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A compimento di una lunga, complessa e travagliata genesi, che rimonta alla volontà espressa dai partigiani all’indomani della Liberazione, è stato finalmente istituito il Museo della Resistenza di Bologna che, dopo una cerimonia d’apertura il 21 aprile di quest’anno, vedrà concluso il suo allestimento in autunno con un’inaugurazione prevista per il 7 novembre. Collocato negli spazi attigui all’Istituto Storico Parri che ha trovato nuova sistemazione per i suoi archivi, biblioteca e mediateca nei locali recentemente ristrutturati dell’ex convento di San Mattia in via S. Isaia 20, il Museo si propone come luogo non solo di conservazione museale, ma anche – e soprattutto – di ricerca e attività didattica e divulgativa. Non è casuale, infatti, che nei depliant informativi quattro delle cinque sale che costituiscono gli spazi espositivi del museo, siano denominate “aule”. Come spiega Stefania Vellani, coordinatrice del progetto, i referenti privilegiati del Museo sono, nelle intenzioni, i giovani e soprattutto gli studenti: nei primi due mesi di apertura, il Museo ha visto la presenza di circa 600 visitatori, tra i quali molti giovani e quattro classi, di cui tre superiori e una media inferiore. Ed è stata proprio la scelta di privilegiare questo tipo di utenza, che spesso fatica ad avvicinarsi a questi temi rendendo difficoltosa la trasmissione della memoria storica, che ha determinato precise scelte nel tipo di allestimento prevalentemente virtuale, solo in parte determinate dall’oggettiva difficoltà di reperimento di tracce “materiali” di quell'esperienza.
La prima aula “L’antifascismo prima della Resistenza”, propone il tema nei suoi aspetti nazionali ed internazionali, in particolare per quanto riguarda la Guerra Civile spagnola, che funzionò come vera e propria “palestra” per molti volontari italiani – tra i quali molti bolognesi – che svolsero poi un ruolo fondamentale nella lotta partigiana. Questo tema è illustrato da materiale documentario, di cui solo una piccola parte in originale, da foto e da videomantaggi di filmati dell’epoca che il pubblico può visionare attraverso due postazioni, dalle quali si può accedere anche alla banca data sulla guerra civile spagnola, realizzata dall’IBC e dall’Istituto Storico Parri.
L’aula “La Resistenza dopo la Resistenza”, propone la proiezione, a ciclo continuo, del filmato Ora e sempre … Resistenza in Emilia-Romagna 1945-2005. Realizzato da Luisa Cicognetti, Lorenza Servetti e Pierre Sorlin in occasione del Sessantesimo anniversario della Resistenza e della Liberazione, il filmato è una videoinstallazione che, su tre schermi distinti (“Il contesto 11945-2005”, “In Emilia-Romagna”, “I percorsi della memoria”), ricostruisce la persistenza e le trasformazioni del riferimento alla Resistenza nella successiva storia d’Italia, attraverso materiali visivi della più diversa provenienza: spezzoni di programmi televisivi, documentari come La donna nella Resistenza di Liliana Cavani e il primo documentario sulla Resistenza Lettere di condannati a morte, materiali filmici, frammenti delle prime interviste a partigiani raccolte da Luciano Bergonzini.
Nella terza aula, un’istallazione permette al visitatore di navigare nei modelli virtuali di due tra i più significativi monumenti dedicati ai partigiani e alle vittime antifasciste bolognesi, ovvero il Monumento-Ossario dedicato ai partigiani alla Certosa di Bologna e il sacrario di piazza Nettuno. Questi modelli, che costituiscono le prime applicazioni messe a punto dal Museo Virtuale della Certosa, permettono non solo di percorrere le biografie dei caduti, ma di accedere a un gran numero di documenti, conservati in originale negli archivi dell’Istituto storico Parri, e qui elaborati e resi disponibili alla visione e alla lettura.
Nell’ultima aula, ancora in fase d’allestimento, è ripercorsa attraverso le interviste ad alcuni protagonisti della Resistenza bolognese, i filmati delle forze armate e le più significative immagini dell’archivio dell’Istituto Storico Parri, la vita a Bologna durante i mesi che vanno dall’otto settembre 1943 alla Liberazione avvenuta il 21 aprile del 1945. Alcune postazioni individuali permettono inoltre di consultare vari materiali, come l’intera raccolta di video interviste, alcuni dei più importanti fondi fotografici che illustrano la situazione di Bologna in guerra e il filmato Bound for glory, realizzato nel 1946 dall’Aviazione statunitense per ricostruire l’avanzata delle truppe alleate nel territorio bolognese e che è stato donato dall’Esercito statunitense all’Anpi e all’Istituto Storico Parri.
Infine, la Sala dell'ex Refettorio di San Mattia, è dedicata agli allestimenti temporanei. Dall'autunno questa sala ospiterà anche un programma di iniziative, tra cui una serie di incontri ceh si svolgeranno il mercoledì sera su temi inerenti alla Resistenza, anche in colaborazione co altri musei cittadini.
Il museo, ade ingresso gratuito, è aperto dal lunedì al venerdì dalle ore 16 al 19 e il sabato e domenica dalle 10 alle 13. Tel. 051 3397220
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Di seguito il volantino delle Sommosse antirazziste, in occasione della Terza Giornata dei migranti che si terrà domani in piazza dell'Unità a Bologna nell'ambito delle iniziative della Primavera antifascista e antirazzista .
La grande manifestazione contro la violenza maschile sulle donne che si è tenuta a Roma il 24 novembre scorso si è distinta anche per aver denunciato con forza l'ignobile campagna mediatica e politica all'indomani dell'omicidio di una “donna italiana” da parte di un “rumeno”. Questa campagna, riproponendo ancora una volta la sciagurata equazione violentatore=stupratore [1], ha scatenato una vera e propria “caccia allo straniero”, con aggressioni fisiche contro migranti e rom, leggi d'eccezione ed espulsioni di massa.
In quell'occasione abbiamo ribadito forte e chiara la nostra volontà di non essere strumentalizzate per fomentare il cosiddetto “scontro di civiltà” e le politiche securitarie: sappiamo che la violenza contro le donne non ha confini geografici, né di cultura o religione ma è l'espressione di un violento rapporto di potere esercitato dagli uomini sulle donne.
Partendo da qui, alcune di noi hanno proposto di porre al centro della riflessione il nesso razzismo/sessismo, consapevoli dei limiti dei discorsi (e delle pratiche) che finora sono state elaborate anche in ambito femminista e della necessità di cominciare a costruire relazioni concrete tra donne “native” e “migranti”.
Perché solo alla luce di questo rapporto (che sappiamo può anche essere conflittuale) è possibile interrogare e rimettere in discussione – insieme – le nostre pratiche e priorità politiche , in vista di una lotta comune, antisessista e antirazzista.
Siamo consapevoli che le trasformazioni in atto nell'attuale società “globalizzata” (precarizzazione selvaggia del lavoro e delle condizioni di vita, aumento di episodi di sessismo violento fino al femminicidio, virulenza dell'integralismo cattolico e familista, rimonta senza precedenti della xenofobia e del razzismo, dell'odio verso il “diverso” sia esso migrante, omosessuale, lesbica o trans) penalizzano in particolare i segmenti più “vulnerabili” della popolazione (dalle classi “popolari” ai migranti di ambo i sessi), ma hanno come bersagli e “vittime” privilegiate le donne, “native” e “migranti”.
Certo siamo consapevoli delle differenze che ci dividono ed anche dei “privilegi” di cui (talvolta) in quanto donne “native” godiamo.
Sappiamo che è diverso avere un documento d'identità in regola anziché dover attendere lunghi mesi per un permesso di soggiorno...
Sappiamo che la legge Bossi-Fini, legando il permesso di soggiorno al contratto di lavoro (o al permesso dei propri padri/mariti, se si è entrate in Italia con il ricongiungimento familiare), costringe molte donne migranti al silenzio e alla clandestinità...
Sappiamo quanto più difficile può essere per una donna migrante denunciare le violenze subite “tra le pareti domestiche” magari – in quanto colf e badanti - dal proprio datore di lavoro ...
Sappiamo anche che essere donne non sempre è garanzia di non-razzismo ...
Ma siamo anche consapevoli di tutto quello che può unirci e della forza che possiamo trarne.
Il nostro è un invito alla lotta comune, donne native e migranti insieme.
Bologna, 20 aprile 2008
per info e contatti: sommosseantirazziste@gmail.com
A BOLOGNA PROGETTIAMO PER SETTEMBRE UN CORSO DI ITALIANO ESCLUSIVAMENTE PER DONNE STRANIERE, IN LUOGO, DATA E ORARI DA DEFINIRSI
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[1] E' un lapsus. In realtà doveva essere "la sciagurata equazione stupratore=immigrato". Rinvio a quello che rispondo nei commenti a Zillah che me lo fa notare ... E a testimonianza della continua attualità di questo nodo rinvio qui ed anche qui.
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Comincerà martedi 15 aprile il seminario Corpi e politica: genere, razza e identità sessuale nelle culture politiche del Novecento tenuto da Liliana Ellena all'interno del nuovo corso di Storia delle donne e di genere all'Università di Torino.
Di seguito presentazione e programma:
Corpi e politica: genere, razza e identità sessuale nelle culture politiche del Novecento
Martedì h 16-18 Seminario 1, IV Piano
Mercoledì h 11-13, Seminario 1, IV Piano
Giovedì h 11-13, Seminario 1, IV Piano
Calendario:
Martedì 15 aprile:
Introduzione: Corpo/corpi in prospettiva storica
Mercoledì 16 aprile:
Corpo individuale e corpo politico
Giovedì 17 aprile:
Abolizionismo e suffragismo
Martedì 22 aprile:
Maschile e femminile nelle rappresentazioni del corpo politico: popolo e masse
Mercoledì 23 aprile:
Genere e razza: il caso francese
Giovedì 24 aprile:
Genere e razza: il caso italiano
Martedì 29 aprile:
“Degenerazioni”: omosessualità maschile e femminile nel periodo tra le due guerre
Pazza d’azzurro (1996) e L’altro ieri (2001) di Gabriella Romano
Martedì 6 maggio:
Corpi in rivolta: i movimenti anticoloniali
Mercoledì 7 maggio:
Film: La Battaglia di Algeri, Gillo Pontecorvo, 1966
Giovedì 8 maggio:
Femminismi: corpi politici/politiche del corpo
Martedì 13 maggio:
Razzismo e sessismo (intervento di Vincenza Perilli)
Mercoledì 14 maggio:
Film: Paris is burning, di Jennie Livingston, 1999 (Presentazione di Cristian Lo Iacono)
Giovedì 15 maggio:
Martedì 20 maggio:
Genere e identità postcoloniali: il dibattito sul velo in una prospettiva transnazionale
Mercoledì 21 maggio:
Conclusioni
Per info: liliana.ellena@unito.it
In un articolo scritto a più mani quasi dieci anni fa, Negazionismo virtuale: prove tecniche di trasmissione, l'analisi di un episodio specifico (ovvero l'immissione in rete di messaggi negazionisti – in particolare Paul Rassinier, Robert Faurisson e Vieille Taupe di Pierre Guillaume – ad opera del collettivo “di sinistra” Transmaniacon), diveniva il pretesto per riflettere su un fenomeno che era all'epoca, almeno in Italia, abbastanza nuovo, ed anche sulle possibilità inedite offerte dal web ad operazioni di questo tipo.
In Negazionismo virtuale smontavamo la “favola” dell'uso del materiale negazionista “ai fini di uno smantellamento – da un punto di vista “rivoluzionario e di classe” – dell'antifascismo” da parte di questa ben poco rivoluzionaria combriccola, in quanto ci era chiaro che “ la critica dell'antifascismo consensuale e celebrativo sviluppata dai movimenti di estrema sinistra nel dopoguerra subisce una torsione verso un anti-antifascismo che ne altera violentemente la valenza e la cui pretesa efficacia 'sovversiva' diviene sempre più inverosimile, a fronte delle trasformazioni postfasciste in atto nella cultura e nella costtituzione italiana”.
Svelavamo altresì come l'uso di soprannomi, acronimi e vari pseudonimi (seppure espediente storicamente già sperimentato con successo in ambito revisionista/negazionista), trovava nel contesto telematico nuove e inedite sperimentazioni grazie a discorsi quali no name e dissoluzione del soggetto [1].
Constatavamo, infine, come “l'operazione revisionismo in rete ha svolto di fatto un ruolo “sperimentale”, diverso da quello intenzionale o dichiarato: ha funzionato come una prova in vitro, un test del grado di tollerabilità dell'intollerabile raggiunto negli ambiti alternativi, o antagonisti, trovando, oltre ad alcune puntuali risposte, significative e preoccupanti sacche di giustificazione o indifferenza. Anche su questa nuova zona grigia, preventivamente esplorata nel cyberspazio, si fonderanno in parte le precarie fortune dell'editoria negazionista italiana” [2].
E' un testo sicuramente “datato” a rileggerlo ora dopo tanto tempo, eppure è stato importante, almeno per me. Negazionismo virtuale – e l'episodio che ne è all'origine – ha segnato da una parte il mio rapporto con una certa doxa del movimento (che all'epoca ha avvallato, giustificato o comunque non ritenuto importante criticare questa deriva negazionista) e dall'altra il mio rapporto con la rete, che ho guardato a lungo con una certa diffidenza. Utile strumento per comunicazioni veloci e scambio materiali tramite mail, il web è stato per me per molto tempo (spiace un po' dirlo) quello dei “siti della vergogna” [3], il luogo dove puoi acquistare l'uniforme – completa di berretto e stivali – di Hitler o Mussolini o il pugnale delle SS con la scritta “Sangue e onore”, il luogo che pullula di siti inneggianti all'antisemitismo e al razzismo, all'odio verso migranti, rom, gay e lesbiche (come, ad esempio i vari siti di Forza Nuova) e della diffusione di tesi revisioniste e negazioniste.
Col tempo ho scoperto che il web offre anche molto altro, anche se devo confessare che una buona dose di diffidenza mi è restata. Fare, ad esempio, una ricerca basandomi esclusivamente su fonti reperite in rete resta per me ancora impensabile e la casa piena di libri e le biblioteche più o meno polverose sono ancora per me luoghi belli e indispensabili .
Del come e dei perché che mi hanno portata poco più di un anno fa a Marginalia, ho già detto in uno dei primi post che ho pubblicato. Ed è stata un'esperienza interessante. Ho appreso (e continuo ad apprendere) molte cose, molte delle quali non potevo che imparare qui. E questo nonostante abbia dedicato a Marginalia veramente poco del mio (già poco) tempo [4]. Ciò nonostante ho tentato di far girare o rilanciare notizie che ritenevo importanti, dato spazio a cose ed esperienze poco visibili o marginali, appoggiato iniziative e sostenuto appelli [5]. E poi , ovviamente, grazie a Marginalia, ho fatto anche degli “incontri”.
Sarà a causa del poco tempo sarà per pigrizia ma ho “vagato” poco per il web e dunque la maggioranza di questi incontri non li ho “cercati”, ma sono “capitati”, quasi sempre tramite la citazione o la pubblicazione di un post di Marginalia in altri blog o siti. Sistematicamente – quando ne ho avuto notizia – ho segnalato questi “incontri” nella rubrica Feedback, ritenendo facessero parte – in ogni caso – della “storia” di Marginalia e di questa storia dovesse rimanere traccia. Alcuni di questi siti/blog mi sono piaciuti, altri meno o per niente. Con certi si è creato un qualche rapporto (commenti reciproci, segnalazioni, collaborazioni ...) e man mano dai Feedback sono finiti nelle varie rubriche che avevo creato (da Eppur si muove a Segnaletica). Altri non trovavano collocazione in nessuno degli spazi già esistenti in Marginalia e infine ho creato una rubrica apposita, Diversamente pensanti. Dal socialista che rivela posizioni pro-life alla sostenitrice di Israele, dallo studioso islamista alle italiane convertite all'Islam, per finire con un blog veramente “notevole”: mi riferisco a Kelebek.
Dovrei adesso tornare indietro di qualche mese e raccontare dell'incontro di Marginalia con quest'ultimo blog, per giungere alla vicenda della libreria Comunardi di Torino.
Forse sarebbe stato più “economico” togliere Kelebek dai miei link senza questo lungo post, ma non è il mio “stile”. Ed inoltre penso sia più “utile” così.
Ma stasera è tardi. Dunque, per intanto, aggiungo un “maneggiare con cura” ai Diversamente pensanti e rinvio alla prossima puntata.
NOTE:
[1] Su queste derive (e tanto altro) rinvio a Nuovo? No, lavato con Perlana.
[2] Nel cartaceo le citazioni sono a pp. 178, 177 e 179.
[3] Siti della vergogna è il titolo di un dossier – a cura di Saverio Ferrari e Riccardo Rudelli – presentato nel 2003 all'Istituto Ferruccio Parri di Bologna.
[4] 39 post in un anno sono proprio una miseria (mi dicono), soprattutto quando, spesso, si tratta di articoli già pubblicati altrove. Ma tant'è.
[5] E dalla critica dei "siti della vergogna" sono finita, sempre grazie a Marginalia, in liste quali Le firme della vergogna, per aver firmato un appello contro una conferenza di Faurisson, progettata da Claudio Moffa all'Università di Teramo. Interessante la discussione seguita alla pubblicazione dell'appello in Indymedia CH.
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Tanto per restare "sulla notizia" e in argomento: segnalo il presidio indetto dall'Assemblea Antifascista Permanente contro La Destra - Fiamma Tricolore, previsto per domani pomeriggio a Bologna .
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[1] Rinvio a I.D. versus Butler e I.D. vs Butler seconda, entrambi in la La Nuova Towanda di Paola Guazzo.
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Mi avvedo ora che la Nuova Towanda ha pubblicato la mail che avevo inviato stamani alla lista Facciamo Breccia (e, più o meno sempre la stessa, anche a Sommosse). Tendenzialmente penso le mail inviate alle liste di discussione come non destinate alla pubblicazione (per lo meno senza preventiva comunicazione all'interessat*), ma in questo caso mi va bene così (tra l'altro ho appena ricevuto mail di Paola ... prima volta che qualcun* mi chiama Eminenza ...), anzi la ri-pubblico anche qui (ripulendola da qualche refuso ...) sperando possa essere un contributo alla discussione:
Condivido quanto scrive Paola. Ne ho scritto brevemente, in ritardo e a mio modo qui.
Non potrò essere a Roma perché già altrove, comunque sarebbe interessante riuscire a capire quanto Butler "sa" (e cosa pensa) del femminismo italiano, in primis del cosiddetto "pensiero della differenza". Non dimentichiamoci che è stata proprio un'altra teorica del queer (Teresa de Lauretis) a "introdurre" il pensiero di Muraro&Co negli Stati Uniti. Sua infatti l'introduzione alla versione inglese di Non credere di avere dei diritti, dove definisce le donne della Libreria delle donne la "parte migliore" del femminismo italiano ... Su questa operazione avevo cominciato a pormi qualche questione alcuni anni fa (in un articoletto del 97 restato ai margini, dove tra l'altro notavo le "imbarazzanti analogie" tra femminismo della differenza e razzismo differenzialista). Notavo le similitudini tra questa operazione e quella che ha portato negli Usa all'"invenzione" del cosiddetto French Feminism (che riduce il femminismo francese al trittico Irigaray-Kristeva-Cixus ... il femminismo detto "materialista" - Guillaumin, Delphy, Tabet, Mathieu e altre - sparisce ...) :-(((
Spero che la discussione sia bella e ricca, attendo report da Doriana e altr*...
v.
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Per i vent'anni del Giardino dei Ciliegi
Sabato 15 marzo 2008
Giardino dei Ciliegi, via dell'Agnolo 5 – Firenze
Il femminismo italiano nel '900
fra teorie, letture e pratiche politiche
Ore 9,30-13
Mara Baronti: Perché il Giardino/perché al Giardino.
Clotilde Barbarulli, Anna Biffoli, Sandra Cammelli, Maria Letizia Grossi, Marisa La Malfa, Anna Picciolini, Silvia Porto, Alessandra Vannoni: I libri che abbiamo attraversato.
Enrica Capussotti: Forme della memoria e nuove soggettività.
Dibattito
ore 15-19
Maria Luisa Boccia: Carla Lonzi “La donna clitoridea e la donna vaginale” ( 1971).
Vincenza Perilli: “Il sesso e il colore”: sessismo e razzismo in alcuni testi degli anni ’70.
Manuela Fraire: Donne nuove: le ragazze degli anni Settanta.
Dibattito
Performance/ letture di Laura Bandelloni e Irene Barbugli (da Dacia Maraini, Donne mie, 1974)
“Fritte…miste”, mostra collettiva di Eleonora Baglioni, Cecilia Bevicini, Brunetta Gherardini, Ilse Girona, Harumi Matsumoto, Martina Pancrazzi, Monica Sarsini, Pupi Sestini, Ilda Tassinari.
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Prossimi appuntamenti al Giardino dei Ciliegi: 19 aprile (Femminismi, corpi culture lavoro) e 17 maggio (Femminismi nella globalizzazione).