venerdì 31 maggio 2013

Emma Goldman

Emma Goldman (27 giugno 1869 - 14 maggio 1940) // L'immagine è  una foto segnaletica del 1901 conservata presso la Library of Congress (fonte Idea)

giovedì 30 maggio 2013

L'invenzione dell'Africa / The Invention of Africa

Per le/gli amiche/amiche parigine/i segnalo la giornata di studi con/su Valentin Yves Mudimbe, autore di The Invention of Africa (1988) e The Idea of Africa (1994) : École normale supérieure(Salle des Actes, 45 rue d’Ulm), giovedì 6 giugno 2013, a partire dalle ore quindici

Bessie Smith con maschera

Suggestione dopo suggestione - a partire da una foto di Billie Holiday che mi ricordava la famosa Noire e Blanche di Man Ray  - un'altra foto di Carl Van Vechten (via Stranger Flowers), scrittore e fotografo statunitense vicino al movimento dell'Harlem Renaissance. Qui ad essere fotografata è Bessie Smith, ancora con una maschera "africana", ma il registro è completamente diverso dal ritratto di Billie Holiday. Nei ritagli di tempo continuerò a cercare ma soprattutto "pensare". E poi condivido, ovviamente ...

mercoledì 29 maggio 2013

La bellezza di Franca Rame e gli omissis del Tg2

Leggo in Globalist.it che in occasione della morte di Franca Rame, avvenuta oggi a Milano, un servizio della giornalista Carola Carulli mandato in onda nel Tg2 delle 13, la ricorda così: "Una donna bellissima Franca, amata e odiata. Chi la definiva un'attrice di talento che sapeva mettere in gioco la propria carriera teatrale per un ideale di militanza politica totalizzante, chi invece la vedeva coma la pasionaria rossa che approfittava della propria bellezza fisica per imporre attenzione. Finché il 9 marzo del 1973 fu sequestrata e stuprata. Ci vollero 25 anni per scoprire i nomi degli aggressori, ma tutto era caduto in prescrizione". In questa rievocazione lo stupro sembra quasi una conseguenza della sua bellezza - per di più "ostentata" e "utilizzata" - e si omette di dire che i mandanti del  sequestro e dello stupro furono alcuni ufficiali dei carabinieri della Divisione Pastrengo di Milano e che a compierlo furono cinque esponenti di estrema destra. Franca Rame andava punita per la sua attività politica nelle carceri con Soccorso Rosso, per essere la compagna di Dario Fo, ma soprattutto per essersi esposta pubblicamente sull'omicidio di Giuseppe Pinelli prima recitando in Morte accidentale di un anarchico e poi firmando insieme ad altri/e, nel 1971, la lettera aperta pubblicata sul settimanale L'Espresso in cui si chiedeva la destituzione di alcuni funzionari, ritenuti artefici di gravi omissioni e negligenze nell'accertamento delle responsabilità circa la morte di Pinelli, precipitato da una finestra della questura di Milano il 15 dicembre 1969, tre giorni dopo la strage di Piazza Fontana.

Assassino è chi uccide. Ovunque

Ricevo dal Centro di Women’s Studies Milly Villa dell'Università della Calabria - e condivido - una riflessione sulla costruzione e (ri)produzione di un certo tipo di discorso pubblico sull'omicidio, avvenuto qualche giorno fa in provincia di Cosenza, di una ragazzina di quindici anni. Ecco il testo: "L’omicidio di Fabiana Luzzi ci interroga e ci fa riflettere. Crediamo che in questi casi sia necessario rispettare il dolore di una famiglia e di una comunità. Come Centro di Women’s Studies Milly Villa non possiamo tuttavia tacere rispetto alla costruzione e alla (ri) produzione del discorso pubblico a cui stiamo assistendo in queste ore. Non possiamo dare spazio alla costruzione del discorso mediatico che possa anche solo minimamente legittimare una posizione o rafforzare stereotipi e pregiudizi. C’è sempre un pericolo nascosto quando si esprime un giudizio o un’opinione che diventa pubblica: il pericolo del non approfondimento, della rinuncia a conoscere. Il pericolo è quello dell’inerzia o della frettolosità che fa irrigidire la definizione della realtà, investita emozionalmente da chi la esprime, in puro pregiudizio. L’omicidio di una donna è tale ovunque accada: non è il luogo a stabilire naturali predisposizioni. Non è biologia, né cultura naturalizzata. E’ violenza, e la violenza non conosce appartenenze territoriali o regionali. Assassini lo si diventa quando si uccide.E’ per questo che come Centro sottolineiamo il pericolo nascosto all’interno di ogni stereotipo che diventa pregiudizio: il pericolo di un razzismo che nasconde la realtà e che non permette di leggerla nelle sue tante dimensioni. Riteniamo indispensabile ripensare alle categorie attraverso le quali leggiamo la violenza di genere, attraverso cui proviamo a comprendere i cambiamenti nelle relazioni, nelle dinamiche di potere, di riconoscimento, di costruzione di una idea di relazione affettiva come possesso e dominio. Essere situate in una terra come la Calabria significa anche decostruire un immaginario legato alle donne del sud, agli uomini del sud, alle dinamiche tra i generi. A Sud, ma non solo. Significa decostruire concetti come quelli di emancipazione, per approfondire le diverse forse di dominio da cui liberarsi, ed uscire dalla logica che ci rende libere o oppresse nelle rispettive scelte di partire o restare. Significa decostruire quella visione ricorrente (a cui sembra che due ‘importanti’ giornali nazionali siano ormai affezionati) che tende a svalutare e razzizzare i sud - e la Calabria in particolare - confinandoli in una costruzione discorsiva che li vuole immobili, depauperati, senza storia, stretti dalla morsa del patriarcato. Significa, per lo stesso motivo, anche sfuggire ai discorsi che si arroccano intorno a una ‘presunta’ identità ferita, a una ‘calabresità’ offesa e da difendere: anche in questo caso il rischio è quello di ‘naturalizzare’ la Calabria,annullare le criticità, i chiaroscuri, la forza di un paradigma eterosessista declinato al maschile. Come Centro di Women’s Studies dell’Università della Calabria speriamo che da questa orrenda vicenda si possa avviare una riflessione seria a partire dal linguaggio utilizzato dai media: parlare non di amore, di gelosia, di passione, ma di violenza, rabbia, calcolo e orrore. Speriamo che da qui si possa rimettere al centro la vita delle donne, la dignità delle persone, a partire dall’individuazione di nuove prospettive di analisi, dalla proposta di percorsi formativi ed educativi, dal sostegno ai centri antiviolenza, rafforzando ciò che esiste e resiste, spesso a fatica. Rinnoviamo la nostra vicinanza alla famiglia di Fabiana, e a tutte le vittime di femminicidio"

lunedì 27 maggio 2013

Cesare Lombroso e la specificità calabrese

Una ragazzina di quindici anni, Fabiana Luzzi, viene uccisa in maniera atroce dal suo "fidanzato", poco più grande di lei, in un paesino in provincia di Cosenza. La lettera di una "trentenne calabra, direttore delle relazioni esterne di una multinazionale" inviata e poi pubblicata da Il Corriere della Sera con il titolo Sono nata nella terra dove è stata uccisa Fabiana, io sono fuggita lei non c'è riuscita, ha scatenato una serie di reazioni tra chi, come si legge su Scirocco News, non riesce a scorgere l'attinenza tra l'omicidio di una ragazzina e il fatto che fosse nata in una certe regione e si oppone all'immagine di una Calabria terra barbara e retrograda, dove gli uomini sono tutti dei padre padrone con la clava e le donne tutte vittime e sottomesse. Un omicidio riconducibile insomma ad una sorta di "specificità calabrese", così come per l'omicidio di Sarah Scazzi si era parlato di cultura meridionale. Doriana Righini nel suo La rivincita di Lombroso, scrive che, come affermava Rosa Luxemburg, il primo gesto rivoluzionario è chiamare le cose con il loro vero nome e che quindi, riprendendo le parole di Renate Siebert, non si può che definire razzista quanto espresso nella lettera pubblicata dal Corriere della Sera, poiché " una storia come questa potrebbe essere accaduta in qualsiasi altro posto d’Italia. Trovo assolutamente razzista e aberrante che si possa parlare, in questa vicenda, di specificità calabrese [...] Per come conosco la Calabria devo dedurre che chi sostiene queste tesi è sostanzialmente razzista ”. // Alcuni articoli correlati in Marginalia: Il ritorno del meridionale mafioso e omertoso, Il colore delle donne meridionali, I meridionali sono meno intelligenti. E le meridionali ancora meno

Assata Shakur e Angela Davis al Mlfa

Riesco solo stasera ad ascoltare la trasmissione trasmessa qualche settimana fa dal Mlfa a proposito di Assata Shakur, militante delle Black Panther inserita recentemente nella lista dei terroristi più ricercati dell'Fbi. Con spezzoni di dichiarazioni della stessa Assata Shakur e un commento di Angela Davis, vengono ripercorse le tappe della vicenda che la vedono coinvolta  (dalla sparatoria durante un fermo di polizia all'arresto, dalle torture in carcere alla fuga grazie all'aiuto di alcune compagne fino agli anni come rifugiata politica a Cuba), mettendo in luce le poste in gioco dell'attuale inserimento del suo nome nella lista dei "terroristi". Potete ascoltare la trasmissione qui, grazie al Mfla per questo prezioso documento // La foto è un frammento di una circolare dell'Fbi via Daily News

Analisi socio-politica delle pubblicità: genere, classe, razza, età e eterosessismo

Presentazione del volume a cura di Laura Corradi Specchio delle sue brame. Analisi socio-politica delle pubblicità: genere, classe, razza, età e eterosessismo (Ediesse, 2012) alla Biblioteca italiana delle donne lunedì 27 maggio (sul Server Donne maggiori info). Indice del volume: Specchio delle sue brame. Semiotica femminista e analisi socio-politica intersezionale nei commercials (Laura Corradi), Pubblicità di classe. Disuguaglianza, differenza e distanza (Emanuela Chiodo e Laura Corradi), "Sesso" e "razza" al muro. Il sistema razzismo/sessismo in pubblicità (Vincenza Perilli), Eteronorma e immaginari lgbt nelle pubblicità (Marta Baldocchi e Angela Tiano), Eternamente giovani: L'ageism nelle pubblicità (Laura Corradi), Per una sociologia politica del culo femminile nelle pubblicità italiane (Laura Corradi). Sul tema si veda anche 1, 2, 3 ...

sabato 25 maggio 2013

Genre & Colonization / Gender & Colonization

E’ on line il primo numero della rivista internazionale bilingue (inglese / francese) Genre & Colonization / Gender & Colonization dedicata esclusivamente alle interazioni tra genere e storia delle donne, storia della sessualità e storia coloniale. Questo primo numero (primavera 2013), a cura di Ryme Seferdjeli e Christelle Taraud è dedicato alla Algeria coloniale (1830-1962). Il numero comprende anche un colloquio con Djanina Messali-Benkelfat, figlia di Messali Hadj che parla di suo padre ma anche di sua madre, Emilie Busquant, partner a lungo del Padre del nazionalismo algerino e lei stessa attivista di primo piano. Grazie a Barbara Spadaro per la segnalazione.

Donne e genere in contesto coloniale

Finalmente è online il sito dedicato al convegno Femmes et genre en contexte colonial che si era svolto a Parigi nel gennaio 2012 e del quale avevamo publicato anche uno degli abstract degli interventi, ovvero la relazione di Barbara Spadaro, The very enjoyment of Whiteness. Class, Gender and Italian bourgeois women between the metropole and colonial Libya (1900-1940). Il sito (http://genrecol.hypotheses.org/) raccoglie le registrazioni audio di quasi tutti gli interventi, della tavola rotonda finale e delle discussioni, accompagnate da rinvii a risorse e materiali attinenti al convegno e alle sue tematiche. Di seguito la  presentazione a cura di Pascale Barthélémy, Anne Hugon, Christelle Taraud et Fabrice Melka del sito, in francese ed inglese. Grazie a Monica Di Barbora per la segnalazione! // Nous avons le très grand plaisir de vous annoncer la création du site internet dédié au colloque « Femmes et genre en contexte colonial», qui s'est tenu à Paris en janvier 2012. Vous y trouverez les enregistrements audios de (presque) toutes les communications, de la séance plénière (table ronde) et des discussions, accompagnés d'un ensemble de liens vers des ressources ayant trait au colloque et à ses thématiques. Vous pouvez aussi faire vivre ce site en postant vos commentaires sur les différentes communications - n'hésitez  pas ! Merci de bien vouloir faire circuler aussi largement que possible cette information dans vos réseaux // We are pleased to announce the creation of a new website dedicated to the Conference "Women and Gender in Colonial Contexts" which was held in Paris in January 2012. On this website you will find a recording of all the papers given at the Conference, including the plenary session (round-table) and debates; as well as several links to other web resources on related themes. You are most welcome to take part in the life of the website by posting comments on the various presentations -- please, feel free to do so! Please circulate the information widely among your own networks

giovedì 23 maggio 2013

Autoritratti / Iscrizioni del femminile nell'arte italiana contemporanea

Tra gli incontri paralleli alla mostra Autoritratti. Iscrizioni del femminile nell'arte italiana contemporanea, sabato 25 maggio al MAMbo incontro con Giovanna Zapperi curatrice, tra l'altro, della recente traduzione francese del celebre Autoritratto di Carla Lonzi. Colgo l'occasione per segnalare che la versione in italiano della relazione introduttiva di Giovanna Zapperi al convegno Carla Lonzi : critique d’art et féministe, organizzato da Travelling Féministe, è ora disponibile sul sito di UniNomade. Buona lettura! // La fotografia è un'opera di Francesca Woodman, Untitled, Providence/Rhode Island, 1975 - 1978.

Femminismo materialista / Non si nasce donna a Roma

Sabato 25 maggio alle ore 19 presso la libreria Alegre (via Circonvallazione Casilina 72-74),  prima presentazione del volume Non si nasce donna. Percorsi, testi e contesti del femminismo materialista in Francia, a cura di Sara Garbagnoli e Vincenza Perilli e con saggi di Christine Delphy, Maria Gabriella Da Re, Paola Di Cori, Sara R. Farris, Sara Garbagnoli, Colette Guillaumin, Nicole-Claude Mathieu, Vincenza Perilli, Redazione Quaderni Viola, Valeria Ribeiro Corossacz, Joan W. Scott, Renate Siebert, Paola Tabet e Monique Wittig. A seguire aperitivo. Non mancate ;-) // Su Non si nasce donna vedi anche 1, 2, 3 ...

martedì 21 maggio 2013

Storie in movimento / Riunione ZapBo a XM24

Giovedi 23 maggio 2013, alle ore 21, riunione del gruppo locale di Storie in movimento - l'associazione che edita la rivista Zapruder - presso XM24(via Fioravanti, 24 - Bologna) . Odg: Organizzazione presentazione volume Gaia Giuliani e Cristina Lombardi-Diop, Bianco e nero. Storia dell'identità razziale degli italiani (Libreria Modo venerdì 7 giugno) // Stesura calendario prossime iniziative e presentazioni rivista // Varie ed eventuali // Per precedenti riunioni vedi 1, 2 e 3

CasinoPound

Nel corso del dibattito su L’ortodossia erotica come prassi per un turismo elitario, il candidato sindaco di CasaPound, Diego Gaglini, ha proposto che il referendum per l’abrogazione della legge Merlin e la riapertura delle case chiuse parta da Viterbo, città che CasaPound intende trasformare in "capitale dell'erotismo"... Da Giornalettissimo

Bianco supremo / Supreme White

Un souvenir da Parigi: Metro République, 19 maggio 2013,  pubblicità murale del marchio Supreme White Paris, specializzato "dans la conception, la fabrication et la commercialisation de produits cosmétique Afro innovants, extrêmement clarifiants et anti-tâches" ...

lunedì 20 maggio 2013

Lorna Simpson au Jeu de Paume

Al Jeu de Paume, prima esposizione europea delle opere di Lorna Simpson, artista africano-americana nata a Brooklyn nel 1960, che lavora essenzialmente sulle complesse rappresentazioni del corpo nero mettendo in crisi le convenzioni legate al genere, all'identità, alla cultura e alla memoria. Dal 28 maggio al 1 settembre ...

La marcia per la vita e le madri snaturate

Anche se con un certo lag (l'articolo è stato pubblicato la scorsa settimana sul blog della 27esima ora), segnaliamo questo intervento di Lea Melandri che ci sembra offra spunti interessanti di riflessione sul legame tra la violenza subita quotidianamente dalle donne in Italia (nella stragrande maggioranza da parte - diversamente da come certa retorica razzista/sessista vorrebbe farci credere - di padri, mariti, compagni, amanti ...) e quella che l'autrice definisce " la grande ossessione della cultura maschile più conservatrice" che trova nelle "marce per la vita" uno dei suoi momenti più significativi

venerdì 17 maggio 2013

Zapruder débarque à Paris !

Zapruder débarque à Paris ! Fondée au lendemain des émeutes anti-G8 de Gênes 2001 afin de construire un laboratoire de recherche en histoire capable de rompre les frontières et les distinctions entre histoire militante et pratique savante Zapruder est désormais une réalité solide dans le débat historien italien. Son but est de rendre visibles les recherches portant sur les formes, les langages, les pratiques du conflit, celui-ci entendu au sens large du terme, dans la conviction qu'il contribue durablement à définir le champ de la recherche d'un point de vue politique. A l'occasion d'un petit «tour» français, le collectif de Zapruder vous invite à découvrir - vendredi 17 mai 2013 à 19h - à La Libreria ( 89, rue Faubourg Poissonnière - Metro Poissonnière - ligne 7) l'avant-dernier numéro, consacré à l'histoire de l'identification des personnes et des formes de discrimination qu'elles engendrent dans l'Europe occidentale entre 19ème et 20ème siècles. Véritable obsession de l'Etat «moderne», la pratique de classification et de fichage des individus nous révèle les enjeux de pouvoir liés aux dispositifs de gouvernement et de surveillance de la population. Une manière de réfléchir, à travers les outils de l'historien, au statut que la liberté recouvre dans un régime de "contrôle global" qu'aujourd'hui l'apport de nouvelles technologies semble envisager

mercoledì 15 maggio 2013

Man Ray, Frantz Fanon e l'Harlem Renaissance

Tempo fa ero imbattuta casualmente, cercando altro, in questa foto di Billie Holiday, bellissima. Scrivevo che era impossibile non pensare a Noire et Blanche di Man Ray (1926) anche se l'associazione era in qualche modo "stridente": nella foto di Man Ray c'è il contrasto/contrapposizione tra la pelle (bianca) della modella bianca e la maschera nera, contrapposizione che si complica nella foto di Billie Holiday. Se infatti cromaticamente il "contrasto" c'è, nello stesso tempo non c'è, essendo Holiday africana-americana. Nello stesso periodo la copertina di un volume appena edito da Ombre Corte, Parlare di razza, la lingua del colore tra Italia e Stati Uniti, a cura di Tatiana Petrovich Njegosh e Anna Scacchi, riprendeva, ribaltandola, la foto di Man Ray, cosa che mi aveva fatto scattare un'altra associazione, quella con il Frantz Fanon di Peau noire, masques blancs, accrescendo la mia "curiosità", la voglia di approfondire e "tirare i fili" di queste suggestioni disparate. Ma, come spesso mi capita, strangolata da altre scadenze, avevo chiuso il tutto in un cassetto, senza neanche riuscire a individuare chi aveva scattato la foto di Billie Holiday e ripromettendomi di tornarci su prima possibile. Adesso, un commento di Francesca, che ringrazio tantissimo, mi offre indicazioni preziose (e mi stimola a buttarmi nella ricerca): la foto (del 1949, conservata presso la The Library of Congress, di Washington), è di Carl Van Vechten, uno scrittore e fotografo statunitense, sostenitore dell'Harlem Renaissance.

Variabili femministe / La rottura dei femminismi postcoloniali

Stasera a Torino, presso il Circolo Maurice, secondo appuntamento di Variabili Femministe, il seminario itinerante ispirato dal libro Femministe a parole. Grovigli da districare e organizzato da Femminismi Itineranti, una rete di singole e realtà femministe torinesi nata a partire da incontri, scambi, desideri sollecitati dalla lettura del volume ed aperta a tutte/i coloro che condividono una prospettiva antirazzista, antisessista, antiomo&transfobica, e antifascista. L'incontro di stasera, a cura del Collettivo femminista Me-DeA , si intitola Un viaggio senza ritorno: la rottura dei femminismi postcoloniali

Zapruder a Parigi

Dopo la riunione barcellonese dello scorso anno, una tre giorni zapruderiana a Parigi! Venerdì 17 maggio, Zapruder sarà a La Libreria (89, rue Faubourg Poissonnière - Metro Poissonnière - ligne 7) per la presentazione del numero 29 , Il nome della cosa. Classificare, schedare, discriminare. Sabato e domenica invece si terrà la riunione di redazione della rivista presso il Laboratoires de recherche de l’Ecole Nationale Supérieure d’Architecture de Paris La Villette (118-130, Avenue Jean Jaurès - Metro Ourcq o Laumière - ligne 5). Ricordando che, mentre il diritto di voto è ovviamente riservato solo a coloro che fanno parte della redazione, la riunione è comunque aperta a tutti i soci e le socie di  Storie in movimento, rinviamo per orari e ordine del giorno dettagliato al sito di Sim. Vi aspettiamo!

SFamily Day : oltre i modelli normativi, per altre forme di intimità e affettività

A cura di Kespazio! Per una ricerca queer e postcoloniale si terrà a Roma, il prossimo 25 maggio, la SFamily Day, un'occasione per condividere esperienze e sperimentazioni, relazioni e educazioni, fatti e diritti che coinvolgono le forme di intimità e di affettività, oltre i modelli normativi della famiglia e della coppia come unici luoghi di investimento emotivo e materiale. Sul tumblr di Kespazio! il programma completo della giornata alla quale parteciperanno, tra le altre Sara Garbagnoli, Gianfranco Rebucini, Gaia Guliani, Laura Corradi, il Laboratorio Smaschieramenti e tante altre favolosità ...

lunedì 13 maggio 2013

Boccassini orientalista

Nella requisitoria al processo che vede imputato Silvio Berlusconi la pm Ilda Boccassini - che ha chiesto di condannare il leader del Pdl a cinque anni per concussione e ad un anno per sfruttamento prostituzione minorile - ha evocato la "furbizia orientale, propria delle sue origini" di Karima El Marough detta Ruby. Mentre anche Suad Sbai si indigna poiché "non tutte le donne orientali o arabe tengono atteggiamenti come quelli di cui si sta dibattendo nel processo", noi dobbiamo ancora una volta constatare la pervasività di una cultura neo-coloniale-orientalista-razzista-sessista che sembra non risparmiare nessuno/a. Grazie a Alessandra Gribaldo per la segnalazione // L'immagine  è un'opera di Ellen Gallagher, Odalisque (2005)

Chi ha paura della donna nera? / Un commento di Sonia Sabelli

Qualche giorno fa, pubblicando il testo Chi ha paura della donna nera?, auspicavamo l'invio di commenti e/o riflessioni per portare avanti la discussione. E' quindi con piacere che abbiamo letto, nel suo blog, questo intervento di Sonia Sabelli, che vi riproponiamo:" Leggendo i giornali all’indomani dell’insediamento del nuovo governo, ho visto che la neoministra italocongolese Cécile Kyenge è stata definita come la prima donna «di colore» [come se dire «nera» fosse un insulto e come se il bianco fosse un non-colore] ad assumere l’incarico di «ministro» [al maschile, come se un ministro non potesse essere una donna e come se la gente nera non avesse un sesso]. Mentre l’interessata si è ritrovata a dover ribadire di essere una donna nera e di esserne fiera, i commenti apparsi sulla stampa hanno dimostrato ancora una volta che, come ci hanno insegnato le riflessioni delle femministe e delle lesbiche afroamericane, sessismo e razzismo agiscono sempre simultaneamente. Ecco perché ho letto con interesse – e pure con un certo sollievo – l’articolo pubblicato su Migranda e Marginalia col titolo Chi ha paura della donna nera? Tra i commenti che ho letto finora, questo è l’unico che, invece di concentrarsi solo sugli insulti razzisti oppure esclusivamente su quelli sessisti, abbia tenuto conto delle intersezioni tra i due sistemi di potere"

sabato 11 maggio 2013

Contro / Versa

Contro versa è il titolo di un volume appena pubblicato da Sabbiarossa edizioni che non ho ancora letto ma che mi incuriosisce molto a dispetto della frase di Luce Irigaray scelta come esergo e della mia lontananza intellettuale e politica da madri simboliche, dimensione verticale della genealogia e fedeltà al (proprio) sesso che sembrano essere (almeno a leggere frammenti della prefazione) centrali nel libro. Nello stesso tempo però le "genealogie impreviste di nate negli anni 70 e dintorni" (così recita il sottotitolo del volume) e la centralità data a percorsi che si muovono da/verso sud (un sud, anche femminista, per molte ancora estraneo e/o "altro") mi fanno venir voglia di leggerlo. Senza contare che conosco (e stimo) una delle autrici, e di altre conosco il lavoro. Contro versa dunque, con saggi di: Doriana Righini, Denise Celentano, Giovanna Vingelli, Lucia Cardone, Ivana Pintadu, Loredana De Vitis, Pina Nuzzo, Angela Ammirati, Alessandra Pigliaru, Monia Andreani e Federica Timeto

Igiaba Scego e le domande imbarazzanti

Le "domande imbarazzanti" sono quelle rivolte dalla giornalista Lucia Annunziata alla ministra Cécile Kyenge durante il Tg3 di domenica scorsa che, non guardando la tivù, non avevo visto. Ringrazio quindi Igiaba Scego per avermi segnalato l'articolo scritto su questa vicenda e pubblicato su Corriere Immigrazione con appunto il titolo di Domande imbarazzanti. Ma nel mio archivio l'ho catalogato sotto il titolo di Domande razziste ...

venerdì 10 maggio 2013

Omaggio alle donne del blues

Via il volume di Nina Van Horn,  Hell of a woman con biografie e foto di Alberta Hunter (sopra), Victoria Spivey, Memphis Minnie, Lil Green, Ma Rainey, Georgia White, Mildred Bailey, Bessie Smith, Kate Mc Tell, Sister Rosetta Tharpe, Odetta, Billie Holiday e tante altre ...

giovedì 9 maggio 2013

L'integrazione è un campo di battaglia

Ancora a proposito della nomina di Cécile Kyenge, riprendiamo da Connessioni Precarie un articolo che ci sembra non solo approfondire ed esplicitare alcune delle questioni dibattute in Chi ha paura della donna nera? ma anche proporre alcuni spunti per una lettura critica del concetto di integrazione, tema che riteniamo cruciale fin dai tempi de La straniera, con il saggio di Sara Farris  La retorica dell'integrazione (e rinviamo anche a  Integrazione. Passione, tecnica, dovere la "voce" curata da da Silvia Cristofori in Femministe a parole . Buona lettura e riflessioni // La nomina della ministra Cécile Kyenge ha suscitato alcune reazioni prevedibili, altre meno. Alla volgarità leghista siamo ormai abituati, così come agli insulti razzisti che hanno come bersaglio non solo i migranti tutti, ma direttamente e indubbiamente i «negri». Usiamo questa parola fuori da ogni politically correct che ha coperto d’ipocrisia l’istituzionalizzazione di un razzismo di lungo corso che attraversa l’Italia e fa parte della sua gloriosa storia. L’Italia unita ha avuto le sue colonie e la sua teoria della razza, fatta propria dal regime fascista e mai veramente discussa e cancellata. «Non ci sono italiani negri», è stato detto dopo il primo gol di Balotelli, oggi chiamato in causa come testimonial. Ma mentre un gol fa godere tutti, lo stesso non si può dire quando arriva una ministra «negra». Tolto il dispregiativo, è stata lei stessa a togliere di mezzo anche le formule vaghe definendosi «nera» e non «di colore». Oltre al nero c’è però di più: c’è il fatto che Cécile Kyenge, con la sua stessa presenza, spezza il velo del silenzio calato sulla condizione di ormai oltre cinque milioni di persone che vivono e lavorano in Italia, delle centinaia di migliaia di ragazze e ragazzi delle nuove generazioni in movimento, di bambini e bambine marchiati a fuoco dallo stigma dell’alterità e per i quali già si pensano esami di una presunta italianità. Sarebbe perciò sbagliato e ingenuo pensare che solo di integrazione e convivenza si debba parlare. Lo ripetiamo oggi a Cécile Kyenge, mentre le esprimiamo solidarietà e appoggio. Lo diciamo sicuri di interpretare anche il sentimento di tanti e tante migranti con cui ha saputo lottare negli anni scorsi, anche uscendo dagli angusti spazi della retorica del suo stesso partito. Un partito che mentre parla a mezza voce di una società meticcia, proprio dove lei vive, ha costruito e mantenuto due dei tredici centri di reclusione per i migranti. I famigerati Centri di identificazione ed espulsione, un tempo Centri di permanenza temporanea, sono stati infatti istituiti dal suo partito, oggi PD, con una legge che porta il nome di una persona che ha speso la vita per l’integrazione, Livia Turco, e dell’attuale presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Siamo sicuri che, nella disattenzione generale, tra le cose di cui il suo nome è garanzia in Europa vi sia anche il mantenimento di quell’apartheid democratico che vede nei CIE delle strutture simbolicamente necessarie. La «scimmia congolese», come è stata amabilmente etichettata la ministra, dovrebbe secondo alcuni andare a «lavare i cessi» in quanto «negra». Seppur ancora troppo timide, le reazioni di condanna non mancano, compresa quella della presidente della Camera Boldrini, prima che altre urgenze prendessero il sopravvento. Quelli che si scandalizzano, però, sanno che per una donna nera qualsiasi «lavare i cessi» è una possibilità molto più concreta di quanto questi insulti possano far pensare? Siamo sicuri che il ministro Giovannini, che conosce le statistiche del mercato del lavoro italiano, potrà confermare che in questi anni l’integrazione ha voluto proprio questo: riservare ai migranti e alle migranti i lavori peggiori, peggio pagati, più pesanti, secondo una rigida divisione del colore. In questa rigida divisione, le donne nere devono soprattutto lavare i cessi, magari degli ospedali, oppure prostituirsi mettendo d’accordo i maschi neri e quelli bianchi, il cui piacere continua a nutrirsi degli stereotipi coloniali alimentati dal mito della patria. Il lavoro domestico e di cura è invece sempre più riservato, in condizioni non sempre migliori, ad asiatiche o migranti dalla pelle bianca che provengono dall’Est Europa se si tratta di badare gli anziani. L’integrazione, ben oltre le feste in costume, la ‘cultura’ che tanto interessa certi giornalisti embedded di sinistra e le vuote parole sulle pari opportunità, è l’integrazione nella precarietà e nello sfruttamento garantiti dall’apartheid democratico e dall’arroganza della discrezionalità amministrativa. Ci sono poi altri silenzi e altri commenti che lasciano esterrefatti. Lo abbiamo già detto segnalando la novità di questo ministra, ma con il passare delle ore sono sempre più chiari la miopia e l’infantilismo politico di chi, dopo magari averne fatto per anni una bandiera, oggi banalizza questo attraversamento della linea del colore. Non stiamo celebrando una vittoria e neppure un’acritica apertura di credito a una neominstra, e questo tocca pure dirlo per non essere volutamente fraintesi dai più duri e puri. Mentre segnaliamo la novità, ci colpisce invece la non novità di certi commenti imbarazzati, infastiditi, quasi irritati. Ci ricordano gli stessi toni di chi nel 2010 ha storto il naso di fronte allo sciopero del lavoro migrante contro la Bossi-Fini. Nel 2010 lo sciopero è stato fatto lottando duramente contro chi non lo voleva: i grandi e piccoli sindacati e molti gruppi di movimento impauriti di perdere la centralità delle forme di militanza più rassicuranti. Una lotta che è stata più difficile con loro che con lei, che come noto era presente. I commenti imbarazzati di questi giorni ricordano anche chi il 23 marzo scorso si è ben guardato dal sostenere pubblicamente la manifestazione di Bologna, nella quale oltre tremila migranti chiedevano a ogni futuro governo di cancellare la legge Bossi-Fini e denunciavano il razzismo, la segregazione lavorativa, lo sfruttamento cui sono sottoposti. Se ne sono accorti migranti di mezza Italia, non altri. Il fatto che la neoministra fosse presente in queste occasioni non significa certo che sono assicurati risultati eclatanti, ma non è del tutto indifferente per spiegare le reazioni scomposte che si stanno sentendo. Il contenuto politico che apre questa nomina pare sia ben chiaro soprattutto ai gruppi più razzisti di questo paese. Basta leggere i commenti per accorgersi che dietro al «ministro bonga bonga» c’è infatti la difesa strenua di quel razzismo istituzionale che si fonda sulle leggi tanto italiane quanto dell’Unione Europea, non su qualche gruppo nazistoide. Si tratta di un razzismo istituzionale ormai da tempo uscito dalle priorità del cosiddetto movimento, vale la pena ripeterlo in questa occasione. Capiamo perciò che dia molto fastidio essere superati da sinistra, anche solo sul piano dell’involontaria segnalazione del problema, dal governo che si è appena formato. Difficilmente Cécile Kyenge potrà cambiare qualcosa da un ministero che non ha competenze in materia e senza portafoglio. Non sappiamo nemmeno se vorrà davvero farlo. Eppure non ci sembra questo il punto di fronte alla novità che rappresenta. Guardiamo piuttosto dentro le case dei milioni di migranti che vivono, lavorano e crescono in questo paese, ai loro sorrisi nel vedere una ‘come loro’ giurare in un governo. Loro sanno che questo non vorrà dire la fine delle sofferenze e dello sfruttamento, l’uguaglianza di opportunità, la cancellazione del razzismo istituzionalizzato. Loro sanno che questo andrà conquistato con il tempo e con la lotta. Sanno però con certezza che è una lotta da fare. Sarebbe il caso che anziché ignorare questa lotta quotidiana riducendola alle sterili tattiche di movimento, lo capissero anche tutti quelli che si professano antirazzisti e antirazziste. Sarebbe bene anche che le tante persone di buona volontà che credono che la parola integrazione sia il bene, capissero che l’integrazione è un campo di battaglia che, mentre ricopre di belle parole, miete ogni giorno le sue vittime imponendo un prezzo da pagare. Le prime reazioni alla proposta di una modifica della legge sulla cittadinanza nella direzione dello ius soli parlano da sole. Le esternazioni del presidente del Senato ed ex-magistrato Pietro Grasso, che già paventa, in perfetta linea con leghisti e fascisti, l’invasione di donne migranti pronte a scaricare il loro imbarazzante fardello in suolo italico, sono emblematiche e significative. Il concetto di «ius soli temperato dallo ius culturae», formulazione ripresa dall’ex ministro per la cooperazione e per l’integrazione Riccardi, la dice lunga sul grado di violenza di questa battaglia, e ribadisce che l’unica integrazione ammessa senza condizioni è quella nello sfruttamento. Di fronte al silenzio quasi tombale che aleggia su queste questioni decisive del nostro tempo, intervallato dalla sterile esaltazione della diversità, da piccoli momenti d’irritazione e dalle offese razziste, la nomina di Cécile Kyenge segnala anche ai distratti che qualcosa nel mondo e in Italia è cambiato. E, probabilmente inseguendo lo scopo contrario, ricorda una dura lotta da fare

martedì 7 maggio 2013

Non si nasce donna al Mfla

Un grazie alle compagne del Mfla che oggi hanno dedicato a Non si nasce donna uno spazio nella rubrica Atti e Misfatti della loro trasmissione radio!

Donne, corpi, pubblicità a Roma3

Questo pomeriggio, presso la facoltà di Scienze della Formazione di Roma3, presentazione del volume di Laura Corradi (e con contributi di Marta Baldocchi, Emanuela Chiodo, Vincenza Perilli, Angela Tiano) Specchio delle sue brame. Analisi socio-politica delle pubblicità: genere, classe, razza, età ed eterosessismo (Ediesse, 2012). Per maggiori info sull'iniziativa rinviamo al sito di UniRoma. Articoli correlati in Marginalia: Specchio delle sue brame, Il sistema sessismo/razzismo in pubblicità, Donne, corpi, pubblicità

Siamo tutte donne velate / Nous sommes toutes des femmes voilées

Segnalo una delle ultime petizioni che ho ritenuto di firmare, Nous sommes toutes des femmes voilees, lanciata in Francia dopo le dichiarazioni di qualche settimana fa di François Hollande il quale auspica l'estensione della legge che prevede l'interdizione dei segni religiosi anche ad alcuni luoghi di lavoro dove "ci sono contatti con bambini". La petizione - lanciata, tra le altre, da Sonia Dayan-Herzbrun - è stata firmata da un nutrito gruppo di studiose, militanti e femministe sia francesi (Eleni Varikas, Laure Bereni, Rada Ivekovic, Christine Delphy, Elsa Dorlin tra le altre) che non (e tra queste Angela Davis, Amina Wadud, Joan W. Scott ...) e può essere firmata sul sito di Change.org

domenica 5 maggio 2013

Cècile Kyenge / Chi ha paura della donna nera?

Chi ha paura della donna nera ? -, un articolo discusso e scritto con le compagne di Migranda a proposito di Cécile Kyenge, la nuova ministra dell'integrazione e le reazioni che ne hanno accompagnato la nomina. Ogni commento è il benvenuto, buona lettura // "Se i piccini sono stati abituati ad avere paura dell’uomo nero, oggi i grandi hanno paura di una donna nera, Cécile Kyenge, appena nominata ministra dell’integrazione. Cécile Kyenge non fa paura perché è una donna. I governi hanno sempre saputo come tenere al loro posto le donne ambiziose, e alcune al loro posto ci sono anche rimaste con piacere. Del resto, nessuno di quelli che hanno accolto l’incarico di Kyenge con insulti razzisti e maschilisti ha avuto nulla da ridire sulla nomina al Ministero della salute di Beatrice Lorenzin, che d’altra parte ha avviato la sua attività istituzionale annunciando una campagna «a favore della vita» di cui certo le donne non potevano fare a meno. Cécile Kyenge, dunque, non fa paura perché è una donna. Cécile Kyenge, però, non fa paura neppure solo per il fatto di essere nera. È vero che, per il più profondo ventre razzista italiano, ogni messa in discussione delle cosiddetta linea del colore è un’eresia da combattere. Negli ultimi anni, però, anche nelle fila di quella Lega Nord che oggi insulta la nuova ministra sono state elette donne nere come Sandy Cane, convinta sostenitrice di maggiori controlli per evitare l’ingresso di «clandestini». Cécile Kyenge, quindi, non fa paura nemmeno perché è nera. A fare paura sembrerebbe piuttosto il fatto che si tratta di una «donna-nera», come lei stessa si è orgogliosamente definita, senza possibilità di tenere questi due termini separati o distinti, e senza poterli separare neanche dal fatto che questa donna-nera sta almeno in parte mettendo in discussione la legge Bossi-Fini. Il razzismo becero del governatore del Veneto, che pochi giorni fa ha intimato alla «ministra nera» di andare a visitare la donna austriaca stuprata da due «extra-comunitari», sembra cogliere questo punto con incredibile precisione. In nome di quella presunta «cultura veneta per cui il rispetto dell’identità della donna è un pilastro fondamentale», Zaia ha cercato di togliere a Cécile Kyenge il fatto di essere donna, identificando la violenza sessuale con la «razza» e dimenticando volutamente, come peraltro Cécile Kyenge gli ha ricordato, che la violenza sulle donne non ha razza né classe, ma solo un sesso. A dimostrazione della difficoltà di guardare alla «ministra nera» come donna e come nera, Zaia ha cancellato il primo aspetto e ha usato l’equazione razza-violenza per identificarla con i neri come lei, facendone su questa base una sorta di rappresentante istituzionale di migranti che, secondo quelli come lui, per natura stuprano, rubano, ammazzano. Come sempre accade, la violenza sulle donne viene trattata dai nostri solerti ministri per fini che con le donne nulla hanno a che fare, e come sempre accade si trascura il fatto che essa in Italia continua a essere perpetrata per la maggior parte per mano di padri, fratelli, mariti, amici di famiglia e compagni. Ma la famiglia non si tocca! Quella si che è un vero pilastro della cultura veneta, e persino italiana. Con lo scopo di denigrarla, Cécile Kyenge è così chiamata a dare conto dei crimini di «quelli come lei», diventando la rappresentante di quanti alla rappresentanza non hanno alcun diritto. Si sa che sono qui, qui lavorano, qui versano contributi che non rivedranno mai, qui vivono sotto il ricatto di un permesso di soggiorno che pagano profumatamente finché lavorano, per essere poi detenuti nei Cie ed espulsi, senza contributi, quando il lavoro lo perdono. E di questi migranti molti sono donne, che stanno al servizio dei «nostri» anziani finché sono anziane anche loro, ma non hanno neppure la cittadinanza da offrire per i loro figli. Ad alcune è concesso di non lavorare, ma solo al prezzo di restare in Italia come «ricongiunte», le mogli dei mariti, senza permesso di soggiorno autonomo. Loro forse non sono donne come le venete, o come le austriache. O forse, come accade per le venete e le mitteleuropee per cui Borghezio ha un’«innegabile preferenza», anche loro possono essere calpestate in nome della famiglia, di quel ricongiungimento familiare che consente loro di restare a prezzo di una parte della loro autonomia. Il fatto è che, come donna-nera, Cécile Kyenge non è tanto la rappresentante di qualcuno, ma è colei che mostra che «quelle come lei» sono del tutto fuori posto nel luogo in cui lei si trova, proprio perché non possono essere rappresentate. Le donne «come lei» dovrebbero stare ben chiuse e nascoste nelle case dei cittadini e delle cittadine di questo paese, dovrebbero accettare di avere un destino segnato – se non come casalinghe, come pretenderebbe il degno compagno di Zaia, Borghezio – almeno come badanti, operatrici delle pulizie, prostitute, mogli, operaie. Se Cécile Kyenge raccoglie così tanti insulti è perché si trova in un posto dove «quelle come lei» non dovrebbero stare. Eppure, Cécile Kyenge si trova in quel posto, e non ci sta come una bambolina che, passivamente, con la sua sola presenza e il suo corpo nero dovrebbe risolvere il problema di un partito alla ricerca di una legittimità antirazzista perduta. Ci sta con la sua pretesa – fin troppo cauta – di inceppare l’ingranaggio del razzismo istituzionale di cui sta facendo esperienza sulla propria pelle, e che per tutti quelli «come lei» prende il nome di legge Bossi-Fini. Noi non sappiamo cosa Cécile Kyenge riuscirà a ottenere nel suo ruolo, anche se siamo certe che non avrà vita facile. Crediamo che la sua presenza fuori luogo, come dimostra la paura che suscita, segnali un cambiamento di non poco conto. Sappiamo anche, però, che non tutte «quelle come lei» hanno la stessa possibilità di essere fuori posto come lei. Che in questo paese la battaglia delle donne-nere, delle donne-migranti, per uscire dalle case, sottrarsi agli obblighi riproduttivi, al comando del salario o alla dipendenza dai loro mariti è ancora tutta da giocare e in tutti i casi, che non sono pochi, parte da loro con coraggio e determinazione. E sappiamo che questa battaglia difficilmente si giocherà tra i volti bianchi di un ministero, ma piuttosto nelle case, nelle piazze dove da tempo i migranti e le migranti stanno lottando contro la legge Bossi-Fini, in tutti quei luoghi dove essere donne, donne-nere e donne-migranti fa, può fare, deve fare la differenza"

venerdì 3 maggio 2013

Volti e percorsi di donne nella storia della Somalia


Lo spazio Schengen e Aminata Traoré / Un'intervista

Qualche giorno fa vi avevamo segnalato come all'attivista e femminista maliana Aminata Traoré fosse stato negato, per intervento diretto della Francia, il visto per tutti i paesi Schengen. Su Il Paese delle donne potete ora leggere la traduzione dell'intervista rilasciata qualche giorno dalla stessa Traoré alla redazione di Cameroonvoice, una decisa condanna del sistema economico mondiale che ha posto cinicamente da tempo al centro della propria agenda politica la guerra e la militarizzazione per il controllo delle risorse dell'Africa // Articoli correlati pubblicati recentemente in Marginalia: Mali: non alle strumentalizzazione della violenza contro le donne, Donne del Mali: diciamo no alla guerra per procura!, Guerra in Mali / Un'intervista ad Angelo Del Boca

Simposio di storia della conflittualità sociale 2013

Il nono simposio estivo di storia della conflittualità sociale, organizzato da Storie in movimento e Zapruder, si terrà dal 25 al 28 luglio 20 a Monte del Lago (Hotel La nuvola, Magione - Perugia). Il SIMposio nasce all’interno dell’associazione Storie in movimento come occasione di confronto e discussione che si affianca alla rivista «Zapruder». Esperienza originale in un panorama sempre più asfittico, il SIMposio è pensato come un laboratorio che mira a rimettere in comunicazione luoghi e soggetti diversi attraverso cui si articola la produzione del sapere storico. Liberare e far circolare i saperi in uno spazio di discussione critica comune e orizzontale: questa è la nostra scommessa politica. Il SIMposio è immaginato in modo pluridimensionale. Durante quattro giornate affronteremo diversi snodi storiografici in una rara occasione di confronto interdisciplinare dove però l’elaborazione collettiva del sapere non è mai disgiunta dalla sua dimensione politica ma anche ludica: ci riuniremo infatti in un ambiente ideale, circondati dalla natura e con a disposizione una struttura ricettiva solitamente destinata allo svago. In questo senso, il SIMposio è un’opportunità per incontrarsi, discutere e divertirsi. Il SIMposio di quest’anno si apre con un dialogo di respiro internazionale giocato sulla tensione fra “trasformazione” e “rivoluzione” che attraversa la pratica teorica dei movimenti femministi e lgbtqi. La sera sarà invece il momento del “sogno e combattimento” con la musica di Marco Rovelli. Nella giornata di venerdì ci concentreremo sul Novecento in due diversi dialoghi: la mattina sul tema dell’immaginario e delle immagini che ne costituiscono il tessuto, mentre il pomeriggio tematizzeremo un confronto fra nazionalismi europei. La mattina del sabato sarà dedicata alla prima edizione di un laboratorio annuale sulle fonti che inizia quest’anno con una riflessione sull’uso delle interviste nella ricerca etnografica. Il sabato si chiude con un dialogo che esplora il concetto della “classe” a partire da un recente libro di Andrea Cavalletti. La domenica, come ogni anno, ci saluteremo con un’assemblea fra tutte le persone che hanno preso parte a questa edizione del SIMposio. Per programma, costi e modalità d'iscrizione, borse di soggiorno e informazioni si come raggiungere Monte dal Lago rinviamo al sito di Storie in Movimento. Vi aspettiamo numerose/i!

Cie / Sciopero della fame a Ponte Galeria

Con un comunicato rivolto all'amministrazione del Cie, i detenuti di Ponte Galeria - il Centro di identificazione e espulsione di Roma dove tra l'altro, nel maggio 2009 si uccise, impiccandosi, Mabruka Mamouni-, lanciano uno sciopero della fame. Il comunicato, che è stato pubblicato sul sito di Radio Onda Rossa e che invitiamo a diffondere - si chiude con una domanda che temiamo resterà senza risposta: "Noi motiviamo il nostro sciopero della fame, ora voi motivateci il perché dobbiamo espiare una pena senza aver commesso un reato"

mercoledì 1 maggio 2013

Sublimazioni pulsionali

Dopo Vicky Lane, Nina Simone  (magari ascoltando Dont't smoke in bed. Giusto per restare in tema ...)

Aminata Traoré persona non grata in Francia

Aminata Traoré - di cui tempo fa  avevamo pubblicato l'appello firmato con altre femministe maliane per protestare contro la strumentalizzazione della violenza sulle donne da parte della comunità internazionale per giustificare l'intervento armato in Mali (appello poi tradotto da Giovanna Romualdi per Il Paese delle donne) -, non ha potuto partecipare ad una serie di incontri in Europa ( e tra questi quello organizzato a Parigi presso l'Ageca, Non à la guerre au Mali ! Retrait des troupes !// No alla guerra in Mali! Ritiro delle truppe!), poichè il governo francese ha impedito che le fosse accordato il visto necessario per poter circolare liberamente nei paesi Schengen. Come non stabilire un collegamento - si chiedono i/le firmatari/ie di un appello diffuso in questi giorni - tra le convinzioni politiche di Aminata Traoré e il fatto che sia persona non grata alla Francia ?

Bastard and Poor's

Come nostro contributo a questo Primo Maggio segnaliamo il sito Bastard and Poor's, la prima agenzia di rating per lavoratori e lavoratrici che fa il suo ingresso nel web proprio oggi: non perderti un rating, connettiti con Bastard and Poor's ...