Oggi è l'anniversario di uno dei più efferati massacri perpetrati dagli italiani durante l'impresa coloniale fascista in Etiopia: il 19 febbraio 1937, come rappresaglia per il fallito attentato contro il vicerè Rodolfo Graziani (che già si era distinto per la brutalità nell'occupazione della Libia), si scatenò per le strade di Addis Abeba una vera e propria "caccia all'indigeno" , che non risparmiò nessuno e fu condotta "coi sistemi del più autentico squadrismo fascista", come ricorda uno dei testimoni di quella vicenda, il giornalista Ciro Poggiali. Per anni ricordato in Italia (che soffre di una cronica amnesia rispetto al suo passato coloniale) in quasi solitudine dalla comunità etiopica (che l'anno scorso invitava tutti/e gli/le antifascisti/e "a stampare e affiggere nei posti di studio e di lavoro" un loro documento sulla strage come ricordo dei terribili crimini coloniali del fascismo), il 19 febbraio dovrebbe divenire per tutti/e coloro che lottano contro l'attuale sistema neocoloniale una data-simbolo. Nell'occasione credo che sia importante, oltre ai crimini del fascismo, ricordare anche la resistenza ad esso, che fu tenace e vide coinvolte attivamente in Etiopia tantissime donne (come abbiamo ricordato più volte qui), donne che Mulu Ayele, in un incontro dello scorso aprile dal titolo Colonialismo criminale, aveva messo al centro del suo intervento, Le donne etiopi nella resistenza al colonialismo fascista.
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