nelle maggiori città del mondo dove sono presenti e vivono numerosi cittadini della diaspora etiopica. Quest’anno la ricorrenza è particolarmente sentita, in particolare a dimostrazione della più assoluta condanna da parte delle comunità etiopiche, a causa dell’edificazione ad Affile, un paesino situato sull’altipiano di Arcinazzo, a 60 km circa da Roma, di un monumento in onore di colui che è definito il “macellaio d’Etiopia” e cioè proprio il generale Graziani, riconosciuto anche dalle Nazioni Unite come criminale di guerra e responsabile, al pari di Mussolini e ad altri gerarchi ed ufficiali fascisti. Fra gli altri atroci e numerosi crimini ordinati dal Graziani, ricordiamo l’assassinio di più di 1.200 monaci e chierici cristiani, alcuni di questi giovani orfanelli, della più importante città conventuale dell’Etiopia, Debre Libanos, distante circa 100km da Addis Abeba. Vi invitiamo a partecipare ed a promuovere questa iniziativa, per dimostrare come gli onesti e democratici cittadini italiani non tollereranno mai che vengano onorati i criminali ed offese più di un milione di vittime, come i martiri e resistenti patrioti Etiopi"
venerdì 15 febbraio 2013
Assemblea generale delle migranti e dei migranti
Oggi ancora, anche se nessuno lo dice, la legge Bossi-Fini lega la nostra permanenza regolare al permesso di soggiorno, al contratto di lavoro e al reddito. Da ormai dieci anni questa legge ci ha costretto ad accettare qualsiasi tipo di salario e mansione pur di mantenere i documenti in regola. Il legame tra soggiorno e lavoro, con la richiesta di un livello minimo di reddito per rinnovare il permesso, ha di fatto espulso dal mercato del lavoro e trasformato in irregolari migliaia di migranti: alcuni hanno lasciato il paese perdendo gli anni di contributi versati regolarmente, altri hanno deciso di rimanere pur dovendosi separare dalle loro famiglie che sono tornate nei luoghi di provenienza. Molti lavorano per salari ancora più bassi. Anche se paghiamo le stesse imposte dei lavoratori italiani, sono state messe nuove tasse e richiesti versamenti alle poste per rinnovare un permesso che spesso scade dopo solo pochi mesi. Quello che noi migranti viviamo dentro e fuori i luoghi di lavoro non nasce dal niente. Noi migranti non siamo più disposti ad accettare questa situazione: abbiamo lottato e continuiamo a lottare! Abbiamo manifestato davanti alle Prefetture e Questure per la nostra libertà e i nostri diritti. Abbiamo organizzato lo sciopero del lavoro migrante del primo marzo 2010 e 2011, insieme a tanti lavoratori italiani, precari e operai. Oggi, in tutta l’Emilia-Romagna, con gli scioperi e i blocchi nella logistica e nella distribuzione, stiamo lottando per migliorare le condizioni salariali e di lavoro, per tutti. In un settore dove prima sembrava impossibile alzare la voce, abbiamo detto basta al sistema al ribasso delle cooperative e alla precarietà. Con queste lotte abbiamo accumulato forza e ora vogliamo conquistare la libertà dal quotidiano razzismo istituzionale. Questo è il momento: nessun nuovo governo risolverà i nostri problemi, soltanto con la nostra forza potremo liberarci dal ricatto imposto dalla legge Bossi-Fini e dal permesso di soggiorno! Conosciamo la nostra forza, dobbiamo organizzarci! Dopo incontri e discussioni con migranti e associazioni non solo del bolognese, vogliamo costruire insieme una mobilitazione regionale e invitiamo tutti a partecipare all'assemblea generale dei migranti domenica 17 febbraio alle 0re 15 (XM24 - via Fioravanti, 24 - Bologna). Per info, contatti e per scaricare i volantini in arabo, inglese, italiano e urdu Coordinamento migranti Bologna e Provincia
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Femministe a parole in tournée / To be continued ...
Dopo una pausa/non pausa (vedi ad esempio qui, qua e quo) riprende la tournée di Femministe a parole, il volume pubblicato nella collana sessismoerazzismo dalla casa editrice Ediesse (a cura di Jamila M.H. Mascat, Sabrina Marchetti e Vincenza Perilli). Nuove occasioni per dibattere e confrontarsi sulle questioni controverse che hanno attraversato il dibattito femminista nel corso degli ultimi anni: il multiculturalismo e i diritti delle donne, l’Islam in Europa e l’affaire du voile, la condizione postcoloniale e l’impatto delle migrazioni, il rapporto tra universalismo e relativismo culturale, il ruolo dei corpi e la performance dei generi, e tante altre ancora. Si parte domani - sabato 16 febbraio 2013 - con un doppio appuntamento radiofonico: alle 13.20 una delle curatrici sarà ospite di Radiouno_Rai per parlare del volume all'interno del programma Doppio Femminile, mentre un'altra intervista andrà in onda su Radio Città Fujiko, nella trasmissione women-only Frequenze di genere (ogni sabato dalle 13 alle 14). Il 27 febbraio Femministe a parole sarà invece a Perugia per una presentazione congiunta con il volume Lo schermo del potere, di Alessandra Gribaldo e Giovanna Zapperi, organizzata dalla Sezione Antropologica Uomo&Territorio dell'Università di Perugia e dal collettivo Bella Queer. Infine l'8 marzo saremo a Torino, ospiti de L'altramartedì al Circolo Maurice lgbtq. Vi aspettiamo!
giovedì 14 febbraio 2013
San Valentino Queer
Ricomincia oggi, con Renato Busarello e Elisa Arfini, il seminario di autoformazione Dal femminismo agli "altri femminismi", a cura del Laboratorio Autoformazione e del Bartleby Spazio Autogestito. Tema di questo settimo incontro la Critica Queer, una valida alternativa per chi purtroppo oggi non può essere al Congresso della Sis a Padova e rifugge dal balletto in piazza di Snoq&Co
mercoledì 13 febbraio 2013
Coming out
Riceviamo e pubblichiamo un intervento di Jamila M.H Mascat che, tra le (tante) altre cose, è la corrispondente da Parigi di Marginalia - cosa di cui siamo indicibilmente felici e onorate. A partire da una quasi-cronaca della manifestazione organizzata a Parigi dall' Inter-lgbt il 27 gennaio scorso, Coming out affronta luci e ombre del dibattito sul cosiddetto mariage pour tous, invitando "ad immaginare altro e meglio". Prima di lasciarvi alla lettura del testo - che personalmente ho letto con l'emozione che si prova quando si condivide ogni parola e ogni virgola - una breve nota redazionale sulla foto che correda questo post: l'abbiamo trovata in Tumbrl, purtroppo senza credits e/o riferimenti che ci permettessero di collocarla in qualche modo. Speriamo che qualche appassionata/o di Marilyn di passaggio possa dirci qualcosa. E ora (finalmente) vi lasciamo alla lettura di Coming out, ringraziando ancora l'autrice per averci fatto dono di questo contributo favoloso. Buona lettura! // Coming out di Jamila M.H Mascat : Ai matrimoni ho la presunzione di essere un'invitata doc. Laici e religiosi, e di qualsiasi confessione. Mi diverto, mi commuovo, faccio onore alla tavola e alle danze, e faccio ovviamente il regalo agli sposi. Al bouquet non ci tengo, ma le promesse mi fanno impazzire, sarà quell’ostinata invocazione d’eternità che prova a fottere l’intermezzo del tutti-i-giorni, o forse solo il pensiero della cattiva sorte che mi rattrista. Sono etero. Amo un uomo da 12 anni, e visto che ne ho 33 secondo me è roba da matti; ma non credo che nessuno ci darà mai la palma d’oro della coppia dell’anno – nessun anticonformismo, solo troppi litigi, troppe distanze, troppe “infedeltà”. Gli ho chiesto di sposarmi soltanto una volta, nel 2005, quando per motivi urgenti e spiacevoli sembrava che fossi costretta a partire per l’Arabia Saudita, e non avrei potuto farlo senza accompagnatore. Avrei avuto bisogno di un marito. Poi non se ne è fatto più niente di quel viaggio né di quel matrimonio. Sono tradizionalista, dicono le mie amiche più libertine e le mie compagne più liberate. In effetti, per esempio, finora non ho mai fatto una cosa a tre. Non è molto rilevante tutto questo, mi rendo conto, ma mi è sembrato che l’unico modo per prendere la parola nel dibattito sul mariage pour tous fosse la testimonianza. Si usa così, e allora perché no. E poi comunque ogni volta che capita di parlare di *affari di famiglie* - e ultimamente capita spesso- è difficile non mettere in mezzo i fatti propri. Ora, per smettere di parlare dei fatti miei copio e incollo una cosa che ha detto la ministra della famiglia, Dominique Bertinotti, a proposito della (quasi) legge sul matrimonio omosessuale, che qui in Francia ha scatenato le coscienze retrograde della destra cattolica e non: “C'est une revendication très normative, pouvoir faire famille, entrer dans un cadre juridique, ça n'a rien d'une destruction mais au contraire, c'est une sécurisation juridique, une protection". E’ una constatazione meno banale di quello che sembra. E mi trova d’accordo. // Pride and Privilege // Parlo dal punto di vista di chi dispone di un privilegio etero, come mi è stato fatto notare spesso negli ultimi tempi. Lo so, e sono così privilegiata da poter decidere perfino di potermene non servire, sapendo che in caso di emergenza, lui, il privilegio, in fondo sta là, da usare se mai ce ne fosse bisogno. Di buoni motivi per sposarsi non ne vedo, se non certo proprio tutte quelle ottime ragioni messe in campo dal movimento lgbtq durante la campagna pro mariage, cioè tutti quei diritti sociali e di cittadinanza che dipendono da questo tanto conteso diritto civile. Di fronte al quale, improvvisamente, sembra che il mondo si divida in due: c’è chi lo vorrebbe per tutti e chi lo vorrebbe solo per pochi. Tertium non datur. Se fosse un sondaggio di opinioni a freddo, se non ci fossero state le obbrobriose manifestazioni degli anti-mariage in Francia, le migliaia di ridicoli emendamenti dell’opposizione (4.999) alla proposta di legge (24 sedute parlamentari, 10 giorni di discussione, il settimo projet de loi piu dibattuto in aula nella storia della Quinta Repubblica) e un clima di omofobia che nel mio mondo sempre meno etero per fortuna avverto solo da lontano, direi a gran voce: mariage pour personne! Non perché non mi rendo conto che sposarsi sia un privilegio, al contrario. Proprio perché è un privilegio, dico: non estendiamolo, piuttosto smontiamolo, liberiamocene. Immaginiamo una riconfigurazione giuridica che permetta di attribuire diversamente quegli stessi diritti vincolati ora al matrimonio. Ripartiamo dai diritti individuali e dalle unioni civili. Ok, lasciamo in piedi il matrimonio per chi proprio non può farne a meno, ma invece di chiedere semplicemente la concessione di un privilegio, proviamo a rendere quel privilegio superfluo. Facciamo uno sforzo immenso di immaginazione e pensiamo a unioni che possano assumere la forma che meglio credono ed essere legittime per questo. Pensiamo che io, mio padre, la mia prozia e la sua fidanzata possiamo fare famiglia. Immaginiamo che tre donne che si amano possano fare famiglia perché si amano, e nel modo in cui scelgono. Pensiamo a due uomini e due donne che possono crescere una bambina e insieme fare famiglia. Pensiamo anche che un collettivo di individui legati da pratiche e rapporti affettivi, o un gruppo di conviventi o semplicemente singoli che condividono relazioni di cura e solidarietà possano disporre dei diritti di famiglia. Pensiamo alla pma e all’adozione per tutt* senza passare per il matrimonio. Sembra fantascienza? Forse. L’obiezione n.1 di solito è “Ma che razza di discorso è questo”. Troppa poca fantasia. L’obiezione n. 2 è disfattista e dice “E’ impossibile”. E invece proposte che vanno in questa direzione esistono. Se sono estendibili, i diritti, sono anche modificabili. L’obiezione n. 3 ostenta buon senso: “Ammesso anche che sia possibile e auspicabile, per queste cose ci vorranno anni. Intanto mariage pour tous” (che a voler essere precise sarebbe pour tou.te.s). // Parole // Quindi il 27 gennaio ho partecipato alla manifestazione organizzata in nome dell’égalité dall’Inter-lgbt una settimana dopo la pessima esibizione di piazza degli esponenti anti mariage. Égalité non è una parola leggera in questo paese, si sa. C’è égalité (ma oltretutto è belga) e égalité. E neanche la bandiera francese, sventolata con entusiasmo qua e là, è un simbolo light. Tantomeno mentre la Francia porta avanti la sua guerra in Mali sostenuta all’unanimità (o quasi) da tutte le forze politiche. Che c’entra il Mali? mi ha detto qualcuno. Questa è una manifestazione per i matrimoni gay in Francia. Non fa un piega. Ed è stata una manifestazione particolarmente riuscita, partecipata, cantata, pacifica, bella. Però io, etero, con il mio privilegio etero in tasca, sono comunque a disagio, tra l’égalité e il tricolore.
Su un cartello c’è scritto: El tipo de familia non altera el producto. Temo che purtroppo forse è vero. Poi con O. (omo, senza privilegio) abbiamo passato la metà del tempo a tentare di decifrare quello che c’era scritto su manifesti e striscioni. Slogan per tutti i gusti: spudorati (Je mets mes doigts partout pourquoi pas dans une bague?), scemi (Plus de mariages, plus de gateaux pour tous), rivendicativi (Indovinate chi ha disegnato i vostri abiti da sposa?), blasfemi (Jésus avait deux papas et une mère porteuse), ottimisti (Il vaut mieux un mariage gay qu’un mariage!), incontestabili (On demande vos droits, pas votre avis). Alla fine del corteo, a Bastille, B. è salita sul palco e ha parlato della sua esperienza di figlia cresciuta con due mamme, un padre e molto altro. Suo fratello l’ha costretta a fare coming out: Ma soeur est lesbienne. Per dire che se l’omosessualità davvero non è un problema, allora la possibilità che le coppie omosessuali si trovino ad avere figl* omosessuali non deve essere agitata come uno spauracchio contro le famiglie omoparentali. Era un po’ commovente vedere B. su quel palco a parlare dei fatti suoi. E’ come se in questo momento tutti avessero bisogno di prove, rassicurazioni e dimostrazioni del fatto che la Terra continuerebbe a girare nello stesso senso anche se tutt* fossimo gay e lesbiche. E quindi bisogna ripeterlo in continuazione. // Favole // C’è perfino chi, tra i giornalisti, ha chiesto a B. che cosa faceva da piccola per la festa del papà. Ho pensato che se lo avesse chiesto a me o a T., sarebbe rimasto estremamente deluso. Alcuni giorni fa la ministra della giustizia Christiane Taubira ha lanciato un’invettiva stra-appaludita contro un deputato dell’Ump, spiegava accalorata che sono soprattutto la stigmatizzazione e la condanna sociale a destabilizzare i figli delle coppie omosessuali, non certo i genitori. Di quella stigmatizzazione ne sanno qualcosa anche tutt* quell* che sono cresciut* all’interno di famiglie non canoniche e non tradizionali. Allora perciò, mentre giochiamo il primo tempo e facciamo le battaglie per l’inclusione, prepariamoci come si deve per il secondo tempo e diciamo fin da subito che l’inclusione non risolve il problema. Proviamo a smontare le barriere dell’accesso, lanciare altri slogan, immaginare altro e meglio. Qualche giorno fa su Le Monde si parlava, forse per la prima volta, di omonazionalismo e imperialismo gay. Due espressioni anche un po’ cacofoniche, davvero. Suona molto meglio “favolosità”, che è sempre stata una delle parole d’ordine del movimento transqueer (delle cui rivendicazioni, per inciso, mi sembra che non ci sia granché traccia nelle piattaforme dei gruppi pro-mariage, ma potrei sbagliare). Di favoloso il mariage pour tous pare che abbia ben poco, e le bandiere francesi ancora meno. Una favola vera, più bella dei Promessi sposi e del ritornello di Beyoncé, una favola pour tou.te.s potrebbe aspirare a molto di più. E soprattutto dovrebbe tenersi alla larga da ogni forma di discriminazione diretta o indiretta (perché il fatto di subirne una non dà diritto a perpetrarne o ignorarle altre), e a debita distanza dall’égalité di cui altri gruppi e minoranze continuano a fare le spese. L’articolo di Le Monde si conclude prefigurando uno scenario apocalittico: la Francia, campo di battaglia del fronte omonazionalista, tragicamente divisa in due blocchi, omofobi da una parte e xenofobi dall’altra. Il che equivale a dire che non ci sia alternativa all’omonormatività (questa è la definizione migliore che ho trovato in circolazione: "homonormativity = a politics that does not contest dominant heteronormative assumptions and institutions, but upholds and sustains them, while promising the possibility of a demobilized gay constituency and a privatized, depoliticized gay culture anchored in domesticity and consumption", L. Duggan). Per fortuna, invece, c’è chi come qui, qui e qui, ci aiuta ancora a credere alle favole (Jamila M.H Mascat, 11 febbraio 2013)
lunedì 11 febbraio 2013
Le femministe bianche e l'impero
Il volume Les féministes blanches et l'empire (Le femministe bianche e l'impero) di Félix Boggio Éwanjé-Épée e Stella Magliani-Belkacem - pubblicato lo scorso autunno da La Fabrique éditions - indaga la convergenza di interessi tra alcuni importanti settori del femminismo francese e la "classe dominante". Mi sembra che pur concentrandosi sul contesto francese, il volume offra validi spunti di riflessione (e piste di ricerca) anche per chi lavora in questa direzione in Italia (e siamo oramai in tante), quindi segnalo la pubblicazione di un estratto del volume sul sito Les Indigènes de la République
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Antigone a Tunisi
Una polemica durissima ha contrapposto in questi giorni il Ministero degli Affari religiosi tunisino e Hamma Hammami, leader del Fronte popolare di cui Chokri Belaïd - assassinato la scorsa settimana a Tunisi - era uno dei leader. La polemica è divampata in seguito alla partecipazione ai funerali di Belaïd di alcune donne (la consistenza di questa partecipazione non è chiara: la maggioranza delle fonti parlano solo della sorella, della moglie e delle figlie di Belaïd, altre di un numero di donne più corposo, non esclusivamente appartenenti alla ristretta cerchia familiare dell'ucciso). In una nota - nella quale si stigmatizzavano gli incidenti avvenuti nel corso del funerale - il Ministero degli Affari religiosi ha infatti affermato che questa presenza femminile avrebbe di fatto violato i precetti islamici, visto che il Corano vieta espressamente la partecipazione di donne al rito dell’inumazione del cadavere. Dura la replica di Hamma Hammami: “Una figlia ha assistito ai funerali del padre, una sorella ha partecipato ai funerali del fratello. Signor ministro, è stato più sconvolgente vedere delle donne al cimitero che non il fatto che è stato assassinato un essere umano, gli scontri al cimitero o le minacce di profanare il cadavere? Noi non abbiamo sentito la voce del signor Ministro quando più di 40 mausolei, contenenti degli esemplari del Corano, sono stati incendiati. Non abbiamo sentito la sua voce quando le tombe dei Santi sono state profanate e i loro cadaveri esumati. E noi non l’abbiamo sentita quando gli imam minacciavano di uccidere Chokri Belaïd e Amed Néjib Chebbi”. Mentre leggo la notizia non posso fare a meno - anche se il collegamento può risultare insieme scontato e abusivo - di pensare ad Antigone, figura complessa il cui mistero continua ad essere "una sfida per il pensiero" come scrive Francesca Brezzi. Penso in particolare alla lettura della tragedia di Antigone fatta da Judith Butler nel suo Antigone’s Claim (La rivendicazione di Antigone). Una lettura che si allontana decisamente da quella di Irigaray (forse più nota, perlomeno in Italia) che è ancora per certi versi in continuità con l'interpretazione hegeliana laddove legge, come sottolinea Butler, il potere insurrezionale di Antigone come "il potere di colei che rimane fuori dalla politica". Le "Antigoni" tunisine mi sembrano invece, con il loro gesto, molto più vicine alla "rivendicazione" butleriana, poiché contestano e mettono in crisi, dal di dentro, le forme del potere, lanciano una sfida che lascia intravedere nuove possibili configurazioni politiche in questa difficile e drammatica fase di transizione
La razza al lavoro
In occasione dell'uscita de La razza al lavoro (Manifestolibri, 2013) a cura di Anna Curcio e Miguel Mellino (e con saggi di Sandro Mezzadra, Giorgio Grappi, Costanza Margiotta, Chiara Bonfiglioli, Luca Queirolo Palmas, Enrica Capussotti, Caterina Mieli, Gianluca Gatta e Renate Siebert), mercoledì 13 febbraio presentazione del volume alla libreria Modo Infoshop, con Anna Curcio, Miguel Mellino, Chiara Bonfiglioli, Giorgio Grappi e Sandro Mezzadra. Coordina Alessandra Gribaldo
domenica 10 febbraio 2013
Le foibe e il giorno della mistificazione storica
In occasione del cosiddetto Giorno del ricordo - ricorrenza istituita con la legge n. 92 del 30 marzo 2004 su iniziativa di Roberto Menia, la cui carriera politica si snoda dalle organizzazioni giovanili del Movimento sociale italiano all'elezione nelle file di Alleanza Nazionale nel 1994-, rinviamo ad un articolo di Claudia Cernigoi, Giorno della mistificazione storica, scritto lo scorso anno per denunciare, ancora una volta, l'utilizzo mistificatorio e revisionista delle "foibe". Nella fotografia (risalente al 1945) la famigerata Banda Collotti responsabile - oltre a rastrellamenti, efferate violenze e torture ai danni anche di civili, ebrei e partigiani - dell'infoibamento di diversi antifascisti. Oltre al sito La Nuova Alabarda, dove sulla questione è possibile reperire materiali e bibliografie, segnaliamo il numero monografico della rivista Zapruder Confini senza fine, a cura di Gino Candreva e Lidia Martin con articoli, tra gli/le altri/e, di Sandi Volk, Claudia Cernigoi e Boris Gombac. Vedi anche Incidenze
sabato 9 febbraio 2013
Joan W. Scott / Gender: Uses and Abuses
Sull'ultimo numero della rivista online inGenere, è stato pubblicato un estratto della relazione che Joan W. Scott terrà come lezione inaugurale al VI congresso della Società Italiana delle Storiche (Università di Padova e Venezia - 14-16 febbraio 2013). Il testo Gender: Uses and Abuses (Genere: usi e abusi), è di imminente pubblicazione (con introduzione e traduzione dall’inglese di Sara R. Farris), nel prossimo volumetto della collana dei Quaderni Viola, dedicato al femminismo materialista e che avrà per titolo Non si nasce donna (a cura di Sara Garbagnoli e Vincenza Perilli, Alegre 2013). Il testo completo della relazione di Scott è inoltre incluso nella raccolta di scritti di e su Joan W. Scott, Genere, politica, storia, in uscita presso l’editore Viella .
giovedì 7 febbraio 2013
In morte di Chokri Belaïd / Un appello dell'Associazione delle donne tunisine
Pubblichiamo la nostra traduzione dell'appello - diffuso in Italia tramite la mailing list Coordita -, scritto da Radhia Belhaj Zekri a nome dell'Association des Femmes Tunisiennes pour La Recherche et le Développement (Associazione delle donne tunisine per la ricerca e lo sviluppo) della quale è presidente, in seguito all'omicidio avvenuto ieri a Tunisi di Chokri Belaïd, segretario del partito dei Patriotes Democrates Unifiés (Patrioti Democratici Uniti), la coalizione di sinistra attualmente all'opposizione: // "È con costernazione che noi, aderenti all'Associazione delle donne tunisine per la ricerca e lo sviluppo (AFTURD), abbiamo appreso la notizia dell'assassinio del nostro amico Chokri Belaïd, militante politico, grande figura della resistenza alla dittatura di Ben Ali e infaticabile difensore dei diritti umani. Esprimiamo la nostra pena e la nostra indignazione davanti a questo crimine politico odioso che denunciamo con vigore e fermezza. Constatiamo con grande amarezza che questo atto fa parte di una serie di azioni premeditate per zittire tutte le voci libere che si oppongono all'instaurarsi di una nuova dittatura. La sanguinosa repressione dei movimenti popolari nelle regioni, i tentativi di imbavagliare i media, le violenze fisiche e verbali nei confronti degli attivisti e dei militanti politici , le armi accumulate illegalmente da due anni alla luce del sole da un lato, l'agire in tutta impunità "delle leghe di protezione della rivoluzione", i discorsi al vetriolo su emittenti e media sociali da mesi, le voci intorno a misteriosi "campi di addestramento" ed un partito politico al potere lassista e complice dall'altro, sono altrettante inquietanti premesse dei pericoli che minacciano una Tunisia in transizione ed un popolo che aspira alla libertà ed alla dignità. Invitiamo tutte le associazioni e tutte le voci libere nel mondo a solidarizzare con le lotte delle tunisine e dei tunisini per l'uguaglianza, la democrazia e la giustizia sociale. Gridiamo a voce alta e forte a coloro che attraverso questo omicidio volevano instaurare il terrore nei nostri cuori, che le vie delle nostre città inondate dalla marea di tunisine e tunisini che urlano la loro indignazione contro queste pratiche terroriste estranee al nostro paese, sono la prova che il fascismo non passerà e che Chocri non è morto invano. Ci uniamo all'iniziativa dei partiti democratici e della società civile di organizzare una giornata di lutto, di sciopero generale e di esequie nazionali venerdì 8 febbraio" (Traduzione dal francese di Vincenza Perilli) // Testo originale: "C’est avec consternation que nous, adhérentes de l’Association des Femmes Tunisiennes pour La Recherche et le Développement (AFTURD), avons accueilli la nouvelle de l’assassinat de notre ami Chokri Belaïd, militant politique, grande figure de la résistance à la dictature de Ben Ali et infatigable défenseur des droits humains. Nous exprimons notre grande peine et notre indignation devant ce crime politique odieux que dénonçons avec vigueur et fermeté.Nous constatons avec beaucoup d’amertume que cet acte fait partie d’une série d’actions préméditées pour faire taire toutes les voix libres qui se mettent en travers de l’installation d’une nouvelle dictature : La répression sanglante des mouvements populaire dans les régions, les tentatives de musèlement des médias, les violences physiques et verbales à l’égard des activistes et militants politiques d’une part, les armes amassées illégalement depuis deux ans au vu et au su de tout le monde, l’agissement en toute impunité des « ligues de protection de la Révolution », les discours au vitriol sur les chaines et médias sociaux depuis des mois , les rumeurs autours de mystérieux « Camps d’entrainement » et un parti politique au pouvoir laxiste voire complice d’autre part sont autant de prémices inquiétants des dangers qui menacent une Tunisie en transition et un peuple qui aspire à la liberté et à la dignité .Nous appelons toutes nos associations partenaires et toutes les voix libre de par le monde à se solidariser aves les luttes des Tunisiennes et des Tunisiens pour l’égalité, la démocratie et la justice sociale. Nous crions haut et fort à ceux qui par ce meurtre, voulaient implanter la terreur dans nos cœurs, que les rues de nos villes inondées par des raz-de-marée de Tunisiennes et Tunisiens sortis crier leur indignation contre ces pratiques terroristes étrangères à notre pays sont la preuve que le fascisme ne passera pas et que Chocri n’est pas mort pour rien.Nous nous joignons à l’initiative des partis politique démocratiques et de la société civile d’organiser une journée de deuil, jour de grève générale et des obsèques nationales le vendredi 8 février". Si veda anche il sito del Cospe//
Tutte le parole per dire i femminismi
Sull'ultimo numero di Letterate Magazine. Scritture, politiche, culture - il settimanale online della Società Italiana delle Letterate -, una recensione di Pamela Marelli a Femministe a parole, dal titolo Tutte le parole per dire i femminismi.// Altre recensioni del volume: Sara Garbagnoli - About Gender // Anna Curcio - Il Manifesto // Cristina Morini - Uninomade // Rassegna stampa completa nel sito della casa editrice Ediesse //
martedì 5 febbraio 2013
Politics at the Intersection / Cfp
Un altro call for papers che può interessare credo molte/i di coloro che passano da qui: il 30-31 maggio 2013 ci sarà alla Ghent University la dodicesima Political Science Conference, con una sessione condotta da Sara de Jong e Liza Mügge, Politics at the Intersection. Trovate tutte le info procedurali direttamente nel sito, di seguito vi copio-incollo solo il testo del cfp: This session seeks to bring together Flemish
and Dutch research on politics from two hitherto separate interdisciplinary strands of scholarship: Gender Studies and Migration and Ethnic Studies. Political scientists working on migration and ethnicity or gender often address comparable questions about the inclusion or exclusion of either women or migrants and ethnic minorities in politics. They focus on power structures, participation, inequality and the politics of representation and use similar concepts, such as political opportunity structure, identity politics, and discrimination. Moreover, both strands of research are concerned with the functioning of categories in their analyses (e.g. citizenship, race, ethnicity, gender). Despite overlapping research agendas, a constructive dialogue between Gender Studies and Migration and Ethnic Studies is largely absent. Key contemporary topics that traditionally are under scrutiny in Migration and Ethnic Studies or Gender Studies, such as the headscarf debate, questions of integration and participation, and gender equality,can no longer be understood from an ethnicity or gender perspective alone. Both fields need to extend their conceptual, explanatory and interpretative frameworks and acknowledge conceptual and theoretical developments across the fields, such as intersectionality and the critique of methodological nationalism. We invite contributors to take up what we consider to be future challenges for political science: (1) to mainstream intersectional analysis; (2) to be critical of the construction of taken-for-granted categories and the way such ‘fixed’ categories are influenced by nation-states; (3) to develop new mix-method toolkits to make this exercise feasible. This section welcomes theoretical and empirical papers that reflect on political issues, policies and themes at the intersection of different categories.We also invite papers that consider how conceptual and/or analytical frameworks from the different fields of Gender Studies and Migration and Ethnic Studies can be synthesised
Che genere di programmi?
Il Laboratorio di studi femministi Anna Rita Simeone «Sguardi sulle Differenze» - di cui vi avevamo segnalato l'appello Che genere di concorso? -, organizza un convegno di genere e didattica per docenti delle scuole di
ogni ordine e grado, dal titolo Che genere di programmi? Percorsi e canoni per una scuola che cambi. Patrocinato dal Gender Interuniversity Observatory e con il sostegno del Dipartimento di Studi Europei, Americani e Interculturali e della Facoltà di Lettere e Filosofia della Sapienza Università di Roma, il convegno si svolgerà a Roma dal 19 al 21 febbraio 2013. Per ulteriori dettagli e il programma dettagliato rinviato al sito di Sguardi sulle differenze
Alice Walker / Non restare muti
Come per Angela Davis anticipiamo di qualche giorno gli auguri di compleanno ad Alice Walker (9 febbraio 1944), ripromettendoci di leggere il suo Non restare muti (Nottetempo, 2011) che attende su uno degli scaffali della nostra libreria da troppo tempo
domenica 3 febbraio 2013
Contesting gender norms in (post) revolutionary Egypt
Un interessante call for papers dalla mailing list di NextGenderation: "This interdisciplinary panel aims to provide insights into the gendered dynamics of (post) revolutionary processes. Since the ousting of president Mubarak, February 2011, a new public sphereand political arena has opened up in which the meanings of politics, secularism, citizenship, religious authority and gender systems are continuously contested. Gender issues that have been subject of debate and controversy concern the spheres of public/political protest, violence and repression, bodily presence and visibility. New articulations of gender norms have come to the fore during the constitution drafting process and in debates over family law. For this panel we welcome contributions that focus on contestations and shifts of meaning concerning women within the wider framework of Egypt s political transition processes whilst taking into account the geopolitics of economic and cultural globalization. We are interested in questioning how understandings of gender relations have been transformed or affected. To what extent and how do new political powers and changing power balances affect women? Do these new political actors reconfigure or re-envision concepts of gender or gender justice? Vice versa, we are interested to explore how gender informs larger political struggles. How do women shape postrevolutionary processes? In what manner do controversies concerning women?s actions and bodies relate to discussions on secularism and citizenship? The general aim of this panel is to render visible the gendered dynamics of Egypt's postrevolutionary processes. We aim to identify and specify expressions of the transformation of gender concepts or the invention of new ones. Please send a minimum 300 words abstract to An Van Raemdonck an.vanraemdonck@ugent.be and Monika Lindbekk monika.lindbekk@jus.uio.no by Saturday, Feb. 9 2013"
Storie in movimento / Zapruder: per la Sezione storica della Biblioteca nazionale slovena
"Storie in movimento e la rivista Zapruder – che raccolgono ricercatori e ricercatrici, docenti, studiose e studiosi di storia in genere – sensibili e preoccupati per le vicende del patrimonio archivistico e documentario, la cui fruizione è sempre più esigua a causa dei tagli alla cultura, all'istruzione e alla ricerca, esprimono contrarietà alla chiusura della Sezione storica della Biblioteca nazionale slovena di Trieste. La Sezione storica costituisce un'importante e preziosa opportunità per tutti gli studiosi che si occupano del confine orientale italiano. A più riprese, in occasione delle nostre ricerche, il materiale presente e l'aiuto del personale della biblioteca sono stati degli strumenti indispensabili al buon fine del lavoro. Inoltre è l'unica istituzione storica transnazionale sul confine orientale dell'Italia; per questo svolge un ruolo indispensabile per coloro che intendono fare ricerche senza il paraocchi del nazionalismo, ed è anche un baluardo contro il sempre strisciante, a volte emergente, tentativo di defalcare la memoria ai popoli slavo e italiano confinanti. La sua
chiusura, oltre a sottrarre risorse al panorama culturale e alla ricerca storica, rappresenterebbe un impoverimento della conoscenza comune dei due popoli. La Sezione storica si è sempre distinta per l'opposizione al nazionalismo e per l'impegno a fornire una visione rigorosa delle vicende di cui si occupa, scevra da ogni irredentismo e sciovinismo nazionale.La sua scomparsa, il licenziamento dei dipendenti, il ricorso al lavoro precario, si inseriscono in quel processo di svuotamento dell'identità culturale multinazionale della città di Trieste, le cui vicende hanno segnato la storia d'Italia e, pensiamo, di tutta l'Europa. Consegnano inoltre la memoria a un uso pubblico fattone da gruppi sciovinisti rivali, che se ne servono per seminare odi e sospetti nazionalistici, al di là della contingenza. E' anche da notare che, mentre si negano i finanziamenti a un'Istituzione così importante e prestigiosa, la Regione Friuli Venezia Giulia ha stanziato ben 370.000 euro a beneficio di associazioni che propagandano l'odio razziale e l'irredentismo nazionalista.Chiediamo quindi che la Sezione storica della Biblioteca nazionale slovena venga riconsegnata in tutte le sue funzionalità agli studi storico-scientifici e siano ripristinate tutte le sue attività, che gli addetti vengano riconfermati nei loro ruoli, che si stanzino i fondi necessari al suo pieno funzionamento, perché possa proseguire nel suo compito di assistenza ai ricercatori e a tutti gli studiosi. Storie in Movimento / Zapruder"
Femministe a parole / Una recensione su About Gender di Sara Garbagnoli
Sull'ultimo numero della rivista internazionale di studi di genere About Gender, dal titolo La teoria queer e la costruzione della realtà sociale, anche una recensione di Sara Garbagnoli al volume Femministe a parole, recensione che vi invitiamo a leggere sul sito della rivista, ricordandovi che per tutto il 2013 l’accesso ai contenuti di About Gender è libero tramite registrazione. Grazie a Sara (e a tutta la redazione di AG), e buona lettura!
venerdì 1 febbraio 2013
Guerrilla Girls' Pop Quiz / Dagli archivi di Marginalia
Da Guerrilla Girls via Marginalia (2010): inauguriamo così una nuova rubrica, quella del nostro archivio, appunto.
Guerra in Mali / Un'intervista ad Angelo Del Boca
A fine novembre dello scorso anno avevamo rilanciato qui l' appello di Aminata Traoré ed altre femministe maliane contro la strumentalizzazione della violenza contro le donne da parte della comunità internazionale per giustificare l'intervento armato in Mali, appello poi tradotto in italiano e pubblicato da Il Paese delle donne. A distanza di qualche mese la situazione in Mali è degenerata: l'11 gennaio il Presidente francese Hollande ha dato il via all'operazione militare Serval e l'Onu ha autorizzato un'azione militare internazionale mentre anche l'Italia si prepara a dare "supporto logistico" alla Francia. Rinviamo ad un'intervista ad Angelo Del Boca che offre alcuni elementi di lettura di questa nuova guerra neocoloniale, che definisce il "finale della guerra in Libia"
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