Proprio qualche giorno fa avevamo ricordato un vecchio articolo, L'innocenza di Eva, un testo che a partire dal caso limite del nazismo tentava di aprire qualche pista di riflessione sull'intersezione di sessismo e razzismo e sui rischi dell'amalgama , della confusione o della semplice giustapposizione dei due sistemi. In questa prima (e faticosa) ricognizione la critica della presunta "innocenza degli oppressi" ci era sembrata una questione cruciale. Raccontavamo del finto scoop della rivista femminista tedesca Emma che nel 1992 aveva annunciato la scoperta dei diari segreti di Eva Braun in cui la compagna di Hitler rivelava la sua "tacita opposizione al nazismo e la sua condanna del razzismo e sessismo quotidiani", e a partire dalle reazioni delle lettrici della rivista ci chiedevamo: "Quali culture, quali pregiudizi, quali schemi hanno fatto sì che si credesse che delle femministe, o presunte tali, proponessero un vistoso falso come rivelazione di una segreta e consolante verità?". Questa domanda ci è tornata in mente leggendo alcuni commenti nel web in seguito alla recente pubblicazione di alcune foto private e finora inedite di Eva Braun. C'è chi le trova "belle" o "divertenti", chi sottolinea come Eva Braun sia proprio come tutte le altre ragazze che tengono appeso al muro il ritratto del "fidanzato", chi la trova "simpatica" o "carina" e intuisce dalle foto "l'amore che provava per il suo uomo". Da parte nostra le troviamo tremende. E' terribile pensare che mentre i due "innamorati" si divertivano sul lago e in allegre riunioni con gerarchi nazisti e consorti, c'era chi moriva nei lager. Ci morivano anche i neri, come quello "imitato" nella foto qui sopra dalla compagna di Hitler, vestita da uomo e con la faccia ben annerita. La foto è datata 1937 ed è stata scattata durante una piacevole (presumiamo) serata in compagnia a casa della coppia, in cui Eva Braun "imita", per il divertimento di tutti/e, l'attore Al Jolson che nel film The Jazz Singer (molto noto all'epoca), aveva recitato a sua volta con la faccia annerita (cosa consueta all'epoca e in talune circostanze anche oggi) nel ruolo di un afro-americano. L' ironia (amara e "doppia") è che Al Jolson era ebreo.
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