"Che Marx – e, nel suo solco, un’eterogenea e “scismatica” costellazione di teorici, filosofi e/o militanti che ad esso si richiamano – potessero trovare attualità filosofica anche attraverso certe letture di Foucault, è un fatto imprevedibile ed estraneo alla cultura corrente. Specie in Italia. Un’eventualità non contemplabile, non contemplata, in un orizzonte repentinamente divenuto familiare, pacifico, “acquisito”. Dopo circa un quarto di secolo, dall’inizio degli anni Sessanta alla metà degli anni Ottanta, in cui aveva prevalso un forte e generale ostracismo, Foucault sembra ormai accomodarsi senza traumi nella cultura del tempo, che pare averlo “assimilato” senza troppi problemi. Eppure, se ci fosse richiesto di indicare il tratto fondamentale e distintivo dell’intera attività di Foucault, potremmo rispondere, con una certa sicurezza: la sospensione, la rottura delle nostre evidenze: il turbamento e la trasformazione simultanea del modo in cui ci rapportiamo al “nostro” passato e a questo presente. Di fatto, se sospendiamo il pregiudizio ordinario che relega Foucault in un postmarxismo di carattere meramente cronologico, dove il suo lavoro conduce un’esistenza in apparentemente confortevole e spesso rassicurante, accediamo ad un vasto campo, in gran parte inesplorato, che offre un’ampia gamma di ricerche possibili. È questa la prova che i lavori qui proposti hanno cercato di affrontare: riaprire, riesaminare e riformulare il rapporto tra Foucault e Marx, come un modo per pensare altrimenti l’uno e l’altro. Perché l’emergere di relazioni impreviste tra due termini, trasforma i termini stessi, mutando il loro statuto, la loro rilevanza, il loro 'luogo'". Dalla quarta di copertina del volume, appena pubblicato da Bulzoni, Foucault-Marx. Paralleli e paradossi (a cura di Rudy M. Leonelli, con saggi di E. Balibar, A. Burgio, S. Catucci, G. Forni Rosa, M. E. Giacomelli, M. Iofrida, R. M. Leonelli).
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