venerdì 27 novembre 2009

La violenta normalità.

"Ogni anno la stessa storia, ricorre la giornata internazionale contro la violenza sulle donne e tutti pronti a dire: è una emergenza. Nossignori, è bene ripeterlo per l’ennesima volta, la violenza maschile sulle donne è la normalità, si annida nelle relazioni fra i sessi e non ha colore né passaporto. Non accade solo il 25 novembre, ma sempre. Lo hanno capito in Danimarca, dove una donna su tre subisce abusi. Di recente è stata lanciata una campagna contro la violenza domestica. È un gioco interattivo nel quale è possibile simulare di dare, con una grande mano da uomo, uno, due, tre, tanti schiaffi a una donna. Il messaggio finale è «Sei un idiota. Hai perso il gioco quando hai alzato le mani la prima volta». Ottima iniziativa, rivolta ai più giovani, eppure ha raccolto diverse critiche. Chissà perché, è stato ritenuto più di cattivo gusto questo gioco che non la lettera di Marrazzo al Santo Padre. Eppure è violenza anche quella che subiscono quotidianamente le transessuali, spesso costrette a scelte obbligate. O le donne migranti rinchiuse nei Cie, che subiscono violenza da chi – come si legge su Marginalia – «dovrebbe [secondo una certa retorica sessista e razzista] garantire la nostra ‘sicurezza’». Tutto ciò lo sanno bene le femministe e lesbiche che in questa settimana hanno promosso incontri, dibattiti, manifestazioni anche davanti ai Cie, per denunciare gli stupri non denunciabili. In molte continuano a scendere in piazza, sabato corteo a Roma, e speriamo in tante si ritroveranno a Montalto di Castro domenica, dove un intero paese giustifica otto stupratori e dove – come ha scritto Ella de Riva – «la violenza colpisce più dell’influenza, se non uccide, emargina»".

La violenta normalità, di Barbara Romagnoli, pubblicato su Carta [I link nel testo sono a nostra cura]
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Diritto e castigo. Movimenti e ordine pubblico in età contemporanea

I recenti episodi di criminalizzazione e repressione dei movimenti sociali, dalla occupazione abitativa 8 marzo agli esiti dei processi su Genova 2001 (solo per ricordarne alcuni), hanno segnato una nuova tappa della gestione autoritaria dei conflitti sociali. Il rapporto fra movimenti di protesta e politiche dell’ordine pubblico costituisce uno dei nodi centrali delle società contemporanee, attorno al quale negli ultimi due secoli sono mutate non solo le modalità concrete della conflittualità sociale e le forme di esercizio dei diritti di riunione e di manifestazione, ma anche le caratteristiche di fondo dei sistemi politici e istituzionali, la loro trasformazione in senso più o meno democratico, la maggiore o minore trasparenza degli apparati di controllo e di repressione. Malgrado la sua rilevanza, questo tema è stato sinora poco trattato sul piano storiografico e non viene adeguatamente indagato nella pratica quotidiana e nelle sue trasformazioni dai movimenti sociali. Per questo, Zapruder/Storie in movimento invita studiosi/e e attivisti/e a confrontarsi attorno allo stesso tavolo oggi, venerdì 27 novembre (ore 20.30, Centro sociale Ex snia viscosa, Via Prenestina 173 Roma, tram 5-14) in occasione dell'uscita del numero della rivista Zapruder, Diritto e castigo. Movimenti e ordine pubblico in età contemporanea. A seguire cena sociale benefit per le spese legali dei/delle compagni/e arrestati all'occupazione ex 8 marzo di Magliana. Ulteriori info sul sito di Zapruder/Storie in movimento.
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mercoledì 25 novembre 2009

Stupri non denunciabili e cariche poliziesche durante la "giornata internazionale contro la violenza sulle donne"

Sappiamo che ci sono stupri non denunciabili, quelli cioè commessi da coloro che dovrebbero (secondo una certa retorica sessista e razzista) garantire la nostra "sicurezza". Lo sappiamo da tempo e da tempo abbiamo affermato che noi non siamo complici di quest'altra forma di omertà. Vogliamo denunciare la violenza esercitata sulle donne, migranti e non, tra le cosiddette pareti domestiche, i luoghi di lavoro e le parrocchie, come anche le questure, i carceri e soprattutto i Centri di identificazione ed espulsione. Per questo oggi, giornata internazionale contro la violenza sulle donne, siamo state in tante, in diverse città, a scendere in strada con presidi itineranti, volantinaggi, scorribande contro-informative e striscioni che denunciavano quello che in tanti/e non vogliono vedere e cioè che (anche) nei Cie si stupra. E che a stuprare è la polizia, quella che mandano nelle strade per "difenderci". Non ci stupisce allora che sia stata proprio l'apertura di uno striscione che affermava questa scomoda verità a provocare una violenta reazione poliziesca a Milano. Poche ore fa, infatti, in Piazzale Cadorna, durante il presidio promosso dalle compagne milanesi che avevano aderito all'appello Noi non siamo complici!, presidio che aveva riunito diverse realtà femministe e antirazziste, alcune donne hanno aperto uno striscione: "Nei centri di detenzione per immigrati la polizia stupra". Immediata la reazione della polizia, la richiesta di chiudere lo striscione, il sacrosanto rifiuto. Partono le cariche, violente. Le/i contuse/i sono diverse/i. Intanto, a poche fermate di metro, in quelle stesse ore le femministe dette "storiche" della Libreria delle donne di Milano festeggiavano a loro modo la giornata internazionale contro la violenza sulle donne con un iniziativa dal titolo Diritti e castighi. Non avendo in questo momento energia e lucidità a sufficienza riprendo dal lancio di stampa dell'iniziativa: (e ad ognuna le proprie riflessioni): "Dal 2002 Lucia Castellano dirige la Seconda Casa di Reclusione di Milano-Bollate - un esempio di civiltà e innovazione unico in Italia -, affiancata da altre due donne: la Vice Direttora Cosima Buccoliero e la Comandante della Polizia Penitenziaria Alessandra Uscidda. Nel suo lavoro si orienta mettendo al centro l'attenzione e il rispetto per l'altro/a, considerando il potere come un'opportunità per poter fare, attraverso una capacità progettuale e trasformativa in grado di produrre cambiamenti significativi nel contesto in cui opera e in chi lo abita, rifiutando "la gelida cultura autoritaria e burocratica che domina il mondo del carcere», improntata «al machismo, alla prepotenza e alla vessazione". Doppia solidarietà alle compagne e alle/ai antirazziste/i di Milano.
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Una scheda bibliografica per La straniera


La straniera. Informazioni, sito-bibliografie e ragionamenti su razzismo e sessismo, (a cura di C. Bonfiglioli, L. Corradi, L. Cirillo, B. De Vivo, S. R. Farris, V. Perilli). Come il primo, anche il secondo numero dei Quaderni Viola si propone di fornire dati elementari di conoscenza, bibliografie e sitografie per chi desideri poi approfondire, spiegazioni brevi ma capaci di orientare un lavoro politico. Il tema del razzismo è esaminato nelle sue intersezioni con il genere e la classe, così come nel primo numero il tema del lavoro è stato analizzato nelle intersezioni con il genere e con la condizione migrante. Le intersezioni tra vari rapporti di oppressione hanno assunto un’importanza crescente nella ricerca femminista internazionale. In questo quaderno vengono offerti esempi concreti di come genere-classe-razza/etnia/cultura-generazione contribuiscano a determinare posizioni di oppressione nella gerarchia sociale, ma anche nuove possibilità di presa di parola. Allo scopo di indagare alcune delle forme storiche in cui il concetto di razza è stato creato e impiegato, la prima parte del quaderno ne analizza alcuni momenti centrali: l’antisemitismo e la scientizzazione della categoria di razza, il razzismo anti-Rom, il colonialismo e, in particolare, il periodo coloniale italiano e il razzismo anti-meridionale. Il dibattito sul concetto di intersezionalità, sul ruolo da attribuire a ciascuna componente della triade “razza- genere-classe” si è arricchito negli anni di contributi e riflessioni sempre più numerose. La seconda parte perciò offre le coordinate teoriche e bibliografiche per orientarsi in tale dibattito e per affrontare, con una prospettiva più avveduta, l’intera trama problematica che è oggetto del quaderno. La terza e ultima parte infine si concentra sulle forme assunte dal razzismo contemporaneo in Italia, in particolare nelle loro declinazioni di genere. Gli immigrati e le immigrate sono divenuti/e il bersaglio principale di retoriche e pratiche xenofobe. Tuttavia, oltre che discorso esplicito, il razzismo contemporaneo si camuffa principalmente dietro narrative “difensive” che sempre più per affermarsi strumentalizzano le donne, italiane e non. Sono soprattutto tali narrative oggi ad insidiarsi nelle coscienze ed è, pertanto, dalla decostruzione di esse che dobbiamo partire per smascherare la propaganda razzista e misogina.

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Per l'indice del numero e brevi schede sulle autrici rinviamo al sito delle Edizioni Alegre. Sui Quaderni Viola e La straniera si veda anche: Quaderni Viola sito e blog, Mapps, Femminismo a Sud, Aut-Aut, Incidenze, Diserzioni sensibili, ControStorie,
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Sui Centri di identificazione ed esplulsione e sulle ragioni "economiche" della complicità

Che dietro la gestione dei Cie da parte dei privati si celino interessi per milioni di euro è ( o dovrebbe essere) cosa nota (e qui rinvio ad un articolo di Fortress Europe) anche se ancora non sufficientemente indagata. Lascia però senza fiato la notizia che, dopo la chiusura del Cie di Caltanissetta (reso inagibile da una rivolta dei migranti detenuti, la lotta paga) -, i "lavoratori" della cooperativa Albatros, che da nove anni gestisce il Cie, scendano in piazza per difendere il loro "posto di lavoro". Annichilita rinvio a Macerie.
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La vera principessa sul pisello: una storia contro gli stereotipi e i comportamenti sessisti imposti a bambine e bambini

Domani (anzi oggi, 25 novembre) alle ore 17 (Parco XI Settembre, via Riva Reno - Bologna) ci sarà un incontro promosso da ComunicAttive durante il quale sarà proposta una lettura teatrale del libro La vera principessa sul pisello (con la proiezione delle tavole originali disegnate da Octavia Monaco), libro che propone una rilettura della favola di Andersen in cui la Principessa, acuta e indipendente, riuscirà a vivere felice e contenta. Ma libera. Un incontro importante (ed il libro è bello, anche se non ha ancora preso nel mio cuore il posto de La principessa sulla zucca) alla quale non parteciperò personalmente poiché impegnata in uno dei tanti appuntamenti di Noi non siamo complici, ma credo che tutt* i genitori di bambine e bambini ancora troppo piccoli per presidi contro i Cie e la violenza sessista e razzista farebbero bene a parteciparvi con la prole. Credo anch'io, come ho più volte rimarcato anche qui in Marginalia, che uscire dagli schemi obbligati che fin dall'infanzia associano destini e comportamenti a bambini e bambine in base al genere è una delle strade per combattere la violenza (fisica, psicologica, sociale ed economica) contro le donne. Dulcis in fundo, durante l'incontro sarà distribuito a tutti i genitori presenti Gioca Jouer. Guida pratica per salvarsi dai giochi sessisti (guida che potete scaricare in pdf QUI).
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lunedì 23 novembre 2009

Verso il 25 novembre: tutti gli appuntamenti di donne, femministe e lesbiche contro i Cie e la violenza sessista e razzista

Dal percorso e dall'appello Noi non siamo complici! sono nate per il 25 novembre - giornata internazionale contro la violenza sulle donne -, una serie di iniziative contro i Cie e la violenza sessista e razzista. Per tutti gli appuntamenti, da Bologna a Catania, rinvio a nonsiamocomplici, buona lotta a tutte.
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Joyce Salvadori Lussu. Vita e opera di una donna antifascista



Questa sera (Circolo Arci Benassi, viale Cavina 4 - Bologna) presentazione, a cura dell'Anpi di Bologna, del volume di Federica Trenti Il Novecento di Joyce Salvadori Lussu. Vita e opera di una donna antifascista.
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sabato 21 novembre 2009

Take Back The Night: un corteo notturno e un blog contro la violenza sessista

Take Back The Night, il blog e il corteo notturno di stanotte a Roma contro la violenza su donne, lesbiche e trans
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Sulla condizione politica del cyber femminismo: separatismo e mantenimento dei confini

"A questo punto della decolonizzazione del cyberspazio, si presenta la necessità di attività separatiste. In questa fase iniziale, le donne devono provare a sviluppare i loro spazi di lavoro e apprendimento. Questo tipo di attività ricorre in tutti i periodi di decolonizzazione territoriale femminista, e si è rivelato molto produttivo. Il separatismo dovrebbe essere ben accolto tra le cyberfemministe [...]. Bisognerebbe far presente che il separatismo tra gruppi minoritari (e privi di potere) non è una pratica negativa. Non è sessista, non è razzista [...]. C'è una differenza precisa tra l'usare l'esclusività come parte di una strategia per trasformare una percezione o un modo d'essere specifici in un universale e l'usare l'esclusività come modo per sfuggire a un falso universale (precisamente uno degli obiettivi del cyberfemminismo separatista). C'è anche una netta differenza tra l'usare l'esclusione come mezzo per mantenere le strutture di dominio e l'usarla come mezzo per minarle alla base [...]. Allo stesso tempo, il separatismo può raggiungere un punto in cui diventa controproducente [...]. La storia si ripete secondo un ciclo positivo, nel quale le filosofie, le strategie e le tattiche dell'avanguardia femminista del passato aspettano di essere vivificate e riportate alla precedente efficacia [...]. Un'anarchia epistemologica e ontologica, celebrativa e aperta a ogni possibilità, si sta facendo strada nel cyberfemminismo. Il dogma deve ancora solidificarsi. Al contempo, il territorio è ostile, dato che l'oro dell'età dell'informazione non sarà consegnato alle donne senza lotta [...]. L'ingresso ai singoli è consentito se si hanno l'educazione, l'hardware e il software necessari; l'ingresso per le nazioni richiede che si abbiano infrastrutture accettabili e, in misura minore,, anche un'ideologia accettabile. Di conseguenza si ripete anche un ciclo negativo, perchè le donne che si sono fatte spazio nei cyberterritori sono generalmente anche quelle che hanno vantaggi economici e culturali in altri territori, sono vantaggi garantiti dalla posizione di classe, che si lega intimamente alla posizione culturale e all'appartenenza razziale [...]. Conoscere e capire la storia della lotta delle donne (insieme ad altre lotte relative alle relazioni di classe e razza) è essenziale, non solo come risorsa per le strategie e le tattiche, non solo per migliorare le risposte tattiche alle questioni del cybergenere, ma anche ppper evitare che le nuove costruzioni di genere che marcano questo nuovo territorio nella sua interezza (non solo nei suoi domini virtuali) cadano nello stesso ciclo del passato [da Faith Wilding e Critical Art Emsemble, Note sulla condizione politica del cyberfemminismo in F. Timeto, Culture della differenza. Femminismo, visualità e studi postcoloniali. L'articolo originale, Notes on the Political Condition of Cyberfeminism, pubblicato in Art Journal (2, 1998) è reperibile online QUI.]
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Femminismo, visualità e studi postcoloniali

Sto leggendo (non comodamente come vorrei) Culture della differenza. Femminismo, visualità e studi postcoloniali, a cura di Federica Timeto. Interessante riflessione sulle rappresentazioni dell'"alterità" nell'attuale scenario postcoloniale e transculturale.
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venerdì 20 novembre 2009

Transgender Day of Remembrance: per Brenda, uccisa da sessismo e razzismo


E' stata ritrovata morta stanotte, completamente carbonizzata nella sua casa romana, Brenda, una delle trans di origini brasiliane coinvolte nell'affaire Marrazzo. Rinviamo a quanto scritto in noinonsiamocomplici su questo ennesimo omicidio di Stato. L'immagine invece è tratta da una performance di Mary Coble, Note to Self , durante la quale, nel 2005, per ore e ore, l'artista tatuò sul suo corpo i nomi di 438 persone glbt assassinate. Nel Transgender Day of Remembrance, aggiungiamo idealmente a Note to Self il nome di Brenda.
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giovedì 19 novembre 2009

White Christmas? Meglio Black Italians

Potrei scrivere dell'operazione White Christmas ovvero l'ennesima "caccia al clandestino" tra alberi di Natale e panettoni ideata dall'amministrazione di destra di un comune nel bresciano (lo zelo e la fantasia dei burocrati razzisti di regime non ha limiti), ma ci rinuncio. Stasera ascolto Black Italians di Igiaba Scego, comincia in questo istante. Dal lunedi al venerdi, fino al 27 novembre alle ore 23 su Radio Tre.
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Finalmente un sito per i Quaderni Viola

Finalmente un sito per i Quaderni Viola. Basta fare clic per scaricare tutta la vecchia serie dei Quaderni (che è vero, sono proprio come i primi albi di Topolino, ricercati e introvabili), a partire dal mitico Meglio Orfane. Per una critica femminista al pensiero della differenza. Una sezione è dedicata anche alla nuova serie dove presto sarà pubblicata l'attesa presentazione del numero su sessismo e razzismo, La straniera. Buona navigazione e lettura
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martedì 17 novembre 2009

Colette Guillaumin: La colère des opprimées/ La collera delle oppresse

Rileggo, ancora una volta, un frammento di un saggio di Colette Guillaumin (dal suo Sexe, Race et Pratique du Pouvoir), frammento che avevo tempo fa pubblicato qui in Marginalia. Doveroso dirlo: Sexe, Race et Pratique du Pouvoir è stato uno dei testi chiave della mia "formazione" teorica e politica. Mi piace allora rileggere questo frammento (e proprio stasera), e rileggerlo grazie a Mauvaiseherbe, che rinvia qui, in un gioco di rimandi intorno alla teoria, alla violenza e alla collera.
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Donne, violenze e stupri: dal colonialismo ai Cie

Italiano uccide donna rumena: una notizia che non fa scalpore

E' un italiano, reo confesso, l'omicida di una giovane donna rumena, Cristina Tepuro. Una notizia destinata a non fare nessun scalpore né sui giornali né in tivvù. In nome suo non si invocheranno leggi speciali né ronde per le strade strade e non ci saranno neanche scritte sui muri: "a morte tutti i rumeni" fu scritto all'indomani dell'omicidio di una donna italiana - Giovanna Reggiani - per mano di un uomo di nazionalità rumena. Per Cristina Tepuro sarà diverso, è (era) straniera e per giunta prostituta. Il suo nome resterà ai margini e sarà presto dimenticato. Non conta nulla per quella che abbiamo definito economia politica dello stupro/ economia politică a violului : non ha valore, importanza, perché in nome suo non si possono assaltare campi rom né si possono massacrare di botte "stranieri" scelti a caso per strada. In nome suo non si possono neanche definire "belve" gli appartenenti ad un intero popolo né proporre di prendere le impronte digitali anche ai loro bambini/e. Allora noi facciamo il suo nome dai margini. Il suo nome è (era?) Cristina Tepuro. E facciamo anche il nome del suo assassino, come fu fatto il nome di Romulus Nicolae Mailat, lo stupratore e omicida di Giovanna Reggiani. Il nome dell'assassino di Cristina Tepuro è Francesco Stagnitto, 24 anni, italiano, assistente sociale.
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Violenze sulle donne migranti fuori e dentro i Cie: un dossier di Noi non siamo complici!

E' finalmente possibile scaricare in pdf, dal blog noinonsiamocomplici, il dossier sulle violenze fuori e dentro i Cie contro le donne migranti . Scaricate, stampate, diffondete ...
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domenica 15 novembre 2009

Rivolte toponomastiche sotto il Cie torinese di corso Brunelleschi per ricordare Mabruka e una legge infame

Poco fa, mentre all'interno del Cie le urla della protesta - questa volta partita dalla sezione femminile - oltrepassavano i muri per giungere fino in strada, corso Brunelleschi ha cambiato nome. Da stanotte si chiama "Corso Nabruka Nimuni", per ricordare Mabruka, la donna migrante che si è suicidata, impiccandosi con il suo maglione, il 7 maggio di quest’anno nel Centro di Identificazione ed Espulsione di Ponte Galeria a Roma. Di fronte al Cie torinese - perché tutti/e ricordino e nessuno/a possa dire che non sapeva - è stato impiccato un manichino. Sotto un mazzo di fiori e un cartello “A Nabruka Nimuni. Uccisa da una legge razzista”. Con questo gesto si è conclusa a Torino la giornata internazionale contro i Cie promossa dall’IFA, l’Internazionale di Federazioni Anarchiche. Ma la resistenza continua … Ogni giorno, dentro e fuori le gabbie. Al seguente link potete vedere le foto scattate da un reporter di passaggio, durante l'azione sotto il Cie torinese mentre per info e contatti potete scrivere a Resistere al razzismo a noracism@inventati.org. Per le iniziative di donne, femministe e lesbiche contro i Cie invece rinvio a noinonsiamocomplici.
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Nei Cie si stupra: Un intervento di Noi non siamo complici! al Day of Action promosso ieri dall'Ifa, l'Internazionale di federazioni anarchiche

Striscione di Noi non siamo complici! al presidio di ieri a Bologna in occasione del Day of Action, la Giornata internazionale contro i Cie e il "pacchetto sicurezza" promossa dall'Ifa, l'Internazionale di Federazioni Anarchiche. Grazie a Gioraro per la foto e per la partecipazione attiva e fattiva a questo percorso.
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Il 25 novembre, giornata internazionale contro la violenza sulle donne, un presidio itinerante di donne verso il Cie di Porta Galeria ...

Noi non siamo complici!, lo slogan usato durante il primo presidio itinerante di donne verso il Cie di via Mattei a Bologna il 13 ottobre scorso, è diventato un nome collettivo. Con questo nome è stata lanciata la proposta di una serie di iniziative locali in occasione del 25 novembre 2009 - giornata internazionale contro la violenza sulle donne - per denunciare la violenza che le donne migranti subiscono dentro e fuori i Centri di identificazione ed espulsione ed esprimere solidarietà fattiva a quante, come Joy ed Hellen, si ribellano. a queste violenze. Il 25 novembre, oltre che a Bologna, un presidio itinerante di donne, femministe e lesbiche ci sarà anche a Roma . Partenza alle 16 dalla stazione Ostiense, con un volantinaggio sul treno che porta verso il Cie di Ponte Galeria, dove il presidio itinerante si farà stanziale con musica e parole, voci, denunce e testimonianze. Di seguito il volantino di convocazione, che appena risolti alcuni problemi tecnici sarà inserito anche in noinonsiamocomplici, il blog collettivo nel quale man mano daremo notizia delle diverse iniziative di donne, femministe e lesbiche contro le violenze dentro e fuori i Cie.

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Nella tua città c'è un lager. Alle porte di Roma, tra il Parco Leonardo e la Fiera di Roma, c'è il Centro di identificazione ed espulsione (Cie, ex Cpt) di Ponte Galeria dove vengono rinchiuse, in condizioni disumane, le persone immigrate prive di documenti o che hanno perso il lavoro. Con l'approvazione del “pacchetto sicurezza” e il prolungamento della detenzione fino a sei mesi, lo stato vorrebbe privare le persone immigrate di ogni dignità e costringerle a vivere in un regime di violenza quotidiana e legalizzata. Nel corso dell'estate, sono scoppiate numerose rivolte, da Lampedusa a Gradisca. Noi ci sentiamo vicine e vogliamo sostenere le lotte delle recluse e dei reclusi contro questi “lager della democrazia”. In particolare vogliamo farvi conoscere la forza e l'autodeterminazione di Joy. Martedì 13 ottobre si è chiuso il processo di primo grado contro i reclusi e le recluse accusate dalla Croce Rossa di aver dato vita, ad agosto, alla rivolta contro l’approvazione del pacchetto sicurezza nel Cie di via Corelli a Milano. Nel corso del processo una di queste donne, Joy, ha denunciato in aula di aver subito un tentativo di stupro da parte dell’ispettore-capo di polizia Vittorio Addesso e di essersi salvata solo grazie all’aiuto della sua compagna di cella, Hellen. Inoltre, entrambe hanno raccontato che, durante la rivolta, con altre recluse, sono state trascinate seminude in una stanza senza telecamere, ammanettate e fatte inginocchiare, per essere poi picchiate selvaggiamente prima di essere portate in carcere. Dopo essere state condannate a sei mesi di carcere per la rivolta, ora Joy e Hellen rischiano un processo per calunnia, per aver denunciato la violenza subita. Sappiamo bene che questo non è un caso isolato: i ricatti sessuali, le molestie, le violenze e gli stupri sono una realtà che le donne migranti subiscono quotidianamente nei Cie, ma le loro voci sono ridotte al silenzio perché i guardiani, protetti dalla complicità della croce rossa, in quanto rappresentanti dell'istituzione, si sentono liberi di abusare delle recluse. Sappiamo bene quanto sia aggravante essere prigioniera e donna: la violenza che si consuma nei luoghi di detenzione ad opera dei carcerieri, che viene sistematicamente occultata, si manifesta anche e soprattutto attraverso forme di violenza sessuale sulle prigioniere donne: perchè la violenza maschile sulle donne è un fatto culturale, e si basa sulla sopraffazione che sfocia nell'abuso del corpo e nell'offesa della mente. Per questo pensiamo che sia importante sostenere Joy e Hellen, assieme a tutte le migranti che hanno avuto – e che avranno in futuro – il coraggio di ribellarsi ai loro carcerieri. Per questo il 25 novembre, giornata internazionale contro la violenza sulle donne, assieme ad altre compagne femministe e lesbiche che si stanno mobilitando in diverse città, saremo a Ponte Galeria. Per affermare che noi non vogliamo essere complici, né delle campagne mediatiche costruite sull’equazione razzista “clandestino uguale stupratore”, né delle leggi razziste, securitarie e repressive varate in nostro nome; per gridare che tutti i centri di detenzione per migranti devono essere chiusi; per dire che rifiutiamo ogni forma di controllo e ogni tentativo di usare i nostri corpi per giustificare gli stereotipi e le violenze razziste e sessiste. Ma soprattutto saremo lì per esprimere la nostra solidarietà a tutte le recluse e i reclusi nei Cie e per far sentire a Joy e Hellen che non sono sole, che il loro gesto rappresenta un atto estremamente significativo di resistenza e di autodeterminazione, che rovescia il ruolo di vittima assegnato alle donne immigrate, dando forza a tutte le lotte e i percorsi contro la violenza sulle donne, dentro e fuori dai Cie.
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venerdì 13 novembre 2009

Migranti: sfruttamento, ghetti, sgomberi ed espulsioni

Ieri è stato sgombrato il "ghetto" di San Nicola Varco, a pochi km da Eboli (dove sappiamo si è fermato anche Cristo), nella valle del Sele, dove si estendono a perdita d’occhio i campi e le serre delle multinazionali dell’agroalimentare che sulla manodopera migrante guadagnano milioni. Uno sgombero feroce di cui fa la storia minima un articolo dell' Osservatorio sulla repressione al quale rinvio. Volevate braccia arrivano persone, ricordava uno striscione ad una manifestazione dei/delle migranti di qualche tempo fa. Non siete persone, esseri umani, siete solo braccia, braccia che si buttano quando non servono più, rispondono ...
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mercoledì 11 novembre 2009

Un blog per "Noi non siamo complici!"

E' finalmente attivo il blog noinonsiamocomplici, un altro passo verso la costruzione di una rete di iniziative di donne, femministe e lesbiche contro i Centri di identificazione ed espulsione per il prossimo 25 novembre (e oltre). Ricordo, a chi ha perso qualche passaggio, che potete comunicare le iniziative in cantiere all'indirizzo mail complici@anche.no. Di seguito breve cronistoria della campagna Noi non siamo complici!, attraverso documenti (in più lingue) e report dei presidi fatti finora. Condividete, diffondete ma soprattutto agite.

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13/10: Noi non siamo complici!
19/10: Noi non siamo complici: antirazziste in assemblea
25/10: Nous, nous ne sommes pas complices!
01/11: Un altro presidio itinerante verso il Cie di via Mattei ...
03/11: We are not accomplices!
05/11: Mentre ieri l'Italia razzista festeggiava ...
07/11: Un silenzio assordante: voci, racconti, testimonianze ...
09/11: Appello per la costruzione di iniziative locali contro i Cie ...
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martedì 10 novembre 2009

Zena el Kahlil e il suo A’Salaam Alaykum troppo grande per la chiesa (cattolica)

Conosco poco Zena el Kahlil, artista di origini libanesi come Mona Hatoum (ma vi segnalo il suo sito ziggydoodle), nata a Londra ma che attualmente - dopo aver girato, studiato, vissuto e esposto in mezzo mondo dalla Nigeria agli Stati Uniti -, vive e lavora a Beirut. Mi sembra che il suo lavoro sia molto legato (e forse non poteva essere diversamente) ad un immaginario della guerra e dei conflitti e a un loro superamento (i soldatini in plastica come in Hatoum, pezzi di Barbie, armi ricoperte di fiori, lustrini e piume come i kalashnikov della The Kalashin' Series, soldati-Superman, Hezbollah, fionde, kefiah. veli e Madonne). Mi era dunque sembrata interessante la sua idea di esporre - durante la rassegna di arte comtemporanea che si è svolta nei giorni scorsi in strade e luoghi del quartiere di San Salvario di Torino, quartiere detto "multietnico"- la sua opera A’Salaam Alaykum (c'è bisogno di tradurre? ... La pace sia con voi) nella chiesa dei Santi Pietro e Paolo di Largo Saluzzo. Sembra che il parroco don Gallo fosse d'accordo ma poi la Curia ha posto il veto giudicando la scelta non "opportuna". Ufficialmente si minimizza, dando la colpa alle dimensioni dell'installazione. In un certo senso non ho nessuna difficoltà a crederci: il nome di dio in arabo (Allah) ricoperto di specchi della grandezza di quattro metri e per giunta in movimento deve essere sembrato decisamente eccessivo alle gerarchie cattoliche. Infine è stata la chiesa valdese a non farsi spaventare da Allah akbar e ad ospitare l'opera nel suo tempio di corso Vittorio Emanuele II. Va detto: decisamente grandi i/le valdesi.
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Morire di Stato

Morire di Stato, un appello di Madri per Roma città aperta, via l'articolo E ancora non la sai tutta la cattiveria del mondo, che invito a leggere e diffondere
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Sul campo del genere

Sul campo del genere. Contributi etnografici e temi di ricerca è il titolo del convegno che da domani fino all'11 di novembre si terrà all'Università di Modena e Reggio Emilia (Aula Magna ex-Giurisprudenza, via Università, 4 - Modena). Il convegno - che intende offrire un´occasione di confronto sulle attuali prospettive teoriche ed etnografiche degli studi di genere nell´antropologia italiana attraverso i contributi delle generazioni di più recente formazione su parentela, sessualità, categorie di sesso/genere, migrazioni ed economia - prevede interventi di Fabio Viti, Helen Ibry, Alessandra Gribaldo, Selenia Marabello, Chiara Pilotto, Barbara Pinelli e Valeria Ribeiro Corossacz. Per maggiori info potete contattare quest'ultima scrivendo a
valeria.ribeirocorossacz@unimore.it
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lunedì 9 novembre 2009

Muri

Trent'anni dalla cosiddetta caduta del muro di Berlino. Per i "festeggiamenti" rinvio a No(b)logo e al suo Muri
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La straniera. Informazioni, sito-bibliografie e ragionamenti su razzismo e sessismo


Habemus QV!
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Appello per la costruzione di iniziative locali di donne contro i Centri di identificazione ed espulsione per il prossimo 25 novembre

Fra le scritte razziste apparse in un quartiere alla periferia di Milano dove recentemente un uomo, probabilmente immigrato, ha violentato una donna italiana, una spicca in modo particolare: “Ce le scopiamo noi le vostre puttane”. Un pugno nello stomaco di tutte noi, che ben sappiamo la vita durissima, lo sfruttamento, le continue molestie e gli stupri che le donne migranti subiscono quotidianamente. Un pugno nello stomaco per chi, come noi, ha subito denunciato che il processo di etnicizzazione degli stupri era uno strumento funzionale al razzismo – che si tratti di razzismo istituzionale o “popolare”. Poche settimane prima, a Montalto di Castro nel coro (quasi) unanime in difesa di otto giovani stupratori italiani, figli di benestanti, una voce maschile si alza per dire che la ragazza stuprata è di un altro paese e che poteva starsene a casa sua. Per quanto la distanza fra Tarquinia e Montalto sia di soli 20 km, rendere “straniera” l’adolescente serve a giustificare lo stupro e gli stupratori. Da una parte i conniventi, dall’altra “quella” (così la chiamano a Montalto), la “straniera”. Due fatti, questi, che mostrano chiaramente la disumanizzazione agita nei confronti delle “straniere”. Una disumanizzazione che nei Cie raggiunge il suo apice. Ricatti sessuali, molestie, violenze e stupri contro le donne sono, infatti, il “pane quotidiano” in questi universi concentrazionari – per molti aspetti assai simili ai lager – sin dalla loro creazione, alla fine degli anni ’90. Due anni fa siamo scese in piazza a Roma nel grande e determinato corteo di donne e lesbiche per dire che nessun “pacchetto sicurezza” doveva essere varato in nostro nome. Oggi il “pacchetto sicurezza” è in vigore e la campagna istituzionale e mediatica in suo sostegno è stata costruita proprio sull’equazione razzista clandestino=stupratore. Ma la realtà è ben diversa e per questo diventa urgente fare un salto e denunciare i Cie come luoghi privilegiati di violenza e sopraffazione contro le donne migranti, luoghi in cui i guardiani si sentono in diritto di abusare delle donne rinchiuse, forti anche delle connivenze istituzionali che ne garantiscono coperture e impunità. Come gruppo di compagne, femministe e lesbiche di Bologna, abbiamo cominciato ad andare sotto il Cie di Via Mattei il 13 ottobre mentre a Milano venivano condannate a sei mesi di carcere alcune donne nigeriane “colpevoli” di aver partecipato, in agosto, alla rivolta nel Cie milanese. Durante un’udienza una di queste donne, Joy, ha denunciato in aula di aver subito – dopo vari ricatti sessuali – un tentativo di stupro da parte dell’ispettore-capo del Cie, Vittorio Addesso, e di essersi salvata solo grazie all’aiuto della sua compagna di cella, Hellen. Durante la rivolta, Joy ed Hellen con altre recluse sono, poi, state trascinate, seminude, in una stanza senza telecamere, amanettate e fatte inginocchiare per poi venire picchiate selvaggiamente e successivamente tradotte in carcere. Con le loro dichiarazioni Joy ed Hellen, che ora rischiano un processo per “calunnia”, hanno portato alla luce la realtà della violenza razzista e sessista nei Cie. Siamo convinte che il loro coraggio vada sostenuto, che oggi sia importante e urgente il moltiplicarsi di iniziative di femministe e lesbiche che denuncino questa realtà a chi non la conosce o non la vuole vedere. Esattamente come abbiamo fatto e continuiamo a fare rispetto alla violenza in famiglia. Per questo proponiamo che per il 25 novembre – giornata internazionale contro la violenza sulle donne – nelle varie realtà locali, soprattutto (ma non solo) dove è presente uno dei tredici Cie sparsi sul territorio italiano, compagne, femministe e lesbiche costruiscano iniziative contro i Centri di identificazione ed espulsione ed in solidarietà a Joy ed Hellen e a tutte le migranti che hanno avuto – e che avranno – il coraggio di fare i nomi dei loro aguzzini. Siamo già in contatto con donne che, in alcune città, stanno organizzandosi per quella data; inoltre stiamo creando un blog per dare visibilità alle varie iniziative e creare una rete tra le diverse realtà di donne che si stanno mobilitando contro i Cie e la violenza sessista e razzista. Invitiamo tutti i collettivi e gruppi di compagne a darci comunicazione delle iniziative messe in cantiere per il 25 all'indirizzo complici@anche.no
Noi non siamo complici!
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sabato 7 novembre 2009

Sexe, race, classe: pour una épistémologie de la domination

E' appena uscito il volume curato da Elsa Dorlin Sexe, Race, Classe: pour une épistémologie de la domination, con saggi di Sarah Bracke, Elsa Dorlin, Jules Falquet, Sarah Al-Matary, Chandra Talpade Mohanty e altre/i. Nel sito di Actuel Marx trovate l'indice del volume e una breve presentazione del volume che copio-incollo di seguito (senza traduzione):
La pensée féministe s’est historiquement attachée, depuis — voire en dehors de — la tradition matérialiste, à montrer que le rapport de classe n’épuise pas l’expérience de la domination vécue par les femmes et, plus généralement, par les minorités sexuelles. Plus encore, en élaborant des outils d’analyse tels que le « mode de production domestique », les « rapports sociaux de sexe » ou le « rapport de genre », la pensée féministe a travaillé sur l’imbrication des rapports de pouvoir, dénaturalisant la catégorie de « sexe » à l’aune de ses déterminations historico-sociales. Depuis quelques années en France, la réflexion sur l’imbrication des rapports de pouvoir s’est complexifiée davantage, notamment sous l’influence des travaux nord et sud-américains, mais aussi caribéens ou indiens. Les problématiques relatives aux identités sexuelles, aux régimes de sexualité, mais aussi celles articulant le genre et la nation, la religion et/ou la couleur, ont permis de développer un véritable champ de réflexion. La question cruciale de l’articulation du sexisme et du racisme, notamment, a ainsi renouvelé tout autant l’agenda des mouvements féministes que la recherche universitaire. Cet ouvrage a pour but d’interroger les différents outils critiques pour penser l’articulation des rapports de pouvoir. Tout en interrogeant leur mode propre de catégorisation (les catégories de « sexe » et de « race » ont-elles méthodologiquement le même statut que la classe ? À quelles conditions utiliser la catégorie de « race » comme une catégorie d’analyse ? L’analyse en termes de classe a-t-elle été éclipsée par l’analyse croisée du sexisme et du racisme, après les avoir longtemps occultés ?...) cet ouvrage discute les différents modes de conceptualisation de ce que l’on pourrait appeler « l’hydre de la domination » : analogique, arithmétique, géométrique, généalogique. À partir de différentes traditions disciplinaires (sociologie, science politique, philosophie, psychologie, littérature…), les contributions ici réunies présentent un état des lieux des diverses appréhensions de l’imbrication des rapports de pouvoir — « intersectionnalité », « consubstantialité », « mondialité », « postcolonialité », … et, ce faisant, (re)dessinent les contours d’une véritable épistémologie de la domination
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Un silenzio assordante: su Radio Onda Rossa una trasmissione con voci, racconti e testimonianze delle lotte antirazziste dentro e fuori i Cie

Da qualche settimana va in onda, su Radio Onda Rossa, una nuova trasmissione: Silenzio assordante. Voci, racconti e testimonianze delle lotte antirazziste dentro e fuori i Cie. La trasmissione - che potete ascoltare anche in streaming tutti i venerdì (ma che dalla prossima settimana cambia orario, va in onda infatti dalle 17 alle 18 e non più dalle 16 alle 17), - ha seguito tutte le lotte, dentro e fuori i Cie, che si sono succedute in quest'ultimo periodo, compresa ovviamente la storia di Joy e delle altre "rivoltose" (e rivoltosi) di via Corelli, dando anche spazio ai presidi itineranti verso il Cie di via Mattei di Noi non siamo complici (qui la trasmissione con interventi sul primo presidio del 13 ottobre, qui del secondo). Buon ascolto
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giovedì 5 novembre 2009

Donne della realta's blog

E' online già da un po' Donne della realta's blog, nato da un appello (di Paola Ciccioli, Francesca Mineo, Cristina Morini, Letizia Mosca e Daniela Stigliano) che si interrogava sulla "scomparsa", dai media mainstream - impegnati a discettare sul presunto silenzio delle donne e su vicende di escort, veline e uomini di potere -, delle donne della realtà, quelle cioè "che lavorano, che studiano, che coltivano i sogni con la fatica, che cercano di non piegarsi alla precarietà e aspirano a una professione che riconosca competenze e meriti. Quelle donne che la crisi vuole emarginare". Sacrosanta domanda. Vorrei aggiungere, dato che sono settimane che vengono inviati agli organi della cosiddetta (dis)informazione su carta stampata comunicati e report senza ricevere alcun feedback: dove sono finite le donne che denunciano e rompono il silenzio omertoso sulla violenza razzista e sessista?
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Difendere la "razza": online audio interventi presentazione a XM24

Sul sito di Zic.it potete ascoltare/scaricare l'audio degli interventi di Nicoletta Poidimani, Vincenza Perilli e Mauro Raspanti alla presentazione del volume Difendere la "razza", che si è tenuto la scorsa settimana a XM24. Grazie ai redattori di Zic.it per il lavoro e la condivisione.
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Anticipazioni dai Quaderni Viola: La straniera. Informazioni, sitobibliografie e ragionamenti su razzismo e sessismo


Chiara Bonfiglioli, Lidia Cirillo, Laura Corradi, Barbara De Vivo, Sara Farris, Vincenza Perilli (a cura di), La straniera. Informazioni, sitobibliografie e ragionamenti su razzismo e sessimo, Edizioni Alegre, 2009. Per intanto c'è solo la copertina, ma presto potrete leggere tutto il resto ...
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Noi non siamo complici: mentre ieri l'Italia razzista celebrava le sue missioni di "pace", un nuovo presidio itinerante contro Cie e guerra "interna"

Mentre l’Italia razzista celebrava, con la festa delle forze ar

Mentre l’Italia razzista celebrava, con la festa delle forze armate, le infinite missioni di guerra fatte in nome della “democrazia”, il pomeriggio del 4 novembre un presidio itinerante di femministe e lesbiche partiva dal centro della città verso il Cie di via Mattei a Bologna, come già avvenuto il 13 ottobre in concomitanza con la sentenza del processo contro “le rivoltose e i rivoltosi” del Cie di via Corelli a Milano. Noi non siamo complici!”, questa è la firma con cui abbiamo indetto questo nuovo presidio itinerante per denunciare alla città le vessazioni, le violenze e gli stupri che avvengono nei lager per migranti. Sull’autobus 14A che ci portava verso il Cie, mentre alcune compagne intervenivano al microfono e altre volantinavano, una giovane immigrata con un bimbo in braccio ha raccontato la sua storia di ordinario neocolonialismo: quel bimbo è figlio di un italiano sposato che l’ha messa incinta per poi sparire – esattamente come usavano fare i nostri nonni nelle colonie italiane – e lei ora, nonostante la paura di violente ritorsioni, vuole reagire a questa ingiustizia. Nello scambio, con lei, di consigli e numeri di telefono, ha acquisito ancora più importanza la nostra azione contro la guerra interna che lo stato razzista ha dichiarato nei confronti delle/dei migranti, una guerra in cui sfruttamento lavorativo e sfruttamento sessuale trovano nei Cie l’arma principale. Le donne migranti, sfruttate e molestate nei luoghi di lavoro e nelle italiche case, vivono, infatti, sotto il ricatto costante della deportazione nei Cie e della conseguente espulsione, mentre le attuali leggi razziste – dissimulate sotto il nome di “pacchetto sicurezza” – garantiscono la legittimità e l’impunità della violenza di stato. Nelle tante iniziative, importanti e necessarie, che ieri si sono svolte in tutta Italia per dire no alla guerra e alle sue logiche – che, dietro la “lotta al terrorismo e al fondamentalismo” e ancora una volta in nome di “noi donne”, nascondono nuove forme di aggressione neocolonialiste –, il nostro presidio itinerante ha affermato con forza che le guerre non sono soltanto altrove ma anche qui, in Italia. Armate di microfono, cartelli in cui affermavamo “meno Cie = meno stupri”, slogan e interventi in più lingue, abbiamo ribadito ancora una volta la nostra volontà di non essere complici del razzismo istituzionale e la nostra attiva solidarietà con le donne migranti che si ribellano dentro e fuori dai Cie. Presto torneremo di nuovo in strada e sotto al Cie per continuare a rompere l’isolamento delle tante Joy ed Hellen che si ribellano ai ricatti sessuali e alle violenze da parte dei loro aguzzini nei Centri di identificazione ed espulsione e dare sostegno e solidarietà fattiva a tutte quelle donne migranti – come Kante, Salmata, Raya, Fatima, Vira e le tante che sono restate senza nome ... – che dentro e fuori i Cie subiscono le pesanti conseguenze di un razzismo istituzionale e diffuso sempre più violento. Sappiamo che in altre città gruppi di compagne si stanno muovendo nella stessa direzione e siamo sempre più convinte dell’urgenza di moltiplicare queste azioni in tutti i territori. Stiamo lavorando in ambito locale perché il prossimo 25 novembre – giornata mondiale contro la violenza sulle donne – diventi espressione visibile e determinata della rottura di ogni complicità con il sessismo razzista e con tutte quelle forme di suprematismo – anche “femminista” – che riducono l’altra, la “straniera”, al ruolo di vittima sottomessa senza mettere in discussione le nostre connivenze col razzismo e la violenza di stato. Invitiamo le compagne, femministe e lesbiche, a promuovere per il 25 novembre, nei luoghi e nelle città in cui viviamo, iniziative contro i Cie per abbattere il muro d’omertà e rendere pubbliche le violenze che avvengono fra quelle “quattro mura” concentrazionarie dietro la copertura della nostra “sicurezza”.

Noi non siamo complici!

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martedì 3 novembre 2009

"Ma sottomessa a chi?" : ancora a proposito delle donne musulmane, del cosiddetto velo islamico e della cosiddetta libertà

L'immagine è il banner del gruppo Féminisme musulman creato da Yousra El Karouni (purtroppo in Facebook). L'immagine mi è piaciuta molto (anche perché è una versione veramente inedita di un'icona che amo tanto), anche se devo dire che mi ha fatto un po' sorridere il braccino "scoperto/coperto". Le donne di Féminisme musulman mi perdoneranno l'ironia, invece sarò probabilmente sommersa da un'altra ondata di messaggi da parte di orde di islamofobi, razzisti, fascisti e sessisti. Poco male, i messaggi li cancellerò come sempre con calma e, anche se con il velo, il messaggio che invio a questi/e individui/e è sempre lo stesso ;-) Anche presunte femministe, antifasciste/i, antirazziste/i non mi risparmieranno (come non mi hanno mai risparmiata, a parte qualche eccezione) le solite frecciatine, ma certo questi sono metodi più soft. Per queste/i ultime/i ripeto (sperando di non doverne parlare più, che abbiamo cose più urgenti da fare e scrivere): non mi sono convertita all'Islam (anche se ho ultimamente la propensione per un'alimentazione halal) e neanche condivido tutto quanto pensano/scrivono/teorizzano le cosiddette femministe musulmane. Ma condivido con donne migranti e femministe musulmane la lotta verso un immaginario razzista e sessista che vorrebbe tutte le donne musulmane, velate e non, indistintamente "sottomesse" e tutte vittime di uomini musulmani, barbuti e non, tutti indistintamente sessisti e violenti. Il discorso poi andrebbe articolato, ci ho provato varie volte, rinviando anche a testi illuminanti, ma mi sono accorta che è difficile incrinare un certo immaginario. Ciascuna/o legge o capisce quello che vuole (o può) capire. Mi ha colpito, ad esempio, che in molte/i hanno voluto dedurre dalla pubblicazione tempo fa qui in Marginalia di un'opera d'arte che mostrava una Statua della Libertà velata, un mio sostegno al discorso del velo "come simbolo di libertà" (invero sostenuto oggi da molte donne/femministe , anche italiane, che fine a pochi mesi fa stigmatizzavano con sufficienza le donne con un velo in testa e oggi se ne fanno "paladine"). Invece, molto più modestamente, con quella immagine (e con il testo annesso) intendevo puntare il dito contro certi valori ritenuti esclusivamente "occidentali", come appunto la libertà (o la democrazia). Perché è proprio la libertà, la nostra libertà (e democrazia), ad essere troppo spesso "velata", cieca (e sorda).
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We are not accomplices!

How many times, studying 20th Century’s History it happened to

Mentre domani pomeriggio, come già il 13 ottobre, un corteo itinerante si snoderà fin sotto il Cie di via Mattei a Bologna - per ribadire ancora una volta, come femministe e lesbiche, la nostra non complicità con il razzismo istituzionale e le sue leggi, che legittimano, permettono e strumentalizzano la violenza contro le donne - ecco finalmente la traduzione in inglese di Noi non siamo complici (qui in italiano e qui in francese) a cura di Fabiana e Katia, altre due fantastiche traduttrici militanti. Fate girare, please. E poi se in giro ci fosse qualcuna che ha il tempo di tradurre Noi non siamo complici! in arabo o in altre lingue (o semplicemente fare un report/riassunto di quanto sta succedendo), veramente non sarebbe male. Insomma, noi in silenzio non ci siamo proprio mai state e addirittura ci piace urlarlo in più idiomi ;-)

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How many times, studying 20th Century’s History it happened to ask ourselves why during Nazism, people pretend to not be seeing what was going on in the streets of their cities – mopping ups, abuses, violence – and not to know what happened in lagers? And how many times the answer is “I could not pass by ...” So why today many, too many people, pretend not to be seeing what happens in the streets, pretend not to understand the mortal effects has the so called “security packet” on life of thousands human beings. They pretend not to know that in our towns there are places that – for the way one is locked up there or for some abuses exerted there – recall to our minds the notorious nazi lagers? These places are called Cie – Centre of identification and expulsion, new name for Cpt – Centre of temporary permanence, created in 1998 with Turco-Napolitano Law, spread all over Italy. For long time women and men detained denounce the horrible life conditions inside the Cie, the continuous abuses and humiliations , the beating ups, the not treated illnesses and the doubtful deaths. In spite of that minister Maroni recently announced , in the name of security, the building of new centres of identification and expulsion. They try to tell that in the Cie are locked “i clandestini”, because the foreigners would be all - according to the rhetoric of institutional racism – criminals, potentially rapists, so, even if they didn’t commit any crime, it’s right to keep them closed there even till 6 months and then being rejected from Italy. But we know what is the Security they are talking about. We do Know what Cie are. And we know what is institutional racism. And we do know what violence is. We know that dangerous places for women are above all the houses in which we live, the places where we work, the clergy-man house, and the police station if we have the bad luck to go there. And also the 4 walls of the Cie , where many women suffer tortures, abuses, rapes by their guardians. Humiliations and abuses that migrant women never stop to denounce. As Raya, one of the migrant women in the via Mattei Cie of Bologna, she was beaten up by an officer in civilian clothes, then left on the floor, failed, under the indifferent eyes of Misericordia ( the merciful agency that runs the centre) employers. Or like migrant women that in the centre of Lampedusa have started a long revolt at the beginning of this year, to protest against the repatriations, to denounce the conditions inside Cie and to ask for it being closed. Or like the protest of Mabruka, a woman with Tunisian origin, for 30 years in Italy, who hanged herself in the Cie of Ponte Galeria in Rome, in april, because she didn’t want to be deported, the protest spread also in the men dormitory. Or like Joy, an African woman imprisoned and processed in Milan for her rebellion, last August , to an attempt of rape by the chief inspector of the Cie, Vittorio Addesso and the inhuman conditions in which she and other women and men are obliged to live in the Via Corelli Cie. For her declarations, Joy risks now a process for false accusation, because in the third millennium Italy these lagers can’t be questioned, and what happens there must be silently hidden.Just like sexist violence women suffer inside the family or at work. We know and we don’t want to be silent. We don’t want to be accomplices of violence against migrant women in the name of “security”. The 4th and the 25th of November, as the 13 October – in the same time there was the sentence for the revolt in the Cie of Milan – we chose to meet in front of the Cie of Bologna to express our solid nearness to the women locked there, but also to denounce outside what happen inside this third millennium lagers.

And you? Will you go on pretending not to know?

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domenica 1 novembre 2009

Un altro presidio itinerante verso il Cie di via Mattei: noi non siamo complici!

Mercoledì 4 novembre, un altro presidio itinerante si snoderà dal centro di Bologna verso il Cie di via Mattei come già il 13 ottobre scorso quando, in occasione della sentenza per la rivolta nel Cie milanese di via Corelli, abbiamo urlato forte­, come femministe e lesbiche, la nostra non complicità con il razzismo istituzionale e le sue leggi, che legittimano, permettono e strumentalizzano la violenza contro le donne. Sappiamo dalla nostra pratica che questa non avviene soltanto all'interno delle cosiddette "pareti domestiche" ma anche tra altre "quattro mura", come i luoghi di lavoro, le canoniche, gli ospedali, le questure ed anche i cosiddetti Cie ­ - Centri di identificazione ed espulsione -, ­ nuovo nome per i Cpt, creati nel 1998 con la legge Turco Napolitano e oggi disseminati su tutto il territorio nazionale. Da tempo le migranti e i migranti detenute/i denunciano le spaventose condizioni di vita all'interno dei Cie, le continue violenze e umiliazioni, i pestaggi, le malattie non curate, le morti sospette e i tentativi di stupro. Hanno provato a raccontarci che i Cie sono stati istituiti per la nostra "sicurezza": lì vengono rinchiusi i "clandestini", perché gli uomini stranieri sarebbero tutti, secondo la retorica del razzismo istituzionale, criminali e potenziali stupratori. Ma noi sappiamo che questo è solo un modo per legittimare pratiche e leggi razziste in nome della "difesa delle donne", tentando di far passare sotto silenzio il fatto che nei Centri di identificazione ed espulsione oltre agli uomini migranti, vengono rinchiuse anche tantissime donne senza che abbiano commesso alcun tipo di reato, come Salmata, la giovane donna originaria della Costa D'Avorio arrestata qualche settimana fa in questura ­ dove si era recata per ultimare le pratiche di regolarizzazione ­ e condotta su due piedi nel Cie di via Mattei. E qui, nei Cie, luoghi istituiti in nome della "sicurezza" di "noi donne", le donne migranti subiscono continue umiliazioni, molestie, torture e stupri daparte dei loro guardiani. Umiliazioni, violenze, stupri che le donne migranti non hanno mai smesso di denunciare. Come Raya, una delle recluse nel Cie di via Mattei a Bologna, che ai primi di maggio di quest'anno denuncia di essere stata picchiata da un poliziotto in abiti civili e poi lasciata svenuta sul pavimento sotto gli occhi indifferenti degli operatori della Misericordia, il misericordioso ente che gestisce il Centro. O come le donne migranti che nel Cie di Lampedusa hanno intrapreso, all'inizio dell'anno, una lunga rivolta culminata in uno sciopero della fame. O come la protesta delle compagne di Mabruka, la donna di origini tunisine che si è impiccata nel Cie di Ponte Galeria a Roma ad aprile, protesta che si è poi estesa alle camerate degli uomini. O come Joy, una donna africana imprigionata e processata a Milano per essersi ribellata ad un tentativo di stupro e alle condizioni disumane in cui, con altre donne e uomini, era costretta a vivere nel Cie di via Corelli. e che per le sue dichiarazioni subirà un processo per calunnia, perché nell' Italia del terzo millennio i Cie non si possono mettere in discussione, e quello che accade lì dentro deve restare omertosamente nascosto. Proprio come la violenza sessista che altre donne subiscono quotidianamente fuori dai Cie. Ma noi sappiamo e abbiamo scelto di non tacere. Come già il 13 ottobre, saremo ancora una volta davanti al Cie di via Mattei per esprimere alle donne rinchiuse lì la nostra vicinanza solidale, ma anche e soprattutto per denunciare all' esterno quello che accade dentro questi lager del terzo millennio. Invitiamo tutte a partecipare al presidio. L'appuntamento è per mercoledì 4 novembre alle ore 16.00 (puntuali) alla fermata del 14A in via Rizzoli, o, per chi non può, direttamente sotto il Cie di via Mattei dalle 17.00.
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Per Hamida Ben Sadia, militante femminista e antirazzista

E' morta qualche giorno fa, divorata dal cancro, Hamida Ben Sadia, algerina-francese, scrittrice, femminista, lontana dalla tentazioni di un certo femminismo neocolonialista, ma altrettanto esplicita nella denuncia dei fondamentalismi. Aveva lottato contro la promulgazione nel 1984 del cosiddetto Code de la Famille algerino che rinviava le donne allo statuto di "minori a vita" in nome del rispetto dei "valori islamici", ma insieme si era opposta strenuamente anche contro la legge francese del 15 marzo 2004 contro i "segni religiosi" (nota come legge anti-foulard), rifiutandosi di essere trattata come una "beurette de service". Nel suo libro, Itinéraire d’une femme française, racconta la sua esperienza di matrimonio forzato e violenza coniugale in Algeria (il divorzio e la fuga in Francia, le costò l'abbandono in patria dei figli, che riuscì a riavere solo dopo 12 anni) ma denuncia con forza anche il razzismo che strumentalizza i vissuti delle donne "arabe" (o "musulmane") per fomentare scontro di civiltà e leggi anti-migranti. Nell'introduzione si chiede: "« Jusqu’où peut-on parler de la réalité de femmes de tradition musulmane sans ouvrir un boulevard aux propagandistes de la haine ? Comment concilier antiracisme et féminisme ? » (Fin dove possiamo parlare della realtà delle donne di tradizione musulmana senza spianare la strada ai propagandisti dell'odio? Come conciliare antirazzismo e femminismo?). Domanda che, da tanto tempo, è anche la mia. Ma credo che l'itinerario (personale e politico) di Hamida Ben Sadia sia già una risposta.
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Rinvio ad alcuni articoli/video su/con Hamida Ben Sadia, disgraziatamente tutti in francese (aggiornerò domani con eventuali materiali in italiano, vista l'ora e una certa tristezza non riesco a cercare adesso): l'intervista di OummaTv in occasione dell'uscita del suo libro, un omaggio del collettivo Lmsi che rinvia anche ad una recensione di Itinéraire d’une femme française pubblicata su Politis e quello di Algeria Watch.
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